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domenica 28 dicembre 2014

Licenziamenti collettivi cosa cambia dal 2015




Si parla di licenziamento collettivo per indicare l'ipotesi nella quale una impresa, per motivi di crisi, di ristrutturazione aziendale o di chiusura dell'attività, effettua una importante riduzione del personale. I licenziamenti collettivi sono possibili soltanto in casi specifici individuati dalla legge e unicamente dopo la conclusione di un complesso procedimento al quale prendono parte anche le rappresentanze sindacali. Il datore di lavoro non è libero nella scelta dei lavoratori da licenziare dal momento che la legge stabilisce dei criteri ai quali questo deve attenersi nel predisporre la lista dei dipendenti interessati.

Il licenziamento collettivo (o più correttamente la procedura di mobilità) è il fenomeno per il quale una impresa opera una riduzione significativa del personale in un contesto di crisi, a seguito di una ristrutturazione produttiva oppure in vista della chiusura definitiva dell’azienda. Il licenziamento collettivo, disciplinato dalla legge n. 223 del 1991, si realizza attraverso una complessa procedura che può essere attivata soltanto in presenza di condizioni stabilite dalla legge.

La disciplina prevede che l’impresa possa attivarsi in questo senso quando:

sta beneficiando di strumenti di integrazione salariale come la Cassa Integrazione e ritiene di non essere in grado di garantire il reimpiego di tutti i lavoratori sospesi e di non potere utilizzare misure alternative;

l’impresa (che ha più di 15 dipendenti, compresi i dirigenti) decide di licenziare almeno 5 lavoratori nell’arco di 120 giorni in vista della cessazione dell’attività o di una ristrutturazione della produzione.

I licenziamenti collettivi sono disciplinati dalla legge 223 del 1991 e scattano quando l’impresa intende effettuare almeno cinque licenziamenti nell’arco di centoventi giorni, in ciascuna unità produttiva, o più unità produttive nell’ambito della stessa provincia. Attualmente, in base alla 223,esistono due differenze regimi sanzionatori in caso di licenziamento illegittimo. Se si violano i criteri di scelta dei lavoratori da licenziare l’impresa è punita con la reintegrazione (risarcimento fino a dodici mesi). Per tutti gli altri casi di errori nella procedura è previsto il pagamento di un indennizzo.

Con le nuove regole in via di approvazione in caso di violazione delle procedure o dei criteri di scelta si applica sempre il regime dell’indennizzo monetario. In questo modo ci saranno sanzioni monetarie (e non la reintegra) in caso di violazione delle procedure o dei criteri di scelta,quando a essere irregolarmente licenziati, nel quadro di una riduzione del personale, sono dipendenti assunti con il contratto a tutele crescenti.

La novità predominante è che i lavoratori licenziati collettivamente si applicherà il contratto di ricollocazione, e pertanto anche loro avranno diritto ad avere assistenza presso i centri per l’impiego e ottenere il voucher da spendere per trovare un nuovo impiego.

Le modifiche non riguardano invece i dirigenti e quanti risultano già contrattualizzati. Ma c’è un’eccezione, quella di lavoratori che si ritrovino in aziende dove viene superato il limite dei 15 dipendenti: il neoassunto sarà a tutele crescenti e trascinerà con se nel nuovo regime anche gli altri, pur se “veterani”. Ciò ricordando che l’articolo 18 sinora non è mai stato applicato alle piccole imprese.

La riassunzione vale anche per i licenziamenti disciplinari dove il fatto “materiale” (deve dunque avere concretezza) è dimostrato insussistente. In tutte le altre situazioni, quindi in quel che resta dei casi disciplinari e in quelli economici, tutto si risolve con un indennizzo, che va da un minimo di 4 mensilità a un massimo di 24, ridotte a 6 per le aziende sotto i 15 dipendenti. Che infatti danno la loro approvazione in modo deciso e con un sondaggio della Cna sottolineano che «rende i contratti più stabili». Rimane la possibilità di percorre la strada della conciliazione, accettando un assegno di massimo 18 mensilità esentasse.

Un articolo del decreto è poi riservato appunto ai licenziamenti collettivi: anche per questi scatta l’indennizzo se vengono vìolate le procedure che regolano lo strumento.



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