giovedì 30 giugno 2011

Il contratto di lavoro a chiamata

Il  lavoro a chiamata è una forma di contratto  introdotta in Italia con al legge Biagi (D. Lgs. n. 276/2003) e che sta prendendo sempre più piede su tutto il territorio nazionale.
Il lavoro a chiamata o intermittente prevede che il lavoratore sia disponibile a prestazioni lavorative saltuare e a seguito della chiamata del datore di lavoro che in quel momento necessita personale.
Si puó quindi trattare di prestazioni di lavoro sporadiche e discontinue e di chiamate prefissate per determinati periodi del mese o dell’anno a seconda delle esigenze del business dello specifico datore di lavoro.
Proprio per queste sue caratteristiche si adatta particolarmente ai settori del commercio e del turismo, nello specifico per ristorazione o ambito alberghiero, dal momento che sono fortemente soggetti alla stagionalitá e possono avere necessitá di incrementare o diminuire il personale nei diversi periodi dell’anno.Ad esempio per il settore del commercio esistono molte offerte di lavoro a Bergamo e provincia che adottano questa tipologia di contratto, oppure legate al turismo nell’area di Venezia.
Consentono ad ogni lavoratore di  poter intraprendere più contratti a chiamata e quindi di coprire anche un intero anno, ma resta la preoccupazione da parte dei sindacati e di chi ritiene che comunqe favorire la diffusione di questo tipo di rapporto lavorativo corrisponda al tempo stesso ad incentivare il precariato.
Si tratta infatti di un tipo di contratto che porta la moliplicarsi delle opportunitá di lavoro, ma d’altro canto non si puó negare che siano posizioni temporanee non in grado quindi di garantire un futuro lavorativo stabile.

mercoledì 29 giugno 2011

Finalmente le quote rosa nei CdA.

Sì definitivo e bipartisan del Parlamento alla legge che introduce le quote rosa nei Consigli di Amministrazione delle aziende quotate in Borsa e delle società a partecipazione pubblica. Dopo questa approvazione i CdA dovranno essere composti da un quinto di donne a partire 2012 (20% nel primo mandato) ed un terzo dal 2015 (il 33% nel secondo mandato). Le nuove regole entreranno a pieno regime nel triennio 2015 2018.
Vediamo i punti salienti del testo normativo, che è stato particolarmente atteso dall'universo femminile, le nuove norme consentono alle donne di entrare in uno dei punti centrali più esclusivi del potere maschile, i consigli di amministrazione delle grandi società.
I Consigli di Amministrazione e gli organi di controllo delle società quotate e delle controllate pubbliche non quotate dovranno essere composti da un quinto di donne a partire dal 2012 e da un terzo dal 2015.
Vediamo le sanzioni previste: in caso di inadempienza ci sarà una diffida da parte della Consob a reintegrare il CdA o i collegi entro quattro mesi; in caso di ulteriore inadempienza scatteranno un'ulteriore diffida di tre mesi e le sanzioni pecuniarie: da 100 mila a 1 milione di euro per i CdA e da 20 mila a 200 mila per i collegi sindacali. Qualora le società non si dovessero adeguare entro i sette mesi concessi dalle due diffide scatterà la decadenza del Consiglio di Amministrazione o degli organi di controllo.

L'entrata in vigore della legge avverrà a 12 mesi dalla pubblicazione sulla Gazzetta ufficiale, quindi la prossima tornata di assemblee della primavera 2012 non è interessata dalla nuova normativa, ma sarà già un'occasione per le aziende per andare verso il cambiamento che porterà alla fine dei 9 anni, come previsto della legge, ad avere 700 donne in più nei CdA rispetto ai numeri attuali e 200 nei collegi sindacali.

Intesa su contratti e rappresentanza sindacale

L’intesa fra sindacati CGI,L CISL e UIL e Confidustria stabilisce che se un accordo aziendale viene approvato dalla maggioranza delle rappresentanze unitarie (RSU) o dalle rappresentanze sindacali aziendali (RSA) le norme approvate e firmate sono efficaci per tutto il personale in forza dell’azienda e perciò vincolano tutte le organizzazioni sindacali che hanno firmato l’intesa.
Nel caso degli accordi siglati dalle Rsa è comunque previsto un referendum abrogativo. Questo sicuramente è stato uno dei punti più delicati della trattativa, insieme all'aspetto delle possibile modifiche che può contenere il contratto aziendale rispetto a quello nazionale.
Il contratto collettivo nazionale ha la funzione di garantire la certezza dei trattamenti economici normativi comuni per tutti i lavoratori del settore ovunque impiegati nel territorio nazionale. La contrattazione aziendale si esercita nelle materie delegate dal contratto nazionale di lavoro di categorie o dalla legge.
Vediamo cosa prevede il protocollo d’intesa. Il protocollo inserisce oltre all'esigibilità degli accordi aziendali approvati a maggioranza dalle Rsu e Rsa, anche il principio di tregua sindacale, con il principio di evitare che una volta approvata l'intesa ci sia qualche sigla che proclama gli scioperi. Saranno i contratti aziendali a definire le clausole di tregua sindacale per garantire l'esigibilità delle intese stesse. L'effetto sarà vincolante per le organizzazioni sindacali che hanno firmato l'intesa e non per i singoli lavoratori.
Il protocollo affronta anche la questione della rappresentatività delle sigle sindacali. Infatti, il numero delle deleghe viene certificato dall’INPS e trasmesso al Cnel, il quale dovrà ponderarlo con i voti delle RSU. Per poterlo legittimare è necessario che il dato della rappresentatività per ogni organizzazione superi il 5% del totale dei lavoratori, quindi il peso dei  sindacati verrà certificato dall’Inps che dovrà contare formalmente il numero degli iscritti alle varie organizzazioni (ponderato con i voti presi alle elezioni delle Rsu).
Il sì della Cgil, sicuramente rafforza la leadership della Camusso, all'accordo Confindustria sindacati su rappresentanza sindacale ed efficacia dei contratti  e segna la svolta del ritorno ad una intesa unitaria nelle relazioni sindacali in Italia, che mancava da quattro anni. "Si chiude la stagione delle divisioni", hanno detto la leader della Cgil Susanna Camusso, e la presidente di Confindustria Emma Marcegaglia.
Il nodo del confronto con il Lingotto si riaccende ora nel dibattito interno alla Cgil: il testo dell'accordo sui contratti (che tocca punti al centro dello scontro tra Fiom e Fiat sugli accordi firmati dalle altre organizzazioni sindacali per Pomigliano, Mirafiori e Grugliasco) verrà ora portato da Susanna Camusso all'approvazione del direttivo della CGIL, dove dovrà confrontarsi con il no della Fiom. Sarà battaglia.
Soddisfazione dalle sigle sindacali Cisl, Uil, e Ugl. L'accordo raggiunto ha un grande, grande valore in un momento difficile per l'economia, ed è il miglior contributo che i sindacati potevamo dare ai lavoratori, questa è "una occasione di rilancio del movimento sindacale", dice il leader della Cisl Raffaele Bonanni. Per il segretario generale della Uil, Luigi Angeletti, é stato firmato "un accordo molto importante" che permette "di superare i conflitti e le lacerazioni degli ultimi tempi" e incentivando la contrattazione di secondo livello "apre una nuova frontiera": basta con le "regole scritte lontano dai posti di lavoro". Mentre l'Ugl, con Giovanni Centrella, sottolinea che "con la firma dell’intesa si è posto un tassello importante per recuperare il tempo perso con accordi separati o polemiche inutili". Per il ministro dell'Economia Giulio Tremonti è arrivato, con una nota, un “grazie a Raffaele Bonanni, Luigi Angeletti, Susanna Camusso ed Emma Marcegaglia. Per il presidente di Confidustria l'accordo "é un risultato frutto del lavoro e dell'autonomia delle parti, di una discussione tra di noi" e che "quello dell'autonomia è un valore che Confindustria e la Cgil condividono".
Auguriamoci una nuova stagione fra Aziende e sindacati che operino a favore dei lavoratori.
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