martedì 15 settembre 2015

La Corte di Cassazione: non esiste l’ obbligo di lavorare il giorno festivo



Nessuno può essere obbligato a lavorare nei giorni festivi ad eccezione personale dipendente di istituzioni sanitarie pubbliche o private. Il datore di lavoro non può costringere un dipendente a lavorare in una giornata festiva infrasettimanale.

«Nessun datore di lavoro può obbligare un dipendente a prestare servizio in un giornata festiva collocata in mezzo alla settimana». E’ netto il giudizio della Cassazione che ha respinto il ricorso della ditta piemontese Loro Piana costretta anche a pagare le spese processuali per il suo ricorso.

Ed è illegittima la sanzione disciplinare che punisce il suo rifiuto. Lo ha stabilito la Corte di Cassazione e accogliendo il ricorso di un'addetta alle vendite, multata nel 2004 per non essersi presentata al lavoro il giorno dell'Epifania. Ricordiamo che l’azienda tessile famosa in tutto il mondo aveva sanzionato una commessa che non si era presentata al lavoro il giorno dell’Epifania. La multa era stata giudicata illegittima dal Tribunale di Vercelli e dalla Corte d’Appello di Torino. Ora il principio è stato sancito anche dai giudici supremi.

Anche la Corte d'Appello di Torino aveva dato ragione alla lavoratrice. La Cassazione  ha chiuso risolutivamente la questione, ribadendo che il lavoratore può prestare servizio durante le festività infrasettimanali celebrative di ricorrenze religiose o civili solo se c'è l'accordo con il datore di lavoro.

“L'importanza di questa sentenza - spiega Barbara Grazioli, responsabile dell'ufficio vertenze Cgil Vercelli Valsesia - risiede nel principio secondo il quale il riposo per le festività, come il riposo domenicale, non hanno una semplice funzione di ristoro, bensì un'importante fruizione di tempo libero qualificato”.

La Cassazione ha ribadito che solo per il personale dipendente di istituzioni sanitarie pubbliche o private sussiste l'obbligo della prestazione lavorativa durante le festività per esigenze di servizio e su richiesta datoriale.

Il fatto risale al 6 gennaio di undici anni fa. La commessa non si era presentata al lavoro ed era quindi stata sanzionata. Per l’azienda aveva infatti disatteso ciò che aveva chiesto ai proprio dipendenti. Ovvero di prestare servizio nei giorni festivi di apertura del punto vendita di Romagnano: oltre all’Epifania, anche Santo Stefano, 25 aprile e primo maggio.

Il Tribunale di Vercelli, nel 2008, aveva accolto il ricorso dell’addetta alle vendite: la multa inflittale era stata giudicata illegittima perché il datore di lavoro non poteva trasformare in modo unilaterale la festività in giornata lavorativa. Anche la Corte d’Appello di Torino aveva dato ragione alla lavoratrice, rimarcando la sistematicità della violazione del divieto al riposo della stessa azienda, per di più ripetuta su più giorni.

La Cassazione, nei giorni scorsi, ha messo fine una volta per tutte alla questione, rigettando il ricorso della azienda tessile che da un paio d’anni è stata acquisita dal gruppo francese del lusso Lvmh. La sentenza 16592/2015 ribadisce infatti che «il lavoratore può prestare servizio durante le festività infrasettimanali celebrative di ricorrenze religiose o civili solo se c’è accordo con il datore di lavoro e non può essere obbligato».

In una fase di liberalizzazioni, crisi e debolezze sul fronte sindacale questa vicenda da respiro alle richieste dei lavoratori che osano sfidare i loro datori di lavoro sulla base di ben precise normative da far rispettare in considerazione anche delle esigenze individuali.

lunedì 14 settembre 2015

Come ottenere un aumento di stipendio: ecco dei consigli utili



Per qualcuno equivale a un riconoscimento, per altri a una necessità, ma per tutti è una delicata richiesta da presentare. L’aumento di stipendio rappresenta una vera e propria chimera per la maggior parte dei lavoratori italiani. Ottenerlo non è facile, ma neppure impossibile. Almeno secondo gli esperti di Hays Executive, la divisione del Gruppo Hays specializzata nel recruitment di figure dirigenziali, che hanno stilato una lista di consigli per chi vorrebbe chiedere (e ottenere) un aumento in busta paga.

“Un colloquio con il proprio responsabile non è mai facile da affrontare, soprattutto se il tema dell’incontro è il proprio livello salariale. Ansia ed emotività potrebbero infatti giocare un brutto tiro, facendoci apparire titubanti, indecisi o peggio ancora avidi e arrivisti", ha affermato Erika Perez, responsabile della divisione Hays Executive.

"Per convincere il proprio dirigente - assicura - basta adottare piccoli e semplici accorgimenti.

Spiegare con casi concreti perché si pensa di meritare un aumento, per esempio, può essere più efficace che pronunciare il solito ritornello del 'dopo tanti anni mi merito un aumentò.

Quali sono i suggerimenti per convincere il responsabile per ottenere il tanto desiderato aumento di stipendio?:

Prima di affrontare la negoziazione è necessario definire bene i propri punti di forza, i risultati raggiunti e i problemi risolti. Riportare casi concreti può rappresentare la chiave di volta per vedere la propria richiesta realizzata. Avere già in mente, poi, la cifra da richiedere, permette di mantenere le redini della trattativa.

Mostrarsi ben disposti ad avere una maggiore mole di lavoro o responsabilità può essere efficace per provare ad ottenere l’aumento tanto desiderato.

Valutare le condizioni economiche dell’azienda. Se la propria azienda viaggia in cattive acque e alcuni colleghi rischiano il posto di lavoro, forse non è proprio il momento giusto per avanzare richieste. Meglio attendere tempi migliori per evitare un no quasi scontato o gaffe con chi condivide la nostra scrivania.

Raccogliere dati su posizioni simili. Prima di chiedere un aumento, può essere utile consultare siti o riviste di settore per conoscere meglio lo stato del mercato del lavoro in Italia e capire se il proprio stipendio corrisponde o meno alla media nazionale.

Pensare bene a come giustificare la propria richiesta e stabilire l’ammontare della cifra da raggiungere. Prima di affrontare la negoziazione è necessario definire bene i propri punti di forza, i risultati raggiunti e i problemi risolti: riportare casi concreti può rappresentare la chiave di volta per vedere la propria richiesta realizzata. Avere già in mente, poi, la cifra da richiedere, permette di mantenere le redini della trattativa.

Trovare il momento giusto per parlare con il proprio capo. Mai improvvisare un incontro per parlare di una questione delicata come il proprio stipendio. È consigliabile chiedere per tempo un appuntamento e, sotto data, se si percepisce che il superiore sta affrontando un periodo di particolare stress, spostare il meeting. Parlare con un capo mal disposto di certo non aiuta.

Curare l’aspetto. Anche l’occhio vuole la sua parte e, nonostante l’abito non faccia il monaco, i modi di porsi sono fondamentali. Vestirsi in modo semplice, ma curato, evitando l’eleganza fuori luogo (soprattutto quando nel resto del tempo si è piuttosto casual), può fare la differenza.

Tenere a bada le emozioni. Mantenere un certo self control, mentre si è a colloquio con il capo, è fondamentale per esporre le proprie ragioni con successo. Evitare, quindi, lamentele o rivendicazioni, ma soprattutto va sempre tenuto a mente che gli aumenti di salario vengono concessi a chi se li merita e non a chi ha bisogno di denaro.

Chiedere al responsabile cosa si può fare di diverso. Mostrarsi ben disposti ad avere una maggiore mole di lavoro o responsabilità può essere efficace per provare ad ottenere l’aumento tanto desiderato.

Ringraziare comunque il superiore per il tempo e l’attenzione dedicati Qualunque sia la risposta ricevuta, scrivere un’email di ringraziamento al proprio capo al termine del colloquio può rivelarsi una mossa vincente. Oltre ad essere segno di buona educazione, è prova della propria maturità e responsabilità soprattutto se non si è ottenuto l’aumento sperato.

Non vantarsi con i colleghi del risultato ottenuto. Confrontare le buste paga non è uno sport da
praticare. Se il risultato è arrivato, meglio evitare di vantarsi in pubblico: si potrebbe causare malcontento tra i colleghi, oltre che a mettere nei guai il 'boss' con un’ondata di richieste di aumento dal resto dello staff.

Non deludere in alcun modo la fiducia dei superiori. Una volta raggiunto l’obiettivo tanto agognato, mai allentare la presa: meglio mostrarsi ancora più disponibili. Ne va della propria credibilità e professionalità.

E’ importante mettersi nei panni del vostro superiore,  il quale vi paga per svolgere un lavoro per lui e se volete aumentare lo stipendi,  bisogna giustificare i motivi per cui dovrebbe investire una quota maggiore del suo budget per il personale su di voi.

Siate quindi pronti ad esporre in modo convincente i vostri punti di forza, documentando i successi ottenuti.

È probabile che il vostro superiore non sia la persona che prenderà la decisione finale, quindi è importante che l'argomentazione sia chiara e concisa perché possa ottenere l'approvazione della catena di comando.

Documentatela utilizzando la forma della presentazione. Il vostro superiore forse non si ricorderà del vostro operato, ma una presentazione di fatti e cifre rimane più impressa di una semplice esposizione discorsiva.

Ricordate che concedere un aumento di stipendio non è una questione di correttezza. Si tratta di una decisione aziendale come tutte le altre e il vostro superiore vorrà sapere che cosa otterrà in cambio di questo investimento supplementare.

A volte esistono motivi validi per cui non è possibile ottenere un aumento di stipendio, come ad esempio le condizioni economiche del settore. Ma non si tratta solo di soldi: il fatto che il vostro superiore vi abbia negato un aumento di stipendio non significa che non possiate chiedere in alternativa vantaggi di natura non finanziaria.

Anche se decidete di cercare un altro lavoro, non assumete un atteggiamento astioso: non è detto che le vostre strade non si incontrino ancora in futuro.

Ovviamente evitare di confrontare le buste paga. Se il risultato è arrivato, meglio evitare di vantarsi in pubblico: si potrebbe causare malcontento tra i colleghi, oltre che a mettere nei guai il boss con un’ondata di richieste di aumento dal resto dello staff.

Una volta raggiunto l’obiettivo, mai allentare la presa: meglio mostrarsi ancora più disponibili. Ne va della propria credibilità e professionalità.

mercoledì 9 settembre 2015

Congedo parentale: le nuove procedure INPS e la domanda



Il genitore che intende fruire del congedo parentale sia ad ore che su base giornaliera o mensile deve presentare all’INPS due distinte domande telematiche. Dal 19 agosto 2015 è infatti attiva la procedura operativa per fruire delle nuove norme in materia di congedo parentale. La richiesta per il congedo parentale ad ore, in questa fase, può anche essere retroattiva.


Il decreto 80/2015 attuativo del Jobs Act contempla nuove misure di conciliazione casa-lavoro, ampliando il congedo parentale fino ai 12 anni di vita del figlio ed estendendone la copertura retribuita al 30% fino ai 6 anni di vita (prima erano 3). Il prolungamento vale anche nei casi di adozione e affidamento e per i genitori che hanno figli portatori di handicap in condizione di gravità.


Tuttavia, un altro provvedimento attuativo del Jobs Act e approvato in via definitiva il 4 settembre (quello sugli ammortizzatori sociali in costanza di rapporto di lavoro), estende queste misure (insieme alle altre contenute nel decreto di conciliazione lavoro famiglia) agli anni successivi, facendole diventare strutturali. Questo prolungamento è contenuto nel comma 2 dell’articolo 42, che individua le coperture finanziarie per rendere definitive le nuove regole sul congedo parentale (la cui formulazione non prevede alcun successivo decreto attuativo). Quindi, par di capire, quando il decreto sarà in vigore (pubblicato in Gazzetta Ufficiale) l’INPS procederà con l’adeguamento delle procedure. Fino a quel momento, le domande di congedo parentale fino a 12 anni di vita del figlio possono riguardare solo il 2015.


Se il genitore di un figlio di 8 anni vuole utilizzare il congedo tra dicembre 2015 e gennaio 2016, per ora può chiedere solo le settimane fino al 31 dicembre; quando invece il nuovo decreto applicativo del Jobs Act sugli ammortizzatori sociali in costanza di rapporto sarà in vigore e l’INPS avrà nuovamente aggiornato le procedure, potrà chiedere anche le altre due settimane (sempre che l’Istituto provveda in tempi brevi).


Un’altra precisazione riguarda le domande per fruire di congedi a cavallo del 25 giugno (cioè con inizio del periodo prima del 25 giugno e termine invece successivo). In estrema sintesi, fino al 25 giugno si applicano le vecchie regole, per i periodi successivi valgono le novità inserite nel Jobs Act.


Questo non è un problema che riguarda il lavoratore: sarà l’operatore INPS a lavorare la domanda suddividendo i due periodi e applicando le relative norme, sia in materia di fruibilità sia per quanto riguarda l’indennizzo.


Il lavoratore deve solo tener presente i seguenti termini: se ha fruito solo in parte del congedo parentale nei primi 8 anni di vita del figlio, può chiedere i giorni rimanenti a partire dal 25 giugno, non prima. Allo stesso modo, se intende fruire del congedo con l’indennità al 30% e il figlio è fra i tre e i sei anni, deve presentare domanda dopo il 25 giugno, per i periodi precedenti l’indennità è riconosciuta solo per i primi tre anni di vita del bambino.


Chi ha avuto la domanda respinta deve ripresentarne una nuova: l’INPS non riesamina automaticamente le vecchie domande adeguandosi alla nuova normativa; serve dunque rifare tutto da capo.


Ricordiamo che ogni genitore può chiedere 6 mesi di congedo parentale, elevabili a 7 nel caso in cui il padre ne prenda almeno 3. La somma dei congedi dei due genitori non può superare i 10 mesi, che possono diventare 11 se il padre fruisce di un congedo superiore a 3 mesi. Se c’è un solo genitore, può chiedere fino a 10 mesi di congedo parentale.


Nella domanda di congedo parentale ad ore il genitore deve dichiarare il numero di giornate di congedo parentale da fruire in modalità oraria stante che la procedura prevede che il totale delle ore di congedo richieste sia calcolato in giornate lavorative intere.


Deve essere altresì indicato il periodo all’interno del quale queste giornate intere di congedo parentale saranno fruite.


Nella fase iniziale le domande di congedo parentale ad ore sono. presentate in relazione a singolo
mese solare, pertanto se il genitore intende fruire della nuova modalità per due mesi dovrà presentare due distinte domande seppure utilizzando la procedura semplificata che consente l'acquisizione, a partire da una domanda già presentata, di una nuova domanda, indicando solamente il numero di giornate intere da fruire su base oraria all’interno di un nuovo periodo.


La trasmissione della relativa modulistica può avvenire attraverso i seguenti canali: web, il servizio è disponibile tra i servizi OnLine dedicati al Cittadino presenti sul sito dell’INPS, contact center integrato, e patronati, attraverso i servizi telematici offerti dagli stessi. Riforma Lavoro e congedo parentale fino ai 12 anni del figlio (retribuito fino ai 6): domanda INPS e decreto che rende strutturali le novità del Jobs Act.


Significa che per i dieci mesi di permesso facoltativo (accordato ai genitori fino a quando il figlio compie 12 anni) si potrà scegliere tra la fruizione giornaliera e quella oraria,  un’opportunità che permette di occuparsi dei bambini senza però lasciare il lavoro. " Tale modalità di fruizione si aggiunge a quella mensile e giornaliera. Restano invariate le modalità di invio della domanda mediante uno dei seguenti canali:
• Web- Servizi telematici accessibili direttamente dal cittadino tramite Pin dispositivo attraverso il portale dell'Istituto (www.inps.it - Servizi on line);


• Contact Center Integrato - numero verde 803.164 (numero gratuito da rete fissa) o numero 06 164.164 (numero da rete mobile con tariffazione a carico dell’utenza chiamante);


• Patronati, attraverso i servizi offerti dagli stessi".


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