sabato 7 gennaio 2012

Antitrust: liberalizzare per crescita e lavoro

Andare avanti sulla strada delle liberalizzazioni e realizzare "un circolo virtuoso" superando "egoismi di parte" e "resistenze degli interessi consolidati" nell'interesse del Paese.
L'Antitrust ha ribadito in una segnalazione a Governo e Parlamento, firmata dal presidente Giovanni Pitruzzella, i settori da aprire per "fare ripartire al più presto la crescita", ma avverte che questo processo deve essere accompagnato da "interventi che garantiscano l'equità sociale e che favoriscano, anche attraverso le opportune riforme del diritto del lavoro, nuove opportunità di inserimento per i soggetti che ne uscissero particolarmente penalizzati".
Secondo l'Antitrust la legge annuale sulla concorrenza è lo strumento con il quale procedere: per vincere ostacoli e resistenze dei gruppi che si sentono danneggiati, "occorre infatti recuperare la dimensione dell'interesse generale e la sua prevalenza sui vari egoismi di categoria, procedendo con interventi di ampia portata che contestualmente sciolgano i nodi anticoncorrenziali su mercati diversi e con attori economico-sociali differenti".
L'Antitrust ha consapevolezza che per superare le numerose "incrostazioni corporative e le resistenze dei grandi attori economici ad un'effettiva apertura del mercato, la politica di liberalizzazioni dovrà inevitabilmente essere una sorta di work in progress; ma l'urgenza della crisi richiede di non indugiare e di attuare gli interventi di immediata applicazione". Allo stesso tempo, però, "non vanno sottovalutati i costi sociali sottesi, nel brevissimo periodo, alle liberalizzazioni". Per questo l'Autorità invita istituzioni e forze politiche a garantire l'equità sociale e a favorire nuove opportunità di lavoro "per i soggetti che a causa dei complessi processi di ristrutturazione economica, lo hanno perduto o corrono il rischio di perderlo".
E’ bene ricordare gli ultimi dati esposti dall’ISTAT,  che sono elementi molti preoccupanti. Sono i giovani e le donne i più penalizzati dalla crisi economica che ha colpito duramente il mercato del lavoro. Un giovane su tre, di età compresa tra i 15 e i 24 anni, non ha un'occupazione. E si tratta solo di coloro che cercano attivamente un posto. La situazione, poi, si fa ancora più grave per le giovani donne del Mezzogiorno: quasi quattro su dieci sono disoccupate. Il tasso di disoccupazione giovanile (15-24 anni) a novembre e' al 30,1%, in aumento di 0,9 punti percentuali rispetto a ottobre e di 1,8 punti su base annua. E' il tasso più alto da gennaio 2004 (inizio serie storiche mensili). Il tasso di disoccupazione a novembre é all'8,6%, in aumento di 0,1 punti percentuali rispetto a ottobre e di 0,4 punti su base annua.
È dunque preoccupante la fotografia scattata dall'Istat sull'occupazione nel mese di novembre. Dai dati emerge in modo evidente che la mancata uscita degli occupati più adulti (+168mila unità nella classe con almeno 55 anni), soprattutto di quelli con contratto a tempo indeterminato, ha più che compensato il calo su base annua di quelli più giovani (-157mila unità nella classe fino a 34 anni). Ma a colpire è anche il fatto che torna a crescere la disoccupazione di lunga durata. Il tasso di disoccupazione di coloro che cercano lavoro da almeno 12 mesi, infine, raggiunge il 52,6%: si tratta del livello più elevato dal terzo trimestre del 1993.

mercoledì 4 gennaio 2012

Lavoro: cassa integrazione in forte calo

Nel 2011 l'Inps ha autorizzato alle aziende 953 milioni di ore di cassa integrazione con un calo del 20,8% rispetto al 2010. E’ quanto ha comunicato l’Istituto di previdenza che ha precisato come a dicembre le ore di cig ossia la cassa integrazione guadagni autorizzate sono state 60,8 milioni con un calo del 29,7% rispetto a dicembre 2010. Aumentano invece le richieste di indennità di disoccupazione a novembre: l'Inps ne ha ricevute 123mila con un incremento del 2,7% rispetto allo stesso mese 2010. Calano,sempre a novembre, del 19,6% le domande di mobilità.
Nel 2010 le aziende hanno chiesto 1,2 miliardi di ore di cassa integrazione (cig), con un aumento rispetto al 2009 del 31,7% (erano state 914 milioni). Lo rileva l'Inps precisando che il consumo effettivo delle ore nel corso dell'anno è stato però sostanzialmente identico a quello del 2009 poiché il «tiraggio» è stato di circa il 50% a fronte di un 70% nel 2009. Nel 2010, inoltre, seimila aziende italiane hanno fatto ricorso alla cassa integrazione straordinaria
Nel 2010 le imprese italiane hanno chiesto 1,2 miliardi di ore di cassa integrazione (cig), con un aumento rispetto al 2009 del 31,7% (erano state 914 milioni). Lo rileva l'Inps precisando che il consumo effettivo delle ore nel corso dell'anno è stato però sostanzialmente identico a quello del 2009 poiché il «tiraggio» è stato di circa il 50% a fronte di un 70% nel 2009. Nel 2010, inoltre, seimila aziende italiane hanno fatto ricorso alla cassa integrazione straordinaria.
Allo stesso tempo, l'Inps ha rilevato che un forte della cig a dicembre (-16,4% su base annua). Nel dettaglio, la flessione a dicembre (86,5 milioni di ore autorizzate di cig contro i 103,4 del dicembre 2009) - sottolinea l'Inps - è stata particolarmente accentuata per la cassa integrazione ordinaria (cigo). Nel mese appena passato infatti sono stati autorizzati 21,4 milioni di ore di ordinaria a fronte dei 51,7 milioni di ore del dicembre 2009 (-58,5%). Rispetto a novembre l'ordinaria ha segnato un lieve aumento (+3%).
Comunque i dati della cig di dicembre  2011 – ha affermato il presidente dell'Inps Antonio Mastrapasqua - confermano quella diminuzione delle richieste di autorizzazione manifestatasi già in novembre. Si tratta del quarto mese in cui si registra una flessione congiunturale delle autorizzazioni e per il secondo mese consecutivo si mostra invece addirittura un calo tendenziale delle autorizzazioni. Mi pare che la fine del 2010 fornisca dati interessanti per chi cerca segnali di reazione positiva da parte del mercato e del mercato del lavoro in particolare». La ripresa del mercato del sta iniziando: per la prima volta abbiamo non solo un calo sul mese precedente, ma sullo stesso mese dell'anno precedente
Nel novembre 2010 le domande di disoccupazione arrivate all'Inps sono state 120.000, sostanzialmente stabili rispetto a novembre 2009. Lo fa sapere lo stesso istituto di previdenza sottolineando che le domande di mobilità nel mese sono state seimila, in calo del 17,3% rispetto alle 6.800 del novembre 2009.
Riguardo al mercato del lavoro ha spiegato Claudio Treves della CGIL che ci sono: Sono 46 le modalità contrattuali che permettono l'accesso al mondo del lavoro, ed una ''eccessiva flessibilità in entrata che potrebbe limitarsi a 5 tipologie''. La Cgil ha ribadito la sua posizione elencando ''una ad una'' le diverse tipologie contrattuali, con uno studio del dipartimento Mercato del Lavoro del sindacato di Corso Italia.In questo quadro, 'su 100 assunzioni soltanto 18 sono a tempo indeterminato.

lunedì 2 gennaio 2012

Pensioni 2012 cosa cambia dal 1° gennaio

Estensione del contributivo pro rata per tutti, aumento dell’età di pensionamento delle donne, giro di vite sulle pensioni di anzianità e blocco della rivalutazione rispetto all’inflazione per i trattamenti superiori a tre volte il minimo: sono una parte delle novità in materia previdenziale per il 2012 previste dalla manovra di Natale 2011.
Ecco in sintesi che cosa cambierà per chi matura i requisiti per la pensione a partire dal 2012, mentre per chi li matura entro il 2011 si mantengono le regole precedenti.
Dal 1° gennaio entra in vigore la riforma delle pensioni, contenuta nel decreto legge 201 del 2011 ovvero la legge n. 214 il decreto Salva-Italia.
Pensioni di vecchiaia con requisiti più elevati, assegni determinati con il contributivo anche per coloro che avevano conservato il più vantaggioso metodo retributivo, sostanziale cancellazione per le pensioni di anzianità: sono le principali novità volute dalla riforma del ministro del Lavoro, Elsa Fornero. L'effetto delle misure previdenziali contenute nella manovra è quello di unificare l'età di uscita dal lavoro, che a regime (nel 2022) sarà per tutti di 67 anni, con la sola eccezione delle persone che hanno lavorato oltre 41-42 anni (pensione anticipata) .
Mentre dal 2012 i lavoratori con attività usuranti potranno uscire dal lavoro in anticipo rispetto all’età di vecchiaia solo con quota 97 tra età e contributi e almeno 60 anni di età. Fino al 2011 era stato possibile uscire con tre anni in meno rispetto all’età anagrafica minima (60 anni) quindi con 57 anni, ossia che potranno andare in pensione con le "vecchie" quote per le anzianità.
Secondo la disciplina vigente prima della riforma Fornero la legge n. 247del 2007, la pensione di anzianità poteva essere conseguita se − sommando età anagrafica e anzianità contributiva − si raggiungeva un coefficiente minimo detta la quota. Il valore della quota era destinato a crescere progressivamente negli anni, fino a stabilizzarsi nel 2013 a 97 (per i dipendenti) e 98 (per gli autonomi). L'unico caso in cui la pensione di anzianità poteva essere conseguita senza alcun collegamento con l'età anagrafica era quello in cui il lavoratore aveva maturato 40 anni di contribuzione.
La riforma ha modificato questo sistema pensionistico, cancellando la possibilità di andare in pensione col sistema delle quote, e introducendo la pensione anticipata, che consente di andare in pensione prima dell'età di vecchiaia solo se si superano i 41 anni e un mese di contributi (per le donne) e i 42 anni e 1 mese (per gli uomini).Il requisito è destinato a crescere di un mese nel 2013 e nel 2014 ed aumenterà con il miglioramento della speranza di vita. In ogni caso, ci sono penalizzazioni sulla pensione per chi sceglie il pensionamento anticipato prima dei 62 anni. La quota dell'assegno calcolata sui contributi accumulati entro il 2011 viene infatti tagliata dell'1% l'anno. Se si opta per andare in pensione prima dei 60 anni, la forbice sarà del 2% l'anno.
Prima della riforma, l'età per accedere alla pensione di vecchiaia era fissata a 65 anni per gli uomini, quale che fosse il settore di attività, mentre per le donne si applicava un requisito differenziato in funzione del settore lavorativo.
La riforma stabilisce che, dal 1° gennaio 2012, l'età di pensionamento è fissata per tutti i lavoratori dipendenti e autonomi e per le dipendenti del settore pubblico all'età di 66 anni.
Addio alla finestra mobile. Non ci saranno più decorrenze, l’anno di finestra mobile sarà inglobato nell’età prevista per la vecchiaia e la pensione anticipata.
Dal 2012 scatta l’applicazione a tutti del metodo contributivo pro rata (anche a coloro che avendo oltre 18 anni di contributi a fine 1995 avevano mantenuto il più vantaggioso metodo retributivo) che calcola l’assegno previdenziale sulla base dei contributi versati. Questo calcolo sarà applicato solo sull’anzianità maturata a partire dall’anno prossimo.
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