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martedì 21 giugno 2016

Pensione: part time agevolato le novità


E’ ufficiale: il nuovo intervento di flessibilità in uscita previsto dalla legge di Stabilità, ossia la possibilità di accedere al part-time agevolato per la pensione per i lavoratori del settore privato a cui mancano al massimo 3 anni al raggiungimento del requisito di vecchiaia, sarà operativo dal 2 giugno prossimo.

Il  cambio di appalto fa venir meno il part time agevolato. E questo anche se il lavoratore è assunto dal nuovo appaltatore in continuità. Pertanto, in caso di subentro nell’appalto, il datore di lavoro e il lavoratore dovranno avviare una nuova procedura e verificare che i fondi non siano esauriti. Questo è uno dei chiarimenti della circolare 90/2016 dell’Inps in cui sono state fornite le istruzioni operative per fruire del nuovo strumento di pensionamento anticipato introdotto con la legge di Stabilità 2016.

Dal 2 giugno si può avviare l’iter amministrativo che porta il lavoratore al part time agevolato. Un iter che parte dalla richiesta di certificazione dei requisiti all’Inps ma che ha come atto fondamentale la firma di un accordo tra lavoratore e datore di lavoro in cui è necessario specificare nel dettaglio numerosi elementi: dalla norma di riferimento alla mancata reversibilità, dalla percentuale di riduzione dell’orario fino alla stessa clausola di decadenza dell’accordo, appunto in caso di cambio appalto (si veda il decalogo nel grafico a fianco).

I lavoratori interessati sono tutti i dipendenti con contratto a tempo pieno e indeterminato del settore privato (incluso i dipendenti degli enti pubblici economici), iscritti sia in Inps che in altre gestioni assicurative compreso la gestione ex Inpdap, in possesso del requisito contributivo di 20 anni al momento del rilascio della certificazione e che raggiungano, entro il 31 dicembre 2018, l’età pensionabile prevista per il pensionamento di vecchiaia (66 anni e 7 mesi).

Restano, invece, esclusi i lavoratori delle pubbliche amministrazioni in senso stretto (articolo 1 comma 2 Dlgs 165/2001) e quelli che oltre al rapporto di lavoro oggetto di trasformazione svolgono altra attività lavorativa (sia subordinata che autonoma) da cui consegue l’obbligo di versamento di contribuzione in qualsiasi gestione previdenziale compresa la gestione separata dell’Inps.
Sono incompatibili con la nuova disciplina i rapporti di collaborazione coordinata e continuativa, il lavoro domestico, il lavoro intermittente, il lavoro a domicilio. Mentre possono stipulare l’accordo coloro che lavorano con un contratto di somministrazione o di lavoro agricolo.

Per accedere al part time agevolato è irrilevante se il lavoratore sia già titolare di un trattamento pensionistico, purché la richiesta riguardi un percorso lavorativo distinto e, per quest’ultimo, egli sia in possesso del requisito di almeno 20 anni di contributi (diversi dunque da quelli che hanno dato diritto al trattamento pensionistico).

L’Inps ha precisato che il perfezionamento del diritto alla pensione anticipata successivamente al riconoscimento del diritto al part time agevolato non comporta di per sé la decadenza dal beneficio; mentre il conseguimento della pensione anticipata successivamente al riconoscimento del diritto al part time agevolato comporta la decadenza.

A coloro che rientrano nel regime contributivo puro (anzianità contributiva successiva alla data del 31 dicembre 1995) non è consentito l’accesso al regime agevolato se, al momento della domanda, l’importo della pensione, calcolato sulla base del coefficiente di trasformazione relativo all'età pensionabile, sia inferiore a 1,5 volte l’importo dell’assegno sociale.

Il primo passaggio essenziale della procedura amministrativa è la domanda di rilascio della certificazione Inps utile ad attestare il possesso dei requisiti. Non è previsto alcun termine entro cui l’Inps deve rilasciare tale certificazione.

Successivamente, si potrà procedere alla redazione e sottoscrizione dell’accordo di trasformazione da full time a part time la cui durata è legata alla data di raggiungimento dell’età pensionabile. È bene chiarire che la successiva modifica dei termini dell’accordo (ad esempio la modifica della percentuale), determina la cessazione del beneficio riconosciuto dallo Stato. L’Inps ha spiegato che si dovrà procedere a riavviare integralmente l’iter amministrativo previsto.

Concluso il contratto fra le parti, il datore lo dovrà trasmettere alla Direzione del lavoro territorialmente competente, tenuta a rilasciare un proprio visto di conformità con sistema di silenzio assenso, in caso di mancato riscontro entro cinque giorni.

Ricevuto il visto o trascorsi inutilmente i cinque giorni, il datore di lavoro trasmetterà istanza telematica all’Inps con le indicazioni utili alla stima del beneficio e i dati del contratto di lavoro.

L’ente previdenziale, entro cinque giorni lavorativi dalla domanda, dovrebbe rilasciare la relativa autorizzazione (in questo caso però non si applica il silenzio assenso).

Questo intervento permette a tali lavoratori di poter optare per un part-time al 40-60%, con una busta paga più alta rispetto all’orario di lavoro ridotto, in quanto anche comprensiva di un importo esentasse che sarà pari ai contributi per l’orario che non più lavorato, e contributivi figurativi che vanno a coprire gli anni del part-time come fossero full-time.

Pertanto, ne consegue che nonostante la scelta dell’orario lavorativo ridotto, il lavoratore non arriva a subire nessun taglio sulla pensione finale.

Lo Stato, per la porzione di orario non lavorato  riconoscerà al lavoratore una contribuzione figurativa “corrispondente alla prestazione non effettuata, in modo che alla maturazione dell'età pensionabile il lavoratore percepirà l'intero importo della pensione, senza alcuna penalizzazione”. In altre parole, lo scopo è quello di evitare che il lavoratore percepisca meno contributi negli ultimi anni di attività, cosa che comporterebbe una decurtazione ingente del futuro assegno previdenziale.

Facendo un esempio pratico: nel caso in cui il lavoratore decida di ridurre il proprio orario di lavoro del 50%, grazie al meccanismo previsto all’interno del decreto, riceverà una retribuzione corrispondente a circa il 65% di ciò che percepiva in precedenza. Nel momento in cui andrà in pensione, riceverà il 100% dell’assegno previdenziale.

Il beneficio viene riconosciuto dall’INPS fino a esaurimento risorse, così ripartite:

60 milioni di euro per il 2016,

120 milioni di euro per il 2017,

60 milioni di euro per il 2018.



martedì 19 maggio 2015

Datori di lavoro e privacy: nuove linee guida



I datori di lavoro possono trattare i dati personali dei lavoratori dipendenti solo se strettamente indispensabili all'esecuzione del rapporto di lavoro, così come il trattamento degli stessi può avvenire solo a cura del personale incaricato assicurando idonee misure di sicurezza per proteggerli da intrusioni o divulgazioni illecite: queste alcune delle indicazioni fornite dal Garante per la privacy nel vademecum che traccia le linee guida in materia di trattamento dei dati dei lavoratori. Il vademecum riepiloga anche le norme in materia di privacy in ambito lavorativo emanate nel tempo dall'Autorità garante.

l Garante della Privacy pubblica un nuovo vademecum con le linee guida da rispettare da parte del datore di lavoro nei confronti dei dipendenti: regole generali e casi specifici.

Ci sono disposizioni di carattere generale e altre invece relative a strumenti precisi (cartellino presenze, bacheche aziendali e via dicendo) nel Vademecum su Privacy e lavoro messo a punto dal Garante per la protezione dei dati personali. Innanzitutto, è stabilito che il datore di lavoro possa trattare informazioni personali solo se strettamente indispensabili all’esecuzione del rapporto di lavoro.

Non solo: i dati possono essere trattati solo da personale incaricato e devono essere rispettate idonee misure di sicurezza. Sul luogo di lavoro vanno assicurate la tutela di diritti, libertà fondamentali, dignità delle persone, garantendo la sfera della riservatezza nelle relazioni personali e professionali. In generale, il trattamento dei dati personali deve rispettare il principio di necessità, per cui sistemi e programmi devono essere configurati riducendo la minimo le informazioni personali e i dati identificativi. Vanno poi rispettati i principi di correttezza, per cui le caratteristiche generali del trattamento vanno rese note ai collaboratori, di pertinenza e non eccedenza (le finalità devono essere esplicite e legittime).

Da sottolineare che il trattamento dei dati sensibili è lecito se finalizzato a obblighi di legge, o derivanti dal regolamento o dal contratto. Entrando nello specifico delle regole:

cartellino identificativo: è lecito utilizzarlo, senza necessariamente riportare tutti i dati anagrafici e le generalità complete del dipendente. Possono bastare codice identificativo, nome, ruolo professionale;

comunicazioni: nel privato per comunicare informazioni sul lavoratore ad associazioni di datori di lavoro, ex dipendenti o conoscenti è necessario il consenso dell’interessato. Nel pubblico, ci vuole un’apposita norma di legge;

bacheche aziendali: si possono affiggere ordini di servizio e turni, non si possono invece inserire documenti relativi a emolumenti, sanzioni disciplinari, motivazioni assenze, adesione a sindacati;

pubblicazione dati: qualsiasi dato personale del lavoratore (foto, curriculum) non può essere pubblicato su siti o intranet aziendali senza il consenso del lavoratore. E’ sempre vietato pubblicare qualsiasi informazione da cui si possa desumere patologie, o uno stato di malattia, disabilità, invalidità. Nel pubblico, per pubblico dati personali è necessaria apposita normativa di settore;

dati sanitari: vanno sempre conservati in fascicoli separati. In caso di assenza per malattia, il certificato riporta solo la data di inizio e fine, non l’indicazione della patologia. Il datore di lavoro non può mai accedere alle cartelle sanitarie, nemmeno in caso di accertamento del medico del lavoro. In caso di denuncia di malattie professionali, il datore di lavoro deve limitarsi a comunicare all’INAIL le informazioni connesse alla patologia. Anche qui, il vademecum sottolinea l’assoluto divieto di diffondere dati idonei a rivelare lo stato di salute del lavoratore;

dati biometrici: sono previste una serie di limitazioni, su cui il Garante ha pubblicato documenti specifici. Ad esempio, le impronte digitali o altre caratteristiche possono essere utilizzate solo per l’accesso a particolari aree sensibili o a macchinari pericolosi. Non sono ammesse banche dati centralizzate, vanno preferibilmente utilizzati altri strumenti, come le smart card ad esclusivo utilizzo del dipendente;

posta elettronica: il datore di lavoro garantisce sicurezza e integrità dei dati, e informa dettagliatamente il dipendente su modalità di utilizzo degli strumenti, controlli, e via dicendo, ad esempio con un disciplinare interno;

controllo a distanza: è vietato.

Sul luogo di lavoro va assicurata la tutela dei diritti, delle libertà fondamentali e della dignità delle persone garantendo la sfera della riservatezza nelle relazioni personali e professionali. Le informazioni personali trattate possono riguardare, oltre all’attività lavorativa, la sfera personale e la vita privata dei lavoratori (ad esempio i dati sulla residenza e i recapiti telefonici) e dei terzi (ad esempio dati relativi al nucleo familiare per garantire determinate provvidenze).

I trattamenti di dati personali devono rispettare il principio di necessità, secondo cui i sistemi informativi e i programmi informatici devono essere configurati riducendo al minimo l’utilizzo di informazioni personali e identificative.
Si deve inoltre rispettare il principio di correttezza, secondo cui le caratteristiche essenziali dei trattamenti devono essere rese note ai lavoratori. I trattamenti devono essere effettuati per finalità determinate, esplicite e legittime in base ai principi di pertinenza e non eccedenza.

Nella bacheca aziendale possono essere affissi ordini di servizio, turni lavorativi o feriali. Non si possono invece affiggere documenti contenenti gli emolumenti percepiti, le sanzioni disciplinari, le motivazioni delle assenze (malattie, permessi ecc.), l’eventuale adesione a sindacati o altre associazioni.

Uso di internet/intranet e della posta elettronica aziendale. Spetta al datore di lavoro adottare idonee misure di sicurezza per assicurare la disponibilità e l’integrità dei sistemi informativi e dei dati, anche per prevenire utilizzi indebiti. I controlli per motivi organizzativi o di sicurezza sono leciti solo se sono rispettati i principi di pertinenza e non eccedenza.

I sistemi software devono essere programmati e configurati in modo da cancellare periodicamente ed automaticamente i dati personali relativi agli accessi ad internet e al traffico telematico, la cui conservazione non sia necessaria.

Va specificato con chiarezza se la navigazione in Internet o la gestione di file nella rete interna autorizzi o meno specifici comportamenti come il download di software o di file musicali o l’uso dei servizi di rete con finalità ludiche o estranee all’attività lavorativa.



domenica 4 gennaio 2015

Lavoratori pubblici e privati: orari visite fiscali malattia



Novità per i lavoratori per quanto riguarda le visite fiscali INPS dal 2015 Cambiano dunque gli orari per le visite fiscali per l’anno 2015 e le fasce di reperibilità dei dipendenti. Le regole sono diverse in ragione della categoria di dipendenti: pubblici o privati.

Tratteremo in modo dettagliato quali sono i nuovi orari ASL che i dipendenti pubblici, compresi insegnati, militari, polizia, scuola, sanità pubblica ecc, devono rispettare e quali sono, invece, le fasce orarie obbligatorie che i dipendenti privati, metalmeccanici, personale di poste banche, o il settore del commercio devono garantire, al fine di consentire la visita fiscale da parte dell'INPS o del datore i lavoro.

I lavoratori statali (categoria in cui rientrano anche gli insegnanti, i dipendenti della P.A. e degli enti locali, i militari e il personale ASL) hanno l’obbligo di reperibilità 7 giorni su 7, compresi giorni festivi, prefestivi, non lavorativi e weekend, nelle seguenti fasce orarie:
dalle 9 alle ore 13;
dalle 15 alle 18.

Sono esenti da questo vincolo di reperibilità i dipendenti assenti per una delle seguenti ragioni:
malattie di una certa entità che richiedono cure salvavita;
infortuni sul lavoro;
malattie per cui è stata riconosciuta la causa di servizio o stati patologici inerenti alla situazione di invalidità riconosciuta;
gravidanze a rischio;
dipendenti per cui è già stata effettuata la visita fiscale per il periodo di prognosi indicato nel certificato.

 Per i lavoratori privati l’obbligo di reperibilità resta quello di 7 giorni su 7, ma le fasce orarie sono diverse:
dalle 10 alle 12;
dalle 17 alle ore 19.

Se il dipendente non viene trovato in casa in occasione del controllo fiscale:
perderà il diritto al 100% della retribuzione per i primi 10 giorni di malattia;
lo stipendio sarà ridotto al 50% per i giorni seguenti.

Egli avrà 15 giorni di tempo per motivare la propria assenza ed evitare di incorrere nella decurtazione dello stipendio.

Quanto viene pagata la malattia?
Durante il periodo di assenza per malattia, il dipendente riceverà uno stipendio che, progressivamente, subirà una decurtazione:
dall’inizio della malattia sino al nono mese incluso lo stipendio sarà pari al 100%;
dal decimo mese e fino ad un anno di assenza per malattia sarà pari al 90%;
dal tredicesimo mese e fino ad un anno e mezzo (diciotto mesi) sarà pari al 50%.

La visita fiscale sui dipendenti del settore del Pubblico Impiego da parte dell'ASL ha lo  scopo di verificare e accertare l’incapacità temporanea dei lavoratori a svolgere l’attività lavorativa tale da giustificare l’assenza dal posto di lavoro. Tali visite, vengono quindi effettuate dal personale ASL su richiesta dell’Amministrazione, secondo le modalità stabilite dalle disposizioni vigenti.

Nello specifico, le nuove fasce orarie 2015 sono dalle ore 09.00 alle ore 13.00 e dalle ore 15.00 alle ore 18.00 per tutti i dipendenti PA compresi:
Enti locali, Statali e Comuni.
Agenzie fiscali e Ministeri, INAIL, INPS.

Insegnanti e docenti Scuola, personale ATA Pubblica Istruzione Miur.
Medici, dottori e infermieri appartenenti alla Sanità Pubblica DL 78 del 1 luglio 2009 e dal Decreto Presidente del Consiglio dei Ministri 18/12/ 2009 n. 206
Militari, Polizia di Stato, Carabinieri, Vigili del fuoco e Polizia Penitenziaria.

In tali orari, il dipendente pubblico che si dichiara malato ha l'obbligo di avvisare l'Amministrazione circa la sua assenza, di certificare la malattia con specifica attestazione medica e rimanere a casa durante le fasce orarie delle visite fiscali a partire dal primo giorno e per tutta la durata del periodo indicato sul certificato medico.

Oltre all'obbligo di comunicare all’Amministrazione, qualsiasi assenza dal domicilio, qualora avvenga negli orari di reperibilità malattia.

Si ricorda a tal proposito che secondo le ultime novità e regole, la visita specialistica esami terapie per dipendenti pubblici non è più consentito prendere un giorno di malattia bensì va richiesto uno specifico permesso per motivi personali che deve essere avallato dalla consegna all'Amministrazione di una attestazione di presenza dipendenti pubblici.

Per quanto riguarda le cause esclusione obbligo di reperibilità malattia, queste sono state individuate e regolamentate dal DM 18 dicembre 2009, n. 206 che ha riconosciuto ai soli dipendenti della Pubblica Amministrazione l'esclusione dall’obbligo di rispettare gli orari qualora l’assenza, sia riconducibile a determinate cause riconosciute per legge, ossia:
Patologie gravi con terapie salvavita.

Quali sono gli orari visite fiscali per i privati?

In generale, per tutti i lavoratori del settore privato:
dipendenti poste, bancari, telecomunicazioni, metalmeccanici, settore commercio
gli orari delle visite fiscali INPS sono: dalle 10:00 alle 12:00 e dalle 17:00 alle 19:00.

Tali fasce orarie, devono essere rispettate sin dal primo giorno di malattia e sopratutto anche il sabato e domenica, festivi, Natale e Capodanno, Pasqua e feste patronali. Ricordiamo che la disciplina che regola la visita fiscale e l'obbligo di reperibilità malattia, sono sanciti dall'articolo 5 dello Statuto dei Lavoratori, che prevede la facoltà del datore di lavoro o dell'INPS di richiedere il controllo fiscale sul dipendente che si assenta dal lavoro per una patologia, visita o esami, il quale deve garantire la sua presenza in casa, nello specifico presso il domicilio comunicato attraverso il certificato medico di malattia, e rimanere a disposizione durante questi orari mentre può uscire di casa al di fuori di tali fasce.

Per esempio, se ci si ammala e si è soli in casa, per andare in farmacia bisogna andare prima delle 10 o dopo le 12 stessa cosa per il pomeriggio, mentre se ci deve recare dal medico urgentemente, si può uscire ma occorre farsi fare un certificato medico dal dottore che attesti che in quel giorno e in quell'orario, si era a visita. Fare ciò è molto importante, dal momento che la mancata reperibilità ingiustificata è sanzionabile con sanzioni disciplinari, economiche e con il licenziamento.

Cosa succede se il dipendente in malattia esce di casa? Se il medico ASL o INPS si reca al domicilio del dipendente per accertare lo stato di malattia del lavoratore e citofona durante gli orari delle visite fiscali ma nessuno risponde, perché il citofono o il campanello è rotto, la mancata risposta viene considerata come assenza ingiustificata dal domicilio da parte del dipendente ammalato.

La Corte di Cassazione con sentenza del 23.7.1998, ha legittimato e ritenuta giustificata l’assenza del dipendente dal proprio domicilio per sottoporsi a trattamenti fisioterapici, cure e visita medica specialistica, analisi ma con l’accezione che l’assenza è da ritenersi giustificata solo laddove il dipendente fornisca la prova dell’impossibilità, se non a prezzo di gravi sacrifici, di effettuare le cure al fuori delle suddette fasce.

Si può uscire di sabato e domenica? No, se la malattia cade nel fine settimana, weekend, ponte o giorno di riposo, il lavoratore deve rimanere a casa durante gli orari di reperibilità perché potrebbe ricevere il controllo medico della mutua o INPS, anche durante questi giorni. Tale controllo fiscale, infatti, per il datore di Lavoro o l'Amministrazione è un diritto richiederlo anche di sabato o domenica.

E se il citofono è guasto? Se il medico preposto alla visita fiscale si reca al domicilio del dipendente per accertare lo stato di malattia del lavoratore e citofona durante gli orari visite fiscali ma nessuno risponde, perché il citofono o il campanello è rotto, la mancata risposta viene considerata come assenza ingiustificata dal domicilio da parte del dipendente ammalato.



sabato 27 luglio 2013

Inps da agosto 2013 rimborsa le pensioni d'oro


I primi in ordine di tempo sono i pensionati della gestione ex Enpals. Ma per il grosso degli interessati il rimborso del «contributo di perequazione» - applicato dal 2011 sulle pensioni superiori ai 90 mila euro e dichiarato incostituzionale - arriverà con la mensilità di agosto. L’Inps ha preso atto della sentenza della Consulta con il messaggio numero 11243 indirizzato alle proprie strutture: viene fissato quindi il calendario in base al quale si sospende l’applicazione del prelievo (5 per cento tra 90 e 150 mila euro annui, 10 fino a 200 mila e 15 sopra questa soglia) e si restituisce quanto trattenuto nel 2013. Le somme relative agli anni precedenti, sulle quali dovranno essere effettuati i calcoli fiscali, saranno invece rimborsate in un momento successivo.

Più precisamente per quanto riguarda la gestione dei lavoratori privati nel mese di agosto 2013 sarà ripristinato il pagamento senza contributo e verrà anche rideterminata la tassazione, in funzione del nuovo e maggiore imponibile; per i titolari di più pensioni tutto ciò avverrà separatamente per ciascun trattamento. Sempre ad agosto saranno restituiti gli importi trattenuti nel 2013 e contemporaneamente verrà operato il conguaglio fiscale.

Le scadenze sono un po’ diverse per gli ex dipendenti pubblici della gestione Inpdap, ora assorbita dall’Inps: il primo pagamento senza decurtazione è previsto già a luglio, mentre da agosto scatterà il rimborso dell’arretrato, sempre relativo al 2013. Per i titolari di un’unica prestazione la tassazione sarà calcolata sull’aliquota massima, per gli altri in base ad aliquota proporzionale. Infine c’è la gestione ex Enpals, che è meno numerosa e comprende i lavoratori dello spettacolo, per la quale scatta da luglio sia il ripristino della pensione piena sia la restituzione dei contributi trattenuti fino al mese di giugno.

La sentenza della Corte costituzionale ha censurato il contributo con la motivazione che si tratta sostanzialmente di un prelievo fiscale, e quindi per motivi di equità andrebbe applicato a tutti i redditi, non solo quelli da pensione. Di questo pronunciamento dovrà tenere conto il governo se davvero pensa a nuovi interventi sulle pensioni più alte, dette anche (non sempre correttamente) d’oro.

Sta continuando a farsi attendere la riforma delle pensioni che dovrebbe rendere più morbida la legge Fornero, dopo gli danneggiamenti prodotti nel welfare nazionale, gli assegni d’oro per luglio e agosto garantiranno ferie ancor più rilassate ai loro destinatari. Per effetto del pronunciamento della Corte costituzionale, infatti, i pensionati di prima fascia, pubblici e privati, riceveranno, nei prossimi mesi di luglio e agosto, il rimborso delle trattenute dei mesi scorsi a scopo di solidarietà.

La quota trattenuta sulle note pensioni d’oro, ammontava al 5% entro i 150mila euro, al 10% fino a 200mila, al 15% per quelle ancora più alte. Ma ora, con il messaggio 1243, l’Inps ha comunicato le modalità attraverso cui la trattenuta extra verrà restituita ai legittimi proprietari, dopo che la Corte costituzionale ha dichiarato illegittimi i prelievi di solidarietà varati dal governo precedente.

Si è trattato di una, nuova, sonora e clamorosa bocciatura per le politiche degli ultimi anni sulla spesa previdenziale, che finisce per fare il paio con le rigidità della successiva riforma Fornero, la quale è ancora vigente e non ha mai subito patenti di incostituzionalità dalla Consulta, ma indubbiamente ha prodotto non pochi danni per la popolazione, in particolare con il caos generato in seguito all’esplosione della questione esodati, tuttora irrisolta.

Così, a luglio l’Inps restituirà il ticket prelevato nel corso del 2013 – il rimborso per gli anni 2011 e 2012 è stato rinviato – nel mese di luglio ai dipendenti pubblici, mentre, in agosto, la quota verrà resa ai privati.

Nello specifico, per i lavoratori delle aziende private, la pensione verrà riportata al suo ammontare precedente al contributo, con la rimodulazione, naturalmente, delle trattenute fiscali a seguito dell’accresciuto valore. Oltre a ciò, l’Inps riaffiderà ai legittimi proprietari quelle cifre sottoposte al ticket di solidarietà da inizio 2013.

Per i pubblici che erano iscritti all’Inpdap, a luglio la pensione tornerà quella classica, e, il mese successivo, verrà erogato il conguaglio, con relativa tassazione ad aliquota massima nel caso per chi usufruisca di un’unico assegno. Diversamente, per gli ex Enpals, il rimborso delle trattenute avverrà a luglio.
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