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mercoledì 25 ottobre 2017

Stress da lavoro correlato: valutazione dei rischi



A partire dal gennaio 2011 è obbligatorio per le aziende italiane effettuare la valutazione dello stress da lavoro correlato. Esiste un obbligo di valutazione dei rischi da stress da lavoro correlato sancito dal Testo Unico in materia di salute e sicurezza sui luoghi di lavoro.

La valutazione dei rischi stress lavoro-correlato deve essere effettuata dal datore di lavoro, che non può delegare l’adempimento neanche ad un soggetto in possesso di specifiche competenze in materia.

Prima di entrare nel dettaglio della valutazione del rischio stress da lavoro correlato, richiamiamo alcune definizioni per meglio comprendere l’argomento.

Lo stress da lavoro può essere definito quale condizione che può essere accompagnata da disturbi o disfunzioni di natura fisica, psicologica o sociale e può essere una conseguenza del fatto che dei lavoratori non si sentono in grado di corrispondere alle richieste o aspettative riposte in loro. In termini generici quindi è importante sottolineare come lo Stress non sia di per se una malattia, bensì una condizione innescata nell'organismo umano da parte di una fonte o sollecitazione esterna che comporta una serie di adattamenti che, se protratti nel tempo, possono assumere carattere di patologia.

Quando può esserci squilibrio?
Diciamo che si può verificare quando il lavoratore non si sente in grado di corrispondere alle richieste lavorative. Tuttavia non tutte le manifestazioni di stress da lavoro possono essere considerate come stress lavoro-correlato. Lo stress lavoro-correlato è quello causato in modo particolare da vari fattori propri del contesto e del contenuto del lavoro.

Le caratteristiche dello stress da lavoro possono riassumersi in due aspetti. Uno quello che si riferisce al ambiente lavorativo ossia scarsa comunicazione, mancanza di definizione di obiettivi, conflitti di ruolo, insicurezza dell’impiego, partecipazione ridotta al processo decisionale; mentre il secondo aspetto è quello che si riferisce al contenuto del lavoro ossia problemi di affidabilità, disponibilità o idoneità, carico di lavoro eccesivo o ridotto, carenza di ritmo sul lavoro, orari di lavoro poco flessibili e incapacità di creare reali turni di lavoro.

Il datore di lavoro è tenuto ad effettuare la valutazione del rischio, avvalendosi del Responsabile del Servizio di Prevenzione e Protezione (RSPP), con il coinvolgimento del medico competente, ove nominato, affiancato preferibilmente da uno psicologo del lavoro e previa consultazione del Rappresentante dei Lavoratori per la Sicurezza (RLS/RLST). La valutazione si articola in due fasi: una necessaria e l’altra eventuale, da attivare nel caso in cui, nel corso della prima fase, si siano individuati elementi di rischio.

Importante sottolineare e distinguere il concetto di Stress da Lavoro Correlato, da quello di Mobbing  inteso come una persecuzione sistematica messa in atto da una o più persone allo scopo di danneggiare chi ne è vittima fino alla perdita del lavoro. Se dunque i possibili rischi soprattutto a livello psicologico, evidenziati dagli indicatori sintomatici possono risultare analoghi, nello Stress manca la componente di intenzionalità che è invece presente nel mobbing.

Si chiama stress da lavoro correlato ed è una delle più comuni cause di malattia professionale tra i lavoratori, un “rischio psicosociale” assieme a sindrome da burnout e a forme estreme di mobbing e violenza sul lavoro. I rischi psicosociali sono definiti quali aspetti di organizzazione e gestione del lavoro che possono arrecare danni fisici o psicologici.

La sindrome da burnout rappresenta una vera e propria forma di esaurimento o logorio derivante dalla natura di alcune mansioni professionali. Più precisamente si tratta di una esperienza soggettiva di cattivo rapporto con il lavoro, che viene vissuta generalmente in una fase successiva ad uno stato di tradizionale stress lavorativo e con una forma grave che ha delle sue caratteristiche specifiche e delle conseguenze negative in termini di salute, di produttività e di soddisfazione lavorativa. Ove l’esito patologico colpisce le persone che esercitano professioni d’aiuto, qualora queste non rispondano in maniera adeguata ai carichi eccessivi di stress che il loro lavoro li porta ad assumere. Questo fenomeno quindi, conosciuto già dagli anni ’70, è il risultato patologico di una componente di fattori di stress e di reazioni soggettive che colpisce solo quelle professioni rivolte ad aiutare altre persone (medici, infermieri, avvocati, sacerdoti…) e che porta il soggetto a “bruciarsi” attraverso un meccanismo di eccessiva immedesimazione nei confronti degli individui oggetto della attività professionale, facendosi carico in prima persona dei loro problemi e non riuscendo quindi più a discernere tra la loro vita e quella propria.


lunedì 25 luglio 2016

Lavoro: stress e la sindrome da burnout



Si chiama stress da lavoro correlato ed è una delle più comuni cause di malattia professionale tra i lavoratori, un “rischio psicosociale” assieme a sindrome da burnout e a forme estreme di mobbing e violenza sul lavoro. I rischi psicosociali sono definiti quali aspetti di organizzazione e gestione del lavoro che possono arrecare danni fisici o psicologici.

La sindrome da burnout rappresenta una vera e propria forma di esaurimento o logorio derivante dalla natura di alcune mansioni professionali. Più precisamente si tratta di una esperienza soggettiva di cattivo rapporto con il lavoro, che viene vissuta generalmente in una fase successiva ad uno stato di tradizionale stress lavorativo e con una forma grave che ha delle sue caratteristiche specifiche e delle conseguenze negative in termini di salute, di produttività e di soddisfazione lavorativa.

La sindrome è una tipologia specifica di disagio psicofisico connesso al lavoro che interessa, in varia misura, diversi operatori e professionisti che sono impegnati quotidianamente e ripetutamente in attività che implicano le relazioni interpersonali. Il burnout colpisce in misura prevalente coloro che svolgono le cosiddette professioni d’aiuto o “helping professions” ma anche coloro che pur, avendo obiettivi lavorativi diversi dall’assistenza, entrano continuamente in contatto con persone che vivono stati di disagio o sofferenza.

Il disagio da burnout comprende tre vissuti che rappresentano le dimensioni fondamentali del problema da tenere in considerazione nelle valutazioni del malessere, in sintesi le dimensioni tipiche sono:

Esaurimento. E’ la prima reazione allo stress prodotto da eccessive richieste di lavoro o da cambiamenti significativi. Quando una persona sente di aver oltrepassato il limite massimo sia a livello emozionale sia fisico: si sente prosciugata, incapace di rilassarsi e di recuperare, manca energia per affrontare nuovi progetti, nuove persone e nuove sfide.  Come la sensazione di non avere più qualcosa da dare e che si esprime come impotenza, tensione, impazienza, nervosismo o anche depressione e demotivazione rispetto a tutte le attività quotidiane precedentemente soddisfacenti. Una delle affermazioni interiori o esteriori tipiche di chi prova questo stato è “questo lavoro mi scarica interiormente”.

Cinismo. Quando una persona assume un atteggiamento freddo e distaccato nei confronti del lavoro e delle persone che incontra sul lavoro, diminuisce sino a ridurre al minimo o ad azzerare il proprio coinvolgimento emotivo nel lavoro e può abbandonare persino i propri ideali/valori. La depersonalizzazione corrisponde con una tendenza a reagire in modo freddo o persino cinico e aggressivo nei confronti delle persone che sono destinatarie della propria attività lavorativa, una risposta che spesso aumenta paradossalmente di fronte al tentativo di far sentire il proprio malessere e viene generalizzato attraverso uno stato mentale di distacco estremo rispetto al disagio altrui che si manifesta con uno stato interiore di disinteresse verso gli altri o talvolta persino di colpevolizzazione.

Inefficienza. Quando in una persona cresce la sensazione di inadeguatezza, qualsiasi progetto nuovo viene vissuto come opprimente. Si ha l’impressione che il mondo trami contro ogni tentativo di fare progressi, e quel poco che si riesce a realizzare, appare insignificante, si perde la fiducia nelle proprie capacità e in sé stessi. E determina una sfiducia nelle proprie capacità e competenze ma anche una diminuzione delle ambizioni di successo che spesso trasforma il lavoro in una attività condotta esclusivamente per mantenere la propria remunerazione. A causa di questa nuova prospettiva rispetto a se stessi dal punto di vista professionale è frequente anche la tendenza a giudicare in modo negativo il proprio lavoro passato con effetti retroattivi, annullando così mentalmente il valore delle soddisfazioni precedenti e generando in tal modo un ulteriore senso di insoddisfazione, rabbia ed esaurimento emozionale.

Analizzando le cause che potrebbero contribuire all’insorgere della sindrome è stato possibile classificarle in tre categorie:

eccesso di aspettative precedente all’entrata nel mondo del lavoro;

mansione lavorativa frustrante rispetto alle aspettative;

disorganizzazione lavorativa.

Il burnout ha manifestazioni specifiche:

Un deterioramento progressivo dell’impegno nei confronti del lavoro. Un lavoro inizialmente importante, ricco di prospettive ed affascinante diventa sgradevole, insoddisfacente e demotivante.

Un deterioramento delle emozioni. Sentimenti positivi come per esempio l’entusiasmo, motivazione e il piacere svaniscono per essere sostituiti dalla rabbia, dall’ansia, dalla depressione.

Un problema di adattamento tra la persona e il lavoro. I singoli individui percepiscono questo squilibrio come una crisi personale, mentre in realtà è il posto di lavoro a presentare problemi.

Vari studi hanno dimostrato che il burnout non è un problema dell’individuo in sé, ma del contesto sociale nel quale opera. Il lavoro (contesto, contenuto, struttura, ecc) modella il modo in cui le persone interagiscono tra di loro e il modo in cui ricoprono la propria mansione. Quando l’ambiente di lavoro non riconosce l’aspetto umano del lavoro, il rischio di burnout aumenta.

Alcune delle cause specifiche sono:

sovraccarico di lavoro;

mancanza di controllo;

gratificazioni insufficienti;

crollo del senso di appartenenza;

assenza di equità;

valori contrastanti;

scarsa remunerazione.




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