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giovedì 27 aprile 2017

A chi spetta individuare il periodo di ferie



Il lavoratore dipendente è libero di scegliere le modalità e le località per usufruire di un periodo di ferie che ritenga più utili. E la sua reperibilità può essere oggetto di specifico obbligo disciplinato dal contratto individuale o collettivo del lavoratore in servizio, ma non già del lavoratore in ferie.


Il Codice Civile, all’art. 2109: “Il prestatore di lavoro ha … anche diritto … ad un periodo annuale di ferie retribuito, possibilmente continuativo, nel tempo che l'imprenditore stabilisce, tenuto conto delle esigenze dell’impresa e degli interessi del prestatore di lavoro. La durata di tale periodo è stabilita dalla legge, dagli usi o secondo equità”, contempla i seguenti tre principi:

le modalità di fruizione delle ferie sono stabilite dall’imprenditore, tenuto conto delle esigenze dell'impresa e degli interessi del prestatore di lavoro;

la durata delle ferie è stabilita dai contratti collettivi;

l'imprenditore deve preventivamente comunicare al prestatore di lavoro il periodo stabilito per il godimento delle ferie;

il periodo di preavviso non può essere computato nelle ferie;

i contratti collettivi possono prevedere periodi di ferie ulteriori a quello legale. Questi periodi possono essere fruiti in base a quanto esplicitato dal contratto collettivo e, quindi, in astratto, anche successivamente al 18° mese dalla maturazione;

il mancato riconoscimento del periodo di ferie, nei limiti della previsione legale, comporta una sanzione amministrativa pecuniaria, in capo al datore di lavoro, da Euro 100 ad Euro 600; se, invece, la violazione si riferisce a più di cinque lavoratori ovvero si è verificata in almeno due anni, la sanzione è da Euro 400 ad Euro 1.500; infine, se la violazione si riferisce a più di dieci lavoratori ovvero si è verificata in almeno quattro anni, la sanzione amministrativa pecuniaria è da Euro 800 ad Euro 4.500 e non è ammesso il pagamento della sanzione in misura ridotta.

Secondo la giurisprudenza, l’individuazione del periodo feriale deve tener conto dei due interessi contrapposti, quello del lavoratore a fruire di un periodo di riposo sufficiente a reintegrare le energie perdute lavorando, e quello del datore di lavoro al buon funzionamento dell’azienda. Più precisamente, si ritiene che la scelta del periodo feriale sia idonea a salvaguardare l’indicato interesse dal lavoratore alla sola condizione che il numero delle giornate di ferie sia congruo: pertanto, mentre – per esempio – non sarebbe idoneo allo scopo imporre al lavoratore di fruire di una o di due giornate di ferie, il datore di lavoro potrebbe anche unilateralmente imporre al proprio dipendente la fruizione di una settimana di ferie, a condizione di provare che ciò è coerente con il buon funzionamento dell’azienda.

Sulla scorta di tali principi, una sentenza della Corte di Cassazione ha ritenuto irrilevante addirittura la circostanza che il periodo di ferie già fosse stato concordato, e che il lavoratore già avesse prenotato le proprie ferie. Più precisamente, in quel caso il lavoratore, dopo che le ferie erano state concordate e dopo aver prenotato un albergo in coincidenza del periodo feriale, a seguito del rinvio del periodo feriale disposto unilateralmente dal datore di lavoro, per sopravvenute urgenti necessità organizzative, si era ugualmente assentato dal lavoro per qualche giorno, durante il periodo feriale originariamente pattuito, per recarsi nella località turistica dove aveva effettuato la prenotazione, per disdirla.

Conseguentemente, il datore di lavoro, dopo aver contestato la circostanza sopra illustrata e aver sentito il lavoratore a sua difesa, lo aveva licenziato, considerando ingiustificata l’assenza dal posto di lavoro. La domanda giudiziaria presentata dal lavoratore, che aveva impugnato tale licenziamento sotto il profilo della carenza di alcuna valida giustificazione, era stata rigettata dai Giudici di merito, con pronunce confermate dalla Suprema corte: infatti, è stato ritenuto che il datore di lavoro, avendo provato l’effettiva sussistenza della necessità organizzativa che rendeva necessario spostare il periodo feriale originariamente concordato, legittimamente aveva modificato, sia pure unilateralmente, il periodo delle ferie.

La suprema Corte ha sottolineato come il lavoratore, una volta messo a conoscenza della distribuzione delle ferie nell’arco dell’anno, abbia un vero e proprio onere di comunicare tempestivamente all’azienda eventuali esigenze personali che giustifichino una richiesta di modifica del periodo fissato. In mancanza, ha osservato la Suprema Corte, è possibile ritenere che il silenzio del lavoratore sia qualificabile alla stregua di un vero e proprio assenso tacito alla scelta della società. Con l’ulteriore conseguenza che un eventuale spostamento delle ferie potrebbe in seguito essere giustificato e richiesto solo adducendo motivi sopravvenuti ed originariamente imprevedibili.

Il diritto alle ferie è irrinunciabile e, pertanto, tale periodo non è monettizabile diversamente, ossia non è sostituibile con una indennità per ferie. Solo se il rapporto termini prima del godimento della pausa feriale, il lavoratore avrà diritto a percepire una indennità proporzionale alle ferie non godute. E’ in vigore il principio della insostituibilità del periodo minimo di ferie (fissato in quattro settimane) con il pagamento di un’indennità in denaro, e ciò ad eccezione dell’ultimo anno del rapporto di lavoro.

Il periodo minimo di ferie annue è pari a quattro settimane per ogni lavoratore. Il diritto alle ferie è irrinunciabile e non può essere sostituito da indennità economiche eccetto nei casi di cessazione di rapporto di lavoro: solo in tali casi le ferie non godute vengono monetizzate e convertite in quote di retribuzione giornaliera.

La metà delle ferie deve essere fruito obbligatoriamente entro l'anno, la restante parte di ferie non godute nei successivi 18 mesi successivi al termine dell'anno di maturazione. In caso contrario il datore di lavoro è passibile di sanzioni.

Il lavoratore può richiedere le ferie in qualunque momento dell'anno. La richiesta di ferie, ancorché soggetta a valutazione del datore di lavoro in merito alle esigenze di aziendali, deve essere presentata con congruo anticipo.





domenica 3 agosto 2014

Piano ferie e i diritti del lavoratore


Il piano delle ferie matura durante tutto l’arco dell’anno. Il piano ferie ha lo scopo di consentire al lavoratore l’effettivo recupero delle energie dal lavoro.

Tutti i lavoratori dipendenti hanno il diritto ad usufruire di un periodo di riposo per ricostituire le energie fisiche e intellettuali in base all’ art. 36 della Costituzione e alla disciplina dell’art. 10 D.lgs. 66/2003 ed al lavoro prodotto durante l’anno trascorso.

L’art. 10 del d. lgs 66 del 2003 ha previsto che ogni lavoratore abbia diritto ad un periodo annuale di ferie retribuite non inferiore a 4 settimane, limite che può essere derogato dalla contrattazione collettiva, solo in senso migliorativo. E dunque è possibile fissare un periodo inferiore alle due settimane di ferie che, per legge, dovrebbero essere fruite nel corso dell'anno. A patto che siano rispettate le garanzie costituzionalmente riconosciute ai lavoratori.

Ulteriori modifiche a quanto stabilito dal D. lgs 66 del 2003 sono state apportate dal Dlgs 213/04.
Delle quattro settimane di ferie, il lavoratore ha diritto a godere almeno di due settimane consecutive nel corso dell’anno di maturazione. Il periodo, salvo quanto previsto dalla contrattazione collettiva, va fruito per almeno due settimane, consecutive in caso di richiesta del lavoratore, nel corso dell'anno di maturazione e, per le restanti due settimane, nei 18 mesi successivi al termine dell'anno di maturazione

I lavoratori hanno diritto di assentarsi dal lavoro per un periodo di ferie annue retribuite, per recuperare le energie psico-fisiche. Il periodo minimo di ferie annue è pari a quattro settimane per ogni lavoratore. Il diritto alle ferie è irrinunciabile e non può essere sostituito da indennità economiche eccetto nei casi di cessazione di rapporto di lavoro: solo in tali casi le ferie non godute vengono monetizzate e convertite in quote di retribuzione giornaliera.

La metà delle ferie deve essere fruito obbligatoriamente entro l'anno, la restante parte di ferie non godute nei successivi 18 mesi successivi al termine dell'anno di maturazione. In caso contrario il datore di lavoro è passibile di sanzioni.

Il lavoratore può richiedere le ferie in qualunque momento dell'anno. La richiesta di ferie, ancorché soggetta a valutazione del datore di lavoro in merito alle esigenze di aziendali, deve essere presentata con congruo anticipo. L'eventuale malattia insorta durante il periodo di ferie ne interrompe il godimento e dà diritto al recupero dei giorni di ferie non godute.

A meno che le esigenze dell’azienda lo richiedono, il datore di lavoro e il lavoratore possono decidere per un piano ferie composto da più periodi di ferie divisi.

Tempi e modalità diversi del piano ferie possono essere stabiliti dai CCNL; i quali si basano su un esame tra le rappresentanze sindacali per determinare il piano delle ferie e le relative modalità di calcolo.

Il diritto alle ferie annuali, costituzionalmente sancito, è ispirato da ragioni di ordine pubblico che traggono origine dall’esigenza di tutela dell’integrità fisica-psicologica e dello stato di salute del cittadino-lavoratore subordinato.


Per un lavoratore, il diritto alle ferie è fondamentale; il datore di lavoro è infatti tenuto a rispettare per legge tale beneficio. Le ferie rappresentano dunque le giornate di astensione dal lavoro; sono provvisti di legislazione apposita solo i periodi di riposo legati ai lavoratori dipendenti e non ai liberi professionisti o agli autonomi.

L'art. 36 della Costituzione italiana prevede che il lavoratore deve e non può in alcun modo rinunciare al diritto di ferie; i periodi di tali giornate di non lavoro retribuito non devono essere inferiori alle quattro settimane. C'è inoltre un minimo previsto da tutti i contratti collettivi nazionali che è di 20 giorni annuali e che è stato introdotto dal Decreto Legislativo n. 66 del 2003.

domenica 17 febbraio 2013

Lavoro: diritto alle ferie e disciplina legislativa


La consulenza del lavoro ha trovato nelle nuove direttive legislative un campo fertile per la gestione del personale dipendente in materia di gestione delle ferie.

Tutti i dipendenti hanno il diritto ad usufruire di un periodo di riposo per ricostituire le energie fisiche e intellettuali in base all’art. 36 della Costituzione e alla disciplina dell’art. 10 D.lgs. 66/2003.

L’art. 10 del d. lgs 66 del 2003 ha previsto che ogni lavoratore abbia diritto ad un periodo annuale di ferie retribuite non inferiore a 4 settimane, limite che può essere derogato dalla contrattazione collettiva, solo in senso migliorativo. E dunque è possibile fissare un periodo inferiore alle due settimane di ferie che, per legge, dovrebbero essere fruite nel corso dell'anno. A patto che siano rispettate le garanzie costituzionalmente riconosciute ai lavoratori.
Ulteriori modifiche a quanto stabilito dal D.lgs 66 del 2003 sono state apportate dal D.lgs 213/04.

Delle quattro settimane di ferie, il lavoratore ha diritto a godere almeno di due settimane consecutive nel corso dell’anno di maturazione. Il periodo, salvo quanto previsto dalla contrattazione collettiva, va fruito per almeno due settimane, consecutive in caso di richiesta del lavoratore, nel corso dell'anno di maturazione e, per le restanti due settimane, nei 18 mesi successivi al termine dell'anno di maturazione.

Il diritto alle ferie è irrinunciabile e, pertanto, tale periodo non è monettizabile diversamente, ossia non è sostituibile con una indennità per ferie. Solo se il rapporto termini prima del godimento della pausa feriale, il lavoratore avrà diritto a percepire una indennità proporzionale alle ferie non godute.
Qualora residuassero dei giorni di ferie maturati, ma non goduti, il restante periodo deve essere accordato e fruito entro 18 mesi dal compimento dell'anno di maturazione, a meno che il lavoratore non consenta di rinviare ulteriormente tale scadenza.

Tale possibilità, esercitata anche attraverso la contrattazione collettiva, è accordata dalla legge proprio per agevolare l'effettivo godimento delle ferie da parte del lavoratore.

I contratti collettivi di lavoro, anche aziendali, possono stabilire condizioni di miglior favore.
Ciò è dovuto alla peculiare finalità dell’istituto delle ferie, atte a provvedere ad un ripristino delle energie fisiche e morali del lavoratore.

Il periodo feriale è annuale, nel senso il lavoratore deve utilizzarlo entro l’anno. Tuttavia, anche a chi lavora per periodi inferiori all’anno è garantito 1/12 di ferie per ogni mese prestato.

Il periodo di ferie spettanti al lavoratore viene individuato dal datore di lavoro in relazione alle esigenze aziendali, mentre la retribuzione del periodo feriale è stabilita dalla contrattazione collettiva.
La malattia insorta durante il periodo di ferie ne interrompe il decorso, ma solo ove tale malattia non sia compatibile con il loro godimento.
Il lavoratore non può usufruire delle ferie durante il periodo del preavviso.
Le ferie non godute non possono essere monetizzate. E’ quanto detta il decreto legislativo n. 66 dell'8 aprile 2003, che ha recepito alcune direttive europee in materia di diritto del lavoro. Per quanto riguarda il periodo e la gestione dipendenti in ambito di ferie , rientra l’impossibilità per i lavoratori dipendenti di ricevere un indennizzo sostitutivo per le ferie non godute.

Il periodo annuale di ferie retribuite, non si può convertire in denaro. La disposizione, tuttavia, non interessa i casi di cessazione dal lavoro per i quali le ferie non godute vengono liquidate nel trattamento di fine rapporto. Inoltre il periodo di ferie di cui può usufruire un lavoratore non può essere inferiore a quattro settimane.

Ulteriori modifiche a quanto stabilito dalle normative vigenti sono state apportate dal decreto legislativo n. 213 del 19 luglio 2004. Delle quattro settimane di riposo, il lavoratore ha diritto a godere almeno di due settimane consecutive nel corso dell’anno di maturazione e, per le restanti due settimane, nei 18 mesi successivi al termine dell’anno di maturazione.

Quello alle ferie retribuite è un diritto riconosciuto dal Codice Civile e dalla Costituzione che, all'art. 36, stabilisce che il lavoratore "ha diritto a ferie annuali retribuite e non può rinunciarvi. Quello che quindi, indiscutibilmente, è un diritto per tutti, non opera però per tutti allo stesso modo.
Per alcune particolari categorie di lavoratori o in alcune fasi del rapporto di lavoro ci sono delle eccezioni. I dirigenti sono gli unici lavoratori dipendenti che possono rinunciare volontariamente alle ferie.
E’ quanto ha stabilito la Cassazione considerando la grande autonomia di cui dispongono per organizzare il loro lavoro. Dunque, se in questa auto-organizzazione, i dirigenti decidono di non inserire un periodo di riposo, è da intendersi che vi abbiano rinunciato.

I lavoratori a domicilio, che svolgono la loro attività a casa non possono godere delle ferie. Alla loro retribuzione viene comunque sommata un'apposita percentuale, stabilita dai CCNL, a titolo di indennità per le ferie e le festività non godute. Per i lavoratori domestici che prestano la loro attività per meno di quattro ore continuative al giorno, il Codice Civile provvede la fruizione di un minimo di otto giorni di riposo retribuito. Giorni che salgono a 15, 20 o 25 (a seconda dell'anzianità di servizio o di inquadramento), nel caso di lavoratori che prestano la loro opera per più di 4 ore giornaliere.

Considerando le lavoratrici in maternità, bisogna distinguere il congedo obbligatorio, che precede il parto, in cui matura il diritto alle ferie, e il periodo successivo, facoltativo, in cui invece questo diritto non matura. Vanno esclusi agli effetti della maturazione delle ferie, anche i congedi parentali, ottenuti dal lavoratore padre o dalla lavoratrice madre per accudire il bambino nei suoi primi anni di vita. Il periodo trascorso in cassa integrazione guadagni, sia ordinaria che straordinaria, non dà diritto alle ferie se è a zero ore. Se invece è a orario ridotto, matura il diritto alle ferie e alla relativa retribuzione.

Il diritto alle ferie retribuite vale, ovviamente, anche per i lavoratori dipendenti a tempo parziale, ma bisogna fare una distinzione tra contratto a tempo parziale orizzontale e verticale. Nella prima ipotesi, la riduzione dell'orario di lavoro, rispetto a quello dei lavoratori a tempo pieno, risulta in relazione all'orario giornaliero complessivo. Nel rapporto di lavoro a tempo parziale verticale invece, l'attività lavorativa è svolta per tutto il normale orario di lavoro giornaliero, ma limitatamente a periodi predeterminati nel corso della settimana, del mese o dell'anno. Nel caso di rapporto di lavoro a tempo parziale orizzontale, il principio di non discriminazione comporta che la durata delle ferie non sia diversa da quella riconosciuta ai lavoratori a tempo pieno. Nel caso di rapporto di lavoro a tempo parziale verticale il periodo di godimento delle ferie, previsto dalla contrattazione collettiva per i lavoratori a tempo pieno, non viene riconosciuto integralmente, ma viene ridotto in proporzione all'attività lavorativa effettivamente svolta.

Il lavoro temporaneo per sua natura è difficilmente compatibile con l'effettivo godimento delle ferie: difficilmente il datore di lavoro potrà attuare una politica di gestione ferie per assegnare periodi di ferie a lavoratori dei quali ha esigenza solo per un determinato periodo di tempo. In tema di gestione ferie, quindi, il principio di parità di trattamento tra lavoratori interinali e lavoratori dipendenti, vale solo ai fini del calcolo della retribuzione delle ferie maturate e dell'indennità per le ferie non godute.

Diversa la situazione per i lavoratori assunti con contratto a tempo determinato che hanno diritto a godere delle ferie previste in favore dei lavoratori assunti a tempo indeterminato, in proporzione al periodo lavorativo prestato, salvo che ciò non sia incompatibile con le esigenze aziendali.

lunedì 18 giugno 2012

Lavoro e diritto alle ferie. “Sette giorni ferie in meno per alzare Pil'”


Una settimana in meno di ferie per aumentare il Pil. E' la proposta del sottosegretario all'Economia, Gianfranco Polillo, che non mancherà di far discutere. Aumentare cioè il tempo di lavoro per far ripartire la produttività . ''Nel brevissimo periodo, per aumentare la produttività del Paese - ha spiegato - lo choc può avvenire dall'aumento dell'input di lavoro, senza variazioni di costo; lavoriamo mediamente 9 mesi l'anno e credo che ormai questo tempo sia troppo breve''. Secondo Polillo, "se noi rinunciassimo ad una settimana di vacanza avremmo un impatto sul pil immediato di circa un punto".

Il sottosegretario, parlando a margine di un convegno a Roma, non vede particolare difficoltà né da parte dell'industria, né da parte dei sindacati. "Da parte dell'industria - precisa Polillo - questo non deve essere un accordo generalizzato ma può essere fatto per le aziende già ristrutturate che hanno mercato e quindi puntare principalmente sui contratti di secondo livello. Per quanto riguarda i sindacati, continua Polillo, "é una fase di riflessione, ma devo dire che non sono contrari a questa ipotesi, almeno la parte più avveduta del sindacato che sta riflettendo per conto suo su questo; all'interno di tutte le sigle, compresa la Cgil, ci sono settori illuminati e riformisti che vi ci stanno ragionando".

"Stiamo vivendo sopra le nostre possibilità: per sostenere i nostri consumi interni abbiamo bisogno di prestiti esteri che negli ultimi anni sono stati pari a 50 miliardi di euro l'anno", ha sottolineato Polillo. "Questo gap lo possiamo chiudere - spiega - o riducendo ulteriormente la domanda interna, inaccettabile per il Paese, oppure aumentando il potenziale produttivo; non possiamo più permetterci questo andamento con gli spread attuali".

"Un'uscita confusa, estemporanea e non particolarmente geniale e alla quale manca un naturale complemento: perché non chiedere ai 500 mila lavoratori in cassa di rinunciare ad una settimana di indennità? Per questa via anche le casse dello Stato ne trarrebbero un beneficio". E' il commento del segretario confederale della Cgil, Fabrizio Solari, sulla proposta del sottosegretario all'Economia, Gianfranco Polillo, di rinunciare a una settimana di vacanza per determinare una crescita immediata del Pil pari a un punto percentuale. "Fuor d'ironia - dice Solari - il problema della scarsa produttività italiana è il frutto della sua stessa specializzazione produttiva nonché degli scarsi investimenti in termini di innovazione e di una non sufficiente dotazione infrastrutturale.
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