Visualizzazione post con etichetta fondi pensione. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta fondi pensione. Mostra tutti i post

giovedì 5 luglio 2018

Cessione del TFR: nuovo servizio INPS



È disponibile il nuovo servizio INPS "Notifica cessione TFR in garanzia", che consente di ricevere le notifiche da parte degli utenti esterni.

Nuovo archivio INPS dei contratti di finanziamento garantiti da TFR ad uso delle aziende e delle società finanziarie , banche e assicurazioni- Le modalità nel messaggio n. 2506 2018

L'INPS ha pubblicato nel messaggio n. 2506/2018 le informazioni su un nuovo servizio disponibile sul sito dell'Istituto relativo alla gestione dei contratti di finanziamento con cessione del TFR a garanzia, inviati da banche e società finanziarie. Si tratta di uno specifico archivio informatico che raccoglierà le notifiche sia digitali che cartacee da parte degli operatori e delle strutture territoriali.

Il servizio è rivolto a società finanziarie, banche ed assicurazioni; le informazioni contenute nella banca dati per individuare il legittimo titolare della prestazione di TFR e nei casi di :

intervento del Fondo di Garanzia del TFR (art. 2 della legge n. 297/82) in caso di insolvenza del datore di lavoro;

pagamento diretto della quota di TFR versata al Fondo di Tesoreria, in caso di incapienza dei contributi dovuti nel mese dal datore di lavoro rispetto al TFR da erogare (cfr. la circolare n. 70/2007, par. 7.3);

residui casi di liquidazione della quota di TFR maturata durante il periodo di fruizione del trattamento straordinario di integrazione salariale (cfr. la circolare n. 24/2017).

Gli utenti possono decidere quando e se notificare i contratti di finanziamento con garanzia del TFR ed è possibile utilizzare il servizio anche per notificare contratti già inviati all’INPS mediante canali diversi.

L’accesso al servizio è consentito previa autenticazione tramite:

PIN dispositivo dell’INPS (cfr. la circolare n. 50 del 15/2011);

CNS (Carta Nazionale dei Servizi) rilasciata da una Pubblica Amministrazione ai sensi del D.P.R. n. 117/04 o mediante altro dispositivo (smart card, chiavetta USB) contenente il “certificato digitale di autenticazione personale” rilasciato da apposito ente certificatore rispondente agli standard definiti per la CNS;

credenziali SPID (Sistema Pubblico di Identità Digitale) almeno di livello 2, rilasciate da uno dei gestori accreditati da AgID (www.spid.gov.it).

Per accedere al servizio, i soggetti incaricati con procura dalle aziende dovranno richiedere l’abilitazione presentando il modulo “MV61” ad una qualsiasi Struttura territoriale dell’INPS.

Tale modulo è reperibile nel sito Istituzionale al seguente percorso: “Prestazioni e servizi” > “Tutti i moduli”, digitando nel campo “Cerca” il nome del modulo.

Cessione TFR in garanzia: quando è di competenza INPS
Generalmente nel settore privato il TFR è di competenza del datore di lavoro. Esistono però alcune fattispecie che obbligano l’INPS ad intervenire per gestire tale istituto, ossia:
in caso di insolvenza del datore di lavoro mediante l’intervento del Fondo di Garanzia del TFR;

in caso di incapienza dei contributi dovuti nel mese dal datore di lavoro rispetto al TFR da erogare mediante il pagamento diretto della quota di TFR versata al Fondo di Tesoreria;

nei residui casi di liquidazione della quota di TFR maturata durante il periodo di fruizione del trattamento straordinario di integrazione salariale.

Notifica contratti di cessione del TFR: come accedere al servizio
Per accedere al nuovo servizio di notifica dei contratti di cessione del TFR l’utente deve premunirsi di una delle seguenti credenziali:

PIN dispositivo dell’INPS;

CNS (Carta Nazionale dei Servizi) o firma digitale;

credenziali SPID (Sistema Pubblico di Identità Digitale) almeno di livello 2.

Per quanto riguarda i soggetti incaricati tramite specifica procura dalle aziende è necessario richiedere l’abilitazione presentando il modulo “MV61” ad una qualsiasi Struttura territoriale dell’INPS.

Cosa inserire nella banca dati INPS
Effettuato l’accesso, l’utente potrà inserire nella banca dati determinate informazioni riguardanti il lavoratore cedente e il datore di lavoro, quali:

la data di stipula del contratto;

la data di scadenza del finanziamento;

i soggetti che hanno prestato l’assicurazione rischio vita e la garanzia rischio impiego;

nonché copia in formato elettronico del contratto.



venerdì 1 luglio 2016

Forme pensionistiche complementari: una guida



Il mercato della previdenza complementare è costituito da diverse tipologie di forme pensionistiche e premesso che l'adesione ad un prodotto di previdenza integrativa è sempre su base volontaria, ognuna delle forme previdenziali ha caratteristiche proprie.

Vediamo le caratteristiche principali di ogni prodotto.

I fondi pensione aperti sono forme pensionistiche complementari istituite da Banche, Compagnie di assicurazione, Società di Gestione del Risparmio (SGR) e Società di Intermediazione Mobiliare (SIM). L'adesione è aperta a tutti.

I lavoratori dipendenti del settore privato possono aderire su base:
· Individuale: il lavoratore al momento dell'adesione sceglie l'importo e la periodicità della contribuzione; può scegliere di versare anche solo il trattamento di fine rapporto (TFR).
· Collettiva: i versamenti (nella maggioranza dei casi costituiti da TFR, contributo datore, contributo dipendente) vengono effettuati direttamente dall'azienda con modalità e percentuali di contribuzione calcolate di norma sulla retribuzione annua lorda e stabilite da accordi o regolamenti aziendali
I lavoratori del settore pubblico possono aderire solo su base individuale, tramite contribuzioni personali.

I FPA sono costituiti sotto forma di patrimonio separato e autonomo rispetto a quello della società che li istituisce e sono destinati esclusivamente al pagamento delle prestazioni agli iscritti.
La gestione finanziaria del Fondo aperto può essere svolta dalla stessa società istitutrice, oppure da un'altra società, mediante una delega di gestione.

A tutela dell'interesse degli aderenti, vengono nominati:
Il Responsabile del fondo, che ha il compito di vigilare sul rispetto delle norme di Legge e del regolamento del fondo

L'Organismo di Sorveglianza, che  rappresenta l'interesse degli aderenti.
Questi ruoli vengono ricoperti da figure indipendenti dalla Società e dall'eventuale Gruppo di appartenenza, a miglior garanzia dell'interesse degli iscritti.

I piani individuali pensionistici, sono forme pensionistiche complementari istituite da Compagnie di assicurazione. Come i fondi pensione aperti, anche i PIP sono costituiti sotto forma di patrimonio separato e autonomo rispetto a quello della compagnia e sono destinati esclusivamente al pagamento delle prestazioni agli iscritti.
Sono realizzati mediante:

Contratti assicurativi di ramo I – assicurazioni sulla vita - nei quali la rivalutazione della posizione individuale è collegata ad una o più gestioni interne separate

Contratti assicurativi di ramo III - polizze di tipo unit linked - nei quali la rivalutazione della posizione individuale è collegata al valore delle quote di uno o più fondi interni oppure al valore delle quote di OICR (organismi di investimento collettivo del risparmio, come i fondi comuni)

Una combinazione dei due contratti precedenti.

Ai PIP possono aderire tutti ma, a differenza dei FPA, l'adesione può avvenire esclusivamente su base individuale. I lavoratori dipendenti del settore privato possono destinare anche quote di TFR, mentre i lavoratori dipendenti del settore pubblico possono effettuare esclusivamente versamenti personali.
Analogamente ai fondi pensione aperti, è prevista la figura del Responsabile che ha il compito di verificare che la gestione avvenga nell'esclusivo interesse degli aderenti e nel rispetto di norme, regolamenti e contratti.

I fondi pensione negoziali sono forme di previdenza complementare di natura contrattuale, destinati a determinate categorie di lavoratori:
· Dipendenti privati che appartengono alla stessa categoria contrattuale, alla stessa impresa o gruppo di imprese
· Dipendenti pubblici che appartengono a specifici comparti di contrattazione
· Soci lavoratori di cooperative.
La maggior parte dei Fondi pensione negoziali viene istituita a seguito di contratti collettivi, stipulati dai rappresentanti dei datori di lavoro e dei lavoratori, che possono essere su base nazionale o aziendale. Nel  caso di soci lavoratori di cooperativa, vengono istituiti da accordi tra i soci stessi.
Sono fondi negoziali anche i fondi pensione territoriali, istituiti in base ad accordi tra datori di lavoro e lavoratori appartenenti ad un determinato territorio o area geografica.

L'adesione ai FPN è consentita solo alle categorie indicate nei relativi accordi istitutivi. Il lavoratore può iscrivere anche i propri familiari a carico ("familiari fiscalmente a carico") se lo Statuto del Fondo lo prevede.
Per i lavoratori dipendenti, in sede di contrattazione collettiva, viene stabilita la percentuale di retribuzione che può essere versata;  le fonti contributive sono costituite da:
· TFR che matura dopo l'adesione
· Contributo del datore di lavoro
· Contributo del lavoratore
Il lavoratore può decidere di destinare solo il TFR; in tal caso il datore di lavoro non ha l'obbligo di versare il proprio contributo.

L'adesione da parte del lavoratore può avvenire anche in modo tacito: se non esprime alcuna scelta sulla destinazione del proprio trattamento di fine rapporto (TFR) entro 6 mesi dall'assunzione, il lavoratore viene iscritto automaticamente alla forma pensionistica collettiva adottata dal contratto nazionale di lavoro o dall'accordo aziendale.
In caso di Fondo pensione negoziale destinato ai lavoratori autonomi e ai liberi professionisti la contribuzione riguarda unicamente l'iscritto.

l FPN sono soggetti giuridici autonomi, quindi sono dotati di organi propri quali:
· L'Assemblea, espressione dei rappresentanti degli iscritti.
· Gli Organi di amministrazione e controllo, dove c'è una rappresentanza paritaria di lavoratori iscritti e datori di lavoro
· Il Responsabile del fondo, che ha il compito di verificare che la gestione avvenga nell'esclusivo interesse degli aderenti e nel rispetto delle norme.

I fondi pensione preesistenti sono forme pensionistiche così chiamate perché istituite prima del 15 novembre 1992. (data di entrata in vigore della legge 23 ottobre 1992, n. 421)
Rappresentano un insieme molto eterogeneo di forme di previdenza complementare a carattere collettivo, destinate a specifici ambiti di lavoratori. Si distinguono in:
· Fondi pensione preesistenti autonomi, che sono a tutti gli effetti dei soggetti giuridici autonomi (associazioni non riconosciute, associazioni riconosciute, fondazioni o enti morali);
· Fondi pensione preesistenti interni, che sono costituiti all'interno di società (Banche, Compagnie di assicurazione) come patrimonio separato per i lavoratori occupati nelle stesse società.

L'adesione è di tipo collettivo. Ogni fondo è rivolto a determinate categorie di lavoratori (di una data azienda o di un gruppo di aziende o di specifiche categorie professionali, ad esempio dirigenti d'azienda, medici, ecc.). E' possibile iscrivere anche i propri familiari a carico se lo Statuto del Fondo lo prevede.

Per i lavoratori dipendenti i versamenti sono determinati, in sede di contrattazione, in percentuale sulla retribuzione e le fonti contributive sono costituite da:
· TFR maturato dopo l'adesione;
· Contributo del datore di lavoro
· Contributo del lavoratore
Il lavoratore dipendente può aderire anche in modo tacito: se non esprime alcuna scelta sulla destinazione del proprio trattamento di fine rapporto (TFR) nei termini previsti dalla legge, il lavoratore viene iscritto automaticamente alla forma pensionistica collettiva adottata dal contratto nazionale di lavoro o dall'accordo aziendale.

I Fondi pensione preesistenti possono gestire le risorse finanziarie secondo queste modalità:
· Internamente
· Mediante convenzioni con società specializzate (Banche, Assicurazioni, SIM, SGR)
· Mediante la stipula di contratti assicurativi.
Inoltre possono detenere direttamente immobili entro determinati limiti stabili dalla Legge.

I Fondi pensione preesistenti sono dotati di organismi rappresentativi degli iscritti, generalmente a composizione paritetica, che nominano il Responsabile del Fondo (che può essere scelto anche tra gli esponenti della società nella quale è istituito il Fondo pensione).  Nei Fondi pensione costituiti in forma di associazione è presente l'assemblea, che può essere costituita da tutti gli iscritti o da rappresentanti dei lavoratori e delle imprese.


domenica 24 aprile 2016

Pensioni, ecco la nuova flessibilità


Un combinazione tra prestito previdenziale e opzione donna. Con un sistema di “garanzie a catena” per rendere più leggero l'impatto sui conti pubblici nel breve periodo, che prevede il coinvolgimento degli istituti di credito, dell'Inps e, direttamente o indirettamente, anche dei fondi pensione, che in ogni caso, con una distinta operazione, beneficeranno di una riduzione dell'aliquota fiscale sui rendimenti (attualmente al 20%) di almeno 4-5 punti e un incremento della deducibilità dei versamenti.

È questa una delle 2-3 opzioni per rendere più flessibili le uscite verso la pensione. Che si ridurrebbe per ogni anno di anticipo soprattutto per effetto del calcolo con il contributivo per il periodo tra l'uscita e il raggiungimento della soglia di vecchiaia. La penalizzazione (3-4% l'anno) verrebbe attutita con un dispositivo imperniato sul concetto del “prestito”, garantito, almeno in parte, da intermediari finanziari cui verrebbero a loro volta assicurati particolari incentivi. Anche l'Inps avrebbe un ruolo di ulteriore garanzia nei confronti degli istituti di credito.

Tommaso Nannicini, ha annunciato che il ricorso al secondo pilastro (previdenza complementare) sarà rafforzato non solo con interventi sul versante dalla tassazione (il ritorno all'aliquota dell'11,5% da quella attuale del 30% costerebbe circa 800 milioni) ma anche della governance (compreso il ruolo della Covip), della concentrazione dei fondi e «anche del rapporto tra risparmio obbligatorio tra primo e secondo pilastro». Una vera e propria riforma che punterebbe a rendere quasi obbligatoria una parte della “copertura previdenziale” attraverso forme integrative e che in questa chiave potrebbe vedere anche nuove misure sulla destinazione del Tfr (anche obbligatoria).

Una delle altre due opzioni tecniche sul tavolo degli esperti si rifarebbero maggiormente alla proposta del presidente dell'Inps, Tito Boeri: calcolo dell'assegno, a prescindere dall'età di uscita, quasi interamente vincolato agli anni di versamenti effettuati. L'anticipo avrebbe anche l'obiettivo di favorire la “staffetta generazionale”. Un'ulteriore opzione si rifarebbe al potenziamento della previdenza integrativa anche attraverso una spinta più specifica in questa direzione da parte degli accordi aziendali e, più in generale, di una destinazione più vincolante di contributi da parte del lavoratore e del datore di lavoro. Il tutto dovrebbe essere accompagnato da un contributo sempre di natura “generazionale” (quindi all'interno del sistema previdenziale) sugli assegni più elevati e versati con condizioni molto più vantaggiose rispetto a quelle del sistema attuale.

Quindi le aspettative di nuovi interventi sulle regole per andare in pensione sono molto alte. Il ministro del Lavoro, Giuliano Poletti, si è sempre detto favorevole alla cosiddetta «flessibilità in uscita», che significa appunto correggere la riforma Fornero per permettere il pensionamento qualche anno prima, ma con un assegno un po’ più basso.

Oggi per andare in pensione di vecchiaia servono 66 anni e 7 mesi, che dal 2019 verranno adeguati ogni due anni alla speranza di vita, arrivando a 70 anni, si prevede, nel 2049. Ma i giovani nati dopo il 1980 e con carriera discontinua rischiano di dover aspettare fino a 75 anni, dice il presidente dell’Inps, Tito Boeri. Per la pensione anticipata occorrono 42 anni e 10 mesi di contributi, che si stima saliranno a 46 anni e 3 mesi nel 2049.

I sindacati parlano di requisiti insostenibili mentre le aziende, soprattutto le grandi, sono disposte a pagare di tasca propria il pensionamento anticipato pur di mandare a casa i lavoratori anziani. A frenare le aspettative è stato finora, come ovvio, il ministro dell’Economia, Pier Carlo Padoan, e con lui la Ragioneria generale, allarmati per l’aumento della spesa pubblica e soprattutto per la perdita di credibilità presso la commissione Ue che deriverebbe da un intervento che suonasse come uno smobilizzo della riforma Fornero. Tuttavia nel Piano di riforme appena inviato a Bruxelles c’è scritto che il governo valuterà, «la fattibilità di una maggiore flessibilità nelle scelte individuali, salvaguardando la sostenibilità finanziaria.
La Camera dei Deputati ha dato la disponibilità a discutere del coinvolgimento di banche e assicurazioni nella «flessibilità in uscita» lo ha fatto rispondendo a una domanda di Maino Marchi (Pd) che alludeva al ruolo che questi soggetti possono giocare nell’ambito dell’ipotesi del «prestito pensionistico». Funzionerebbe così: il lavoratore a 2-3 anni dai requisiti di vecchiaia potrebbe chiedere un mini anticipo sulla pensione, tipo 700 euro al mese, che poi restituirebbe in piccolissime rate trattenute dal momento in cui decorre la pensione piena. Per limitare al massimo i costi, l’Inps potrebbe stipulare convenzioni con il sistema bancario e assicurativo, che fornirebbero l’anticipo sotto forma di prestito. Lo Stato si accollerebbe solo il costo degli interessi.

La proposta classica di flessibilità in uscita è quella Baretta-Boeri, che prevede la possibilità di andare in pensione fino a 4 anni di anticipo rispetto ai requisiti previsti dalla riforma Fornero per la pensione di vecchiaia ma con una penalizzazione pari al 2% per ogni anno, quindi fino a un massimo dell’8%. Stime informali dell’Inps hanno calcolato in 3,6 miliardi la maggior spesa nel 2017 che diventerebbero 7,5 miliardi nel 2026. Una variante calcolata ipotizzando una penalizzazione maggiore (3% per ogni anno di anticipo) e che solo il 70% degli interessati acceda al prepensionamento costerebbe 1,5 miliardi l’anno prossimo che salirebbero a 3,7 nel giro di dieci anni. Ieri il sottosegretario alla presidenza, Tommaso Nannicini, ha detto che le proposte che prevedono flessibilità generalizzata costano troppo, fra i 5 e i 7 miliardi l’anno.

Un’ipotesi che periodicamente ricorre è l’estensione agli uomini dell’«opzione donna»: la possibilità prorogata per quest’anno per le donne di andare in pensione con almeno 57 anni d’età e 35 di contributi ma con l’assegno interamente calcolato col contributivo. Ci si perde in genere almeno il 25-30%. Nonostante ciò la spesa per lo Stato salirebbe nei prossimi anni, per via dei pensionamenti in più, e quindi anche questa proposta ha poche possibilità.

domenica 25 gennaio 2015

Tfr in busta paga, cosa accadrà dal 1 marzo 2015?



Il Trattamento di Fine Rapporto (TFR), rappresenta una porzione di retribuzione dovuta al lavoratore subordinato che viene erogata, dal datore di lavoro, in maniera differita rispetto la cessazione del rapporto di lavoro.

Se il lavoratore richiede di ricevere il Tfr in busta paga, l'opzione resta irrevocabile fino al 30.06.2018.

La misura, sperimentale, vale per i periodi di paga decorrenti dal 1° marzo 2015 e fino al 30 giugno 2018, nei confronti dei lavoratori dipendenti del settore privato, esclusi i lavoratori domestici e i lavoratori del settore agricolo, che siano in forza da almeno sei mesi.

Alcuni emendamenti propongono la modifica dei requisiti per l’accesso: viene, per esempio, elevata ad un anno la durata del rapporto di lavoro in essere presso lo stesso datore di lavoro e con questa anzianità di servizio viene consentito anche ai dipendenti contrattualizzati del settore pubblico di chiedere direttamente all’Inps l’anticipazione del trattamento di fine rapporto o di fine servizio a cui avrebbe diritto al momento della richiesta.

In base a questa proposta emendativa anche per i dipendenti del settore privato l’erogazione non sarebbe più una quota integrativa della retribuzione, ma diventerebbe una richiesta di anticipazione ed in quanto tale soggetta a tassazione.

Il datore di lavoro che abbia alle proprie dipendenze meno di 50 dipendenti e che non intenda erogare l’anticipazione con risorse proprie potrà accedere ad un finanziamento assistito da fondo di garanzia, da rimborsare in rate mensili con un minimo di cinque anni e un massimo di dieci.

L'opzione, qualora esercitata, è irrevocabile fino al 30.06.2018. L'opzione può essere esercitata anche per le quote destinate dal lavoratore a forme di previdenza complementare. La parte integrativa della retribuzione costituita dalla quota di Tfr corrisposta è assoggetta a tassazione ordinaria (non, quindi, a tassazione sostituiva come accadrebbe in caso di corresponsione del TFR al termine del percorso lavorativo). Tuttavia, non è imponibile ai fini previdenziali e non concorre alla formazione del reddito complessivo ai fini della verifica della spettanza del bonus "80 euro".

Dal 1° marzo potrà acquisire la forma di un'integrazione della retribuzione mensile, ovvero viene ora riconosciuta al dipendente un'ulteriore e alternativa possibilità, cioè quella di chiedere il pagamento mensile dell'importo maturando di Tfr (nel medesimo mese), che in tal modo diventa, come precisa la stessa norma, un'integrazione della retribuzione, previdenziale non imponibile, da assoggettare a tassazione ordinaria.

La nuova opzione, che si aggiunge a quelle già esistenti (mantenimento in azienda o trasferimento ad un fondo pensione), rischia però di modificare le scelte già effettuate, posto che lo stesso articolo 6 della legge di Stabilità prevede che la scelta della monetizzazione può riguardare anche la quota già destinata al fondo pensione.

Le conseguenze dell'opzione La legge di Stabilità precisa che la manifestazione della volontà in favore della liquidazione monetaria, una volta effettuata, non possa essere modificata fino al 30 giugno 2018.

La norma riserva questa nuova possibilità a tutti i lavoratori dipendenti privati, esclusi gli agricoli e i domestici, con almeno sei mesi di anzianità di servizio presso il datore di lavoro tenuto all'erogazione, ed esclude dall'obbligo le sole aziende sottoposte a procedure concorsuali e quelle in crisi in base all'articolo 4 della legge 297/1982.

La nuova opzione produce effetti differenziati i nei confronti dei numerosi soggetti coinvolti. Il primo interessato è sicuramente il dipendente che attraverso la nuova scelta potrà fruire di un incremento del netto in busta paga. Ma il beneficio sarà fortemente attenuato dalla circostanza che sull'integrazione della retribuzione subirà la tassazione ordinaria, con applicazione dell'aliquota marginale Irpef e delle addizionali, mentre sull'importo erogato a fine rapporto di lavoro a titolo di Tfr avrebbe subito la tassazione separata, che è una tassazione Irpef (escluse addizionali) agevolata in quanto tiene conto del fatto che la somma è maturata nel corso del rapporto a fronte di un'erogazione differita al momento della cessazione.

Ecco perché il maggior guadagno sarà per l'Erario, che incasserà subito e cioè mese per mese, un'Irpef più alta in quanto calcolata con modalità ordinaria.

A perdere saranno i fondi pensioni che per i prossimi tre anni, salvo successive proroghe, rischiano di perdere una delle più importanti fonti, rappresentata appunto dal Tfr trasferito dai lavoratori dipendenti.

Ma l'effetto più immediato ed evidente sarà comunque rappresentato per aziende, consulenti, spetterà l’ulteriore complicazione “gestionale” ed ”amministrativa” del Tfr, o meglio di quello che fino al 31 dicembre 2006 era una semplice forma di retribuzione differita e che dal 2007 a oggi può assumere forme e diverse, e cambiarle nel corso della vita lavorativa. A “perdersi” probabilmente non saranno solo gli operatori del settore, che in fase di assunzione dovranno intervistare in modo approfondito il lavoratore sulle pregresse scelte effettuate, ma anche gli stessi lavoratori che potranno non avere più contezza di quella che un tempo era una consolazione economica della fine del rapporto di lavoro.

Dopo le perplessità espresse in sede di audizione parlamentare da Banca d’Italia e Corte dei Conti, arriva una presa di posizione di Assofondipensione, che ritiene la misura un pericolo per lo sviluppo della previdenza complementare. L’associazione ha espresso preoccupazione ritenendo che l’anticipazione del TFR, unitamente all'aumento della tassazione sui fondi pensione prevista dalla Legge di Stabilità, è una sfida al sistema della previdenza complementare, che coinvolge circa 2 milioni di lavoratori. Sulla tassazione dei fondi pensione l’associazione non esclude ricorsi per via giudiziaria, anche rivolgendosi alla Corte Europea.



lunedì 19 gennaio 2015

Fondi pensione: la super tassa dal 2015. Come funziona?



La tassazione della previdenza complementare è disciplinata dal Decreto legislativo n.252/2005 e riguarda i lavoratori dipendenti del settore privato ed i lavoratori autonomi ed i soci di cooperative. Per i dipendenti pubblici valgono le norme previste dal decreto legislativo n. 124/1993, in genere meno favorevole. Ma la legge di stabilità 2015 ha stravolto la tassazione.

Infatti l'aumento dall'11% al 20% della tassazione sui rendimenti annui dei fondi pensione previsto dalle legge di cui sopra ridurrà le prestazioni finali nette dei fondi stessi. Rendendo ancora più evidente il divario tra le condizioni previste in Italia e quelle dei Paesi europei che non prevedono tassazione dei rendimenti. Solo in Italia, Danimarca e Svezia, infatti, i rendimenti sono soggetti a prelievo fiscale. Negli altri Paesi Ocse, la tassazione avviene una volta sola, cioè quando si va in pensione.

All'inasprimento della tassazione, si aggiunge poi l'altra previsione del Ddl stabilità, ovvero la possibilità per i lavoratori di richiedere in busta paga l'accantonamento mensile del trattamento di fine rapporto (Tfr). Anche questa misura, sottraendo risorse agli accantonamenti, avrà un impatto negativo sulle prestazioni finali dei fondi.

La nuova tassazione ipotizzata per i rendimenti al 20% determina una riduzione delle prestazioni che aumenta al crescere del periodo di iscrizione al fondo pensione e del risultato annuo ottenuto. Se ipotizziamo infatti che un lavoratore con una retribuzione annua lorda di 50mila euro destini a un fondo pensione dal 1° gennaio 2015 l'accantonamento annuo del Tfr e consideriamo tre diversi periodi di iscrizione (15, 25 e 35 anni) e tre possibili diversi tassi annui di rendimento reale (2%, 4% e 6% al netto dell'equivalente incremento del costo della vita), la riduzione della prestazione può arrivare fino all'11% della posizione netta maturata. In valore assoluto, la differenza può superare i 37mila euro nello scenario con le performance migliori dei fondi. Le stesse variazioni percentuali possono ritenersi valide per tutti i livelli retributivi. La richiesta in busta paga del Tfr per il periodo consentito, in base al Ddl stabilità (dal 1° marzo 2015 al 30 giugno 2018) può comportare un'ulteriore riduzione della prestazione finale. Una riduzione che può risultare sensibile, sino al 30% della posizione netta maturata per i periodi più contenuti di iscrizione ai fondi pensione.

Per un lavoratore italiano, nell'ipotesi dell'aumento effettivo al 20% del prelievo sui rendimenti dei fondi pensione, sarebbe assolutamente più vantaggioso trasferire la prestazione accumulata presso un fondo pensione paneuropeo costituito (sulla base della Direttiva Ue 41/2003) in uno dei paesi dell'Unione che non preveda alcuna tassazione dei rendimenti ottenuti. L'assenza di tassazione infatti, a parità di ulteriori situazioni, determina prestazioni nette in alcuni casi decisamente più elevate, sino al 22% della posizione maturata.

Dopo più di venti anni di riforme, dunque, l'impressione è che la struttura del nostro sistema pensionistico non possa ancora essere considerata quella definitiva. In seguito alla riforma «Fornero» del 2011, infatti (e dopo tutte le riforme che l'hanno preceduta) la previdenza complementare non potrà che svolgere un ruolo fondamentale. In futuro, infatti, solo alcuni lavoratori che avranno la possibilità di andare in pensione intorno ai 70 anni, dopo una carriera completa, saranno in grado di ricevere dall'Inps una pensione calcolata con il metodo contributivo che sia adeguata. Per tutti gli altri, in particolare i lavoratori che per le ragioni più varie (ristrutturazioni aziendali, esigenze familiari, fisiche, e così via) saranno portati ad anticipare il pensionamento, l'esigenza di una copertura aggiuntiva risulterà determinante.

L'attuale contesto economico, e il notevole squilibrio dell'Inps, lasciano presupporre che queste necessità difficilmente potranno essere garantite attraverso un ulteriore intervento del sistema pubblico. E anche se l'economia ripartisse, i vantaggi di affiancare a un sistema finanziato a ripartizione un altro gestito in base al metodo della capitalizzazione dovrebbero risultare ormai evidenti sul mercato. Le disposizioni che il Governo ha introdotto nel disegno di legge di stabilità per il 2015 vanno esattamente nella direzione opposta. Colpiscono le prestazioni garantite dai fondi pensione, aumentando la tassazione e riducendo quindi le prestazioni nette finali e sottraggono il Tfr, una determinante fonte di finanziamento, forse l'unica.

I contributi versati alle forme di previdenza complementare dal lavoratore e dal datore di lavoro (o committente) sono deducibili dal reddito complessivo dichiarato ai fini Irpef per un importo non superiore a 5.164,57 euro. L’agevolazione determina un risparmio in termini di minori imposte pagate pari all’aliquota fiscale più elevata applicata al reddito complessivo del lavoratore.

Ad esempio, per un lavoratore che versa alla previdenza complementare contributi pari a 1.000 euro ed è tassato con aliquota marginale Irpef del 23 per cento, il costo effettivamente sostenuto dal lavoratore sarà pari a 770 euro, con un risparmio fiscale pari a 230 euro.

Ai fini del computo del limite di 5.164,57 euro si deve tener conto di tutti i versamenti che affluiscono alle forme pensionistiche, collettive e individuali. Occorre considerare, pertanto: _ le quote accantonate dal datore di lavoro ai fondi per TFR e ai fondi di previdenza del personale dipendente istituiti ai sensi dell’articolo 2117 del codice civile; _ i contributi versati a favore dei familiari fiscalmente a carico. La parte dei contributi versati (anche per le persone a carico) al fondo di previdenza complementare per i quali il contribuente non ha potuto fruire della deduzione, non sono tassati al momento della liquidazione della prestazione. Il contribuente ha però l’obbligo di comunicare alla forma pensionistica complementare l’importo non dedotto (o che non sarà dedotto) nella dichiarazione dei redditi. Detta comunicazione va fatta entro il 31 dicembre dell’anno successivo a quello in cui è stato effettuato il versamento, ovvero, se il diritto alla prestazione matura prima di tale data, entro il giorno di maturazione.



lunedì 17 febbraio 2014

Fondi pensione, quale garanzia paga?



La previdenza complementare ha lo scopo di integrare il trattamento pensionistico garantito ai lavoratori dall'assicurazione generale obbligatoria.

Il diritto alla prestazione pensionistica complementare si acquisisce:
•    alla maturazione del diritto nel regime obbligatorio di appartenenza
•    con almeno 5 anni di partecipazione al fondo.
Si possono richiedere anticipazioni :
•    in qualsiasi momento nel limite del 75% per spese sanitarie
•    dopo 8 anni di iscrizione nel limite del 75% per l'acquisto e manutenzione della prima casa
•    dopo 8 anni di iscrizione nel limite 30% per ulteriori esigenze degli aderenti.

Casi particolari:
•    inoccupazione per un periodo superiore a 4 anni: in tal caso vi è la possibilità di anticipare la prestazione pensionistica di 5 anni  rispetto ai requisiti per l'accesso alle prestazioni nel regime obbligatorio

Non tutti i risparmiatori e soprattutto coloro che sono prossimi alla pensione sono disposti a mettere a rischio i propri contributi e il proprio Tfr sui mercati finanziari globali. Anzi, una fetta consistente - soprattutto quelli che in pensione ci dovranno andare tra pochissimi anni, riforme pensionistiche permettendo – punta alla garanzia; circa la metà dei nuovi iscritti ai fondi di categoria, infatti, aderisce a una linea garantita, che ciascuno strumento di previdenza complementare deve mettere a disposizione dei propri iscritti.

Nel lungo periodo - per chi ha per esempio meno di 40 anni e ha molti anni di lavoro davanti a sé - il mercato azionario tende a ottenere rendimenti importanti, spesso superando in modo rilevante la stessa inflazione; così com'è risaputo nel breve/medio periodo è possibile incassare ottenere delle riduzioni nel valore quota di tutti i comparti, da quelli bilanciati a quelli ed azionari (e pertanto sulla propria rendita pensionistica complementare). Da qui l'indicazione per chi è vicino alla pensione, di consolidare i rendimenti accumulati in passato passando a una linea prudente e, meglio ancora, garantita. Ma quanto rende il comparto garantito di un fondo pensione? Abbiamo provato a confrontare  i rendimenti relativi al 2013 dei comparti garantiti di alcuni fondi negoziali. Le performance medie dei 34 negoziali analizzati ammontano al 2,26%, ossia circa un terzo più di quanto genera la rivalutazione annua delle quote di Tfr relativa allo stesso periodo.

Ci sono Fondi che riescono ad ottenere performances di tutto rispetto (si pensi a Cooperlavoro e a Fondapi con guadagni intorno al 3,4%), così come ci sono stati Fondi che hanno ottenuto rendimenti sinceramente deludenti come ad esempio il caso Fonchim rivalutatosi solo dello 0,7% nel suo comparto più avverso al rischio. Questo perché ogni fondo affida il mandato di gestione con obiettivi diversi: dalla garanzia del valore nominale a un rendimento minimo garantito. È bene ricordare che la garanzia di rendimento scatta non in ogni circostanza, ma al sopraggiungere di una serie di eventi: pensionamento: premorienza, invalidità e inoccupazione per oltre 48 mesi (ciascun fondo può estendere o restringere questi requisiti). Attenzione però: in caso di trasferimento da un comparto garantito a un altro, il valore di "riscatto" o "uscita" sarà quello del valore quota: nel bene, se la performance è stata alta, o nel male, se invece è stata negativa. Per questo è importante tenere d'occhio il risultato della gestione di questi comparti.

Se un lavoratore non è appagato del gestore del proprio fondo di categoria può sempre optare per un fondo aperto o per un piano individuale previdenziale; di questi ultimi si attende di conoscere i rendimenti delle gestioni separate delle polizze previdenziali, che verranno diffuse più avanti. Per quanto riguarda gli aperti si deve tenere presente che la media delle performance dei comparti garantiti nel 2013 è stata più bassa di quella dei fondi negoziali, complice la loro tradizionale maggior esposizione alle azioni: la media dei rendimenti dei comparti garantiti infatti è stata pari a circa l'1,52% quindi addirittura del 12% inferiore alla rivalutazione del Tfr. Anche in questo caso, così come per i negoziali, c'è una forte varianza nei risultati da fondo a fondo. E' sempre bene ricordare che le performance passate non possono essere tenute in considerazione per il futuro, ma rappresentano in ogni caso importanti osservazioni che si possono fare per la scelta del fondo cui affidare il destino della propria pensione complementare. Nel 2013, il sistema fondi pensione italiani monitorato dalla Covip, la commissione di vigilanza sui fondi pensione, ha fatto registrare performance medie di tutto rispetto e un continuo aumento delle adesioni, anche se in modo non uniforme tra le differenti tipologie di strumenti.

Una volta esercitata la scelta del conferimento del Tfr ad un Fondo Pensione la possibilità di disporne si riduce a poche situazioni. Vediamole in dettaglio:

1.Prima della maturazione del diritto all'erogazone del trattamento pensionistico:

(a) possibilità di trasferire il montante accumulato alla nuova forma pensionistica complementare prevista dal nuovo contratto collettivo di lavoro nel quale si rientra in conseguenza di cambio di lavoro;

(b) possibilità di trasferire il montante accumulato ad un altro fondo, compatibile con il contratto collettivo di appartenenza, dopo 2 anni di versamenti;

(c) riscatto parziale nella misura del 50% del montante accumulato, in caso di:

cessazione dell'attività lavorativa che comporti inoccupazione per un periodo superiore ad 1 anno;

mobilità;

cassa integrazione guadagni ordinaria o straordinaria;

(d) riscatto totale del montante accumulato, in caso di:

invalidità permanente che comporti la riduzione della capacità lavorativa a meno di un terzo di quella ordinaria;

cessazione dell'attività lavorativa che comporti disoccupazione per un periodo di tempo superiore a 4 anni;

2.Dopo la maturazione del diritto all'erogazone del trattamento pensionistico:

(a) liquidazione parziale fino ad un massimo del 50% del montante accumulato fino a quel momento.

(b) liquidazione totale del montante accumulato, solo per i dipendenti che risultano iscritti alla previdenza complementare prima del 29 aprile 1993.

Pertanto, dal punto di vista della liquidazione:

il TFR lasciato in azienda funziona esattamente come prima, sia come liquidazione finale e sia come possibilità di richiedere anticipazioni (è comunque l'azienda a farlo conguagliando poi le somme nei versamenti successivi all’Inps)

Se si aderisce ad un fondo non c’è più la liquidazione: al momento della cessazione del rapporto di lavoro non si prende un centesimo. Il capitale accumulato nei fondi può essere liquidato, a richiesta, per un massimo del 50% al momento in cui maturano i requisiti per andare in pensione. Il resto viene comunque trasformato in una rendita pagata mensilmente.



domenica 1 dicembre 2013

Fondi pensione obbligatori per aiutare i giovani




"Se si vuole parlare dei giovani, bisogna necessariamente parlare di secondo pilastro, di obbligatorietà dei fondi pensione integrativi, di abbattimento fiscale sui fondi stessi".

Questo il pensiero del segretario generale della Cisl, Raffaele Bonanni, a margine di un convegno sulle pensioni, in Bocconi. "I dati della ragioneria mostrano che la sostenibilità delle pensioni è certa: siamo ben al di sopra della garanzia". Così il segretario generale della Cisl, Raffaele Bonanni, che però avverte che "la questione vera è recuperare le cose che sono state stravolte dalla legge Fornero e cioè una riforma senza fare differenze". Il segretario della Cisl plaude poi all'iniziativa delle pensioni d'oro nella legge di stabilità: "Credo che questo rientri in uno schema di solidarietà che noi approviamo".

In Italia esiste un sistema di welfare legato agli ammortizzatori sociali che si finanzia con i contributi previdenziali, mentre nel regno unito vi sono fondi specificamente destinati a determinati ammortizzatori sociali. In Italia la cassa integrazione guadagni ha un costo molto elevato, a differenza di quanto avviene in altri paesi dell’Unione europea: è uno strumento utile ma dispendioso.

L’Ocse – Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico, è un organismo internazionale che svolge attività di studi e ricerche sui problemi economici, sociali e finanziari, l’identificazione di pratiche commerciali ed il coordinamento delle politiche locali ed internazionali dei 34 paesi membri.

Le riforme hanno affrontato una serie di punti chiave dei sistemi pensionistici. Uno delle misure più visibili e politicamente controverse è stato l’innalzamento dell’età pensionabile. l’età pensionabile è aumentata nella maggior parte dei paesi dell’OCSE.

I Sistemi pensionistici integrativi hanno bisogno di essere rafforzati per garantire che essi contribuiscano efficacemente all’adeguatezza del reddito da pensione. Il risparmio dei fondi pensione è stato duramente colpito nella fase iniziale della crisi finanziaria globale, ma ora i livelli patrimoniali e di solvibilità hanno in gran parte recuperato. Tuttavia, le pensioni integrative sono sotto forte pressione a causa di un clima di sfiducia nel settore finanziario o in presenza di un basso tasso di interesse. Ad esempio, l’entusiasmo per pilastri privati a capitalizzazione è diminuita in alcuni paesi del centro Europa. Ungheria e Polonia hanno abolito o significativamente ridimensionato il loro sistemi pensionistici integrativi obbligatori.

Questo in parte è stata una conseguenza della sottovalutazione dei costi fiscali connessi all’introduzione del sistema pubblico-privato, in parte finanziato dalla collettività. Ma un’altra ragione stava facendo crescere il malcontento a causa delle alte spese di amministrazione e rendimenti deludenti dei fondi pensione. Perfino in Germania, dove i singoli fondi privati sono fortemente promossi e sovvenzionati con danaro pubblico, ci si interroga sul fatto se il sostegno pubblico per le pensioni private è la strada giusta da percorrere. A volte si pensa che il denaro dei cittadini potrebbe invece essere utilizzato per rafforzare i sistemi a ripartizione della previdenza pubblica.

Allo stesso tempo, altri paesi si sono mossi nella direzione opposta, promuovendo organizzazioni pensionistici ben gestite e a basso costo che sono meglio orientate alla esigenze delle famiglie a basso reddito. Un buon esempio è il National Occupazione Savings Trust (NEST) del Regno Unito, che opera come standard nel nuovo programma nazionale di iscrizione automatica. Il governo britannico si aspetta di indirizzare i maggiori benefici derivanti per colmare il gap cui sono esposti famiglie di basso e medio reddito a causa delle prestazioni relativamente basse delle pensione pubbliche e la natura volontaria dell’apporto delle pensioni integrative.

Questo segue una precedente riforma in Nuova Zelanda, che ha introdotto l’adesione automatica per i nuovi assunti. Altri paesi con sistemi pubblici più piccoli, come l’Irlanda, sono consapevoli che l’adesione alla pensione complementare su base puramente volontaria non comporta alti tassi di copertura e contributi sufficienti. Stanno quindi prendendo in considerazione una politica morbida per l’ adesione automatica se non addirittura obbligatoria ai fondi pensione. Altri paesi si distinguono per la loro gestione prudente ed efficace dei fondi complementari come la Danimarca e i Paesi Bassi, dove, nonostante la crisi, i rendimenti degli investimenti sono rimasti positivi in termini reali nel corso dell’ultimo quinquennio.

Mentre l’insoddisfazione per le pensioni integrative gestite da soggetti privati è comprensibile, è importante ricordare le ragioni per cui paesi hanno iniziato a diversificare le fonti di reddito da pensione, introducendo la previdenza complementare.

In primo luogo i fondi sono destinati a limitare l’onere di pre-finanziamento di almeno una parte degli obblighi pensionistici futuri sulle giovani generazioni in un contesto di rapido invecchiamento della popolazione. Questa sfida demografica persiste e pensare di tornare ai sistemi a ripartizione non aiuterà affrontare l’incombente crisi sulle pensioni. Il lavoratore medio – basso forma il gruppo di persone che sarà a più alto rischio di non avere una pensione adeguata. La maggior parte dei paesi protegge chi ha un basso reddito attraverso pensioni minime e reti di sicurezza per la vecchiaia, mentre la maggior parte delle persone medio – alto, potendo beneficiare di un reddito elevato, completano la pensione pubblica con risparmi personali e investimenti.

Rimane importante incoraggiare l’adesione per la pensione complementare, indirizzandoli sia ad un fondo professionale o un piano individuale pensionistico.

Ma il dibattito attuale mette in evidenza l’urgenza di affrontare il problema dei costi della gestione dei regimi privati. E’ infatti difficile giustificare l’obbligo ai lavoratori di aderire ad un fondo pensione che alla fine beneficia solo gli amministratori.

In merito all’ invecchiamento della popolazione esso richiede una visione molto più ampia rispetto a quella percepita dalla maggior parte dei governi che si muovono molto lentamente. Le pensioni sono il riflesso della vita lavorativa di ogni individuo. I sistemi pensionistici pubblici da soli non saranno in grado di correggere le disuguaglianze e i periodi di disoccupazione subiti.



domenica 27 gennaio 2013

Lavoro: tfr, fondi di previdenza, e fondi pensione per il 2013


Ricordiamo che l’istituto del fondo TFR garantisce un fondo finanziato da un contributo pari alla quota maturata da ciascun lavoratore del settore privato a decorrere dal 1° gennaio 2007, e non destinata alle forme pensionistiche complementari.

La normativa TFR differenzia le aziende con meno o più di 50 dipendenti. Per le prime, se il lavoratore sceglie di mantenere la destinazione TFR nella sua forma originaria, nulla cambia. Per le aziende che hanno più di 50 dipendenti, invece, la scelta del dipendente di mantenere la destinazione TFR nella forma di liquidazione comporterà che la quota di TFR non sia più mantenuta all'interno del sistema contabile della azienda, ma venga dalla stessa versata all'INPS che si occuperà di rivalutarlo e renderlo disponibile al lavoratore al momento del suo allontanamento dall'azienda.

Nel caso di TFR silenzio-assenso, nel momento della scelta è stato trasferito per legge alla forma pensionistica complementare di categoria (per i metalmeccanici Fondo Cometa), oppure, nel caso il contratto del lavoratore non preveda un fondo di categoria , presso una forma pensionistica residuale istituita presso l'INPS.

Esiste poi per le aziende la possibilità di stipulare un accordo con i propri dipendenti (direttamente o tramite le rappresentanze sindacali) mediante il quale dare al lavoratore una terza alternativa per la costruzione del proprio piano di integrazione pensionistica, ovvero l'adesione a fondi pensione o fondi TFR (di solito istituiti da società di gestione del risparmio o da società assicurative).

Qualora il dipendente decida di fare confluire il suo “guadagno” ad un fondo pensione, la destinazione a TFR (sia per adesione ad un fondo di categoria che per adesione ad un fondo stabilito da accordo collettivo con il datore di lavoro), oltre che versa al fondo potrà godere del versamento di un contributo obbligatorio da parte del datore di lavoro e decidere poi di versare un contributo volontario.

Rimangono esclusi dall’obbligo contributivo le situazioni inerenti lavoratori con rapporto di lavoro di durata inferiore a 3 mesi, ai lavoratori a domicilio, agli impiegati quadri e dirigenti del settore agricolo nonché ai lavoratori per i quali i Contratti collettivi prevedono la corresponsione periodica delle quote maturate ovvero l’accantonamento TFR delle stesse presso soggetti terzi.

In ogni caso, con la legge TFR (istituzione del fondo TFR), il trattamento di fine rapporto è stato tolto alle imprese con più di 50 dipendenti e trasferito a soggetti esterni.

Il lavoratore dipendente, durante lo svolgimento del rapporto di lavoro, ha diritto a chiedere un'anticipazione del TFR. In quanto credito, il dipendente, con almeno 8 anni di anzianità lavorativa presso lo stesso datore di lavoro, può chiedere (una sola volta) un'anticipazione del credito maturato, con i vincoli previsti all'art. 2120 C.C., C. 6, C.C.)

L’anticipo TFR può essere richiesto dai lavoratori dipendenti pubblici o privati secondo determinate condizioni  e con una richiesta al datore di lavoro:

acquisto prima casa, l'atto può essere intestato alla moglie in regime di comunione dei beni con il coniuge che chiede l'anticipazione;

cure sanitarie ed ospedaliere, sono finanziabili le spese sanitarie necessarie per terapie e interventi straordinari riconosciuti dalle competenti strutture pubbliche.

L’anticipo TFR non può eccedere del 70% della cifra accantonata alla data della richiesta.
I datori di lavoro sono obbligati a soddisfare le richieste di anticipo della liquidazione dei dipendenti entro il 10% degli aventi titolo e comunque nei limiti del 4% del numero totale dei dipendenti. Infine è possibile ottenere l’anticipazione del TFR una sola volta nel corso di uno stesso rapporto di lavoro.

In ogni caso di cessazione del rapporto di lavoro subordinato, il prestatore di lavoro ha diritto ad un trattamento di fine rapporto. Tale trattamento si calcola sommando per ciascun anno di servizio una quota pari e comunque non superiore all'importo della retribuzione dovuta per l'anno stesso divisa per 13,5.

In caso di sospensione della prestazione di lavoro nel corso dell'anno al lavoratore dipendente deve essere computato nella retribuzione l'equivalente a cui il lavoratore avrebbe avuto diritto in caso di normale svolgimento del rapporto di lavoro.

L'anticipazione può essere ottenuta una sola volta nel corso del rapporto di lavoro e viene detratta, a tutti gli effetti, dal trattamento di fine rapporto. Nell'ipotesi di cui all'articolo 2122 la stessa anticipazione è detratta dall'indennità prevista dalla norma medesima. Condizioni di miglior favore possono essere previste dai contratti collettivi o da patti individuali. I contratti collettivi possono altresì stabilire criteri di priorità per l'accoglimento delle richieste di anticipazione".

Iscrivendosi ad un fondo pensione si può scegliere il proprio profilo di investimento all'atto della scelta del fondo. Esistono due tipologie di scelta. Una linea più soft di tfr fondi pensioni che è quella dei fondi che investono in obbligazioni, e quella più rischiosa per i guadagni e il capitale investito è la linea fondi che investe in azioni. Ai sottoscrittori di fondi di investimento pensioni che questi sono strumenti finanziari comunque rischiosi, l'entità del guadagno o della perdita dipende dal comportamento delle borse e dei mercati azionari. Quanto più un fondo vi consente di guadagnare (fondo speculativo) tanto più è rischioso per il vostro capitale.

La performance di un fondo pensione dipende dalla capitalizzazione individuale specifica di ciascun lavoratore e dal coefficiente di rendita che viene stabilito contrattualmente (tramite un accordo tra la gestione del fondo e una compagnie assicurativa che deve coprire il rischio).

La posizione individuale di ogni lavoratore sottoscrittore dipende da: contribuzione versata (somma delle quote del datore di lavoro - se negoziale -, del lavoratore e tfr); rendimento del fondo, rendimenti effettivi al netto dei costi di gestione del fondo (se il fondo è senza fini di lucro i costi sono bassi).

La maggior parte delle aziende e le organizzazioni sindacali hanno promosso la costituzione dei fondi pensione negoziali stipulando accordi per destinare a queste istituzioni versamenti paritetici da parte delle imprese e dei lavoratori e quote di TFR dei lavoratori. Aderendo alla previdenza complementare si ha l’opportunità di incrementare la pensione futura evitando un drastico ridimensionamento del reddito pensionistico disponibile al termine dell’attività lavorativa.

Con il 2013 i Piani Previdenziali Individuali rappresentano una vera e propria polizza assicurativa che porta all’erogazione di prestazioni pensionistiche integrative. La peculiarità è di essere a carattere individuale, offrendo al lavoratore maggiore flessibilità di versamenti. Questi possono infatti essere interrotti e poi ripresi senza interruzioni del contratto e senza penalizzazioni. Questi possono infatti essere interrotti e poi ripresi senza interruzioni del contratto e senza penalizzazioni.

sabato 22 dicembre 2012

Pensioni 2013 i piani previdenziali per i lavoratori

In questo periodo di preoccupazioni per le pensioni gli italiani si dimostrano sempre più propensi a sottoscrivere dei fondi pensione, che attualmente sembra essere una forma di previdenza complementare davvero vantaggiosa per i lavoratori.

Si tratta di una pensione integrativa, composta da contributi versati volontariamente dai lavoratori che andranno ad aggiungersi a quelli versati e poi, una volta maturati i requisiti richiesti, erogati dagli Enti pensionistici obbligatori.

Dal primo gennaio 2013 scende la rivalutazione pensionistica del 3% e sarà necessario mettere mano ad un piano pensionistico. Di quanto? Per chi si avvia ad andare in pensione a 65anni il nuovo balzello impone un incremento del risparmio previdenziale di circa 320 euro, in modo da colmare la differenza che scatta a gennaio del 2013. Ma se giustamente ci si pone l'obiettivo di costruire una pensione dignitosa – ottenendo una rendita pari a quella che percepiva chi smetteva di lavorare nel 1995 – bisognerà innalzare la contribuzione previdenziale a 1.588 euro l'anno.

Diverse sono le possibilità di pensioni integrative, che sono: i fondi, negoziali o aperti; i Piani Previdenziali Individuali.

I fondi negoziali, vengono definiti anche chiusi perché riservati a specifiche categorie di lavoratori sulla base di accordi tra le organizzazioni sindacali e quelle imprenditoriali dei settori di riferimento.

I fondi aperti vengono invece creati e gestiti da banche, assicurazioni, per poi essere collocati presso il pubblico.

Dal 2013 l'età per raggiungere la pensione sarà calcolata in base alle aspettative di vita, secondo quanto previsto dalla riforma Monti-Fornero. Non solo: anche l'ammontare viene adeguato alla speranza di vita attesa. Ciò comporta una periodica revisione dei coefficienti di trasformazione. Quest’ultimi sono i valori con cui si convertono in rendita i contributi accumulati e rivalutati nel tempo. Se si riducono, calano le stime delle rendite future. Esempi per incidere in misura differente a seconda dell'età del pensionamento: per chi andrà in pensione a 65 anni il coefficiente passa dal 5,62% al 5,44%, il che si traduce in una prestazione ridotta del 3,2%; ma che sale per chi lascerà il lavoro a 70 anni del 4,41%.

Vediamo il caso di un impiegato che accumuli una quota di 250mila euro, frutto di 40 anni di contributi (33% di prelievo su un reddito medio di 20mila euro). Per chi andrà in pensione a 65 anni l'assegno cala di 450 ero da 14.050 a 13.600; per chi si ritira a 70 anni cala di 750 da 17mila a 16.250 euro. Ma la differenza è decisamente maggiore se si considera la differenza con le prestazioni calcolate in occasione della riforma Dini, nel 1995: il taglio è di 1.740 euro l'anno, pari all'11,34% per chi va in pensione a 65 anni.

Comunque i Piani Previdenziali Individuali rappresentano una vera e propria polizza assicurativa che porta all’erogazione di prestazioni pensionistiche integrative. La peculiarità è di essere a carattere individuale, offrendo al lavoratore maggiore flessibilità di versamenti. Questi possono infatti essere interrotti e poi ripresi senza interruzioni del contratto e senza penalizzazioni.  E sembra che investire nella previdenza complementare sia davvero conveniente: i fondi chiusi nei primi 9 mesi del 2012 hanno offerto rendimenti pari al 6,1%. Cometa, il fondo dei metalmeccanici, ha avuto un rendimento del 12,2%, la bilanciata-azionaria di Alifond (industria alimentare) del 10,8%, e la bilanciata di Cooperlavoro (coop produzione e lavoro) del 10,3%.
Related Posts Plugin for WordPress, Blogger...
BlogItalia - La directory italiana dei blog