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martedì 10 maggio 2016
Pensione: consigli per investire e sfruttare i risparmi
Vediamo di dare delle opzioni per far fruttare di più i risparmi a lungo termine mettendo in evidenza la Giornata nazionale della previdenza e del lavoro.
Nel corso delle prossime settimane la Busta arancione sarà inviata a milioni di lavoratori che non dispongono del Pin Inps, cioè del codice per accedere al sito e provare a farsi i calcoli per conto proprio.
Che cosa è conveniente fare quando arriva? «E’ necessario in ogni caso dotarsi del Pin o dello Spin, la credenziale unica di accesso ai servizi on line della pubblica amministrazione —ha risposto Carbone —. A differenza di quella cartacea, che utilizza un parametro standard, la versione elettronica offre diverse possibilità di simulazione e personalizzazione. Una volta entrati, il primo passaggio è verificare sull’estratto conto contributivo che l’intera vita lavorativa sia stata registrata in maniera corretta. Secondo l’Inps, del resto, circa il 20% degli utenti della Busta arancione ha riscontrato anomalie. Se il passato contributivo è in regola, si può pensare al futuro effettuando una o più simulazioni con parametri più prudenti per la crescita del Pil e anche sulla crescita della retribuzione.
Facciamo un esempio. Per un trentenne con reddito netto di mille euro al mese e versa un contributo di mille euro l’anno, il beneficio fiscale è di 270 euro l’anno: moltiplicato per i quarant’anni di versamenti sino al pensionamento (ipotizzato a settanta) il beneficio complessivo è di 11.366 euro. La prestazione finale sarà tassata invece a titolo definitivo con un’aliquota molto bassa, appena il 9%. Per un quarantenne con una retribuzione netta di millecinquecento euro, il beneficio fiscale è anch’esso di 270 euro l’anno e 10.565 per l’intero programma previdenziale, mentre la rendita sarà tassata con un’aliquota del 10,8%. L’ultimo esempio è relativo infine a un cinquantenne che ha una retribuzione attuale di duemila euro netti il mese e ne versa mille sempre all’anno, per i diciotto che gli restano al pensionamento. Il beneficio fiscale è di 380 euro l’anno e 6.840 complessivi, mentre la prestazione finale sarà tassata con un’aliquota del 14,1%.
Il riscatto degli anni di laurea è uno dei più forti alleati su cui può valere chi vuole migliorare il proprio futuro previdenziale, anche se piuttosto costoso. Le simulazioni che ogni lavoratore dovrà valutare attentamente la propria posizione. Di solito, solo per chi ha iniziato a lavorare presto, verso i 25 anni, il riscatto degli anni di laurea può servire ad anticipare il pensionamento. Per coloro che invece hanno iniziato stabilmente oltre i trent’anni , potrebbe non bastare per smettere prima. Un trentenne, per il quale l’età di pensionamento è stimata a 70 anni e 5 mesi potrebbe staccare a 68 e 4 con un riscatto di tre anni di studi, e a 66 e 2 se questo è di cinque anni. Per un quarantenne che ha un’età di pensionamento stimata a 69 anni e 5 mesi, il riscatto di tre anni consentirebbe di anticipare a 67 e 4, quello di cinque anni a 65 e 2 mesi. L’ultimo caso è relativo infine a un cinquantenne che ha un’età di pensionamento stimata a 68 anni e tre mesi: riscattando tre anni potrebbe staccare a 66 e 2, con cinque potrebbe smettere di lavorare a 63 anni e 11 mesi.
Una pensione per investire cento euro netti al mese: è un obiettivo raggiungibile con un limitato sacrificio economico, a patto di cominciare prima possibile. Le simulazioni di Progetica ipotizzano una continuità di versamenti sino all’età della pensione e l’adesione a un fondo pensione bilanciato-azionario con il 30% di titoli obbligazionari. Vengono considerati i costi medi di un fondo pensione aperto (promosso da compagnie d’assicurazione, banche, Sim e Sgr), in funzione della durata. Tutti i valori sono al netto delle tasse e dell’inflazione.
La pensione per investire è in azione: solo accettando una qualche dose di rischio sui mercati (adeguata naturalmente all'età e all’orizzonte temporale), si può ottenere una rendita integrativa adeguata con un esborso sostenibile. Un trentenne che vuole ottenere al momento del pensionamento una rendita integrativa di cento euro netti al mese dovrebbe versarne 33 in una linea bilanciata-azionaria, sino al pensionamento fissato a settant’anni. Con una garantita, invece, il conto salirebbe a 54 euro, il 65% in più. E anche per un quarantenne e un cinquantenne, la tranquillità di una linea garantita ha un maggior costo. Per ottenere al momento del pensionamento lo stesso obiettivo, il primo deve versare per ventinove anni 56 euro se opta per un comparto bilanciato e 80 se si rifugia invece nel porto tranquillo di un garantito. Per un cinquantenne, che davanti a se ha ancora diciotto anni di lavoro, il contributo da investire è di 108 euro al mese con un bilanciato e 135 con il garantito.
«Nella previdenza integrativa, investire in una linea che ha una componente azionaria aiuta a ottenere rendimenti migliori nel medio-lungo periodo», spiega Andrea Carbone, partner di Progetica, la società indipendente di consulenza in pianificazione finanziaria e previdenziale che ha realizzato le elaborazioni. Le linee a basso rischio garantiscono infatti dalle oscillazioni di breve periodo dei mercati finanziari, ma pregiudicano la crescita nel lungo termine. Nelle tabelle sono stati considerati i costi medi di un fondo pensione aperto: tutti i valori sono in termini reali, tengono conto cioè dell’inflazione.
Il contributo aziendale, che spetta solo a chi aderisce, fa la differenza nel determinare la convenienza del fondo pensione. Nelle simulazioni realizzate viene considerata la pensione integrativa netta che si può ottenere grazie a un contributo del datore di lavoro pari all’1% della retribuzione. «Per esempio, un trentenne con un reddito attuale netto di mille euro il mese — spiega Andrea Carbone, partner di Progetica — può attendersi al momento del pensionamento, ipotizzato a settant’anni, una pensione integrativa di cento euro il mese se partecipa al fondo in una linea che garantisce la restituzione dei contributi versati, e di centocinquanta se opta invece per una bilanciata-azionaria: metà di queste rendite verrebbe finanziata dal datore di lavoro». Per un quarantenne con un reddito netto attuale di millecinquecento euro netti il mese e che davanti a sè ha ancora ventinove anni di lavoro, il contributo aziendale da solo vale una pensione integrativa di 89 euro con un comparto garantito e 122 con un bilanciato-azionario. Per un cinquantenne con un reddito attuale di duemila euro netti il mese e pensionamento a 68 anni, infine, la rendita mensile integrativa è pari a 62 euro il mese nel primo caso e 77 nel secondo. Attenzione però: ha diritto al contributo aziendale solo il lavoratore che s’iscrive al fondo pensione aziendale o di categoria, oppure a quello aperto (promosso cioè da compagnie d’assicurazione, banche, Sim e Sgr) su base collettiva, cioè in seguito a un accordo fra azienda e dipendenti. Anche in queste simulazioni è stata ipotizzata la continuità di versamenti sino alla pensione e sono stati considerati i costi medi dei fondi aperti in funzione della durata prevista. Tutti i valori sono al netto delle tasse e in termini reali.
Destinare necessariamente la liquidazione alla pensione per il futuro. E’ una delle proposte di cui si sta discutendo per rilanciare una previdenza complementare che sarà sempre più necessaria, soprattutto per i giovani. Il Tfr (pari al 6,91% della retribuzione) rappresenta nel caso dei lavoratori dipendenti un’importante risorsa su cui contare. «Il conferimento del Tfr alla previdenza complementare evita di doversi privare nell’immediato di risorse — ha spiegato Andrea Carbone, partner di Progetica, società indipendente di consulenza in pianificazione finanziaria e previdenziale —. Un trentenne con un reddito netto attuale di mille euro il mese che conferisce il Tfr a un fondo pensione può attendersi al pensionamento (ipotizzato a settant’anni) una rendita integrativa di 344 euro al mese se s’iscrive a una linea che garantisce la restituzione dei contributi versati, e 519 se sceglie invece per una bilanciata-azionaria con il 70% di azioni». Un quarantenne che destina a un fondo pensione il Tfr relativo a un reddito netto attuale di 1.500 euro il mese può attendersi al pensionamento, a 69 anni, una pensione integrativa di 307 con il comparto garantito e 421 con il bilanciato-azionario. Per un cinquantenne con un reddito netto di duemila euro il mese, infine, la rinuncia al Tfr (che in azienda si rivaluta con un tasso dell’1,5%, più il 75% dell’inflazione) può consentire di ottenere al pensionamento (a 68 anni) una pensione integrativa di 215 euro al mese se l’aderente sceglie una linea garantita, e 265 se opta invece per una bilanciata. Le simulazioni di Progetica presuppongono la continuità di versamenti alla previdenza integrativa sino all’età della pensione; tutti i valori sono al netto delle tasse e in termini reali, tengono cioè conto dell’inflazione.
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