Visualizzazione post con etichetta ISTAT. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta ISTAT. Mostra tutti i post

mercoledì 7 novembre 2018

Lavoratori a tempo determinato, come funziona dal 1° novembre 2018



Dal 1° novembre, per prorogare o rinnovare un contratto a termine già avviato tra le parti, bisognerà seguire in tutto e per tutto le nuove regole stabilite dal Dl 87/2018, cioè:

1) durata massima del primo contratto a termine senza causale di 12 mesi;

2) oltre i primi 12 mesi, proroga con causale: il datore deve cioè precisare che la prosecuzione del rapporto avviene a tempo determinato per esigenze temporanee e oggettive, estranee all’attività ordinaria (come ad esempio una produzione nuova, mai sperimentata prima), oppure per sostituire altri lavoratori, oppure ancora per esigenze legate a incrementi temporanei, significativi e non programmabili dell’attività ordinaria (ad esempio la necessità di vendere tutto lo stock di merce in magazzino per poi ristrutturare il capannone); la causale, come precisa la circolare 17 del ministero del lavoro pubblicata il 31 ottobre è sempre necessaria quando si supera il periodo di 12 mesi, anche se il superamento avviene a seguito di proroga di un contratto originariamente inferiore ai 12 mesi.

3) le proroghe possono essere al massimo quattro nell’arco di 24 mesi (e non più cinque nell’arco di 36 mesi);

4) la durata massima dei rapporti a termine fra lo stesso datore e lo stesso lavoratore è di 24 mesi, salvo previsioni diverse del contratto collettivo applicato dall’azienda.

Restano fuori dalle restrizioni sui limiti di durata massima e sulla disciplina delle proroghe e dei rinnovi i contratti stagionali.

A chi si applica il periodo transitorio
Il 14 luglio 2018 è dunque la data chiave per capire se al contratto a termine si applica il regime transitorio, oppure no. Facciamo l’esempio del rinnovo di un contratto scaduto il 1° ottobre dopo 15 mesi: con un tetto complessivo di 36 mesi, potrà avere una durata massima di altri 21 mesi, senza necessità della causale, solo se siglato entro oggi 31 ottobre.

Se, invece, datore di lavoro e dipendente decidono di rinnovare da domani 1° novembre in poi, si applicano le nuove regole, per cui, con il nuovo tetto di 24 mesi, sarà indispensabile indicare la causale e la durata massima sarà di altri 9 mesi.

I nuovi contratti
Non esiste, invece, regime transitorio se il primo contratto tra le parti è stato stipulato dal 14 luglio in poi: in questo caso le nuove regole sono scattate subito. Quindi, un accordo siglato per la prima volta il 15 luglio può essere prorogato alla scadenza solo fino a un massimo di 4 volte, e richiederà la causale se saranno superati i 12 mesi; allo stesso modo, in caso di rinnovo, dovrà sempre essere accompagnato dalla causale.

Rinnovi sempre più costosi
Va precisato che le regole transitorie riguardano soltanto la durata massima e la disciplina delle proroghe e i rinnovi, mentre non si applicano alla maggiorazione dello 0,5%, che dal 14 luglio vale per tutti i rinnovi (in via cumulativa, quindi al secondo rinnovo la maggiorazione è dell'1%).

È già entrato in vigore (in questo caso dal 12 agosto, in quanto è stato introdotto dalla legge di conversione) anche il nuovo limite del 30% di lavoratori flessibili, intesa come “somma” di lavoratori a tempo determinato e somministrati rispetto al totale di quelli in forza con contratto a tempo indeterminato.

Sul fronte dei nuovi contratti a tempo determinato l’osservatorio sul precariato dell’Inps ha registrato - tra luglio e agosto 2018 - un calo delle attivazioni che risultano essere dimezzate. A luglio sono stati sottoscritti 310.838 contratti a tempo determinato, ad agosto si è invece scesi a 165.998. Un trend influenzato anche dalla stagionalità, visto che anche nel 2017 si era registrata uno andamento analogo, anche se di dimensioni più contenute, con 312mila assunzioni a termine a luglio e 190mila ad agosto.

L’Istat ha registrato che la diminuzione degli occupati nel mese di settembre si è concentrata tra i dipendenti permanenti (-0,5%, pari a -77 mila), mentre quelli a termine hanno proseguito la loro tendenza positiva (+0,8%, +27 mila), anche per beneficiare della possibilità di proroghe e rinnovi durante il periodo transitorio che si chiude oggi 31 ottobre. Nei dodici mesi la crescita occupazionale si è concentra fortemente tra i lavoratori a termine (+13,1%, +368 mila), in lieve ripresa anche gli indipendenti (+0,4%, +22 mila), mentre risultano in calo i dipendenti a tempo indeterminato (-1,2%, -184 mila).



venerdì 1 maggio 2015

Lavoro: cosa dicono le ultime statistiche in Italia



Le ultime statistiche sul lavoro che riportiamo, pubblicate dall’Istat, proprio alla vigilia del primo maggio, fanno un regalo per la festa dei lavoratori; portando notizie non rasserenanti, ma utili a capire cosa è successo, e cosa si potrebbe accadere.

In primo luogo, abbandoniamo il campo dalla contrapposizione tra i numeri di Giuliano Poletti e quelli dell’Istat. Il ministro del lavoro, che da quando è partito il Jobs act ha indossato le sconosciute vesti del comunicatore di dati in tempo reale, ha detto che nel marzo del 2015, rispetto allo stesso mese dell’anno prima, ci sono stati 92.000 assunzioni in più, 54.000 delle quali a tempo indeterminato (con i nuovi contratti a tutele crescenti). I dati pubblicati dall’Istat dicono invece che, da marzo a marzo, abbiamo 70.000 occupati in meno, e 138.000 disoccupati in più.

Il ministro del lavoro ha dato le cifre dei nuovi contratti di lavoro dipendente comunicati ai suoi uffici da tutti coloro che hanno l’obbligo di farlo, ossia le imprese del settore privato. L’Istat dà i risultati di un’indagine periodica riferita a tutto il mondo del lavoro. Poletti ha dato un dettaglio della foto, l’Istat la panoramica.

Quest’ultima ci dice che, in un anno, l’occupazione è scesa. Non solo: ci dice anche – cosa molto importante – che più gente cerca lavoro, dunque oltre a quelli che l’hanno perso si sono aggiunti sul mercato molti altri (soprattutto donne) che cercano attivamente un’occupazione, e dunque sono usciti dalla categoria statistica degli “inattivi” per entrare in quella dei “disoccupati”.

Il dettaglio anticipatamente fornito da Poletti invece ci dice un’altra cosa, una volta composto nel puzzle complessivo: che sono cambiate le forme e non la quantità del lavoro; ossia, persone che prima lavoravano con contratti di collaborazione o da esterni, hanno avuto un contratto.

Ma era questo che si voleva? Era questo l’obiettivo della spesa pubblica più ingente che sia stata fatta negli ultimi anni, ossia lo sgravio contributivo triennale per le imprese che assumono nel 2015? È questo il motore della ripresa e bisogna solo avere la pazienza di aspettarla? “Si può portare il cavallo alla fontana, ma non lo si può convincere a bere”, scrive Pietro Garibaldi sulla Voce citando John Maynard Keynes, per spiegare cos’è successo. Le imprese hanno avuto la decontribuzione, poi il contratto a tutele crescenti: ma non hanno bevuto. Bisogna aver pazienza e insistere sulle riforme, prima o poi il cavallo-economia berrà, è la conclusione di Garibaldi e di molti altri. Sicuri?

Quando citava quel vecchio proverbio inglese del cavallo, in realtà Keynes voleva arrivare a un’altra conclusione, ossia che se la crisi viene dalla domanda, non si risolve intervenendo sull’offerta. Se le imprese non vedono sbocchi per i loro prodotti, non assumeranno di più, al massimo potranno redistribuire il lavoro nelle forme economicamente più convenienti. Se non investono più (dopo quattro anni di crollo, solo nell’ultimo trimestre del 2014 c’è stata una ripresa da prefisso telefonico degli investimenti, 0,2 per cento), come si può sperare che aumentino l’occupazione solo per prendersi un bonus di contributi?

Il crollo degli investimenti non interessa solo l’Italia, e nel suo recente Outlook il Fondo monetario internazionale imbocca una strada keynesiana per analizzarlo, suggerendo di guardare al complesso delle aspettative delle imprese, e dunque – spiega il Nobel Krugman – al fatto che la riduzione della spesa pubblica può peggiorare queste aspettative, dunque far ammalare il cavallo che dovrebbe bere. Trionfa così “il paradosso della parsimonia”, ossia il risanamento e il risparmio che ammazzano il paziente.

Si possono avere idee diverse, e non filarsi per niente il Fondo monetario quando dice cose diverse dalle solite “lacrime e sangue”. Però è difficile smentire i numeri, che ci dicono che non basta cambiare il diritto (e i diritti) per avere più lavoro. Né è elegante, per un ministro del lavoro, commentare solo quelli buoni. Sarebbe meglio leggerli tutti, e puntare su altri cavalli invece di aspettare che quello recalcitrante, chissà perché, si decida a bere.

A marzo il tasso è a +0,2 rispetto a febbraio, si tratta del livello più alto dal novembre scorso. Ci sono 52mila disoccupati in più. Le persone in cerca di lavoro sono 3,3 milioni Tweet20 Inps: in calo le domande di disoccupazione a febbraio. Cala la Cig a marzo, crolla quella in deroga Ocse: in Italia nuovo calo della disoccupazione a gennaio, è al 12,6% Ue: disoccupazione Italia sempre più su. Nel 2015 inflazione negativa Def: "Con più crescita, disoccupazione in calo" 30 aprile 2015 Il tasso di disoccupazione torna a salire a marzo: cresce di 0,2 punti percentuali da febbraio arrivando al 13%. Sono i dati provvisori dell'Istat che precisa: la risalita arriva dopo i cali registrati a dicembre e a gennaio e la lieve crescita a febbraio.

Si tratta del livello più alto dal novembre scorso quando il tasso di disoccupazione arrivò al 13,2%. Su base mensile, ci sono 52mila disoccupati in più, +1,6%, mentre nei dodici mesi il numero dei disoccupati è cresciuto del 4,4%, pari a 138mila persone in più  e il tasso di disoccupazione di 0,5 punti. I dati sugli occupati Dopo il calo del mese di febbraio, sempre a marzo, gli occupati sono diminuiti dello 0,3%, arrivando a 22,195 milioni, pari a 59mila in meno, tornando così ai livelli dello scorso aprile. Su base annua, l'occupazione è in calo dello 0,3%, pari a 70mila in meno, e il tasso di occupazione di 0,1 punti. Le persone in cerca di occupazione, il dato è sempre relativo a marzo, sono 3,302 milioni in aumento dell'1,6% da febbraio.  Disoccupazione giovanile al 43% La disoccupazione giovanile a marzo risale oltre il 43%: il tasso segna un aumento di 0,3 punti percentuali a quota 43,1%, dal 42,8% di febbraio.

Si tratta del livello più alto da agosto scorso. Secondo i dati Eurostat la disoccupazione dei giovani fino a 25 anni in Italia a marzo ed è la quarta in Europa. Solo in Grecia (50,1% a gennaio 2015), Spagna (50,1%) e Croazia (45,5% nel primo trimestre 2015) è più alta. La media dell'Eurozona resta stabile a 22,7% (un anno prima era a 24,2%).  Dati eurozona Si ferma il calo del tasso di disoccupazione nell'Eurozona. Secondo Eurostat a marzo è dell'11,3%, lo stesso dato di febbraio, mentre a marzo 2014 era a 11,7%. Anche nella Ue a 28 resta al 9,8%, stessa percentuale di febbraio, era al 10,4% 12 mesi prima. L'Italia vede un rialzo, dal 12,7% di febbraio al 13% di marzo. Secondo la stima di Eurostat nella Ue-28 a marzo i disoccupati sono 23,748 milioni, di cui 18,105 milioni nella zona euro. Rispetto allo stesso mese del 2014 i senza lavoro sono diminuiti di 1,523 milioni nell'Ue-28 e di 679mila nell'Eurozona. I tassi di disoccupazione più bassi sono quelli di Germania (4,7%), Gran Bretagna (5,5% a gennaio 2015) e Austria (5,6%), mentre i più elevati sono in Grecia (25,7% a gennaio 2015), Spagna (23%) e Ungheria (18,2).



mercoledì 2 aprile 2014

ISTAT: pensioni d'oro per 11mila



Quattro pensionati su 10, ossia il 42,6% del totale (poco più di 7 milioni) percepiscono meno di 1.000 euro al mese. La nuova fotografia dell’Istat sul sistema previdenziale mette inoltre in evidenza che il 38,7% dei pensionati percepisce tra 1.000 e 2.000 euro, il 13,2% tra 2.000 e 3.000 euro; il 4,2% tra 3.000 e 5.000 euro e il restante 1,3% percepisce un importo superiore a 5.000 euro.

Cresce nel 2012 a quota 271 miliardi la spesa pensionistica (+1,8%) ma il 42,6% dei pensionati, ossia poco più di 7 milioni di persone, ha percepito nel 2012 meno di mille euro al mese. Lo comunica l'Istat nella rilevazione condotta con l'Inps, segnalando come l'1,3% dei pensionati (circa 200 mila) abbia un reddito superiore ai 5 mila euro al mese e che 11 mila 683 pensionati incassino un reddito da pensione da oltre 10 mila euro al mese. I «pensionati d'oro» rappresentano però solo lo 0,1% del totale (pari a 16,6 milioni).

Inoltre il 67,3% dei pensionati è titolare di una sola pensione, mentre un pensionato su quattro (il 24,9%) ne percepisce due. Il 6,5% ne incassa tre; il restante 1,3% è titolare di quattro o più pensioni.

Nel 2012 il sistema pensionistico italiano ha erogato 23,6 milioni di prestazioni, per un ammontare complessivo pari a 270,7 miliardi (+1,8% sul 2011); il valore corrisponde al 17,28% del prodotto interno lordo (Pil) e a un importo medio per prestazione pari a 11.482 euro, 253 euro in più rispetto al 2011 (+2,3%). Ogni pensionato in media però ha percepito nel 2012 circa 16.314 euro all'anno (358 in più del 2011) perché, come rileva l'Istat, in alcuni casi uno stesso pensionato può contare anche su più di una pensione.

Le pensioni di vecchiaia assorbono il 71,8% della spesa pensionistica totale, quelle ai superstiti il 14,7%, quelle di invalidità il 4,0%; le pensioni assistenziali pesano per il 7,9% e le indennitarie per l'1,7%. E' quanto emerge dai dati Istat sul 2012.

Le donne rappresentano il 52,9% dei pensionati e percepiscono assegni di importo medio pari a 13.569 euro (contro i 19.395 degli uomini); oltre la metà delle donne (52%) riceve meno di mille euro al mese, a fronte di circa un terzo (32,2%) degli uomini. Il 47,8% delle pensioni è erogato al Nord, il 20,5% nelle regioni del Centro e il restante 31,7% nel Mezzogiorno.

In primo anno riforma Fornero 75mila pensionati in meno. Falla rilevazione annuale sui trattamenti pensionistici condotta dall'Istat e dall'Inps emerge infine che nel 2012 i pensionati sono 16,6 milioni, «circa 75 mila in meno rispetto all'anno prima». Sul ribasso, con tutta probabilità, ha pesato la riforma Fornero, entrata in vigore proprio nel 2012.

Il reddito medio è di 16.314 euro a testa. In Italia 11 mila pensionati d’oro Il ministro del Tesoro Padoan: «Gli assegni non si toccano, lo ha detto chiaramente il premier Renzi. Ma i dettagli sono da discutere»

Rassicurante il messaggio del Ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan: «Le pensioni non si toccano» ha confermato citando il presidente del Consiglio, al termine dell’Ecofin informale ad Atene. «Lo ha detto chiaramente il presidente Renzi», ha premesso rispondendo a una domanda, aggiungendo che «i dettagli li dobbiamo ancora discutere».

Allarmati invece i sindacati: «I pensionati italiani vivono in una condizione di grande difficoltà e avrebbero bisogno di una scossa. Il governo però li ignora e non sembra preoccuparsene», afferma lo Spi Cgil. Sulla stessa linea la Fnp Cisl: «Il governo prenda atto che non è più possibile lasciare i pensionati nello stato di difficoltà in cui versano». Infine anche la Uilp invita l’esecutivo a intervenire: «Dai dati Istat sulle pensioni diffusi oggi, emerge con chiarezza l’esistenza di un problema di adeguatezza delle pensioni».

giovedì 19 dicembre 2013

Lavoro,+2,4% costo in 3° trimestre 2013 posti vacanti è pari allo 0,4%



Il costo del lavoro nel 3° trimestre 2013 sale del 2,4%,spinto dagli oneri sociali,ovvero il complesso dei contributi a carico del datore di lavoro e degli accantonamenti di fine rapporto. Su base annua gli oneri sociali aumentano infatti del 3,5% -ha rilevato l’Istat  piegando come il rialzo delle retribuzioni lorde si fermi invece al 2%. Meno di 30mila i posti vacanti in industria e servizi,pari solo allo 0,4% dei circa 7 mln di dipendenti. Le ore lavorate per dipendente nel 3° trimestre sono diminuite dello 0,1% su base annua.

Tra luglio e settembre di quest'anno l tasso di posti vacanti è pari allo 0,4%, lo stesso livello registrato nello stesso periodo dello scorso anno, che corrisponde al minimo storico.

Sono meno di 30mila nell'industria e nei servizi. Lo ha comunicato l'Istat, rilevando quindi uno stallo, con riferimento ai settori dell'industria e dei servizi, spiegando che si tratta di quei posti di lavoro nuovi o già esistenti, purché liberi o in procinto di diventarlo, per i quali il datore di lavoro cerchi attivamente un candidato al di fuori dell'impresa.

Il costo del lavoro nel terzo trimestre del 2013 è salito del 2,4%, spinto dagli oneri sociali, ovvero il complesso dei contributi a carico del datore di lavoro e degli accantonamenti di fine rapporto. La voce degli oneri, infatti, è aumentata del 3,5%, sempre su base annua. L'Istat spiega come il rialzo delle retribuzioni lorde si fermi invece al 2,0%. Quindi sul costo del lavoro, somma delle retribuzioni lorde e degli oneri sociali, pesano più che i salari il carico dovuto, sottolinea l'Istat, 'alla recente introduzione di contributi aggiuntivi', a spese dei datori di lavoro, 'finalizzati al finanziamento di fondi per il sostegno al reddito dei lavoratori in caso di interruzione dei rapporto di lavoro'.

"Le ore lavorate per dipendente nel terzo trimestre 2013 diminuiscono, in termini destagionalizzati, dello 0,1% rispetto al trimestre precedente". Questo un altro passaggio dell'Istituto. Il tasso di posti vacanti nell'industria e nei servizi di mercato nel terzo trimestre 2013 "è pari allo 0,4%, invariato rispetto al terzo trimestre del 2012. L'incidenza delle ore di cassa integrazione guadagni (Cig) utilizzate è pari a 38,1 ore ogni mille ore lavorate, con una diminuzione di 3,2 ore rispetto allo stesso trimestre del 2012".

Il costo del lavoro nei Paesi Ocse è rimasto stabile nel terzo trimestre del 2013 rispetto al trimestre precedente, con una crescita della produttività del lavoro (0,4%) che ha leggermente superato l'aumento del costo del lavoro (0,3%).


Istat: pensioni nel pubblico doppie rispetto a privati. 'Sistema solido, forse migliore in Ue'



''Il sistema pensionistico italiano è in solido equilibrio. Forse è il più affidabile sistema pensionistico in Europa''. Lo ha dichiarato Antonio Mastrapasqua, presidente dell'Inps, su Tgcom24. ''L'Inps è solida e le risorse per pagare le pensioni si sono e ci saranno sempre - ha detto-. Il problema sono i giovani che non lavorano, il Paese deve crescere e aumentare i posti di lavoro per il pagamento delle pensioni future. Ci devono essere inoltre delle misure di sostegno al reddito quando si perde il lavoro".

''Gli importi medi annui delle prestazioni erogate nel comparto pubblico risultano doppi rispetto a quelli delle pensioni erogate nel comparto privato e nell'ordine assumono valore pari a 21.951 e 11.023 euro''. E' quanto riporta l'Istat nell'Annuario statistico, con riferimento al 2011.

''L'elevata sopravvivenza, unita al calo della fecondità, rende l'Italia uno dei Paesi più vecchi al mondo''. Lo afferma l'Istat spiegando che l'indice di vecchiaia, 148,6 anziani ogni 100 giovani, colloca l'Italia al secondo posto in Europa dopo la Germania (155,8%). La speranza di vita è di 79,4 anni per gli uomini e 84,4 anni per le donne.

I disoccupati durante la crisi, tra il 2008 e il 2012, sono aumentati di oltre un milione. E' quanto emerge dalle tabelle contenute nell'Annuario statistico dell'Istat. Nel dettaglio le persone in cerca di lavoro sono salite di 1 milione 52 mila nel giro di quattro anni.

L'Italia è tra i paesi più vecchi d'Europa, seconda solo alla Germania nel vecchio Continente. L'Istat spiega che l'elevato indice di vecchiaia, 148,6 anziani ogni 100 giovani, colloca l'Italia al secondo posto in Europa dopo la Germania (155,8%) è dovuto all'alta sopravvivenza, unita al calo della fecondità. La speranza di vita è di 79,4 anni per gli uomini e 84,4 anni per le donne. Inoltre le donne continuano a posticipare la maternità e a limitarsi, spesso, a un solo figlio: con un numero medio di bambini a donna pari a 1,39, in calo nel 2011 rispetto all'anno precedente (1,41), ''Nell'Unione europea a 15 Paesi l'Italia si colloca al quinto posto per bassa fecondità''. L'età media del parto è cresciuta a 31,4 anni, tra le più alte in Europa. Le mamme italiane in questo sono seconde (ma per un soffio) solo a quelle irlandesi e spagnole dove la maternità arriva a 31,5 anni.

Non si arresta il trend negativo delle immatricolazioni cominciato nel 2004, ma aumentano le persone che riescono a laurearsi. I giovani iscritti per la prima volta sono quasi 279 mila, 9.400 circa in meno rispetto all'anno precedente. La popolazione universitaria è composta da 1.751.192 studenti, -1,7% rispetto all'anno precedente, con una partecipazione agli studi particolarmente alta in Molise, Abruzzo e Basilicata. A proseguire gli studi sono soprattutto i diplomati dei licei rispetto a quelli degli istituti tecnici o professionali. Nel 2011 circa 299 mila studenti hanno conseguito una laurea o un diploma universitario, +3,4% rispetto all'anno precedente, interrompendo così una tendenza decrescente iniziata nel 2006. A 4 anni dalla laurea lavora il 69,4% dei laureati in corsi a ciclo unico, il 69,3% di quelli laureati nei corsi triennali e l'82,1% di quelli che hanno completato i corsi biennali.


sabato 5 ottobre 2013

Istat: il cuneo fiscale erode il 46% del costo del lavoro



Secondo le stime Istat: tasse e contributi nel Nord-ovest assorbono il 47,1% del costo del lavoro. Al Sud e nelle Isole la fetta scende al 44,4%.

La differenza tra il costo sostenuto dal datore di lavoro e la retribuzione netta del lavoratore, il cosiddetto cuneo fiscale e contributivo, è pari in media al 46,2%, ovvero a 14.350 euro. I contributi sociali dei datori di lavoro ammontano al 25,6% e il restante 20,6% è a carico dei lavoratori. Lo ha rilevato l'Istat con riferimento al 2010.

I dati resi noti dall'Istat mostrano in modo inequivocabile l'enorme peso del fisco sul lavoro. La differenza tra il costo sostenuto dal datore di lavoro e la retribuzione netta del lavoratore, il cosiddetto cuneo fiscale e contributivo, è pari in media al 46,2%, ovvero a 14.350 euro: i contributi sociali dei datori di lavoro ammontano al 25,6% e il restante 20,6% è a carico dei lavoratori.

Guardando alle cifre il cuneo nel Nord-ovest prende il 47,1% del costo del lavoro, invece al Sud e nelle Isole la fetta scende al 44,4%. Nel Nord-ovest, ha spiegato l’Istituto di statistica, "si riscontra il costo del lavoro mediamente più elevato, i contributi sociali dei datori di lavoro e le imposte sul reddito da lavoro dipendente sono più elevati, con una conseguente contrazione della quota di retribuzione netta a disposizione del lavoratore. Analizzando i diversi settori, i valori più bassi si registrano per l’agricoltura, mentre la quota più alta, pari ad oltre la metà del costo del lavoro (50,4%), si rileva per i dipendenti del comparto attività finanziarie e assicurative".


domenica 26 maggio 2013

Rapporto annuale dell'ISTAT: lo stipendio medio è mille euro

Le differenze permangono anche a parità di caratteristiche e aumentano col crescere dell'anzianità lavorativa, poiché al precario non si applicano gli scatti di anzianità. "La differenza è di 85 euro per chi una carriera lavorativa di 20 anni e oltre, non necessariamente tutta da atipico" ha precisato l'Istat nel suo rapporto annuale.

Nel 2012 la retribuzione mensile di un dipendente a termine è 1.070 euro, 355 euro in meno rispetto a chi ha il posto fisso.

Il lavoro del precario vale meno: in media chi non ha un posto fisso prende uno stipendio più basso del 25% rispetto agli altri lavoratori. A certificarlo è l'Istat nel Rapporto annuale. Nel 2012 la retribuzione media mensile netta di un dipendente a termine che lavora a tempo pieno si ferma a 1.070 euro, 355 euro in meno rispetto a un dipendente assunto a tempo indeterminato.

L'ISTAT parla di lavoratore "atipico", comprendendo in questa categoria chi vive di contratti a termine e collaborazioni. E spiega nel Rapporto come «un indicatore importante dello svantaggio del lavoro atipico è dato dal differenziale retributivo con l'occupazione standard», ovvero stabile e senza riduzioni d'orario. Guardando solo a chi è full time, tra un dipendente a tempo determinato e uno a tempo indeterminato il divario, pari in media a un quarto, è dovuto a più ragioni, anche se ormai può essere considerato una costante.

«Il differenziale è in parte spiegato da effetti di composizione, quali l'età, il settore di attività, la professione. Ma – ha sottolineato l'Istituto - le differenze permangono anche a parità di caratteristiche e aumentano al crescere dell'anzianità lavorativa, poiché al tempo determinato non si applicano gli scatti di anzianità». Ecco che, evidenzia, «la differenza è di 85 euro per chi lavora da appena due anni e cresce a 392 euro per chi ha una carriera lavorativa di 20 anni e oltre, non necessariamente tutta da atipico».

sabato 2 marzo 2013

Unione Europea sui giovani e il lavoro

L’Unione Europea punta a fornire garanzie lavorative ai giovani. Il consiglio Ue Occupazione e affari sociali ha approvato lo schema di garanzia proposto dalla Commissione europea volto a garantire a tutti i giovani, entro quattro mesi dalla fine della scuola, un'offerta di lavoro, un tirocinio, una formazione o un nuovo percorso educativo. Adesso i Paesi Ue devono "tradurre questo accordo in azioni concrete il più rapidamente possibile" ha sostenuto il presidente della Commissione Ue, Barroso per sollecitare l'istituzione di “team d'azione” a sostegno del lavoro dei giovani e delle PMI. Oltre ai fondi Ue ad hoc, anche gli Stati membri "devono investire i loro soldi" ha precisato il commissario Ue agli Affari sociali, Andor.

Un terzo dei giovani italiani è senza lavoro. Arriva in coincidenza con i dati Istat sulla disoccupazione giovanile. Insieme all'Italia, altri sette paesi destinatari dell'intervento: Spagna, Grecia, Slovacchia, Lituania, Portogallo, Lettonia e Irlanda. Per tutti loro, l'obiettivo della Commissione, è istituire dei team che preparino entro metà aprile dei piani per l'occupazione giovanile e per lo sviluppo delle PMI da inserire nei rispettivi programmi nazionali di riforma.

Il primo passo da compiere, ha spiegato Barroso nella lettera inviata a Monti, consiste nella nomina di una persona di contatto con cui andare a costituire il gruppo di lavoro per l'Italia. I rappresentanti dell'Esecutivo Ue, attesi in visita a Roma nel mese di febbraio, contribuiranno a definire con il team le misure necessarie per migliorare la formazione dei giovani e creare nuovi posti di lavoro, insieme a strumenti a sostegno delle piccole e medie imprese.

Un ruolo strategico, si legge nella lettera, sarà assegnato ai fondi strutturali non ancora spesi, che potranno finanziare progetti di mobilità dei giovani e opportunità di tirocinio e apprendistato presso le PMI. Sempre per le imprese, inoltre, saranno studiate misure per accelerare l'accesso ai finanziamenti comunitari.

Intanto il numero di disoccupati a gennaio sfiora i 3 milioni. Lo ha rilevato l'Istat, precisando che con un aumento di 110 mila unità (+3,8%) su dicembre si è arrivati 2 milioni 999 mila. Su base annua la crescita è di oltre mezzo milione di disoccupati (+22,7%, +554 mila unità)

Nel 2012 il numero dei precari ha toccato i massimi, con 2 milioni e 375.000 contratti a termine e 433.000 collaboratori: si tratta di 2,8 milioni di lavoratori senza posto fisso. Il livello di dipendenti a termine è il più alto dal 1993 e quello dei collaboratori dal 2004, cioè dall'inizio delle serie storiche relative.
La disoccupazione giovanile (15-24 anni) è salita a gennaio al 38,7%, il massimo dall'inizio delle serie storiche dell'Istat sia mensili (gennaio 2004) che trimestrali, ovvero dal quarto trimestre del 1992.

Per l'Istat ad inizio 2013 il numero dei disoccupati ha toccato quasi i 3 milioni, con un aumento, rispetto a dicembre del 3,8% (110 mila unità). Mentre su base annua si registra una crescita del 22,7% (+554 mila unità). Una crescita di disoccupazione, spiega ancora l'Istat, che riguarda sia la componente maschile sia quella femminile.

sabato 23 febbraio 2013

Calcolo tfr per i lavoratori dipendenti


Il calcolo del TFR è l'importo che il datore di lavoro corrisponde al lavoratore al termine del rapporto di lavoro e a richiesta dopo un periodo (anticipazione del TFR), di solito 8 anni di servizio nella stessa azienda in determinati casi stabiliti dalla legge come, ad esempio, la necessità di affrontare importanti spese medico-sanitarie. L'anticipazione è limitata al 70% dell'importo liquidato in caso di risoluzione del contratto di lavoro.

Il calcolo TFR annuale deve essere indicato, insieme al cumulo pluriennale, nella busta paga e nel CUD del lavoratore. Il lavoratore riceve l'importo accantonato come TFR nel momento in cui si conclude il rapporto di lavoro a causa di licenziamento, dimissioni o pensionamento.

Il datore di lavoro procede alla liquidazione del TFR lordo totale maturato fino alla data di cessazione del rapporto di lavoro al netto delle imposte e delle eventuali anticipazioni richieste dal lavoratore negli anni precedenti. L'imposta definitiva sul TFR è corrisposta dal lavoratore entro il 31 dicembre del 3° anno successivo alla dichiarazione al fisco del datore di lavoro.

La procedura di calcolo del TFR è la seguente:
ogni anno di lavoro uno quota accantonata annualmente pari al 6.91% della retribuzione utile.

Tale quota corrisponde alla retribuzione annua divisa per 13.5, si tiene conto inoltre che lo 0.5% é destinato all'Inps come contributo per le prestazioni pensionistiche.

Le somme accantonate come TFR sono indicizzata al 31 dicembre in base ad un tasso di interesse fisso di 1,5% maggiorato del 75% dell'incremento dell'indice dei prezzi al consumo Istat ( v. coefficiente rivalutazione TFR );

le somme accantonate sono tassate al 11%.

L'indicizzazione degli importi accantonati avviene ogni anno al 31 dicembre, applicando un tasso del' 1.5% fisso più il 75% dell'aumento dell'indice Istat. Qualora di decidesse di destinare il proprio TFR ad un fondo pensione il calcolo del valore del capitale lordo accantonato ogni anno sia del tfr che del fondo pensione, é effettuato nella maniera seguente :

Parametri per il calcolo tfr:

 stipendio annuo lordo -> valore usato per calcolare il 6.91% spettante alla voce tfr

la percentuale della rivalutazione annua dello stipendio -> tale previsione deve essere fatta in base a previsioni di aumenti contrattuali e scatti di carriera

la percentuale del tfr destinata al fondo pensione

 previsione del rendimento annuale netto dal tfr (0.75 x l'inflazione annuale istat a cui aggiungete un 1,5%, a tale valore va sottratta l'imposta sostitutiva)

 totale anni lavorativi restano per la pensione

stima del rendimento annuo del fondo pensione scelto

contributi obbligatori e volontari rispettivamente del datore di lavoro e del lavoratore se previsti dal contratto

L’anticipo del TFR può essere richiesto dai lavoratori dipendenti pubblici o privati secondo determinate casistiche:  acquisto prima casa;  cure sanitarie ed ospedaliere; spese per periodi formativi o per congedo parentale.

Tuttavia bisogna considerare alcuni vincoli.
Per ottenere un anticipo del TFR é necessario avere almeno 8 anni di anzianità lavorativa presso lo stesso datore di lavoro. L’anticipo del TFR non può eccedere del 70% della cifra accantonata alla data della richiesta. I datori di lavoro sono obbligati a soddisfare le richieste di anticipo della liquidazione dei dipendenti entro il 10% degli aventi titolo e comunque nei limiti del 4% del numero totale dei dipendenti.

Nel caso un lavoratore non riesca a ottenere l’anticipo del TFR e abbia esigenze di liquidità immediate, ci sono diverse tipi di prestiti garantiti come la cessione del quinto, dove per esempio il TFR accantonato o la busta paga costituiscono le garanzie per il finanziamento.
calcolo tfr, lavoro dipendente, anticipazione del TFR,  datore di lavoro, finanziamento, retribuzione, Istat, contratto di lavoro

sabato 1 dicembre 2012

Istat: disoccupazione a livelli record


Il tasso di disoccupazione a ottobre 2012 ha superato la soglia dell'11%, attestandosi a 11,1%, in rialzo di 0,3% su settembre e di 2,3% su base annua. E' quanto ha rilevato l'Istat, precisando che il numero dei disoccupati a ottobre è giunto a quasi 2,9 milioni, il livello più alto dall'inizio delle serie storiche. Il tasso di disoccupazione giovanile (15-24 anni) a ottobre è al 36,5%,anche questo un massimo storico. I giovani sotto i 25 anni in cerca di lavoro sono 639.000.I disoccupati sono aumentati di 100mila unità solo nel mese di ottobre e nell'anno crescono di 644 mila unità. Gli occupati calano di 45mila unità e i precari sono ormai 2,9 milioni.

Il numero record di disoccupati deriva da un aumento del 3,3% su base mensile, con quasi cento mila persone in più alla ricerca di un impiego rispetto a settembre (+95 mila), mentre su base annua si contano 644 mila disoccupati in più, con un rialzo del 28,9%.

Vediamo in sintesi la fotografia dell'ISTAT.

Capitolo sui giovani- Situazione ancora peggiore per i giovani. Il tasso di disoccupazione giovanile (15-24 anni) a ottobre è al 36,5%, è il livello più alto sia dall'inizio delle serie mensili, gennaio 2004, sia dall'inizio delle serie trimestrali, cominciate nel IV trimestre del 1992. L'Istat sottolinea anche come tra i 15-24enni le persone in cerca di lavoro sono 639 mila.

Capitolo donne - Più complesso il dato relativo all'occupazione femminile. Se in termini assoluti non c'è grande differenza tra uomini e donne che hanno perso il lavoro, in termini congiunturali aumentano in percentuale le disoccupate è in crescita perché ci sono più donne che cercano lavoro.

Capitolo lavoro precario - Ma, secondo l'Istat, nel terzo trimestre 2012 le figure lavorative a tempo pieno continuano a mostrare una forte caduta (-2,0%, pari a -398.000 unità rispetto allo stesso periodo di un anno prima). Il risultato riflette soprattutto il calo dei dipendenti a tempo indeterminato (-2,7%, pari a -347.000 unità), specie nelle costruzioni e nel settore dell’amministrazione pubblica. Prosegue, ininterrotta dal I trimestre 2010, la crescita degli occupati a tempo parziale che nel terzo trimestre 2012 manifesta un incremento su base annua dell’11,6% (+401.000 unità). L’aumento coinvolge le posizioni lavorative dipendenti maschili e, nei valori assoluti, soprattutto quelle femminili; in tre casi su quattro si tratta di part-time involontario, ossia dei lavori accettati in mancanza di occasioni di impiego a tempo pieno.

Continua a crescere il numero dei dipendenti a termine (+3,5% pari a 83.000 unità), ma esclusivamente nelle posizioni a tempo parziale. Circa la metà dell’incremento del lavoro a termine interessa i giovani di età inferiore a 35 anni e caratterizza soprattutto il commercio e gli alberghi e ristorazione. L’incidenza dei dipendenti a termine sul totale degli occupati sale così al 10,7%. Significativo è anche l’aumento dei collaboratori (+11,6%, pari a 45.000 unità), concentrato nei servizi alle imprese e nell’assistenza sociale.

Capitolo EUROZONA - Se in Italia la disoccupazione è un problema, non va meglio in Europa. Secondo l'Eurostat, nell'Eurozona a ottobre sono stati registrati 18,7 milioni di disoccupati, pari all'11,7% dato in crescita (+0,1 punti) rispetto al mese precedente. Su base annua l'aumento della disoccupazione è stato di +1,3 punti (10,4% a ottobre 2011), colpendo 2,16 milioni di persone in più in 12 mesi.

Nell'ambito di questa crisi si vede aumentare il ricorso alla cessioni del quinto. Infatti nel mese di ottobre 2012  sono state quasi il 20% dei prestiti richiesti. Se ottenere un prestito è sempre più difficile, soprattutto quando non si ha una storia creditizia pulita, per un numero crescente di italiani l'unica soluzione sembra essere ridursi volontariamente stipendio o pensione. Secondo la finanziaria online Prestiti.It che, in collaborazione con Facile.It, ha preso in esame oltre 2.000 casi, nell'ultimo semestre (periodo maggio-ottobre) le richieste di cessione del quinto sono cresciute di oltre 3 punti percentuali rispetto a quello precedente, arrivando a rappresentare il 19,8% dei finanziamenti richiesti nel nostro Paese.

La cessione del quinto non solo è accessibile anche a chi è stato oggetto di protesto ma, essendo obbligatoriamente garantito da una copertura assicurativa, è preferito anche dalle finanziarie che, in questo caso, applicano metodi più permissivi per la concessione della somma richiesta, accordando il finanziamento anche a chi, in passato, ha avuto difficoltà nel pagamento di rate o prestiti. A fronte di questi vantaggi la sottoscrizione implica, innanzitutto, il coinvolgimento dell'azienda per cui si lavora (che non sempre viene ritenuta abbastanza stabile da permettere il prestito), il blocco del tfr - che viene posto a garanzia del finanziamento - e la sottoscrizione obbligatoria della polizza vita, che garantisca il rimborso in caso di decesso, infortunio o licenziamento.

mercoledì 31 ottobre 2012

Settembre 2012: giovani senza lavoro a livello record

Lo ha comunicato l'Istat, l'Istituto nazionale di statistiche. Se si guarda al tasso di disoccupazione giovanile (15-24 anni) il dato peggiora sensibilmente raggiungendo il 35,1%, in aumento di 1,3 punti percentuali su agosto e di 4,7 punti su base annua. L'Istat ha comunicato che tra i 15-24enni le persone in cerca di lavoro sono 608 mila.

Il numero dei disoccupati a settembre é di 2 milioni e 774 mila, si tratta del livello più alto dall'inizio delle serie storiche mensili (gennaio 2004) e dall'avvio di quelle trimestrali, ovvero dal quarto trimestre del 1992. E' quindi un record assoluto. Lo ha rilevato l'Istat in base a dati provvisorie e destagionalizzati.

Il livello record di disoccupati raggiunto a settembre, pari a 2 milioni 774 mila, è il risultato di un aumento del 24,9% su base annua, pari a 554 mila unità. E' quanto ha fatto sapere l'Istat, aggiungendo che su base mensile si registra un rialzo del 2,3%, ovvero di 62 mila unità.

Il tasso di disoccupazione a settembre è al 10,8%, in rialzo di 0,2 punti percentuali su agosto e di 2 punti su
base annua. E' il tasso più alto da gennaio 2004 (inizio serie storiche mensili). Lo rileva l'Istat (dati destagionalizzati e provvisori). Guardando alle serie trimestrali è il più alto dal III trimestre 1999.

L'aumento congiunturale della disoccupazione, fa sapere sempre l'Istat, interessa prevalentemente la componente maschile (+4,0%) e, in misura modesta, quella femminile (+0,3%). In termini tendenziali cresce sia la disoccupazione maschile (+29,0%) sia quella femminile (+20,5%). Il tasso di disoccupazione maschile, pari al 10,1%, cresce nel confronto con agosto di 0,4 punti percentuali e di 2,2 punti nei dodici mesi; quello femminile, pari all'11,8%, resta invariato rispetto al mese precedente e aumenta di 1,6 punti rispetto a settembre 2011.

domenica 7 ottobre 2012

Occupazione femminile: difficile trovare lavoro in meridione

Per le ragazze –donne del Mezzogiorno lavorare è l'eccezione: secondo i dati dell'Istat, infatti, nel secondo trimestre del 2012 il tasso d'occupazione tra le under 30 è appena al 16,9%. Un livello così basso non si era mai registrato sin dall'inizio delle serie storiche trimestrali, ovvero dal secondo trimestre 2004.

Un minimo che evidenzia come l'occupazione per le ragazze al Sud abbia toccato il fondo. E' da tenere presente che nella fascia d'età 15-29 anni è molto elevata la quota di studenti, soprattutto tra i più giovani.

Guardando alle 18-29enni meridionali, il tasso di occupazione presenta un lieve miglioramento, al 20,7%. E' evidente il divario con il Nord, dove la quota di giovani occupate tra i 18 e i 29 anni sale al 45,7%, e con la media nazionale (pari al 34,0%).

Meno di due giovani su dieci ha un posto di lavoro. Il Censis ha elaborato una sintesi simbolica, ma efficace: "Segregazione occupazionale". L'odierno studio dell'Istat non fa che confermare la rilevazione Censis, contabilizzando questa espressione. L'esito è da far tremare i polsi per tutte le considerazioni riguardanti le pari opportunità e le problematiche inerenti il fattore D: «Nel Mezzogiorno la probabilità di lavorare per le ragazze è quasi azzerata: la crisi ha eroso ancora di più le opportunità, con il tasso di occupazione sceso tra aprile e giugno a un minimo del 16,9% per le giovani tra i 15 e i 29 anni, vale a dire che meno di due su dieci ha un posto». Scrive l'Istat che una quota così bassa non si registrava dal secondo trimestre del 2004, ovvero dall'inizio delle relative serie storiche. Un nuovo record negativo.

L'economista Innocenzo Cipolletta, presidente di Ubs Italia, ha sostenuto che è l'ennesima conferma della q
uestione meridionale, sulla quale si confrontano da un secolo e mezzo tutte le classi dirigenti italiane. E aggiunge che in questi ultimi venti anni il problema si è ulteriormente accentuato per lo scarso utilizzo dei fondi europei (sui quali l'attuale ministro per la Coesione Territoriale, Fabrizio Barca, si sta spendendo per renderli effettivamente utilizzabili e rilanciare in parte l'occupazione senza la logica degli "investimenti a pioggia").

«Per anni li abbiamo sotto-utilizzati - ha detto Cipolletta - perché la nostra capacità negoziale nell'Unione Europea era ridotta dato l'alto indebitamento. Ora è arrivato il momento di invertire la tendenza, coinvolgendo le regioni ad abbassare l'Irap alle aziende e incoraggiandole a fare nuove assunzioni». Una fiscalità di vantaggio, in realtà già tentata diverse volte, che ora però si confronta con quello che il Censis ha chiamato il rischio "desertificazione industriale" che si staglierebbe dietro l'angolo per tutte le regioni meridionali, se non si rilancia anche tutto il sistema infrastrutturale del Sud - necessario per la logistica, ad esempio - con lo sblocco dei fondi Cipe.

Certo è che la rilevazione Istat testimonia ancor più le difficoltà per le under 30, che da sempre viaggiano su tassi molto bassi di occupazione. Resta così evidente il divario con il Nord, dove la quota di giovani occupate tra i 18 e i 29 anni sale al 45,7%, e con la media nazionale per la componente femminile (pari al 34%).

Tesi suggestiva è quella secondo la quale le donne del Sud rifiuterebbero un'occupazione perché gravate di tutti gli oneri familiari: dalla cura e l'assistenza ai bimbi e agli anziani a tutto ciò che concerne i lavori domestici. Rileva Cipolletta che evidentemente c'è anche una questione culturale, che spinge le donne del Sud ad evitare il "pendolarismo" verso nord alla ricerca di lavoro, perché fondamentali nell'economia familiare. Forse allora incentivare la nascita al Sud di centri di assistenza per anziani non autosufficienti e asili nido (pubblici) può quanto meno mitigare la condizione "segregata" delle donne meridionali. Per rilanciare il sistema-Paese nel suo complesso.

sabato 29 settembre 2012

Lavoro e imprese under 35 che succede?


L'indice composito del clima di fiducia delle imprese italiane a settembre è crollato a 75,5 da 79,0. Lo ha rilevato l'Istat. Si tratta del livello più basso dal marzo del 2009, quando si registrò un minimo storico. La caduta è esclusivamente dovuta alla caduta per le imprese dei servizi di mercato. Si registrano invece miglioramenti negli altri tre settori (industria manifatturiera, costruzioni, commercio al dettaglio).

La crisi ha provocato in Italia una strage in un solo anno di 26.000 imprese condotte da giovani under 35 anni in tutti i settori produttivi. E' quanto emerge da un'analisi Coldiretti-Swg.
Sono quasi 697.000 le imprese giovanili che hanno resistito alle difficoltà economiche, la maggioranza delle quali - sottolinea Coldiretti - opera nel commercio e nei servizi di alloggio e ristorazione (251.000), nel manifatturiero e nelle costruzioni (182.000) e nell'agricoltura (62.000).

L'agricoltura, si colloca sul podio delle attività di impresa preferite dai giovani e mostra anche - precisa la Coldiretti - un segnale incoraggiante di inversione di tendenza con un aumento del 4,3 nel numero di imprese individuali nel secondo trimestre del 2012.

Dall'indagine Coldiretti-Swg svolta su giovani agricoltori con meno di 30 anni di età emerge che il 36,5 per cento ha una scolarità alta (specializzato, laureato, laureando), il 56 per cento media (scuole superiori) e il 6,5 per cento bassa (scuole medie).

"In un momento in cui il mercato del lavoro è in crisi ed è venuta meno la stessa idea che l'industria possa dare a tutti un posto - sottolinea il delegato nazionale di Coldiretti Giovani Impresa, Vittorio Sangiorgio - l'agricoltura moderna e multifunzionale consente oggi ai giovani di avviare un'attività imprenditoriale nella quale esprimere le proprie idee e il proprio vissuto di esperienza e cultura".

"L'inversione di tendenza - afferma il presidente di Coldiretti Sergio Marini - e' la dimostrazione che il settore agricolo si e' rigenerato con una classe di giovani di imprenditori impegnata con successo nel capire e soddisfare i nuovi bisogni dei consumatori".

venerdì 21 settembre 2012

Mercato del lavoro e produttività: incontro Squinzi-Camusso

Giorgio Squinzi, il presidente di Confindustria e il leader Cgil  Susanna Camusso si sono incontrati nella foresteria dell'Associazione degli industriali. Tema del colloquio è stato la produttività. Nei giorni scorsi il governo aveva sollecitato le parti sociali a trovare un accordo in tempi brevi. Nel pomeriggio, era stato lo stesso Squinzi ad annunciare che i colloqui sull'argomento sono in corso e a dire: "Occorre stringere i tempi al massimo" e che l'intesa deve arrivare presto.

Squinzi ha confermato "tempi brevi" indicando il termine del 18 ottobre, quando "Monti deve andare in Europa". "Sto vedendo tutti i leader dei sindacati ed anche tutti i leader politici. Sul tavolo il tentativo di trovare in tempi stretti un'intesa tra le parti sociali sulla produttività, come chiesto con forza dal governo.

"Abbiamo iniziato ma non siamo ancora entrati nel vivo-vivo, ma ritengo ci siano gli spazi per poter arrivare ad una posizione comune, a posizioni che vadano nella direzione giusta". Squinzi sottolinea che "sicuramente è una cosa da fare in tempi brevi. Il 18 ottobre - dice - Monti deve andare in Europa a presentare il piano di quello che intende fare nei prossimi mesi". Ad una intesa tra imprese e sindacati sulla produttività, continua il presidente di Confindustria, "bisogna che ci arriviamo prima di quella data, almeno alcuni giorni prima".

Il 2013? A differenza di quanto detto da Monti, che ha parlato di "una ripresa" nel 2013, Squinzi ha affermato "L'anno prossimo non sarà l'anno della ripartenza, sarà ancora un anno di riflessione, e spero che la situazione non vada anche a peggiorare". Squinzi ha avvertito: "bisogna avere fiducia, bisogna mettercela tutta"."Purtroppo - dice il presidente di Confindustria - le previsioni sul Pil che il nostro Centro studi aveva indicato già da maggio-giugno, quelle di un calo del pil del 2,4%, sono state confermate. E non avevamo dubbi". Di fronte a queste prospettive anche di evoluzione della crisi, il leader degli industriali invita a reagire con fiducia. "Come dico io da ciclista non bisogna mai smettere di pedalare, bisogna andare avanti". Tra imprese e sindacati, ha detto Squinzi, ci sono "gli spazi per poter arrivare ad una posizione comune" sulla produttività.

Intanto, nel II trimestre dell'anno,al netto degli effetti di calendario,le ore lavorate per dipendente diminuiscono del 2,6% su base annua. Secondo l'Istat, nell'industria le ore lavorate mostrano un calo tendenziale del 3,2% (-3,4% nell' industria in senso stretto,-1,9% nel settore delle costruzioni); -1,8% nei servizi (la più marcata, nel commercio con un -2,5%). L'incidenza delle ore di cassa integrazione guadagni è pari a 37,9 ore ogni mille lavorate,con un +10,3 ore sul secondo trimestre 2011.

lunedì 3 settembre 2012

Produttività imprese, il modello tedesco dei contratti aziendali


A giugno 2012 l'occupazione nelle grandi imprese al lordo dei dipendenti in cassa integrazione guadagni (Cig) segna (in termini destagionalizzati) una diminuzione dello 0,2% rispetto a maggio.

Al netto dei dipendenti in Cig si registra una riduzione dello 0,6%. Lo ha comunicato l'Istat. Al netto degli effetti di calendario, il numero di ore lavorate per dipendente (al netto dei dipendenti in Cig) registra una diminuzione, rispetto a giugno 2011, dello 0,5%.

L'incidenza delle ore di cassa integrazione guadagni utilizzate è pari a 38,0 ore ogni mille ore lavorate, con un aumento rispetto a giugno 2011 di 8,9 ore ogni mille.

A giugno la retribuzione lorda per ora lavorata (dati destagionalizzati) registra un aumento dell'1% rispetto al mese precedente. In termini tendenziali l'indice grezzo aumenta dell'1,1%. Lo ha comunicato l'Istat. Rispetto a giugno 2011 la retribuzione lorda per dipendente (al netto dei dipendenti in Cig) cresce dell'1,9%; la medesima variazione si registra anche per il costo del lavoro. Considerando la sola componente continuativa la retribuzione lorda per dipendente aumenta, rispetto allo stesso mese dell'anno precedente, dell'1,9%.

Politiche mirate che favoriscano l'innovazione e la ricerca, che insieme alle semplificazioni sono «fattori strategici» per la competitività delle imprese. Anche utilizzando la leva fiscale. Ma soprattutto definendo regole certe e stabili nel tempo, che diano un'indicazione compiuta delle politiche economiche che il Governo intende perseguire anche sui temi della produttività.

Sono queste le priorità individuate da Confindustria che, in vista dell'incontro del 5 settembre con il premier Mario Monti sull'attuazione dell'Agenda della crescita, rilancia il pacchetto di proposte messe a punto con Abi, Ania, Alleanza delle Coop, Rete Imprese Italia e Confagricoltura.

Per Cgil, Cisl, Uil e Ugl servono interventi sui temi della crescita, dell'occupazione e di «un fisco più equo». Piuttosto scettica sulle reali intenzioni del Governo è Susanna Camusso, che sollecita «un grande piano del lavoro» e propone che i proventi dalla lotta all'evasione vengano utilizzati per rendere più pesanti le tredicesime. «Non abbiamo bisogno che sia il Governo a dire alle parti sociali cosa devono fare sulla produttività – afferma la leader della Cgil –. Ci piacerebbe dal Governo un cambio dell'agenda, riparta dal tema del fisco, dalla necessità di ridare risorse al lavoro e alle pensioni, facendo riavviare i consumi».

Mentre il numero uno della Cisl, Raffaele Bonanni, considera un primo successo la convocazione a Palazzo Chigi, avendo da tempo sollecitato l'avvio del tavolo in vista di un patto per la crescita. Per favorire la ripresa della produttività, secondo Bonanni vanno incentivati ulteriormente gli accordi aziendali, inoltre bisogna intervenire sul cuneo fiscale. Al Governo la Cisl propone di individuare i settori in cui tagliare, destinando le risorse alla riduzione delle tasse per lavoratori dipendenti, pensionati e imprese che investono.

Vediamo il modello tedesco  che consente al contratto aziendale di sostituire - in tutto o in parte - il contratto nazionale per meglio aderire alle specifiche condizioni produttive. La via del modello tedesco è quella della partecipazione dei lavoratori alle decisioni strategiche dell’impresa, un elemento qualificante che nei grandi gruppi è basato appunto sulla cogestione che in Germania garantisce ai dipendenti i poteri decisionali attraverso una rappresentanza in specifici organismi aziendali e una partecipazione  ai risultati economici e alla redistribuzione degli utili. In particolar modo si tratta di un diritto presente nella Costituzione italiana che all’art. 46 riconosce il diritto dei lavoratori a collaborare, nei modi e nei limiti stabiliti dalle leggi, alla gestione delle aziende.

domenica 2 settembre 2012

Emergenza lavoro: crolla il numero degli occupati


Nuovi allarmanti dati sull'occupazione giovanile.
Crolla il numero dei giovani occupati: nel secondo trimestre dell'anno gli under 35 sono diminuiti di quasi un milione e mezzo di unità (-1.457.000) rispetto allo stesso periodo del 2007, passando da 7 milioni 333 mila a 5 milioni 876 mila con un calo del 19,9%. Nell'ultimo anno la riduzione è stata di 230 mila unità. E' quanto emerge da un confronto dei dati Istat.

Tra aprile e giugno 2011 i giovani occupati superavano la soglia dei 6 milioni Tendenza opposta per gli occupati nella fascia d'età tra i 55 e i 64 anni che, dall'inizio della crisi, sono aumentati del 26% passando in 5 anni da 2 milioni 403 mila a 3 milioni 29 mila.

Quindi tra gli under 35 si contano quasi 1,4 milioni di disoccupati.  Nel dettaglio si tratta di 1 milione e 386 mila giovani in cerca di posto, ovvero oltre la metà del totale dei disoccupati (51,2%). La disoccupazione comunque avanza velocemente anche tra i più adulti, con 1 milione 320 mila senza lavoro tra gli over 34.

Insomma sin da quando è iniziata la crisi gli under 35 sono stati colpiti direttamente, con un vero e proprio crollo dei giovani che possono contare su un posto di lavoro. Una tendenza confermata anche nel secondo trimestre del 2012. Nel dettaglio, gli occupati più adulti (55-64 anni) sono saliti di 626 mila unità, passando da 2 milioni 403 mila del 2007 a 3 milioni 29 mila del 2012. Nel giro di un solo anno, dal secondo trimestre del 2011 allo stesso periodo del 2012, il rialzo è stato di 226 mila unità (+8%).

sabato 1 settembre 2012

Lavoro: dati ISTAT disoccupazione secondo trimestre 2012


Il tasso di disoccupazione nel secondo trimestre 2012 risulta pari al 10,5%, in crescita di 2,7 punti percentuali su base annua. Lo rileva l'Istat in base a dati grezzi. Si tratta del tasso più alto, in base a
confronti tendenziali, dal secondo trimestre del 1999.

L'Istat continua a fotografare il ristagno dell'economia con dati in peggioramento per quanto riguarda la disoccupazione. Il tasso di disoccupazione  rimasto stabile al 10,7% a luglio rispetto al mese precedente, il livello più alto dall'inizio della rilevazione delle serie storiche mensili (gennaio 2004).

Lo ha reso noto l'Istat rilevando che si tratta di un aumento di 2,5 punti percentuali rispetto ad un anno fa. In 12 mesi il numero delle persone alla ricerca di lavoro  aumentato di 695 mila unità a quota 2,76 milioni con un incremento del 33,6% rispetto a luglio 2011. Il numero degli occupati  pari a 23,025 milioni, invariato sia nel confronto con il mese precedente sia in termini tendenziali come invariato  il tasso di occupazione, pari al 57,1%. Gli inattivi tra 15 e 64 anni diminuiscono dello 0,2% rispetto al mese precedente. Il tasso di inattività è pari al 36%, in calo di 0,1 punti percentuali rispetto a giugno. Nel mese l'occupazione maschile segna una variazione negativa sia in termini congiunturali (-0,1%) sia su base annua (-1,3%). L'occupazione femminile aumenta rispetto a giugno dello 0,2% e dell'1,9% nei dodici mesi. Nel secondo trimestre del 2012, prosegue l'Istat, il numero dei disoccupati segna ''un ulteriore forte aumento'' su base tendenziale (+38,9%, pari a 758.000 unita'), portandosi a 2.705.000 unita'. Circa la meta' dell'aumento della disoccupazione  alimentato dalle persone con almeno 35 anni. Il tasso di disoccupazione del trimestre  pari al 10,5%, in crescita di 2,7 punti percentuali rispetto a un anno prima segnando il livello più' alto dallo stesso trimestre del 1999.

La disoccupazione nell'area euro rimasta stabile a luglio all'11,3% rispetto al dato rivisto di giugno (da 11,2%). Lo ha reso noto Eurostat. Il dato  uscito in linea con le previsioni degli analisti. Il numero dei disoccupati si  attestato a circa 18 milioni, due milioni in più rispetto allo stesso mese di un anno fa. In Germania la disoccupazione  rimasta invariata al 5,5%, in Francia  aumentata di 0,1 punti al 10,3% mentre in Spagna  stato toccato un nuovo record al 25,1%, 0,2 punti in più rispetto a giugno e 3,4 punti in più rispetto allo stesso mese di un anno fa. Drammatico il dato sui giovani spagnoli in cerca di lavoro, pari al 52,9%.

lunedì 13 agosto 2012

Laureati senza lavoro, è boom: +41%




L'Istat ha  evidenziato quanto si sia ristretto il campo delle opportunità nel lavoro più qualificato. In Italia, secondo l'istituto, nel primo trimestre del 2012 si è rilevato un vero e proprio boom di disoccupati laureati: sono 304 mila le persone con un titolo di laurea e post laurea in cerca di lavoro.

E' quanto emerge da dati Istat sul primo trimestre 2012. Si tratta del livello più alto almeno dal 2004, periodo fino al quale sono disponibili i dati. Su base annua il rialzo è del 41,4%. La maggior parte sono donne (185 mila).

Quindi tra i 2,8 milioni di disoccupati dei primi tre mesi dell'anno non mancano coloro che hanno studiato per anni e anni, anzi. Naturalmente il numero dei laureati è in crescita e ha raggiunto quasi i 6 milioni. Infatti sono in rialzo anche gli occupati con i massimi titoli di studio, pari a 4 milioni 187mila, ma il loro incremento annuo (+3,5%) è nettamente più esiguo rispetto all'allargamento della disoccupazione. Un'altra buona parte di laureati, fatta di 1 milione 444mila persone (+2,8% su base tendenziale), rientra nella zona grigia dell'inattività, coloro che né hanno né cercano un lavoro. Un fenomeno, ovviamente, su cui pesa anche lo scoraggiamento.

martedì 31 luglio 2012

Disoccupazione a giugno 2012, record storico

Il tasso di disoccupazione a giugno del 2012 é al 10,8%, in rialzo di 0,3 punti percentuali su maggio e di 2,7 punti su base annua. E' il tasso più alto da gennaio 2004 (inizio serie storiche mensili). E’ quanto ha rilevato l'Istat (dati destagionalizzati, stime provvisorie). Guardando le serie trimestrali è il più alto dal III trimestre 1999. Il numero dei disoccupati a giugno è di 2 milioni 792 mila. Lo rileva l'Istat (dati provvisori). Si tratta di un record storico, il livello più alto dall'inizio delle serie mensili (gennaio 2004) e delle trimestrali (quarto trimestre 1992).

L'Istat inoltre ha evidenziato che a giugno gli occupati sono 22 milioni 970 mila, in calo dello 0,1% rispetto a maggio (-29 mila unità). La diminuzione, aggiunge l'Istituto, riguarda in particolare le donne. A confronto con giugno 2011 il numero di occupati mostra invece una lieve crescita (+11 mila unità). Il tasso di occupazione è pari al 56,9%, in diminuzione nel confronto congiunturale di 0,1 punti percentuali e stabile in termini tendenziali.

Il numero disoccupati ha registrato un numero sempre più catastrofico ogni mese in rialzo su base annua del 37,5%, ovvero di 761 mila unità.  Il numero dei disoccupati, pari a 2 milioni 792 mila, cresce a giugno del 2,7% rispetto a maggio (73 mila unità) ai massimi storici.

Lo scenario globale è ulteriormente peggiorato. E in Italia la diminuzione del Pil proseguirà». Con la chiusura del secondo trimestre con tutti gli indici negativi si sono annullate «le probabilità di rilancio nella seconda metà dell'anno». È quanto si legge nella Congiuntura Flash del Centro Studi Confindustria. «C'é qualche timido segnale di rallentamento della flessione a partire dall'estate inoltrata», ha aggiungto il Csc.
Il tasso di disoccupazione giovanile (15-24 anni) è invece al 34,3%, in diminuzione di un punto percentuale su maggio. L'Istat ha aggiunto che tra i 15-24enni le persone in cerca di lavoro sono 608mila. I giovani disoccupati rappresentano il 10,1% della popolazione di questa fascia d'età.

A maggio i disoccupati in Italia rappresentavano il 10,1% della forza lavoro (8,2% nell'agosto 2011). A fronte di un'occupazione sostanzialmente stabile (+0,1% in nove mesi), sono sempre più numerose le persone, specie donne, che prima erano inattive e che ora cercano assiduamente un impiego per rimpinguare il bilancio familiare», ha sottolineato il centro studi dei Confindustria. «L'espansione della forza lavoro (+0,2% su aprile, +2,0% su agosto 2011) proseguirà anche nei prossimi mesi. Sono alti, infatti, sia i timori di peggioramento della situazione economica familiare sia la paura per l'andamento della disoccupazione (indice a 112 a luglio, +25 punti da dicembre). La fiducia dei consumatori resta così ai minimi storici (indice a 86,5)».

lunedì 2 luglio 2012

Disoccupazione giovanile l'allarme continua


Continua a crescere la disoccupazione giovanile nel 2012. Secondo i dati provvisori dell'Istat, a maggio, il tasso di disoccupazione dei 15-24enni ha toccato un record storico salendo al 36,2%. Si tratta del dato più alto sia dall'inizio delle serie storiche mensili (gennaio 2004) sia trimestrali (quarto trimestre 1992). E' disoccupato più di un giovane su tre di coloro che partecipano attivamente al mercato del lavoro.
I giovani tra i 15 e i 24 anni senza lavoro sono cresciuti a maggio di 0,9 punti percentuali, raggiungendo così il record del 36,2%: quasi 4 su 10 degli attivi. E' una percentuale storica, rispetto alle serie negative mensili iniziate nel 2004 e in confronto al 4°trimestre del 1992. Lo rileva l'Istat.
Il tasso di disoccupazione a maggio è al 10,1%, in lieve calo (-0,1 punti percentuali) a confronto con aprile, quando tocco' un massimo dall'inizio della serie storica mensile (2004). Mentre sale di 1,9 punti su base annua.

La disoccupazione giovanile quindi sale ancora, aumentando di 0,9 punti percentuali su aprile e così mettendo a segno un record storico (finora mai era stato registrato un tasso più alto). Ecco che a maggio oltre uno su tre dei giovani "attivi" è in cerca di un lavoro. Mentre se si rapporta il dato dei disoccupati tra i 15 e i 24 anni sul totale della popolazione nella stessa fascia d'età risulta in cerca di un impiego più di uno su dieci anni, il 10,5%.

A maggio gli occupati sono 23 milioni e 34 mila, in aumento dello 0,3% rispetto ad aprile, ovvero di 60 mila unità, con la crescita dell'occupazione che riguarda sia gli uomini sia le donne. Rispetto a maggio 2011 gli occupati crescono dello 0,4%, cioè di 98 mila unità. Lo rileva l'Istat (dati provvisori e destagionalizzati).

Il numero dei disoccupati a maggio, pari a 2 milioni e 584 mila, diminuisce dello 0,7% rispetto ad aprile, con un calo di 18 mila unità. La flessione riguarda sia gli uomini sia le donne. Invece su base annua si registra una crescita del 26%, ovvero di 534 mila unità. Lo rileva l'Istat (dati provvisori e destagionalizzati).

I dati provvisori forniti dall'Istat sulla disoccupazione giovanile a maggio rappresentano "una drammatica emergenza nazionale". Lo afferma il segretario confederale della Cgil, Serena Sorrentino. Per la sindacalista le cifre sulla disoccupazione degli under 25 sommate "alla quantità di lavoro precario", sono "una priorità da affrontare con un piano per il lavoro". Secondo Sorrentino serve quindi "un cambio urgente della rotta per quanto riguarda le scelte di politica economica".
Mentre nel  maggio 2012, nella Unione Europea a 27 c'erano 5,517 milioni di giovani sotto i 25 anni senza un lavoro (pari ad un tasso del 22,7%), di cui 3,412 milioni nella zona dell'euro (22,6%). Rispetto al maggio 2011, il numero dei giovani disoccupati è aumentato di 282 mila nella Ue-27 e di 245 mila nella zona euro. Nel maggio 2011, i tassi di disoccupazione erano rispettivamente del 21% e del 20,5%. Il record negativo spetta a Grecia (dato di marzo) e Spagna, entrambe con un picco del 52,1%.

Il tasso di disoccupazione all'11,1% in maggio nell'area dei 17 paesi della moneta unica è il più alto registrato dalla nascita dell'euro. Da mesi, è un susseguirsi di record negativi: in marzo, per la prima volta, il tasso dei senza lavoro aveva raggiunto la soglia dell'11%. Con maggio, è il tredicesimo mese consecutivo che viene passato il tetto del 10% nella zona dell'euro. E' record negativo anche nella Ue a 27 dove in maggio il tasso di disoccupazione ha raggiunto il 10,3% (10,2% in aprile).
Related Posts Plugin for WordPress, Blogger...
BlogItalia - La directory italiana dei blog