mercoledì 20 settembre 2017

Pensione anticipata lavori usuranti: come fare domanda



Si definiscono lavoratori impegnati in mansioni usuranti, i lavoratori che svolgono le seguenti attività:

"Lavori in galleria, cava o miniera”: mansioni svolte in sotterraneo con carattere di prevalenza e continuità;

“lavori nelle cave”, mansioni svolte dagli addetti alle cave di materiale di pietra e ornamentale;
“lavori nelle gallerie”, mansioni svolte dagli addetti al fronte di avanzamento con carattere di prevalenza e continuità;

“lavori in cassoni ad aria compressa”;

“lavori svolti dai palombari”;

“lavori ad alte temperature”: mansioni che espongono ad alte temperature, quando non sia possibile adottare misure di prevenzione, quali, a titolo esemplificativo, quelle degli addetti alle fonderie di seconda fusione, non comandata a distanza, dei refrattaristi, degli addetti ad operazioni di colata manuale;

“lavorazione del vetro cavo”: mansioni dei soffiatori nell’industria del vetro cavo eseguito a mano e a soffio;

“lavori espletati in spazi ristretti”, con carattere di prevalenza e continuità ed in particolare delle attività di costruzione, riparazione e manutenzione navale, le mansioni svolte continuamente all’interno di spazi ristetti, quali intercapedini, pozzetti, doppi fondi, di bordo o di grandi blocchi strutture;

“lavori di asportazione dell’amianto”: mansioni svolte con carattere di prevalenza e continuità.
lavoratori notturni che possano far valere una determinata permanenza nel lavoro notturno, con le seguenti modalità:

lavoratori a turni, che prestano la loro attività di notte per almeno 6 ore, comprendenti l’intervallo tra la mezzanotte e le cinque del mattino, per un numero minimo di giorni lavorativi annui non inferiore a 78 per coloro che perfezionano i requisiti per l’accesso anticipato nel periodo compreso tra il 1° luglio 2008 ed il 30 giugno 2009, e non inferiore a 64, per coloro che maturano i requisiti per l’accesso anticipato dal 1° luglio 2009;

lavoratori che prestano la loro attività per almeno 3 ore nell'intervallo tra la mezzanotte e le cinque del mattino, per periodi di lavoro di durata pari all'intero anno lavorativo.

Ad essi vengono associati ai fini del trattamento pensionistico, anche:

lavoratori addetti alla c.d. “linea catena”, ovvero i lavoratori alle dipendenze di imprese per le quali operano le voci di tariffa per l’assicurazione contro gli infortuni sul lavoro gestita dall’Inail, impegnati all'interno di un processo produttivo in serie, con ritmo determinato da misurazione di tempi, con esclusione degli addetti a lavorazioni collaterali a linee di produzione, alla manutenzione, al rifornimento materiali, ad attività di regolazione o controllo computerizzato delle linee;

conducenti di veicoli pesanti, di capienza complessiva non inferiore ai nove posti compreso il conducente, adibiti a servizi pubblici di trasporto.

I lavoratori impegnati in mansioni usuranti sono stati esclusi dalla possibilità di accedere all’anticipo pensionistico a carico dello Stato, l’APe Social, ma per loro la legge prevede comunque delle possibilità di accesso alla pensione con requisiti agevolati. Si tratta di lavoratori pubblici o privati che svolgono attività lavorative particolarmente faticose e pesanti, definite usuranti e indicate nel decreto legislativo 67/2011.

Tra i requisiti viene richiesta la cessazione del rapporto di lavoro dipendente e l’aver svolto l’attività usurante per almeno sette anni negli ultimi dieci anni di lavoro o per almeno metà della vita lavorativa complessiva.

Dal 2016 al 2026, i requisiti agevolati per accedere al trattamento pensionistico anticipato sono di avere almeno 35 anni di contributi e rientrare in una certa quota, pari alla somma tra età anagrafica e anzianità contributiva, differente a seconda della tipologia di lavoro usurante svolto:

per i lavoratori impegnati in mansioni particolarmente usuranti e notturni a turni occupati per un numero di giorni lavorativi pari o superiore a 78 all’anno o per lavoratori notturni che prestano attività per periodi di durata pari all’intero anno lavorativo:

dipendenti: quota 97,6con età minima di 61 anni e 7 mesi;

autonomi: quota 98,6 con età minima di 62 anni e 7 mesi;

per i lavoratori notturni a turni occupati per un numero di giorni lavorativi da 72 a 77 all’anno:
dipendenti: quota 98,6 con età minima di 62 anni e 7 mesi;

autonomi: quota 99,6 con età minima di 63 anni e 7 mesi;

per i lavoratori notturni a turni occupati per un numero di giorni lavorativi da 64 a 71 all’anno:

dipendenti: quota 99,6 con età minima di 63 anni e 7 mesi;

autonomi: quota 100,6 con età minima di 64 anni e 7 mesi.

Si tratta di requisiti validi fino al 2015, poiché ad essi non si applicano gli adeguamenti alla speranza di vita previsti per gli anni 2019, 2021, 2023 e 2025. In più per l’accesso alla pensione anticipata riservata ai lavori usuranti, dal 1° gennaio 2017, non si applicano le cosiddette “finestre mobili”, ovvero il differimento della decorrenza del trattamento pensionistico di 12 mesi, per i lavoratori dipendenti, o di 18 mesi, per i lavoratori autonomi, dal perfezionamento dei requisiti.

Domanda INPS

Per accedere al beneficio è necessario presentare apposita domanda – online sul portale INPS oppure presso la sede territorialmente competente, allegando la relativa documentazione – entro il 1º maggio dell’anno precedente a quello di maturazione dei requisiti agevolati qualora tali requisiti siano maturati a decorrere dal 1º gennaio 2018.

Per ottenere la pensione anticipata con i requisiti agevolati, è necessario che venga riconosciuto il beneficio per lavoratori addetti ad attività lavorative particolarmente faticose e pesanti.

Ricordiamo poi che la Legge di Stabilità 2017 ha previsto per i lavoratori che hanno svolto lavori usuranti e che rientrano tra i cosiddetti “precoci”, ovvero con almeno un anno di contributi entro il 19esimo anno di età, la possibilità di accedere alla pensione anticipata con la quota 41, ovvero con dopo aver raggiunto i 41 anni di contributi versati, purché abbiano svolto le mansioni usuranti per almeno sette anni negli ultimi dieci anni, oppure per la metà della vita lavorativa.

Tale misura è stata prevista in via permanente (e non sperimentale per gli anni 2017-2018 come l’APe Social) e la domanda di accesso alla pensione anticipata precoci con quota 41 va presentata entro il 1° marzo per via telematica, direttamente o rivolgendosi a un patronato.



giovedì 14 settembre 2017

Infortunio sul lavoro in itinere: il risarcimento



L’infortunio sul lavoro è un incidente che avviene in occasione dell’attività lavorativa che va ben oltre il concetto di durante l’orario di lavoro o sul posto di lavoro, in quanto in esso vengono ricomprese tutte quelle situazioni anche ambientali, nelle quali il lavoratore può essere a rischio di incidenti e quindi di infortunio.

L’infortunio in itinere è quello che subisce il lavoratore nel tragitto che deve percorrere necessariamente per recarsi sul luogo del lavoro e viene ricompreso nella copertura assicurativa fornita dall'assicurazione obbligatoria contro gli infortuni, gestita dall’INAIL. In particolare l’assicurazione comprende gli infortuni occorsi alle persone assicurate durante il normale percorso di andata e ritorno dal luogo di abitazione a quello di lavoro, durante il tragitto che collega due luoghi di lavoro o, se non esiste mensa aziendale, nel percorso di andata e ritorno a quello di consumazione abituale dei pasti.

In via del tutto esemplificativa, per normale percorso deve intendersi quello più breve e diretto rispetto alla propria sede lavorativa nonché quello perimetrato entro un ragionevole arco temporale. La tutela risarcitoria prevista per tale tipologia di danno, potrà comunque essere invocata dal lavoratore qualora si verifichino circostanze atte oggettivamente ad impedire a quest'ultimo di seguire il normale tragitto e che lo costringano ad un percorso alternativo. Basti pensare al riguardo alle ipotesi di interruzione o deviazione di percorso effettuate su ordine del datore di lavoro o dovute a forza maggiore.

Chiarificatore sul punto è stato inoltre l'intervento della Cassazione, la quale ha in più occasioni sancito la possibilità di utilizzo del mezzo di trasporto privato:

a) In totale assenza di mezzi pubblici;

b) In presenza mezzi pubblici che non consentano il puntuale raggiungimento del luogo di lavoro;

c) In caso di eccessivo disagio procurato dallo stato in cui versano i mezzi pubblici presenti sulla zona interessata.

L’INAIL ha definito la qualificazione degli infortuni in itinere ovvero in attualità di lavoro, nello specifico riguardo gli eventi lesivi occorsi a lavoratori in missione e/o in trasferta. Sono meritevoli di tutela e quindi rimborsate le ipotesi occorse nell’arco temporale che va dal momento dell’inizio della missione e/o trasferta fino al rientro presso l’abitazione. Sussiste occasione di lavoro e quindi infortunio in itinere per gli eventi occorsi al lavoratore durante il tragitto dall’abitazione al luogo in cui deve essere svolta la prestazione lavorativa e viceversa, nonché durante il tragitto dall’albergo del luogo in cui la missione e/o trasferta deve essere svolta al luogo in cui deve essere prestata l’attività lavorativa.

Quindi tre elementi che lo caratterizzano:

la lesione

la causa violenta

l’occasione di lavoro.

Niente risarcimento per l’infortunio in itinere subito dal lavoratore che per recarsi a lavoro ha usato la propria automobile, se non era necessaria considerata la brevità del tragitto casa-lavoro, da poter percorrere anche a piedi. Questo il principio di diritto espresso dalla Corte di Cassazione.

L’assicurazione non copre l’evento lesivo se il lavoratore effettua delle interruzioni del tragitto casa-lavoro o delle deviazioni che non sono necessarie (a meno che non siano dovute a cause di forza maggiore, ad esigenze essenziali e improrogabili o all’adempimento di obblighi penalmente rilevanti).

L’assicurazione INAIL opera anche nel caso di infortunio in itinere che avviene utilizzando il mezzo di trasporto privato, purché sia necessario. La Cassazione ha rigettato il ricorso contro l’INAIL presentato da un metalmeccanico infortunatosi in macchina, poco prima dell’orario di inizio dell’attività lavorativa, nel tragitto casa-lavoro, nonostante abitasse a meno di un chilometro dallo stabilimento.

Secondo i giudici, infatti, non è possibile concedere il risarcimento al lavoratore per l’infortunio in itinere se l’uso della propria auto non era indispensabile, considerando anche che il modo normale e più sicuro per spostarsi è l’uso dei mezzi pubblici e, laddove possibile, anche delle proprie gambe.

«Deve rilevarsi che, secondo il consolidato e condiviso orientamento interpretativo di questa Corte, ai sensi del D.P.R. n. 1124 del 1965, art. 2 (applicabile nella fattispecie ratione temporis) l’indennizzabilità dell’infortunio in itinere, subito dal lavoratore nel percorrere, con mezzo proprio, la distanza fra la sua abitazione e il luogo di lavoro, postula:

la sussistenza di un nesso eziologico tra il percorso seguito e l’evento, nel senso che tale percorso costituisca per l’infortunato quello normale per recarsi al lavoro e per tornare alla propria abitazione;

la sussistenza di un nesso almeno occasionale tra itinerario seguito ed attività lavorativa, nel senso che il primo non sia dal lavoratore percorso per ragioni personali o in orari non collegabili alla seconda;

la necessità dell’uso del veicolo privato, adoperato dal lavoratore, per il collegamento tra abitazione e luogo di lavoro, considerati i suoi orari di lavoro e quelli dei pubblici servizi di trasporto.»

Infine il recente sviluppo giurisprudenziale, allargando le maglie delle fattispecie analizzata, ha ricompreso nell'infortunio in itinere sia l'ipotesi di lesioni conseguenti ad una rapina subita dal lavoratore durante il percorso casa-lavoro, sia i casi di infortunio avvenuti durante il cammino a piedi o addirittura durante il trasporto su mezzi pubblici ovvero incidenti che si verificano in occasione di anomale interruzioni e/o deviazioni del nomale tragitto casa-lavoro.

Chi paga le spese visite mediche?

Il lavoratore assente dal lavoro per infortunio causata da incidente, è tutelato dall’INAIL anche per la copertura di esami diagnostici e le terapie riabilitative, in quanto le spese mediche sono completamente pagate dall'istituto, se preventivamente prescritte o autorizzate dall’INAIL. Per il lavoratore, inoltre, per tutta la durata dell’erogazione dell’indennità INAIL per infortunio o malattia professionale INAIL 2015, se di durata temporanea, è prevista l’esenzione ticket sanitario per esami e analisi prescritti dall’INAIL o dal medico curante.

Successivamente, per i casi in cui al lavoratore viene riconosciuta l’inabilità permanente o danno biologico, ha il diritto all'esenzione ticket parziale riferita alla patologia specifica, da richiedere alla ASL competente, producendo la documentazione INAIL che attesti i postumi riconosciuti.


giovedì 7 settembre 2017

Buoni Pasto le novità del 2017



E' stato pubblicato nella GU n. 186 del 10 agosto 2017 il Decreto del Ministero dello Sviluppo Economico n. 122 del 7 giugno 2017  "Regolamento recante disposizioni in materia di servizi sostitutivi di mensa,  in  attuazione  dell'articolo  144,  comma  5,  del decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50".

Entrerà in vigore il 9 settembre 2017.

Dalla data di entrata in vigore il buono pasto si potrà spendere anche negli agriturismi, negli ittiturismi, nei mercatini e negli spacci aziendali. Il suo valore è comprensivo dell'Iva prevista per le somministrazioni al pubblico di alimenti e bevande. Il lavoratore a favore del quale è stato emesso il buono non potrà naturalmente cederlo a terzi, anche se si tratta di familiari o parenti e potrà acquistarvi alimentari e bevande e non beni differenti da quelli commestibili.

I buoni sono utilizzati esclusivamente dai prestatori di lavoro subordinato, a tempo pieno o parziale, anche qualora l'orario di lavoro non prevede una pausa per il pasto, nonché dai soggetti che hanno instaurato con il cliente un rapporto di collaborazione anche non subordinato.

Per essere valido, il buono pasto in forma cartacea deve contenere le seguenti informazioni:

codice fiscale - o ragione sociale - del datore di lavoro;

ragione sociale e il codice fiscale della società di emissione;

valore facciale;

termine temporale di utilizzo;

spazio da compilare indicando la data di utilizzo, la firma del titolare, e il timbro dell’esercizio dove questo viene utilizzato.

Nei buoni pasto in forma elettronica queste informazioni sono “associate elettronicamente ai medesimi in fase di memorizzazione sul relativo carnet elettronico”. Non c’è alcun obbligo di firma, poiché questo è sostituito dall’associazione dei dati del buono pasto ad un numero - o codice - identificativo riconducibile al titolare stesso.

Si ricorda che a far data dal 1° luglio 2015 «Non concorrono a formare reddito (..) le somministrazioni di vitto da parte del datore di lavoro, nonché quelle in mense organizzate direttamente da datore di lavoro o gestite da terzi, o, fino all'importo complessivo giornaliero di euro 5,29, aumentato a euro 7 nel caso in cui le stesse siano rese in forma elettronica, le prestazioni e le indennità sostitutive corrisposte agli addetti ai cantieri edili, ad altre strutture lavorative a carattere temporaneo o ad unità produttive ubicate in zone dove manchino strutture o servizi di ristorazione».

Il regolamento individua gli esercizi presso i quali può essere erogato il servizio sostitutivo di mensa reso a mezzo dei buoni pasto, le caratteristiche dei buoni pasto e il contenuto degli accordi stipulati tra le società di emissione di buoni pasto e i titolari degli esercizi convenzionabili, al fine di garantire la libera ed effettiva concorrenza nel settore, l'equilibrato svolgimento dei rapporti tra i diversi operatori economici, ed un efficiente servizio ai consumatori.

Si accettano buoni pasto fino a un massimo di otto. Per la prima volta sarà consentito l'uso cumulativo dei tagliandi, seppure non oltre il limite di otto buoni.

La novità non è di poco conto perché dovrebbe sgombrare il campo da una serie di dubbi sulla possibilità di fruire dei benefici fiscali a seguito dell'utilizzo di più ticket in contemporanea, ad esempio per fare la spesa al supermercato.

Non solo, ma potrebbe anche contribuire a far decollare il mercato dei ticket in formato elettronico, penalizzato forse dalla combinazione dell'immediata tracciabilità degli stessi (e facile accertabilità degli abusi) con le incertezze interpretative.

Andiamo con ordine. Il decreto dello Sviluppo economico del 7 giugno 2017, n. 122, disciplina i servizi sostitutivi di mensa di cui al decreto legislativo 50/2016, il Codice dei contratti di appalto pubblici.

Pur essendo un provvedimento di esecuzione e attuazione del Codice dei contratti pubblici in realtà ha una portata piuttosto ampia, tanto è vero che individua «gli esercizi presso i quali può essere erogato il servizio sostitutivo di mensa reso a mezzo dei buoni pasto, le caratteristiche dei buoni pasto e il contenuto degli accordi stipulati tra le società di emissione di buoni pasto e i titolari degli esercizi convenzionabili».

Il provvedimento è rilevante anche per le imprese private interessate da tali servizi. Rispetto all'articolo 285 del Dpr 207/2010, che disciplinava la medesima materia, è previsto un ampliamento degli esercizi convenzionati presso i quali si può usufruire del servizio di mensa e vengono introdotte dettagliate previsioni sul contenuto degli accordi tra società emittenti ed esercizi convenzionati.

In relazione agli esercenti che possono erogare il servizio sostitutivo di mensa, oltre alla vendita al dettaglio di generi alimentari e quelle per il consumo sul posto dei prodotti provenienti dai fondi di imprenditori agricoli e coltivatori, sono previsti anche gli agriturismi e gli ittiturismo.

Con riferimento ai termini di pagamento nei confronti degli esercizi convenzionati, la società emittente è tenuta a rispettare le disposizioni del decreto legislativo 231/2002, come modificato dal decreto legislativo 192/2012. Inoltre l'accordo deve contenere l'indicazione dello sconto incondizionato riconosciuto alla società emittente dai titolari degli esercizi convenzionati.

Dal punto di vista fiscale, la legge prevede che nessuna tassazione né contribuzione previdenziale è dovuta relativamente ai buoni pasto cartacei corrisposti ai lavoratori, fino a 5,29 euro al giorno, o in alternativa, fino a 7 euro per i ticket in formato elettronico (in quest'ultimo caso, con decorrenza 1°luglio 2015). Se si considera il numero degli otto buoni, il limite complessivo dovrebbe essere 42,32 euro nel caso di buoni cartacei e 56 euro nel caso dei ticket elettronici.

Finora, la non cumulabilità dei ticket poneva il sostituto di imposta nella scomoda situazione di dover decidere se l'utilizzo multiplo dei ticket non consentito dalla legge avesse ricadute anche fiscali. Ossia, se si dovessero applicare le ritenute fiscali e previdenziali sui valori eccedenti i 5,29 o i 7 euro giornalieri conseguenti l'utilizzo in contemporanea di più buoni.

Con il decreto 122/2017 la questione si semplifica, in quanto i limiti all'esenzione di 5,29 o 7 euro al giorno, dovrebbero essere relativi alla corretta erogazione dei ticket, giacché ne è consentito l'uso cumulativo fino a otto buoni. Perciò, il datore di lavoro dovrebbe innanzi tutto concentrarsi sulla corretta distribuzione dei tagliandi, più che sul loro corretto utilizzo.

A tal proposito, i ticket devono essere corrisposti alla totalità o a gruppi omogenei di lavoratori; i beneficiari possono essere dipendenti sia a tempo pieno che parziale e anche collaboratori; come base di calcolo, infine, i ticket agevolati vanno commisurati al numero di giorni in cui il lavoratore effettua la propria prestazione lavorativa.

I buoni pasto emessi in forma cartacea dovranno riportare – oltre al codice fiscale o alla ragione sociale del datore di lavoro, alla ragione sociale e il codice fiscale della società di emissione, al valore facciale espresso in valuta corrente, al termine ultimo di utilizzo e ad uno spazio destinato all’apposizione della data di utilizzo, della firma del titolare e del timbro dell’esercizio convenzionato ove il buono viene utilizzato – anche la seguente dicitura: «il buono pasto non è cedibile, né cumulabile oltre il limite di otto buoni, né commercializzabile o convertibile in denaro; può essere utilizzato solo se datato e sottoscritto dal titolare».

Le medesime indicazioni saranno riportate anche sui buoni pasto emessi in forma elettronica attraverso un’associazione elettronica sul relativo carnet elettronico ed il titolare del buono apporrà la firma in via digitale al momento dell'utilizzo.



lunedì 4 settembre 2017

Visite mediche di controllo, servizio INPS: come funziona il Polo Unico



La visita fiscale è un accertamento medico previsto dallo Statuto dei Lavoratori, e predisposto dall'INPS o dal datore di lavoro per verificare l’effettivo stato di malattia del dipendente assente per motivi di salute. La visita fiscale, infatti, non si limita a un mero controllo della presenza al proprio domicilio del lavoratore in malattia, bensì consiste in una vera e propria verifica della sussistenza degli impedimenti fisici al lavoro.

Il lavoratore che intende usufruire dell’astensione dal lavoro per malattia deve avvisare tempestivamente il proprio datore e il medico di famiglia e deve sottoporsi, preferibilmente sin dal primo giorno di malattia, ad un accertamento sanitario da parte del proprio medico curante, che produce un’apposita certificazione.

Attivo dal primo settembre il Polo unico per le visite mediche di controllo (VMC) da parte dell’INPS ai lavoratori in malattia. A disposizione dei datori di lavoro anche privati, è inoltre disponibile il nuovo servizio online per la richiesta di visita medica di controllo.

Entrano dunque in vigore le disposizioni del decreto legislativo 75/2017, su cui è intervenuto il messaggio INPS 3265 del 9 agosto 2017, che fornisce il dettaglio delle PA interessate dalla Riforma. Per il momento le nuove norme riguardano i dipendenti della pubblica amministrazione, per i quali l’INPS può anche disporre visite d’ufficio.

Per consentire il controllo dello stato di malattia, il lavoratore ha l’obbligo di essere reperibile presso l’indirizzo abituale o il domicilio occasionale comunicato al datore di lavoro:

tutti i giorni durante la durata della malattia comprese le domeniche ed i giorni festivi nelle seguenti fasce orarie giornaliere:

1) lavoratori statali e personale enti locali
mattina: dalle ore 9 alle 13
pomeriggio: dalle ore 17 alle 18.

2) Lavoratori settore privato
mattina: dalle ore 10 alle 12

Se il dipendente pubblico in malattia si assenta durante questo orario, deve darne comunicazione al datore di lavoro.

La creazione del Polo Unico comporta una serie di novità relative al funzionamento del sistema, grazie al nuovo applicativo informatico “SAVIO” che consente, ad esempio, di elaborare serie statistiche in base alle quali vengono selezionati in modo mirato i lavoratori a cui inviare la visita fiscale. Potrà anche succedere, per stanare i cosiddetti “furbetti del cartellino“, che allo stesso lavoratore vengano inviate due visite nello stesso giorno.

Ne guadagna anche la tempestività delle visite: il medico riceve quotidianamente, sul pc o sul tablet, l’elenco delle visite da effettuare, specificando quali sono quelle richieste dal datore di lavoro e quali, invece, vengono effettuate d’ufficio. Anche il medico viene selezionato con criteri precisi, in base alla disponibilità e alla distanza dal paziente. In vista c’è un decreto ministeriale che conterrà le regole generali per le convenzione fra INPS e medici generali.

Presentando il Polo unico per le Visite Mediche di Controllo (VMC), l’INPS ha pubblicato una serie di dati relativi all’andamento delle assenze per malattia dei dipendenti del privato e del pubblico. Questi ultimi si assentano mediamente il doppio, con percentuali particolarmente significative nel Sud e nelle Isole. Nel privato la malattia del dipendente dura in media cinque giorni, nel settore pubblico si arriva a 11 giorni. Nel Sud e nelle isole (sempre con riferimento al settore pubblico), si arriva a 12 o 13 giorni.

E’ interessante notare come questo squilibrio territoriale non riguarda il settore privato, dove i giorni di malattia per dipendente sono omogenei sull’intero territorio nazionale. Un segnale del fatto che il fenomeno dei furbetti del cartellino riguardano in particolare la pubblica amministrazione.

Servizio INPS online
Il servizio online VMC, per la richiesta delle visite mediche di controllo domiciliare e/o ambulatoriale, è dunque rivolto ai datori di lavoro pubblici e privati. Il servizio “Richiesta Visite Mediche di Controllo (Polo unico VMC)” è attivo sul portale INPS, nella sezione Prestazioni e Servizi.

A partire dal 1° settembre 2017 sono entrate in vigore importanti novità sia per i dipendenti pubblici che per quelli di aziende private, con controlli che potranno essere ripetuti anche due volte nello stesso giorno soprattutto in caso di malattia in giorni sospetti, come di lunedì o venerdì o a ridosso di giorni festivi.

Per i dipendenti pubblici, con l’entrata in vigore della riforma Madia le nuove regole sui controlli in caso di malattia prevedono che la competenza sulle visite fiscali trasferita dalle Asl al Polo Unico Inps, con l’obiettivo di ridurre assenteismo e false malattie.

I controlli potranno farsi più frequenti e verranno avviate anche d’ufficio dall’Inps senza la richiesta del datore di lavoro. I medici di famiglia che dovranno controllare il rispetto degli orari di reperibilità ed accertare l’effettiva malattia dei dipendenti pubblici e privati verranno retribuiti, in parte, con quota percentuale in base alle visite fiscali effettuate.

Ricordiamo che ci sono anche casi in cui è prevista l’esenzione dalla visita fiscale e nell’articolo troverete tutte le informazioni relative a dipendenti pubblici e privati che, in caso di malattia, sono esonerati dai controlli del medico Inps e, di conseguenza, non devono rimanere a casa negli orari delle visite fiscali. Con la circolare Inps n. 95/2016 sono state stabilite proprio le condizioni per richiedere le esenzioni dai controlli del medico della mutua.

Quindi in conclusione visite mirate, anche due ripetute nello stesso giorno allo stesso lavoratore. Un software elaborerà i certificati medici telematici e sceglierà gli eventi che hanno la probabilità più alta — statisticamente parlando — di ridurre i giorni di prognosi del lavoratore.

Se ad esempio un lavoratore si ammala frequentemente a ridosso del weekend o il lunedì, allora il caso sospetto finisce sotto la lente d’ingrandimento dell’Inps che guarderà anche alle storie personali di chi non si sente bene e resta a casa.


domenica 3 settembre 2017

Indennità di malattia, calcolo e importi




Com’è disciplinata la malattia e le differenti tutele in caso di contratto a tempo determinato e indeterminato.

Il lavoratore che intende usufruire dell’astensione dal lavoro per malattia deve avvisare tempestivamente il proprio datore e il medico di famiglia e deve sottoporsi, preferibilmente sin dal primo giorno di malattia, ad un accertamento sanitario da parte del proprio medico curante, che produce un’apposita certificazione. La disciplina cambia caso a seconda che l’assenza per malattia sia di durata pari o inferiore a 10 giorni, oppure sia superiore a 10 giorni:

– per le assenze da malattia pari o inferiori a 10 giorni, nonché per le assenze fino al secondo evento nel corso dell’anno solare, il lavoratore può rivolgersi anche al medico curante non appartenente al SSN (o con esso convenzionato);

– se invece l’assenza supera i 10 giorni o nei casi di eventi di malattia successivi al secondo nel corso dell’anno, la certificazione deve essere rilasciata esclusivamente dal medico del SSN (o con esso convenzionato).


Sia i lavoratori a termine che i lavoratori a tempo indeterminato, hanno diritto all’indennità di malattia a carico dell’Inps, ma con alcune differenze.

Malattia e tempo determinato
Il contratto a tempo determinato, infatti, prevede alcune tutele per il lavoratore tra le quali l’indennità di malattia a carico dell’INPS, che però segue regole diverse rispetto al contratto a tempo indeterminato.

In particolare, l’indennità di malattia è proporzionata ai periodi lavorati e non è più dovuta, né dall’INPS né dal datore di lavoro, una volta scaduto il termine del contratto, che non può essere spostato alla fine della malattia, a meno di diverso accordo delle parti. In più l’indennità di malattia può essere corrisposta ai lavoratori a termine:

per un periodo non superiore alla durata dell’attività lavorativa prestata nei 12 mesi precedenti alla malattia, comunque fino ad un massimo di 180 giorni nell’anno solare;

per un periodo non inferiore a 30 giorni, se il lavoratore, nei 12 mesi precedenti alla malattia, ha lavorato per meno di un mese;

Il periodo di comporto, durante il quale il dipendente ha diritto alla conservazione del posto di lavoro, nel contratto a tempo determinato non può andare oltre la durata del contratto, né superare il comporto previsto dal contratto collettivo applicato per i dipendenti a tempo indeterminato.

Il termine periodo di comporto sta ad indicare la somma di tutte le assenze per malattia avvenute in un determinato arco temporale. La normativa prevede che durante tale periodo di comporto (malattia) viene conservato il posto di lavoro. Allorquando si supera il periodo di comporto, si può procedere al licenziamento del dipendente.


In caso di lavoratori a termine impiegati nel settore dell’agricoltura, l’indennità di malattia spetta per tutti i giorni di durata della malattia, purché il lavoratore possa far valere almeno 51 giornate di lavoro in agricoltura nell’anno precedente (anche se a tempo indeterminato), o nell’anno in corso e prima dell’inizio della malattia. In ogni caso il periodo indennizzabile non può essere superiore al numero di giorni di iscrizione negli elenchi dei lavoratori agricoli e non può superare i 180 giorni nell’anno solare.

Calcolo indennità
L’ammontare dell’indennità si calcola con le stesse modalità per entrambe le tipologie di lavoratori, secondo quanto stabilito dal contratto collettivo applicato: si moltiplica la retribuzione media giornaliera (calcolata in modo differente per operai e impiegati) per la percentuale pagata dall’INPS e per il numero di giornate.

I contratti collettivi quasi sempre prevedono un’integrazione a carico del datore in modo da raggiungere il 100% della retribuzione del lavoratore. L’indennità relativa ai primi tre giorni di malattia è normalmente a carico del datore di lavoro.

Durante il periodo di malattia il lavoratore avrà diritto alle normali scadenze dei periodi di paga:

ad una indennità pari al cinquanta per cento della retribuzione giornaliera per i giorni di malattia dal quarto al ventesimo e pari a due terzi della retribuzione stessa per i giorni di malattia dal ventunesimo in poi, posta a carico dell’INPS, secondo le modalità stabilite, e anticipata dal datore di lavoro.

L’importo anticipato dal datore di lavoro è posto a conguaglio con i contributi dovuti all’INPS;

ad una integrazione dell’indennità a carico dell’INPS da corrispondersi dal datore di lavoro, a suo carico, in modo da raggiungere complessivamente le seguenti misure:

100% (cento per cento) per primi tre giorni (periodo di carenza)

75% (settantacinque per cento) per i giorni dal 4° al 20

100% (cento per cento) per i giorni dal 21° in poi della retribuzione giornaliera netta cui il lavoratore avrebbe avuto diritto in caso di normale svolgimento del rapporto.





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