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sabato 17 marzo 2018

Contratti di lavoro si cambia



E' stato firmato il testo definitivo della riforma del modello contrattuale. Dopo anni di tentativi Confindustria, Cgil, Cisl e Uil hanno finalmente chiuso una partita che si protraeva da tempo e che - oltre a definire un modello con cui disciplinare il contratto nazionale (su due livelli di contrattazione e livelli salariali autonomi) - definisce anche nuove regole sulla rappresentanza sindacale e, per la prima volta, anche quella delle imprese.

Una firma, inoltre, che riporta in primo piano il ruolo di regolatore che Confindustria e sindacati giocano nella vita economica del Paese dopo una lunga stagione che ne aveva messo in discussione le competenze ed allontana eventuali interventi di legge con cui scavalcare le parti sociali, come quel salario minimo per legge a cui ha pensato negli ultimi mesi la politica.

Viene individuato un trattamento economico complessivo (Tec), costituito dal trattamento economico minimo (Tem, i minimi tabellari) e da tutte quelle voci (dagli scatti di anzianità, all’Edr, all’elemento perequativo, al welfare sanitario o previdenziale) che il Ccnl considera comuni a tutti i lavoratori del settore. In sostanza le differenti esperienze negoziali delle categorie vengono sistematizzate dal documento conclusivo delle parti sociali. Alla luce di queste esperienze, il menù a disposizione delle parti nella negoziazione si è arricchito. Il contratto nazionale non si limita più a indicare i minimi tabellari ma ricomprende ormai altre voci: tra queste, il welfare entra a pieno titolo nel trattamento economico complessivo. Il contratto nazionale individuerà, dunque, i minimi tabellari per la vigenza contrattuale e la variazione avverrà, secondo le regole dei singoli Ccnl, in base agli scostamenti registrati dall’Ipca, l’indice dei prezzi al consumo armonizzato per i Paesi Ue (depurato dei prezzi dei beni energetici importati), calcolato dall’Istat.

In busta paga, inoltre, entreranno anche eventuali forme di welfare: il trattamento economico complessivo, infatti, sarà costituito dal salario minimo e da tutti i trattamenti economici, dunque compreso il welfare, che il contratto collettivo nazionale di categoria qualifica come "comuni a tutti i lavoratori del settore". Per quanto riguarda la contrattazione aziendale, il secondo livello, invece, l'accordo punta ad incentivarne uno "sviluppo virtuoso", sia quantitativo che qualitativo. E tornando alle norme sulla rappresentanza e all'obiettivo anti dumping che si pongono le parti sociali sembrano non voler escludere un intervento di legge che rafforzi lo scopo anti pirateria. "Le intese in materia di rappresentanza possono costituire, attraverso il loro recepimento, il presupposto per l'eventuale definizione di un quadro normativo in materia", si legge infatti nel documento.

Un modello contrattuale che spinge alla crescita della produttività aziendale e, con essa, dei salari dei lavoratori. Il documento conclusivo di Confindustria e Cgil, Cisl e Uil, confermando gli attuali due livelli contrattuali (nazionale e aziendale o, in alternativa, territoriale) valorizza il ruolo del contratto nazionale e della contrattazione decentrata: il primo come fonte di regolazione dei rapporti di lavoro e garante dei trattamenti economici e normativi comuni ai lavoratori del settore, sull’intero territorio nazionale; la seconda, come luogo in cui si realizza l’incontro virtuoso tra salario e produttività.

Le parti riconoscono un ruolo importante alla contrattazione collettiva che può creare le condizioni per «migliorare il valore reale» delle retribuzioni e, nel contempo, «favorire la crescita del valore aggiunto e dei risultati aziendali», valorizzando le «competenze tecniche e organizzative dei lavoratori» contro il rischio di un appiattimento nelle politiche salariali.

Si tratta, appunto, di un modello che lascia alle categorie la decisione se distribuire gli aumenti ex post (come fanno i meccanici) o ex ante (come i chimici). Sempre in tema di autonomia e responsabilità delle parti, attraverso la contrattazione si potrà valorizzare nei diversi settori la partecipazione organizzativa, per contribuire alla competitività delle imprese e valorizzare il lavoro.




mercoledì 14 dicembre 2016

Lavoro: referendum sul Jobs Act



La Consulta esaminerà l'ammissibilità del referendum l'11 gennaio. Il referendum sono stati proposti dalla Cgil, che ha raccolto oltre 3 milioni di firme a sostegno l'ammissibilità delle richieste relative a tre referendum abrogativi tutte concernenti disposizioni in materia di lavoro, comprese misure presenti nel Jobs Act. Le richieste sono già state dichiarate conformi a legge dall'Ufficio centrale per il referendum presso la Cassazione, con ordinanza depositata il 9 dicembre 2016.

I referendum sono stati proposti dalla Cgil, che ha raccolto oltre 3 milioni di firme a sostegno. L'obiettivo è quello di cancellare le norme del Jobs Act che hanno modificato l'articolo 18 dello Statuto dei lavoratori e quindi la possibilità di licenziamento; di abrogare le disposizioni che limitano la responsabilità in solido di appaltatore e appaltante, in caso di violazioni nei confronti del lavoratore; e di eliminare i cosiddetti voucher, ossia i buoni lavoro per il pagamento delle prestazioni accessorie.

L’Ufficio centrale per il referendum della Cassazione ha già dato il via libera. Ora spetta alla Corte Costituzionale pronunciarsi e nessuno dubita sull’ok della Consulta. Da quel momento il governo dovrà fissare una data per il referendum tra il 15 aprile e il 15 giugno. Tranne se in quel lasso di tempo non venissero indette elezioni anticipate: in quel caso la consultazione referendaria verrebbe rinviata di un anno. Ma il governo Gentiloni non ha una scadenza e non è prevedibile cosa accadrà nei prossimi mesi, allora a Palazzo Chigi è scattato l’allarme rosso. Le richieste di referendum, già vagliate dall'Ufficio centrale della Cassazione, riguardano le disposizioni in materia di licenziamenti illegittimi e quelle inerenti il lavoro accessorio contenute nel Jobs Act, nonchè la norma, contenuta nel decreto per l'attuazione delle deleghe in materia di occupazione e mercato del lavoro, riguardanti la responsabilità solidale in materia di appalti.

La bocciatura del Jobs Act, che decretò la storica abolizione dell’articolo 18, sconfesserebbe il triennio renziano a palazzo Chigi, azzopperebbe le possibilità di «rivincita» dell’ex premier e comprometterebbe la corsa del Pd e dei suoi alleati alle successive elezioni, spianando la strada delle forze antisistema verso la vittoria. Certo, la Consulta deve ancora pronunciarsi. Certo, il governo proverà a correggere parti della legge per tentare di far saltare il referendum. Certo, stavolta la consultazione per essere valida avrebbe bisogno di superare il quorum.
Ma a parte l’incognita della Corte, a parte l’impossibilità per l’esecutivo di reintrodurre l’articolo 18, a parte il nodo dell’affluenza alle urne, nella maggioranza si scorge il rischio.

Primo quesito (reintroduzione della reintegra in caso di licenziamento senza giusta causa e sua estensione alle imprese sopra i 5 addetti – “articolo 18”) 

«Volete voi l'abrogazione del decreto legislativo 4 marzo 2015, n. 23, recante "Disposizioni in materia di contratto di lavoro a tempo indeterminato a tutele crescenti, in attuazione della legge 10 dicembre 2014, n. 183" nella sua interezza e dell'art. 18 della legge 20 maggio 1970, n. 300, recante "Norme sulla tutela della libertà e dignità dei lavoratori, della libertà sindacale e dell'attività sindacale nei luoghi di lavoro e norme sul collocamento" comma 1, limitatamente alle parole "previsti dalla legge o determinato da un motivo illecito determinante ai sensi dell'art. 1345 del codice civile"; - comma 4, limitatamente alle parole: "per insussistenza del fatto contestato ovvero perché il fatto rientra tra le condotte punibili con una sanzione conservativa sulla base delle previsioni dei contratti collettivi ovvero dei codici disciplinari applicabili," e alle parole ", nonché quanto avrebbe potuto percepire dedicandosi con diligenza alla ricerca di una nuova occupazione. In ogni caso la misura dell'indennità risarcitoria non può essere superiore a dodici mensilità della retribuzione globale di fatto"; - comma 5 nella sua interezza; - comma 6, limitatamente alla parola "quinto" e alle parole ", ma con attribuzione al lavoratore di un'indennità risarcitoria onnicomprensiva determinata, in relazione alla gravità della violazione formale o procedurale commessa dal datore di lavoro, tra un minimo di sei e un massimo di dodici mensilità dell'ultima retribuzione globale di fatto, con onere di specifica motivazione a tale riguardo, a meno che il giudice, sulla base della domanda del lavoratore, accerti che vi è anche un difetto di giustificazione del licenziamento, nel qual caso applica, in luogo di quelle previste dal presente comma, le tutele di cui ai commi" e alle parole ", quinto o settimo"; - comma 7, limitatamente alle parole "che il licenziamento è stato intimato in violazione dell'art. 2110, secondo comma, del codice civile. Può altresì applicare la predetta disciplina nell'ipotesi in cui accerti la manifesta insussistenza del fatto posto a base del licenziamento" e alle parole "; nelle altre ipotesi in cui accerta che non ricorrono gli estremi del predetto giustificato motivo, il giudice applica la disciplina di cui al quinto comma. In tale ultimo caso il giudice, ai fini della determinazione dell'indennità tra il minimo e il massimo previsti, tiene conto, oltre ai criteri di cui al quinto comma, delle iniziative assunte dal lavoratore per la ricerca di una nuova occupazione e del comportamento delle parti nell'ambito della procedura di cui all'art. 7 della legge 15 luglio 1966, n. 604, e successive modificazioni. Qualora, nel corso del giudizio, sulla base della domanda formulata dal lavoratore, il licenziamento risulti determinato da ragioni discriminatorie o disciplinari, trovano applicazione le relative tutele previste dal presente articolo"; - comma 8, limitatamente alle parole "in ciascuna sede, stabilimento, filiale, ufficio o reparto autonomo nel quale ha avuto luogo il licenziamento", alle parole "quindici lavoratori o più di cinque se si tratta di imprenditore agricolo, nonché al datore di lavoro, imprenditore o non imprenditore, che nell'ambito dello stesso comune occupa più di quindici dipendenti e all'impresa agricola che nel medesimo ambito territoriale occupa più di" e alle parole ",anche se ciascuna unità produttiva, singolarmente considerata, non raggiunge tali limiti, e in ogni caso al datore di lavoro, imprenditore e non imprenditore, che occupa più di sessanta dipendenti".».

Secondo quesito (eliminazione dei voucher) «Volete voi l'abrogazione degli articoli 48, 49 e 50 del decreto legislativo 15 giugno 2015, n. 81, recante "Disciplina organica dei contratti di lavoro e revisione della normativa in tema di mansioni, a norma dell'art. 1, comma 7, della legge 10 dicembre 2014, n. 183"?».

Terzo quesito (responsabilità e controllo sugli appalti) «Volete voi l'abrogazione dell'art. 29 del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276, recante "Attuazione delle deleghe in materia di occupazione e mercato del lavoro, di cui alla legge 14 febbraio 2003, n. 30", comma 2, limitatamente alle parole "Salvo diversa disposizione dei contratti collettivi nazionali sottoscritti da associazioni dei datori di lavoro e dei lavoratori comparativamente più rappresentative del settore che possono individuare metodi e procedure di controllo e di verifica della regolarità complessiva degli appalti," e alle parole "Il committente imprenditore o datore di lavoro è convenuto in giudizio per il pagamento unitamente all'appaltatore e con gli eventuali ulteriori subappaltatori. Il committente imprenditore o datore di lavoro può eccepire, nella prima difesa, il beneficio della preventiva escussione del patrimonio dell'appaltatore medesimo e degli eventuali subappaltatori. In tal caso il giudice accerta la responsabilità solidale di tutti gli obbligati, ma l'azione esecutiva può essere intentata nei confronti del committente imprenditore o datore di lavoro solo dopo l'infruttuosa escussione del patrimonio dell'appaltatore e degli eventuali subappaltatori”?»


domenica 25 ottobre 2015

Cgil: a settembre torna ad aumentare la disoccupazione


A settembre torna ad aumentare la Cig (cassa integrazione guadagni) sul mese di agosto (+54,31%), aumento in parte prevedibile ma con un'accelerazione più marcata di 10 punti percentuali rispetto a quella che c'era stata tra settembre e agosto 2014. Lo afferma la Cgil. Un incremento in parte prevedibile ma con un’accelerazione più marcata di 10 punti percentuali rispetto a quella che c’era stata tra settembre e agosto 2014. A fotografare l’andamento della cassa integrazione è il rapporto della Cgil che legge i dati come un «segno che il miglioramento nelle attività produttive tende a stabilizzarsi piuttosto che continuare a seguire una linea di crescita».

Secondo la Cgil, le ore di Cig totali tornano nel livello medio registrato in questo anno, intorno ai 60 milioni di ore mese. Le ore di Cig a settembre sono state 60.690.783 con una riduzione su settembre 2014 del 38,10 per cento. Mentre in questi nove mesi del 2015 sono state autorizzate 517.904.592 ore di Cig con una riduzione sul 2014 del 31,98 per cento. Il volume delle ore di Cig in questi nove mesi del 2015 conferma l’assenza di attività produttiva (zero ore) per potenziali 330mila posizioni lavorative dalle prospettive sempre più incerte.

La richiesta delle ore di Cigs e di Cigo di questo mese, spiega l’Osservatorio Cig del sindacato, conferma le preoccupazioni legate agli alti volumi di ore della Cigs che continuano a indicare un contenuto strutturale delle crisi industriali anche in questi mesi del 2015, mentre anche le ore di Cigo tornano ad aumentare. È però anche il segno che il miglioramento nelle attività produttive tende a stabilizzarsi piuttosto che continuare a seguire una linea di crescita. Il miglioramento, sottolinea il rapporto, riesce comunque contribuisce a recuperare gli ampi margini indotti dalla crisi, nella sottoutilizzazione degli impianti e nella messa a regime del sistema produttivo, certo anche con un riflesso sull’aumento occupazionale.

Per la segretaria confederale della Cgil, Serena Sorrentino, «il rialzo della cassa dimostra che i dati andrebbero letti con maggiore prudenza e attenzione e che i toni entusiastici del governo e di alcuni politici dopo il dato del mese precedente erano del tutto fuori luogo».

Inoltre, aggiunge Sorrentino, «l’aumento in settembre della cassa con una percentuale così significativa è il segnale di una ripresa più lenta di quella prevista dalle stime. Per questa ragione continuiamo a chiedere al governo di modificare il decreto sugli ammortizzatori sociali che, peraltro, sta già evidenziando una serie di pasticci: dal regime delle sospensioni, non solo per gli artigiani, alla riduzione delle durate che rendono scettiche le imprese, alle assurde penalizzazioni per i lavoratori sui contratti di solidarietà». Insomma: per la sindacalista della Cgil, «non siamo nella ripresa che traina la piena occupazione e il volume consistente di lavoratori a zero ore e gli aumenti dei costi per imprese e lavoratori sugli ammortizzatori rischiano di produrre ricadute sociali che spostano dal lavoro al sostegno per disoccupazione migliaia di lavoratori».

«Cgil surreale, anche suoi dati confermano andamento positivo», replica a stretto giro il responsabile economico del Pd Filippo Taddei. «Sul mercato del lavoro non ci sono toni trionfalistici da parte del Partito Democratico, ma solo un riconoscimento che il recupero dell’occupazione (+325mila occupati tra agosto 2015 e agosto 2014) e del lavoro stabile (+220mila posti di lavoro a tempo indeterminato in più) è davvero sorprendente e in completa controtendenza rispetto agli ultimi 5 anni (-950mila occupati e -610mila rapporti di lavoro a tempo indeterminato)», ha spiegato Taddei, evidenziando che il dato della Cig di settembre 2015 sul 2014 «conferma l’andamento positivo con un calo del 38,1%».

Il responsabile Economia del Pd definisce poi «sorprendente» utilizzare questi dati per attaccare la riforma del Governo sugli ammortizzatori sociali o sul contratto a tempo indeterminato: «In primo luogo perché ai lavoratori in cassa integrazione fino a settembre non si applica la riforma, in secondo luogo perché l’anomalia non è chiedere alle imprese che usano la cassa di contribuire al suo costo ma esattamente il contrario. Infatti il contributo all'uso della cassa integrazione da parte delle imprese utilizzatrici già esiste in Austria e in Germania ed è molto più elevato di quanto non preveda la riforma appena approvata dal Governo italiano».

Il sindacato riconoscendo come "il miglioramento contribuisce a recuperare gli ampi margini indotti dalla crisi, nella sotto utilizzazione degli impianti e nella messa a regime del sistema produttivo anche con un riflesso sull'aumento occupazionale" ammonisce l'esecutivo a far conto sulla possibile crescita "spontanea dell'economia": "non si può aspettare un aumento indotto da una crescita spontanea dell'economia, non in grado di recuperare i gravi e profondi scompensi e inefficienze presenti nel sistema Italia, dove anche le recenti proposte sulla legge finanziaria (da liberi tutti) rischiano di aggravare.

domenica 26 ottobre 2014

Politica del lavoro tra la Camusso e la Leopolda 2014




Da una parte i poteri forti e dall’altra chi ha difficoltà nel mondo del lavoro. Roma chiama, Firenze risponde. Tra le due “folle”, quella della Cgil e della Leopolda, è un montare di accuse, di attacchi, di polemiche. Come quella tra l’imprenditore Davide Serra e il leader della Cgil Susanna Camusso. Oggetto del contendere, neanche a dirlo, è il diritto allo sciopero dei lavori pubblici. Che il finanziere vicino al premier vorrebbe limitare, con il segretario del sindacato che rilancia lo sciopero generale. Il duello a distanza, però, è solo un esempio della forte contrapposizione delle due manifestazioni. Articolo 18, legge di Stabilità, rapporti con l’Europa: gli argomenti dei due palchi sono gli stessi, declinati però in maniera diametralmente opposta. E mentre a San Giovanni è Susanna Camusso a tener banco, nella stazione fiorentina è tutto un avvicendarsi di personalità del renzismo, sia politico che imprenditoriale.

«Siamo pronti ad andare avanti con la protesta per cambiare la politica del governo, anche con lo sciopero generale». Susanna Camusso avverte il premier Renzi: la battaglia sul Jobs Act e contro l'abolizione dell'articolo 18 va avanti. La Cgil riempie piazza San Giovanni a Roma: «Siamo oltre un milione» dicono dal sindacato. «Lavoro, dignità uguaglianza per cambiare l’Italia» lo slogan della manifestazione «con tanta gente che chiede lavoro e chiede di estendere i diritti».

Una cosa va detta subito, a onore di Matteo Renzi e della storia della sinistra democratica italiana: il superamento dell'articolo 18 per dar vita a un mercato del lavoro più flessibile a fronte dell'impegno dello Stato a farsi carico del lavoratore licenziato e del suo ricollocamento non è idea estemporanea del nostro giovane premier, né atto di obbedienza ai diktat dell' Unione europea, come sostengono i suoi oppositori esterni e interni. Il progetto della flexecurity, sul modello scandinavo era già, nero su bianco, nel programma di Renzi per le primarie per la premiership del 2012, quelle contro Pier Luigi Bersani. E il libro “Il lavoro e il mercato” del giuslavorista e già parlamentare del Pci (quindi non un esponente della destra radicale) Pietro Ichino - libro che per la prima volta portò in Italia il dibattito sulla flexsecurity e che fu molto apprezzato dall'allora leader del Pds Massimo D'Alema - è uscito non qualche settimana fa ma nel 1996, ormai quasi vent'anni fa.

La divisione delle due visioni delle politiche del lavoro che è andata in scena in questo fine settimana - con una parte sia pur minoritaria del Pd in piazza a Roma sotto le bandiere rosse della Cgil e della Fiom e l'altra parte alla Leopolda di Firenze. La divisione che è andata in scena nel fine settimana con accenti anche drammatici è fondamentalmente la stessa che attraversa il maggior partito della sinistra italiana da almeno vent’anni.

Un milione di persone, secondo gli organizzatori, sono scese in piazza con la Cgil a Roma per protestare contro il governo, il Jobs Act e la legge di Stabilità. Il segretario del sindacato, Susanna Camusso, dal palco: "Siamo pronti a tutto, anche allo sciopero generale. L'Articolo 18 non va abolito bensì esteso anche a chi non ce l'ha". Rosy Bindi attacca il premier, Matteo Renzi: "La Leopolda è una contro-manifestazione imbarazzante".

Camusso: "Articolo 18 non è un totem ideologico" - E' sull'Articolo 18 che la Camusso alza la voce, tra gli applausi della piazza: "L'Articolo 18 non va abolito bensì esteso anche a tutti coloro che non ce l'hanno. Nessuno in buona fede può pensare che licenziare senza una giusta causa sia un totem ideologico. E' invece una tutela concreta", dichiara il segretario. "La giornata di oggi non è solo una fermata. La Cgil è pronta a continuare la sua protesta per cambiare il Jobs act e la politica di questo governo. Anche con lo sciopero generale", avverte la Camusso.

Il numero uno della Cgil chiama poi direttamente in causa il premier e, non appena nomina Renzi, la piazza inizia a fischiare: "Vogliamo dire al premier Renzi: stai sereno, non abbiamo rimpianti sulla concertazione. Lunedì abbiamo l'incontro con il governo sulla legge di Stabilità, lui ha già richiuso la sala verde e ci dà appuntamento al ministero del Lavoro. Stia sereno, per fare la concertazione bisogna condividere gli obiettivi per il Paese e noi i suoi non li condividiamo".

Il giudizio del sindacato sulla Manovra è tutt'altro che positivo: "Crisi e rigore continueranno a tenere il Paese nella stagnazione e la legge di Stabilità non cambia verso - continua la Camusso - Forse qualcuno pensa che l'uguaglianza sia una parola antica, per noi non lo è". Poi la chiusura a effetto del comizio al grido di "Al lavoro, alla lotta", seguito da Bella Ciao.




sabato 3 maggio 2014

Susanna Camusso contro il decreto Lavoro, “aumenta la precarizzazione”



Se le proposte di modifica al decreto Lavoro verranno confermate, si andrà a "peggiorare ulteriormente" un decreto che era già costruito male e non trovava una soluzione al tema della precarietà. "La legislazione corrente sul lavoro, non permette di dire ai giovani che hanno prospettive molteplici di occupazione". "La legislazione corrente sul lavoro, non permette di dire ai giovani che hanno prospettive molteplici di occupazione. "L'unica cosa certa per un giovane - ha aggiunto - e' il lavoro a chiamata, quello a progetto e cosi' via, senza poter sapere cosa accadra' domani".

La segretaria generale della Cgil, Susanna Camusso, boccia gli emendamenti apportati al decreto su contratti a termine e apprendistato sul decreto Lavoro. «Abbiamo visto delle indiscrezioni, non abbiamo testi finali e ci riserviamo di vederli, se però gli annunci corrispondono alla realtà mi pare che si sia ulteriormente peggiorato un decreto che già non andava bene» ha detto, a margine di un incontro delle Giornate del Lavoro.

No della Cgil alla trasformazione del tetto del 20% per l'uso dei contratti a termine in sanzione pecuniaria per quelle aziende che sforano il limite. «Mi pare che si continui a sancire la precarietà come strada che si vuole utilizzare. Così si toglie l'unico argomento e si passa alle sanzioni pecuniarie che e' un modo per dire che non c'e' più un vincolo e un'idea di limitazione e che ci sarà un uso illimitato, e anche illegittimo, di forme di lavoro a termine» dice la Camusso.

Secondo la Camusso, «desta qualche perplessità l'annuncio di voler legare questo decreto al contratto unico a tutele crescenti: così il contratto unico resta un mistero della fede». «La sensazione - ha proseguito - é che la distanza tra la dichiarata volontà e i provvedimenti sia sempre più ampia». «Bisogna decidere se il lavoro é lo strumento con il quale si esce dalla crisi o se si pensa che é sufficiente continuare a svalorizzarlo. L'unica strada é il lavoro».

Concorda con Camusso il segretario Ugl, Giovanni Centrella: "Così si rischia solo di penalizzare ulteriormente il mondo del lavoro. Prevedere una sanzione e non più la stabilizzazione del lavoratore precario non porterà le aziende ad assumere, anzi, il rischio è che si verifichi proprio il contrario".

Raffaele Bonanni: chi non rispetta le regole assuma a tempo indeterminato. «Alt! Chi non rispetta regole tempo determinato deve assumere a tempo indeterminato, altro e' ingiusto». Lo scrive in un tweet, rivolto al premier Matteo Renzi con l'hashtag #renzirispettasindacato, il segretario generale della Cisl.

Luigi Angeletti: forte multa per chi sfora tetto precari è deterrente. L'emendamento al Dl lavoro presentato dal Governo al Senato, che prevede la trasformazione dell'obbligo di assunzione in una multa per le imprese che superino il tetto del 20% di contratti a tempo determinato, «non sarà un grande problema» spiega il leader della Ui.

«Sono perché l'approvino subito, così evitiamo di discutere di cose quasi inutili e abbastanza marginali - ha chiarito Angeletti - non provoca niente né nel bene né nel male». Secondo il segretario generale della Uil «la cosa migliore sarebbe stata che la percentuale per i contratti a termine sull'insieme dell'organico fosse stabilita, come avveniva nel passato, per via contrattuale». L'emendamento dell'esecutivo non rappresenterà un problema «perchè tanto le aziende non sono disposte a pagare. Hanno già cominciato a dire che la multa è troppo elevata».

Hanno peggiorato un decreto che già non andava bene. In sintesi questo il giudizio della numero uno della Cgil Susanna Camusso dopo l'emendamento sul decreto lavoro: che propone, secondo la Cgil, "modalità per cui l'unica strada è la precarizzazione", e la riassunzione trasformata in modalità pecuniaria "è il via libera all'illegittimità dei rapporti".

E a chi parla di Cgil Act manda a dire: "si mettano d'accordo con il cervello, perché ogni due ore passiamo dall'inesistenza del ruolo e del valore dei sindacati al fatto che condizionano tutto”.



martedì 27 agosto 2013

Operai in ferie, manager cercano di svuotare la fabbrica




Dometic, che produce sistemi di refrigerazione per camper, ha annunciato alcuni giorni fa l'intenzione di chiudere le sedi italiane con la sola eccezione di quella romagnola per delocalizzare in Cina. Di fatto però, stando al racconto dei sindacati, la scorsa notte la dirigenza ha tentato il colpo di mano: "Alle 3 di notte – si legge nel comunicato - l'amministratore delegato di Dometic Italy, il responsabile europeo della produzione e un terzo dirigente svedese, accompagnati da una decina di persone sconosciute, hanno cercato di caricare i generatori presenti nei magazzini degli stabilimenti di Via Virgilio e Via Zignola a Forlì".
Dopo il trasferimento all'estero della Firem di Modena all'insaputa dei lavoratori, arriva una seconda segnalazione in Emilia Romagna. La denuncia è arrivata dai sindacati. Secondo la nota congiunta, nella notte del 23 agosto l'amministratore, il responsabile europeo della produzione e un terzo dirigente svedese della multinazionale hanno cercato di caricare i generatori degli stabilimenti e sono stati fermati dai lavoratori e le forze dell'ordine.

I lavoratori immediatamente accorsi davanti ai cancelli hanno chiamato le forze dell'ordine. All'arrivo dei carabinieri la situazione, paradossale nella sua gravità, era quella dei dirigenti di una multinazionale svedese che, comportandosi come ladri nel cuore della notte, cercavano di svuotare i magazzini".

A Formigine nel modenese, i sindacati della Firem seduti a un tavolo con Comune, Provincia e proprietà, ottenevano una prima vittoria evitando la chiusura dello stabilimento produttivo i cui macchinari, un paio di settimane fa, erano stati trasferiti in Polonia all'insaputa dei lavoratori in ferie, un episodio analogo è stato registrato a Forlì alle 3 della scorsa notte alla Dometic.

Se a Formigine il peggio è stato scongiurato dopo una trattativa fiume il cui risultato è, la promessa della proprietà di mantenere la produzione nello stabilimento e congelare i posti di lavoro dei dipendenti almeno fino alla presentazione di un nuovo piano industriale in Regione entro 20 giorni, pur avviando la nuova fabbrica in Polonia, a Forlì la situazione, secondo quanto riportato in un comunicato dalle tre sigle sindacali Cgil, Cisl e Uil, il peggio è dietro l'angolo.

A giudizio dei sindacati, ancora, “il comportamento della Dometic appare ancora più grave dal momento che in data 2 agosto è stato firmato dallo stesso amministratore Marco Grimandi, insieme a Confindustria, un accordo con Fim, Fiom, Uilm e la Rsu che, oltre a congelare i tempi della procedura di mobilità, impegnava le parti a non mettere in atto iniziative unilaterali fino all’incontro già fissato il 5 settembre prossimo: riteniamo, a questo punto, che l’incontro del 5 settembre vada tenuto in una sede istituzionale”. In modo da “evitare il ripetersi di situazioni come quella di questa notte – chiosano i sindacati – sarà allestito un presidio permanente davanti ai cancelli di via Virgilio e Via Zignola”.

Gli operai sono in vacanza, i proprietari trasferiscono la fabbrica all’estero. Dopo il caso della Firem di Formigine, l’azienda produttrice di resistenze elettriche che ha portato merci e macchinari in Polonia durante la chiusura per ferie, arriva la seconda segnalazione da uno stabilimento di Forlì.

sabato 20 luglio 2013

Stagisti: 24 luglio 2013 scadenza del termine per le linee guida


Ricordiamo che la riforma del lavoro Fornero ha previsto la revisione della disciplina dei tirocini formativi, anche in relazione alla valorizzazione di altre forme contrattuali a contenuto formativo. Ed  è stato introdotto anche il riconoscimento di una “congrua indennità” anche in forma forfettaria in relazione alla prestazione svolta, e il mancato rispetto sarà punito con sanzioni ingenti da un minimo di mille a un massimo di 6mila euro. Gli stage dovranno essere retribuiti.

Entro il 24 luglio le Regioni sono chiamate a recepire le nuove “Linee guida per la regolamentazione dei tirocini”, ma non tutte rispondono all'invito. Si tratta di una cruciale scadenza che arriva dopo una lunga mobilitazione contro gli stage truffa. L’uso tipico degli stage è di contrastare l'uso improprio dei tirocini, favorire l'inserimento lavorativo e garantire una indennità minima per gli stagisti. Le Linee guida per la regolamentazione dei tirocini", chiamati anche stage, approvate dalla conferenza Stato Regioni lo scorso gennaio, così come previsto dalla riforma Fornero.

Entro tale data vanno recepite le regole sui tirocini stabiliti dalla conferenza Stato Regioni. Nella maggior parte dei casi è stata introdotta una indennità minima di 400 euro, ma c'è grande diversità sulla durata massima degli stage. In questo panorama lavorativo  dovrebbero far tirare un sospiro di sollievo a 300 mila stagisti e ai tanti giovani che si affacciano al mondo del lavoro.

Nel merito delle decisioni assunte, si rileva come la maggior parte delle regioni ha introdotto una indennità minima di 400 euro, salvo il Piemonte con 600 euro rimodulabili a seconda dell'impegno orario e il Veneto che ha preferito optare per 300 euro comprensivi di buono pasto in alternativa ai 400. L'indennità, inoltre, è a carico dell'azienda ospitante, salvo l'eventuale cofinanziamento della Regione. In alcune Regioni poi sono stati previsti incentivi alle assunzioni per chi ha terminato il tirocinio e misure di controllo e monitoraggio sulla qualità dei tirocini. Le normative regionali infine si discostano tra di loro sulla durata massima dei tirocini di inserimento (6 o 12 mesi) e sul numero minimo di dipendenti necessario per ospitare un tirocinante.

Non hanno ancora risposto all'appello regioni come l'Umbria, il Friuli Venezia Giulia, la Valle D'Aosta e la Sicilia.

domenica 23 giugno 2013

Cgil-Cisl-Uil: insieme in piazza a Roma per il lavoro dopo 10 anni


Hanno sfilato per le strade del centro i due cortei di Cgil, Cisl e Uil che da piazza della Repubblica e da piazzale dei Partigiani sono arrivati in piazza San Giovanni al grido «Lavoro è democrazia».
Cgil-Cisl-Uil: insieme in piazza dopo 10 anni a Roma, per la manifestazione nazionale unitaria sul tema 'Lavoro e' democrazia'.

Due cortei si sono mossi da Piazza della Repubblica e da Piazzale dei Partigiani per raggiungere Piazza S.Giovanni, dove ci sono stati i comizi dei segretari generali Susanna Camusso, Raffaele Bonanni e Luigi Angeletti.

''Non vanno bene i continui annunci che non si traducono in una scelta che dia il senso del cambiamento''. La leader della Cgil, Susanna Camusso, riassume cosi' il senso della manifestazione unitaria a Roma. ''La priorita', dice, deve essere ''una restituzione fiscale a lavoratori dipendenti e pensioni''. ''Oggi siamo in piazza - ha detto Susanna Camusso alla testa del corteo - perche' il Paese ha bisogno di risposte rapide per uscire dalla crisi. E la prima risposta di cui il Paese ha bisogno e' una restituzione fiscale a lavoratori dipendenti e pensionati, che permetta di far ripartire i consumi e la produzione''.

E sul piano per il lavoro che il governo si accinge a mettere in campo Camusso dice: ''Abbiamo avuto tante occasioni per dire che sul tema del lavoro si possono fare cose anche importanti che non hanno bisogno di risorse. Il problema e' che invece si continua a fare una vecchia discussione sul tema della flessibilita' anche se e' ormai dimostrato che non e' utile a far ripartire l'economia''. Oggi - dice la leader della Cgil, ''facciamo una manifestazione e vedremo quali risposte arriveranno. Cgil.

Cisl e Uil sono profondamente convinti che senza risposte da un lato si continuera' a perdere tempo, dall'altro continuera' ad aggravarsi la crisi''. E ad una domanda sulle parole del leader della Uil che ha avvertito del rischio che con l'aumentare dell'emergenza lavoro possano essere i cortei di disoccupati a far cadere il governo, Camusso Risponde: ''E' una lettura possibile. Di sicuro senza misure che contrastino la crisi, la situazione peggiora''.

"Siamo stufi" di "tante belle parole" su crisi, lavoro, emergenza disoccupazione giovanile, dice il leader della Uil, Luigi Angeletti. E avverte che andiamo verso "un deserto di posti di lavoro: il Paese tornerà quello di 50 anni fa, un Paese di migranti". Ma, "questo futuro non lo accetteremo,i sindacati non piegheranno mai le ginocchia". Ed al governo dice: "'Non basta dire quali sono i problemi, i governi ci sono per risolverli''.

"Non è più il tempo di aspettare, non è più il tempo di promesse e annunci". Angeletti parla alla prima manifestazione unitaria di Cgil-Cisl-Uil dopo 10 anni. Il segretario della Uil chiede al governo "una nuova politica industriale" contro la recessione e la disoccupazione. Indica la necessità di "scelte" perché "le imprese chiudono", dice nel comizio a piazza San Giovanni a Roma. Poi, lancia l'allarme: "Il Paese sta sprofondando in un baratro di povertà". Ora la priorità "è la riforma fiscale, vero dramma del Paese".
"Il Paese perisce e la classe dirigente si perde in chiacchiere" dice il leader della Cisl, Raffaele Bonanni. "Troppe tasse, bisogna dimezzare le tasse e inasprire le pene sull'evasione fiscale". E più volte Bonanni ha ripetuto: "Letta deve avere coraggio".

"Il premier Letta deve avere coraggio, deve mettere all'ordine del giorno l'unica questione che a noi interessa, vale a dire una riduzione fortissima delle tasse sul lavoro, sulle pensioni, sulle imprese che investono. Gli altri provvedimenti sono brodini che non ci interessano". Così il segretario della Cisl, Bonanni, alla manifestazione unitaria dei sindacati. "Il Paese perisce - ha aggiunto - e la classe dirigente si perde in chiacchiere". Sull'evasione fiscale: "Il governo non ha la forza per combatterla".

sabato 1 giugno 2013

Studio Cgil: 13 anni per ritorno a Pil 2007 63 per l'occupazione


E' quanto rileva uno studio dell'Ufficio economico della Cgil in cui si simulano alcune ipotesi di ripresa, nell'ambito delle attuali tendenze e senza che si prevedano modifiche significative di politica economica. L'analisi e l'allarme del sindacato: ci vorrebbero tredici anni per ritornare al livello del Pil del 2007, e 63 anni per recuperare l'occupazione bruciata. Con un "Piano del Lavoro" occupazione recuperata in tre anni e il Pil in quattro.

Nello studio della Cgil. Serve un Piano del Lavoro per la crescita e l'occupazione", si simulano però alcune ipotesi di ripresa, nell'ambito delle attuali tendenze e senza che si prevedano modifiche significative di politica economica, sia nazionale che europea, per dimostrare la necessità di "un cambio di paradigma: partire dal lavoro per produrre crescita". Se quello delineato inizialmente è quindi lo scenario peggiore, lo studio Cgil prende in considerazione "ipotesi più ottimistiche" legate alla proiezione di un livello di crescita pari a quello medio registrato nel periodo 2000-2007, ovvero del +1,6%. In questo caso il risultato prevede che il livello del Pil, dell'occupazione e dei salari verrebbe ripristinato nel 2020 (7 anni dopo il 2013) mentre quello della produttività nel 2017 e il livello degli investimenti nel 2024 (12 anni dopo il 2013). Lo studio della Cgil calcola inoltre anche la perdita cumulata generata dalla crisi, cioè il livello potenziale di crescita che si sarebbe registrato nel caso in cui la crisi non ci fosse mai stata, e che è pari a 276 miliardi di euro di Pil (in termini nominali oltre 385 miliardi, circa il 20% del Pil).

Uno studio, quindi, funzionale alla Cgil per rivendicare la centralità del lavoro. "Per uscire dalla crisi e recuperare la crescita potenziale occorre un cambio di paradigma", osserva il segretario confederale della Cgil, Danilo Barbi, secondo il quale "per non attendere che sia un'altra generazione ad assistere all'eventuale uscita da questa crisi, e ritrovare nel breve periodo la via della ripresa e della crescita occupazionale, occorre proprio partire dalla creazione di lavoro".
Con la ripresa annunciata per il 2014 l'Italia impiegherà tredici anni per ritornare al livello del Pil del 2007, rivela lo studio dal titolo 'La ripresa dell'anno dopo - Serve un Piano del Lavoro per la crescita e l'occupazione'.

Se il Paese intercettasse la ripresa, quella stessa accreditata per il 2014 dai maggiori istituti statistici, ci vorrebbero esattamente tredici anni per ritornare al livello del Pil del 2007". E' quanto rivela uno studio della Cgil. "Anche se l'Italia intercettasse la ripresa - continua la sigla sindacale ci vorrebbero 63 anni per recuperare i livelli occupazionali del 2007. Solo nel 2076, quindi, si tornerebbe alle 25.026.400 unità di lavoro standard che c'erano sei anni fa".

mercoledì 1 maggio 2013

Festa del lavoro 2013: priorità lavoro



"Priorità lavoro": con questo slogan i sindacati manifestano alla festa del lavoro che si svolgerà a Perugia, la manifestazione nazionale del Primo maggio 2013 con i sindacati Cgil, Cisl e Uil. Prenderanno la parola dal palco i leader della Cgil, Susanna Camusso, della Cisl, Raffaele Bonanni e della Uil,Luigi Angeletti.

Festa dei lavoratori che i tre sindacati confederali quest'anno hanno deciso di celebrare nella città umbra teatro, all'inizio dello scorso marzo, di un "dramma del lavoro": l'omicidio di due impiegate della Regione uccise da un imprenditore che, poi, si è suicidato. Un episodio divenuto simbolo, per
Cgil, Cisl e Uil, della necessità di restituire centralità al lavoro.

Il corteo sarà accompagnato dagli striscioni e dalle bandiere dei tre sindacati, rosse, verdi e blu. "Primo maggio Umbria 2013" con su entrambi i lati lo slogan "priorità lavoro" è lo striscione che apre il corteo. A seguire, tra gli altri, quelli delle diverse categorie. In piazza anche alcuni rappresentanti degli artigiani con le magliette e le bandiere Cna Umbria.

In questa atmosfera vi è  il nuovo record per la disoccupazione nei 17 paesi dell'eurozona: a marzo i senza lavoro erano 19,21 milioni, pari al 12,1% della popolazione attiva, contro il 12% registrato a febbraio. Lo ha rilevato Eurostat. Spicca l'Italia che con il suo 38,4% di giovani senza lavoro, si colloca al top preceduta solo da Grecia e Spagna. Eurostat ha diffuso anche la prima stima flash sull'inflazione nell'eurozona, che registra ad aprile un brusco calo passando all'1,2% dall'1,7% di marzo.

Ma sono i giovani senza lavoro a preoccupare. La disoccupazione giovanile (15-24 anni) a marzo è pari al 38,4%, in aumento di 0,6 punti percentuali rispetto a febbraio e di 3,2 punti su base annua. Lo rileva l'Istat (dati destagionalizzati e provvisori). Si tratta di 635 mila 15-24enni in cerca di un lavoro.

Nel messaggio in occasione della Festa del lavoro il Presidente Giorgio Napolitano è tornato a parlare  sulla necessità di impostare riforme condivise per fermare il declino. Ha affermato che è ”Indispensabile il concorso di tutte le forze sociali e politiche”. E ha parlato di “ dovere politico e morale l'emergenza lavoro”.




sabato 13 aprile 2013

Crisi del lavoro: i lavoratori hanno 1.900 euro di meno in busta paga


Deflagra il ricorso alla cig a marzo in crescita in tutti i segmenti sia sul mese (+22,4%) che sull'anno (+11,98% sul primo trimestre 2012). In cassa da inizio anno – ha segnalato la Cgil - ci sono 520 mila lavoratori che hanno subito un taglio del reddito per 1 miliardo di euro, pari a 1.900 euro netti in meno per ogni singolo lavoratore.

La meccanica è ancora il settore dove si è registrato il ricorso più alto allo strumento della cassa integrazione. Secondo le elaborazioni delle rilevazioni Inps da parte dell'Osservatorio cig della Cgil, sul totale delle ore registrate nel periodo gennaio-marzo, la meccanica pesa per 94.263.712, coinvolgendo 184.109 lavoratori. Segue il commercio con 28.430.774 ore di cig autorizzate per 55.529 lavoratori coinvolti e l'edilizia con 28.060.453 ore e 54.806 persone.

"Il sistema produttivo, e l'intero mondo del lavoro, sta letteralmente precipitando, trascinando dietro di sé l'intero Paese, travolto com'é da una valanga che non trova davanti a sé alcun argine", ha osservato il segretario confederale della Cgil, Elena Lattuada. Per la dirigente sindacale "servono risposte con urgenza che mettano al centro il lavoro, a partire dal finanziamento della cassa in deroga. Nel dettaglio, Lattuada segnala "la forte preoccupazione determinata dall'aumento delle richieste di intervento sulle crisi di grandi gruppi industriali che non trovano risposte soddisfacenti e che rappresentano un ulteriore, inequivocabile segnale della profondità della crisi e della necessità di una politica industriale a tutela dei settori manifatturieri e dell'occupazione".

Gli effetti negativi della crisi economica che si sta vivendo in questi ultimi anni sono più pesanti di quelli registrati negli anni Trenta. A dirlo è stata la Cgia di Mestre, che ha messo a confronto l'andamento di alcuni indicatori economici censiti nei periodi 1929-1934 e 2007-2012.

Pil: a livello aggregato la ricchezza prodotta dal Paese al netto dell'inflazione durante la crisi degli anni Trenta è diminuita del 5,1%. Tra il 2007 e il 2012 la contrazione è stata del 6,9%; Pil pro capite: la ricchezza prodotta per singolo abitante al netto dell'inflazione, invece, è scesa durante la Grande crisi dell'8,6%, in questi ultimi anni del 9,4%.

Investimenti: se tra il 1929 e il 1934 la contrazione fu del 12,8%, tra il 2007 ed il 2012 il calo è stato del 27,6%, più del doppio rispetto a quanto accaduto 80 anni fa; Consumi delle famiglie: negli anni Trenta la caduta fu drammatica: -9,4%. In questi ultimi anni la diminuzione è stata del 5%. "La gravità della situazione - ha commentato Giuseppe Bortolussi segretario della Cgia - richiede la formazione di un Governo forte ed autorevole che in tempi brevi inverta la politica economico/fiscale praticata in questo ultimo anno e mezzo.
Basta con l'austerità ed il rigore che stanno provocando un preoccupante aumento della disoccupazione. Bisogna ridurre le tasse e rilanciare i consumi delle famiglie, altrimenti per la gran parte delle piccole imprese non c'é futuro". "Visto che in Europa nel decennio scorso il 58% dei nuovi posti di lavoro sono stati creati dalle piccole imprese con meno di 10 addetti - continua - se non aiutiamo queste ultime non possiamo sperare di combattere efficacemente la disoccupazione". E' chiaro, ha sottolineato la Cgia, che questa comparazione presenta dei limiti riconducibili all'incompletezza delle statistiche riferite agli anni Trenta. Pertanto, i risultati vanno presi con le molle, anche se ci consentono di realizzare una comparazione che ci ribadisce la gravità della situazione che stiamo vivendo. Va anche ricordato, per gli artigiani, che in questa analisi sono stati presi in esame gli unici indicatori che potevano essere confrontati. Nonostante i numeri mettano in evidenza le difficoltà di questi ultimi tempi, non va dimenticato che negli anni Trenta la durata media della vita, la mortalità infantile, il livello di istruzione, le condizioni abitative, quelle igienico/sanitarie e la ricchezza media delle famiglie non erano minimamente paragonabili a quelle attuali. Da un punto di vista metodologico la Cgia segnala che nel 1929 e nel 2007 si sono registrati i risultati economici maggiormente positivi per il nostro Paese nei due periodi messi a confronto. Pertanto, le due variazioni hanno inizio proprio a partire dal '29 e dal 2007.

Undici lavoratori su 100 conosceranno nel 2013 l'esperienza della cassa integrazione. Lo ha affermato la Uil nel suo terzo rapporto del 2013 calcolando che a marzo di quest'anno sono oltre 570.000 i lavoratori in cassa. Nel primo trimestre dell'anno la Cig cresce del 12% sul 2012, aumenta in 15 Regioni e in tutti i settori produttivi, segnala ancora la Uil. Da rilevare il boom nell'artigianato (+73,4%), commercio (+62%), edilizia (+35,3%). Ed è allarme tasse locali per chi vive con il sussidio, 712 euro l'esborso medio.

lunedì 1 aprile 2013

Saggi, le priorità dei sindacati


Il Quirinale, nella nota ufficiale con cui sabato ha annunciato la loro costituzione, li ha chiamati "gruppi di lavoro", ma per i giornalisti sono subito diventati le "Commissioni dei saggi" per l'elaborazione di «proposte programmatiche in materia istituzionale», e predisporre ipotesi di lavoro «in materia economico-sociale ed europea». Nomi a parte, domani è previsto l'insediamento ufficiale, mentre crescono le perplessità dei partiti che hanno spinto il Colle a schierarsi in difesa della novità: «Non sono generici "saggi" ma personalità scelte con criteri oggettivi in funzione del lavoro già svolto e del ruolo ricoperto», ha scritto il portavoce di Napolitano, Pasquale Cascella.

La leader della Cgil, Camusso, esprime preoccupazione per la "scelta di puntare ancora su chi ci ha condotto in questa situazione di emergenza", dando "vigore a un governo che nei 16 mesi passati avrebbe dovuto rimettere in moto il Paese". Camusso sostiene che servono rapide iniezioni di liquidità per rianimare l'economia. Per il segretario Cisl,Bonanni, Napolitano "ha scelto bene".La priorità è ridurre il peso del fisco sul lavoro con "ragionati tagli di spesa". Al segretario Uil, Angeletti, non interessano le formule di governo ma i contenuti: "Si possono ricavare 10 mld" con tagli alla politica e ai livelli amministrativi.

sabato 16 marzo 2013

Crisi economica annus horribilis per il lavoro e le imprese



Il saldo tra apertura e cessazione delle imprese è stato negativo per due punti percentuali. Secondo i dati di Anepa Confartigianato sono stati persi più di 80mila posti di lavoro. Male anche per i costruttori artigiani: in un anno 55mila posti di lavoro in meno.
Ancora notizie negative dal fronte economico per l'Italia, sia nel campo del lavoro che in quello dell'edilizia. In due mesi, gennaio e febbraio, i lavoratori in cassa integrazione "equivalenti a zero ore" sono stati 490 mila, per un taglio del reddito di circa 650 milioni di euro, pari a circa 1.319 euro per ogni singolo lavoratore. È l'elaborazione della Cgil su dati Inps, secondo cui a febbraio sono state autorizzate 79 milioni di ore di cassa.

In due mesi le ore di cassa integrazione autorizzate alle aziende sono state 168 milioni con un aumento del 22,71% sullo stesso periodo del 2012. La Cgil segnala come a partire da gennaio del 2009 e fino ad oggi, le ore di cassa integrazione autorizzate siano state stabilmente intorno agli 80 milioni per mese.

«Prosegue senza sosta - afferma il segretario confederale Elena Lattuada - il deperimento del tessuto produttivo e il progressivo processo di deindustrializzazione del paese. Centinaia di migliaia di lavoratori si trovano in una condizione di grandissima sofferenza, acuita dalle complicazioni e dai mancati pagamenti della cassa integrazione in deroga che vanno assolutamente risolti e superati. I numeri dimostrano che la priorità da affrontare, l'emergenza alla quale dare risposta, è sempre il lavoro. Il Parlamento e il prossimo governo devono, in fretta, dare priorità assoluta al tema della crescita e del lavoro, anche con interventi straordinari altrimenti il conflitto sociale e i livelli di povertà diventeranno entrambi insostenibili».

Il settore delle costruzioni, che conta 894.028 imprese, ne ha perse 61.844, con un saldo negativo dell'1,88 per cento. In tutto - spiega Anepa Confartigianato - sono stati persi 81.309 occupati. Dunque - secondo il rapporto Anepa Confartigianato - «è un quadro sempre più cupo, costellato da segni negativi, quello che caratterizza il settore delle costruzioni. E oltre al profondo rosso delle aziende delle costruzioni non è andata meglio per le imprese artigiane, che ne rappresentano la fetta più consistente: 571.336 aziende, vale a dire il 63,9% del totale. Nel 2012 hanno chiuso 54.832 costruttori artigiani, con un saldo negativo dell'1,96 per cento.

Le imprese edili sono strette in una morsa fatta di scarso credito bancario e di tempi di pagamento sempre più lunghi. A novembre 2012 lo stock di credito erogato alle aziende delle costruzioni è in calo del 7,6% rispetto a novembre 2011. E i tempi di pagamento da parte dei committenti pubblici e privati si attestano su una media di 180 giorni, vale a dire 115 giorni in più rispetto alla media dei Paesi europei. Non meno preoccupanti le ripercussioni sull'occupazione: lo scorso anno il settore costruzioni ha perso 81.309 addetti, con una variazione negativa del 4,6 per cento. Di questi, 69.055 erano lavoratori dipendenti e 12.255 titolari e collaboratori. Ancora più negativo il trend della produzione: -16,2% nel corso del 2012, un crollo tre volte più intenso rispetto alla media europea (-5,6%).

A proposito di investimenti in edilizia, il rapporto di Confartigianato evidenzia le opportunità di interventi fortemente richiesti dai cittadini, soprattutto per quanto riguarda l'abbattimento di barriere architettoniche per disabili e anziani: quasi 1,5 milioni di persone riferiscono di avere difficoltà di accesso ad edifici e strutture pubbliche e il 98% degli italiani vorrebbe maggiori investimenti per l'abbattimento delle barriere architettoniche.

domenica 24 febbraio 2013

Lavoro con partiva IVA crescono per i giovani under 35


Nel 2012 sono state circa 549mila le nuove aperture di partite Iva (+2,2% rispetto al 2011) e oltre la metà fanno capo a under 35. Gli aumenti maggiori, secondo il ministero dell'Economia, si si registrano nella scuola, nei trasporti e nella sanità. Per la Cgil "i giovani sono costretti ad aprire una partita Iva per poter lavorare. Basta pensare che il 14% dei contratti a progetto negli ultimi mesi è stato trasformato in incarico a partita Iva che è di più facile utilizzo per le aziende".

Forte crescita nel 2012 delle partite Iva: ne sono state aperte 549.000 (+2,2% sul 2011), e il 38,5% del totale, pari a 211.500 (+8,1%), sono ascrivibili a giovani con meno di 35 anni. L'incremento maggiore, secondo l'analisi della Cgia di Mestre su dati del ministero dell'Economia e delle Finanze - Dipartimento delle Finanze, tra gli under 35 è stato al Sud (37,8% del totale). L'aumento del numero delle partite Iva in capo alle donne under 35 è stato del 10,1%.

L'anno scorso le nuove iscrizioni tra le giovani donne hanno superato le 79.100 unità (pari al 37,4% del totale under 35). Il segretario della Cgia di Mestre, Giuseppe Bortolussi, interpreta così questi risultati: "L'aumento del numero delle partite Iva in capo ai giovani lascia presagire,u nonostante le misure restrittive introdotte dalla riforma del ministro Fornero, che questi nuovi autonomi lavorano prevalentemente per un solo committente.

Visto che questo boom di nuove iscrizioni ha interessato in particolar modo gli agenti di commercio/intermediari presenti nel settore del commercio all'ingrosso, le libere professioni e l'edilizia riteniamo che la nostra chiave di lettura non si discosti moltissimo dalla realtà".
Secondo Bortolussi, i tre settori che hanno registrato il maggior numero di aperture tra gli under 35 sono stati: il commercio all'ingrosso e al dettaglio (51.721 pari al 24,4% del totale nuove partite Iva aperte dai giovani); le attività professionali (45.654 pari al 21,5% del totale); le costruzioni (20.298 pari al 9,6% del totale).

venerdì 25 gennaio 2013

Unioncamere e l’anno nero del lavoro

Nel 2012 chiuse mille imprese al giorno. Era già successo nel 2008 e nel 2007, tuttavia in quegli anni le nuove iscrizioni avevano abbondantemente superato le 400mila unità e pertanto il saldo finale positivo era molto più consistente. Squinzi: Cgil non ostacolo alle riforme, ma remare uniti.

Nel 2012 hanno chiuso i battenti mille imprese al giorno. Lo ha calcolato Unioncamere, secondo cui nell'anno che si è appena concluso si sono registrate 364.972 chiusure (+24mila sul 2011) a fronte di 383.883 aperture (il valore più basso degli ultimi otto anni e 7.427 in meno rispetto al 2011). Il saldo tra entrate e uscite è dunque positivo per 18.911 unità, ma si tratta del secondo peggior risultato dal 2005 e vicino, dopo due anni di recupero, al 2009, l'anno peggiore della crisi.

Considerando anche le cancellazioni delle imprese ormai non operative da più di tre anni, al 31/12/ 2012 lo stock complessivo delle imprese esistenti ammontava a 6.093.158. Lo rileva Unioncamere. Si restringe ulteriormente (-6.515 imprese), spiega Unioncamere, il tessuto imprenditoriale dell'industria manifatturiera - trascinato dalla forte contrazione dell'artigianato, che chiude l'anno con 20.319 imprese in meno - quello delle costruzioni (-7.427) e dell'agricoltura (-16.791).

Il conto più salato del 2012 lo paga il Nord che - Lombardia esclusa - perde complessivamente circa 6.600 imprese, i tre quarti delle quali (poco meno di 5mila unità) nel solo Nord-Est. Giovani under 35, immigrati e donne, attività del turismo, del commercio e dei servizi alle imprese e alle persone sono le tipologie di imprenditori e i settori di attività che, nel 2012, hanno consentito a mantenere in lieve attivo il bilancio anagrafico delle imprese italiane (+0,3% contro il +0,5 del 2011). I dati ufficiali sulla natalità e mortalità delle imprese risultante dal Registro delle imprese sono stati elaborati da Unioncamere sulla base di Movimprese, la rilevazione statistica condotta da InfoCamere, la società di informatica delle Camere di Commercio italiane.

"In questi anni - ha detto il Presidente di Unioncamere, Ferruccio Dardanello - le imprese italiane hanno fatto letteralmente dei miracoli per restare sul mercato. In tante, anche in assenza di vere politiche di sostegno, sono addirittura riuscite a migliorare le proprie posizioni e a rafforzarsi. Ma molte di più non ce l'hanno fatta e, con loro, si sono persi migliaia di posti di lavoro, per non parlare di competenze e tradizioni importanti".

Vediamo, la ricetta di Confindustria per una terapia d'urto.

Più crescita - "Il tasso di crescita si innalzerà al 3%; il pil aumenterà di 156 miliardi, più 2.617 euro ad abitante", indica il documento rivolto alle forze politiche in campo per il voto di febbraio.

Più lavoro - attuando il piano d'azione proposto dagli industriali "l'occupazione si espanderà di 1,8 milioni di unità, il tasso di occupazione salirà al 60,6% dal 56,4% del 2013 e il tasso di disoccupazione scenderà all'8,4% dal 12,3% atteso per il 2014".

Più industria, più investimenti- "Il peso dell'industria tornerà al 20% del valore aggiunto dell'intera economia dal 16,7% attuale, gli investimenti balzeranno del 55,8% cumulato (+66,4% quelli in macchinari e mezzi di trasporto, +44,7% quelli in costruzioni), l'export si innalzerà del 39,1%".

Più redditi famiglie, più produttività - "Il reddito delle famiglie che vivono di lavoro dipendente nel 2018 sarà più alto di 3.980 euro reali". L'inflazione "rimarrà attorno all'1,5%"; la produttività "aumenterà di quasi l'1% medio all'anno".

Conti pubblici in equilibrio, meno pressione del fisco - "Il deficit pubblico diventerà un consistente surplus, il debito cadrà al 103,7% del pil, ben sotto il 111,6% richiesto dai patti europei (129,2% nel 2013, compresi 48 miliardi di debiti commerciali della p.a. alle imprese), la pressione fiscale scenderà dal 45,1% al 42,1% e le spese correnti al netto degli interessi dal 42,9% al 36,9%".

“Piano del lavoro" della Cgil presentato a gennaio 2013

La Cgil ed il suo Piano del lavoro che nasce dalla "ferma convinzione" che non si aprirà "una nuova stagione di crescita e sviluppo se non si parte dal lavoro e dalla creazione di lavoro". La sigla confederale guidata da Susanna Camusso presenta il piano con una simulazione econometrica del Cer (Centro Europa ricerche) che ne ha calcolato l'impatto macroeconomico. Secondo la CGIL a questo fine possono essere destinati circa 50 miliardi di euro nel triennio 2013-2015 con un impatto sull’occupazione pari a un +2,9%.

I giovani e la creazione di posti di lavoro sono al centro del nuovo piano del lavoro della Cgil. "L'Italia può uscire dalla crisi se è tutta insieme" e "non a pezzi", ha sostenuto la segretaria generale, Camusso, presentandolo. Alla creazione di posti di lavoro possono essere destinati 50-60 mld.Il piano avrebbe,nel 2013-2015,un impatto di +2,9% sull'occupazione,di +3,1% sul Pil e riporterebbe la disoccupazione ai livelli pre-crisi. Le risorse, secondo il piano, vanno recuperate anche con una patrimoniale sulle grandi ricchezze.

Anche il tasso di disoccupazione che sta viaggiando oltre l'11% quindi potrebbe essere ridotto e riportato ai livelli di prima della crisi, arrivando al 7% nel 2015 (9,6% nel 2013 e 8,5% nel 2014). Il Pil, sempre sulla base delle stesse proiezioni, potrebbe segnare una crescita cumulata del 3,1% (2,2% nel 2013, 0,8% nel 2014, 0,1% nel 2015). Una forte spinta arriverebbe dagli investimenti (+10,3% sempre nel triennio).

Aumenterebbero anche il reddito disponibile (+3,4%) e i consumi delle famiglie (+2,2%). Le risorse per realizzarlo ammontano circa a 50-60 miliardi di euro (i risultati della simulazione sono su 50 miliardi) nel triennio, in parte aggiuntive e in parte sostitutive.
Da destinare principalmente ai programmi del piano "straordinario" di creazione "diretta" di posti di lavoro (circa 15-20 miliardi), al sostegno all'occupazione e agli ammortizzatori sociali (5-10 miliardi), ai progetti operativi (4-10 miliardi) ma anche alla “restituzione fiscale" (15-20 miliardi).

Il piano cerca di stimolare una "riforma organica" del sistema fiscale, con una "maggiore progressività" delle imposte e l'adozione di una patrimoniale sulle grandi ricchezze, insieme ad un recupero "strutturale" dell'evasione: da qui possono arrivare, in termini di entrate, almeno 40 miliardi annui. Altri 20 miliardi di risparmi strutturali possono invece essere generati dalla riduzione dei costi della politica e degli sprechi e dalla "redistribuzione" della spesa pubblica.

Insieme ad un utilizzo programmato delle risorse dei Fondi strutturali europei. Anche il riordino delle agevolazioni e dei trasferimenti alle imprese può consentire il recupero di almeno 10 miliardi. "Ambizione" del piano è "ridare senso al ruolo economico dello Stato" e perciò "centralità all'intervento pubblico" come "motore" dell'economia. Di qui anche la Cassa depositi e prestiti può diventare "uno dei soggetti essenziali per l'innovazione e la riorganizzazione del sistema Paese".

Tra gli altri punti messi in evidenza c’è la green economy, ricerca e innovazione. Insomma un "piano di legislatura" per "una nuova politica industriale, sociale e ambientale, fondata su una nuova politica fiscale".

sabato 19 gennaio 2013

Inps sulle pensioni di invalidità ritira la circolare n. 149


L’Inps ha ritirato la circolare 149 del 28 dicembre, in base alla quale gli invalidi civili al 100%, per avere la pensione di invalidità, avrebbero dovuto fare riferimento non più al reddito personale ma anche a quello del coniuge. Lo ha fatto sapere la Cgil annunciando che il direttore generale dell’istituto previdenziale, Mario Nori, ha diramato un provvedimento in cui si prevede che “sia nella liquidazione dell’assegno ordinario mensile di invalidità civile parziale, sia per la pensione di inabilità civile si continuerà a far riferimento al reddito personale dell’invalido”.

A confermarlo è direttamente l'Inps con il messaggio 717 del 14 gennaio 2013 dal titolo “Limiti reddituali per la liquidazione delle pensioni di inabilità civili“, che dovrebbe mettere fine, almeno per il momento, alle polemiche sorte dopo la pubblicazione della circolare 149 del 2012 sempre da parte dell'istituto di previdenza. Nella tabella M.3 dell'allegato 2, infatti, veniva precisato che il requisito reddituale (16.127,30 euro) per avere diritto all'invalidità civile totale per il 2013 era coniugale e non più solo quello del diretto interessato.

Una decisione accolta con favore dalla Cgil, fa sapere la responsabile dell’ufficio politiche della disabilità, Nina Daita. “Siamo soddisfatti del risultato raggiunto dopo le pressioni fatte nei giorni scorsi e l’ampia mobilitazione nei confronti di un provvedimento che si prefigurava come palesemente iniquo e vessatorio nei confronti del mondo della disabilità”. La circolare ritirata, molto criticata, aveva fatto ipotizzare l’utilizzo di un escamotage per i disabili sposati che, per sopravvivere, avrebbero dovuto pensare solo al divorzio. Gli invalidi civili parziali e totali in Italia, esclusi ciechi e sordi, che hanno diritto all’assegno – secondo i dati del sito dell’Inps – sono quasi 730mila.

”In attesa della preannunziata nota ministeriale a chiarimento della complessa materia dei limiti reddituali delle pensioni di inabilità civile ed in considerazione di una interpretazione costituzionalmente orientata degli art.12 e 13 della legge 118/1971 (sulla pensione di inabilità e l’assegno mensile per gli invalidi civili, ndr) – si legge nella circolare firmata dal direttore generale dell’Inps Mauro Nori – si ritiene di non modificare l’orientamento amministrativo assunto a suo tempo dal Ministero dell’Interno e successivamente confermato nel tempo da questo Istituto. 

Pertanto – prosegue -, sia nella liquidazione dell’assegno ordinario mensile di invalidità civile parziale, sia per la pensione di inabilità civile si continuerà a far riferimento al reddito personale dell’invalido”.

Una variazione, quella dell'Inps, collegata a una sentenza della Corte di cassazione (la numero 4677/2011) con cui i giudici, pur prendendo atto di precedenti sentenze discordanti (a volte si è stabilito che il limite era riferito al solo invalido, altre volte ai coniugi), è stato deciso che l'importo massimo va riferito alla coppia.

sabato 12 gennaio 2013

Un piano per il lavoro per il 2013


Il 2012 è stato un anno nero per gli italiani. La crisi ha colpito l'80% delle famiglie, l'86% delle quali ha dovuto ridurre le spese. È quanto emerge da un sondaggio Confesercenti-Swg secondo cui il 41% della popolazione ha avuto difficoltà ad arrivare a fine mese sia con i propri redditi che con quelli familiari.

Solo un'azienda su tre punta su assunzioni di under 30. Per la maggioranza delle imprese la giovane età è ininfluente, mentre il 15,1% preferisce assumere ultratrentenni. E' quanto emerge in uno studio del Censis per la Confederazione nazionale artigianato (Cna). I motivi? Scarsa preparazione tecnica (per il 39,5%), aspettative economiche alte e non in linea con le effettive possibilità delle microimprese (28%), scarsa attitudine al lavoro di artigiano (26,6%), e infine difficoltà a sopportare la fatica (25,1%).

Poco più di 520 mila lavoratori in cassa integrazione a zero ore per un totale di un miliardo e novanta milioni di ore di cig nel 2012. Lavoratori costretti così a rinunciare a 8 mila euro a testa in busta paga, pari a un taglio complessivo di 4,2 miliardi al netto delle tasse. Il calcolo è stato fatto dalla Cgil rielaborando i dati Inps sulla cassa integrazione nel 2012.

Nei prossimi giorni la Cgil presenterà un proprio piano sul tema del lavoro in Italia. Lo ha annunciato il segretario generale della Cgil, Susanna Camusso: "Stiamo lavorando -ha spiegato- e nei prossimi giorni presenteremo un piano del lavoro perchè un progetto del Paese deve creare lavoro dignitoso e tutelato e dare soluzioni". Per la Camusso "una crisi di questo tipo si affronta con un grande governo e con una mobilitazione collettiva e non dei singoli. Noi -ha aggiunto- la nostra parte ce la metteremo, ma non si scappa dal fatto che un grande Paese ha bisogno di governo, di prospettive".

mercoledì 28 novembre 2012

Pubblica amministrazione una speranza per i precari


Il governo sta lavorando a una proroga dei contratti in scadenza nella pubblica amministrazione fino al prossimo 31 luglio da inserire nella legge di stabilità. Lo ha annunciato il commissario straordinario dell'Aran, Antonio Naddeo, all'incontro con i sindacati a Palazzo Vidoni, secondo quanto si apprende da fonti sindacali. Con la proroga, avrebbe riferito Naddeo "non abbiamo più la ghigliottina per definire l'accordo quadro" sui lavoratori flessibili. Di questa misura si parlerà nel Consiglio dei Ministri di venerdì e sarà formalizzata eventualmente ai sindacati in un nuovo incontro con i sindacati.

I precari nel pubblico impiego sarebbero all'incirca 250 mila nei diversi comparti e per la maggior parte con scadenza dei contratti al 31 dicembre 2012. Lo avrebbe comunicato l'Aran all'incontro governo-parti sociali, in corso al ministero della Pubblica Amministrazione, secondo quanto si apprende da fonti sindacali.

I lavoratori flessibili  nella scuola sono 135 mila, 14.800 nello Stato, di cui 3.600 nei Vigili del Fuoco, nella Sanità 35.194 e tra Regioni ed Enti locali oltre 52.000 (52.098), inoltre nelle Regioni a Statuto speciale 12.760.

«Un risultato positivo e utile frutto della nostra iniziativa». Così la Cgil ha commentato l'ipotesi di una proroga ai contratti precari in scadenza nella Pa come illustrato oggi nell'incontro tra il ministero della funzione pubblica e i sindacati a Palazzo Vidoni. «In attesa di leggere il testo della proroga e dell'accordo quadro- dice Michele Gentile, responsabile settori pubblici della Cgil nazionale - salutiamo questo come un risultato positivo e utile, frutto della nostra iniziativa, che permette di costruire un percorso che per quanto ci riguarda prevede la stabilità dei precari della Pa».

 A ottobre risultano in attesa di rinnovo 36 accordi contrattuali, di cui 16 appartenenti alla pubblica amministrazione, relativi a circa quattro milioni di dipendenti (intorno ai 3 milioni nel pubblico impiego). Lo ha comunicato l'Istat precisando che la quota di dipendenti che aspettano il rinnovo è pari al 30,7% nel totale dell'economia, in leggero rialzo rispetto a settembre.
A ottobre tra i contratti monitorati dall'indagine l'Istat registra il positivo scioglimento della riserva dell'accordo per i dipendenti dell'industria chimica, rinnovato prima della conclusione naturale del contratto (dicembre 2012), mentre sono scaduti quelli per i lavoratori dell'industria alimentare e olearia (al riguardo l'istituto precisa che alla fine di ottobre per questi accordi è già stata siglata l'ipotesi di intesa, che sarà recepita definitivamente non appena sarà sciolta la riserva da parte dei lavoratori). L'Istat ricorda per quanto riguarda gli statali che a partire da gennaio 2010 tutti i contratti della pubblica amministrazione sono scaduti, subendo il blocco stabilito per legge.

Le retribuzioni contrattuali orarie a ottobre salgono dell'1,5% su base annua, dall'1,4% di settembre, mentre su base mensile crescono dello 0,2%. Il dato tendenziale rimane, nonostante il forte rallentamento dei prezzi, sotto il livello d'inflazione annuo dello stesso mese (+2,6%), ma il divario si restringe a 1,1 punti (da 1,8 di settembre).

Guardando ai primi dieci mesi dell'anno, nella media del periodo gennaio-ottobre 2012 le retribuzioni contrattuali orarie risultano cresciute su base annua dell'1,5%. Analizzando le proiezioni dell'Istat, con riferimento al semestre novembre 2012-aprile 2013, in assenza di rinnovi, il tasso di crescita tendenziale dell'indice generale sarebbe pari all'1,6% a novembre, diminuirebbe leggermente a dicembre all'1,5% e da gennaio 2013 subirebbe una drastica riduzione attestandosi allo 0,9%.

Tenendo conto dei diversi settori, a ottobre presentano i rialzi tendenziali più forti i comparti dell'acqua e servizi di smaltimento rifiuti (3,0%), dell'energia elettrica e gas (2,9%), del tessile, abbigliamento e lavorazione pelli (2,8%). Si registrano invece variazioni nulle per telecomunicazioni e tutti i comparti della pubblica amministrazione.

sabato 24 novembre 2012

Lavoro: 4 milioni in area disagio

Sono oltre 4 milioni i lavoratori che nel 2012 si trovano in "area del disagio", dipendenti cioè a tempo determinato e occupati stabili a tempo parziale non per scelta ma perché non hanno trovato di meglio. Sono in aumento di 718.000 unità (+21,4%) rispetto al 2008 E' quanto emerge da una ricerca Ires Cgil su dati Istat riferiti al primo semestre di ogni anno.

"Un quadro drammatico quello che emerge dalla ricerca - afferma la Cgil - considerando anche che dal primo semestre 2008 al primo semestre 2012, l'occupazione è notevolmente calata in valori assoluti, passando da 23 milioni 376 mila a 22 milioni 919 mila (- 45 mila, pari a -2%), nonostante il numero delle persone in età di lavoro sia aumentata di circa 500 mila unità. "Questi numeri spiegano il costante e davvero preoccupante peggioramento delle condizioni di lavoro. Anche chi è occupato, ha rilevato lo studio dell'Ires - lavora meno di quanto vorrebbe e a condizioni diverse da quelle auspicate. Altro che choosy". I dipendenti stabili a tempo pieno calano di 544 mila unità (-4,2%) e gli autonomi a tempo pieno di 305 mila (- 6,1%).

Se si aggiunge il calo dei tempo parziale stabili volontari (-215 mila) si supera il milione di persone. Aumentano invece i lavori involontari, quelli che si è costretti ad accettare. Del resto anche i dati delle comunicazioni obbligatorie parlano chiaro, nel 2012 solo il 17,2% delle nuove assunzioni è a tempo indeterminato.

"Meno lavoro, peggioramento delle condizioni e diminuzione delle ore lavorate sono la realtà che emerge dall'indagine" hanno commentato il presidente della Fondazione Di Vittorio, Fulvio Fammoni e il segretario nazionale della Cgil, con delega sul mercato del lavoro, Serena Sorrentino. "Un dato molto grave – hanno aggiunto - che mette fine alla propaganda sulla cosiddetta scelta personale dei lavoratori è che il 93,2% dei lavoratori a termine e dei collaboratori dichiara che vorrebbe un lavoro stabile, mentre come è ovvio tutti i lavoratori a tempo parziale involontari vorrebbero un tempo pieno. All'area del mancato lavoro (disoccupati, scoraggiati e cassaintegrati) si aggiunge, quindi, quella del disagio nel lavoro. Un bacino enorme di persone, una fotografia purtroppo realistica e drammatica della realtà". Secondo Fammoni e Sorrentino, questo quadro "é sicuramente determinato dalla crisi, ma anche e in modo evidente delle scelte sbagliate fatte per contrastarla che producono effetti insopportabilmente negativi sull'occupazione. E' la conferma, basata su dati di fatto, di un giudizio severo e negativo sull'operato del governo". "E la legge 92/2012 di riforma del mercato del lavoro - aggiungono - , in particolare su precarietà ed ammortizzatori sociali, è del tutto inadeguata ed ancor più paradossale appare il taglio che si annuncia nella legge di stabilità degli ammortizzatori sociali: due fattori che aumenteranno ulteriormente quest'area di disagio".
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