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sabato 1 febbraio 2014
Mastrapasqua si dimette dalla presidenza Inps. L’uomo con venticinque incarichi
Il ministro del Lavoro, Enrico Giovannini, ha ricevuto le dimissioni di Antonio Mastrapasqua dall'incarico di Presidente dell'INPS.
Per Letta, "questa scelta credo sia saggia e giusta, e ha colto l'iniziativa" presa ieri dal governo e "la norma decisa ieri" perché "non si possono assumere incarichi così rilevanti senza esclusività". "Voglio dare atto del suo lavoro in questi anni, fatto in modo corretto", ha proseguito il presidente del Consiglio, ricordando passaggi importanti quali l'unificazione tra Inpdap e Inps. Il premier, poi, è quindi tornato ad auspicare che per la nuova "governance ci sia un'accelerazione dei tempi".
Il Governo, infatti, ricorda la nota, ha deciso di accelerare il processo di ridisegno della governance dell'Inps e dell'Inail e ha approvato un disegno di legge per disciplinare l'incompatibilità per tutte le posizioni di vertice degli enti pubblici nazionali, prevedendo, per quelli di particolare rilevanza, un regime di esclusività volta a prevenire situazioni di conflitto d'interesse. "Il Ministro, nell'esprimere, anche a nome del Governo, apprezzamento per la sensibilità dimostrata dal Dott. Mastrapasqua, - conclude la nota - lo ringrazia per il lavoro svolto in questi anni per il rinnovamento dell'Inps e il complesso processo di riorganizzazione dell'Ente derivante dall'incorporazione dell'Inpdap e dell'Enpals".
I possibili successori. Sarebbe Tiziano Treu il candidato più forte alla presidenza dell'Inps, come successore di Antonio Mastrapasqua dimessosi oggi. Secondo quanto si apprende dall'Agi, l'ex ministro del Lavoro (nominato durante il governo Dini e confermato da Prodi) rappresenterebbe in il nome più papabile e anche autorevole per guidare l'Istituto in vista della riforma della governance. In quota anche Raffaele Bonanni, attuale segretario della Cisl anche se sarebbe al momento il candidato più "debole". Il suo nome era circolato invece quando è scoppiato il caso Mastrapasqua ma sull'attuale direttore generale Mauro Nori, non sembrano al momento concentrarsi i consensi perché considerato troppo tecnico.
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mercoledì 20 novembre 2013
Pensioni si pensioni no Inps ex INPDAP. Che confusione
Il disavanzo patrimoniale ed economico dell'Inps «può dare segnali di non totale tranquillità». Così il presidente dell'Inps Antonio Mastrapasqua sui dati di bilancio dell'Ente nel corso di una audizione alla commissione bicamerale di controllo degli enti previdenziali.
Un'uscita che aveva sollevato parecchi allarmi e che ha indotto Mastrapasqua a specificare che i conti dell'Istituto «sono in piena sicurezza» e a smentire «ogni allarmismo». «C'è piena e totale sostenibilità dei conti della previdenza e dell'Inps - ha chiarito Mastrapasqua - Nessun allarme e nessun allarmismo.
L'accorpamento con Inpdap ed Enpals ha spiegato Mastrapasqua in audizione «ha creato uno squilibrio di bilancio». La perdita dell'Inps è imputabile essenzialmente, riassume ancora il presidente Inps, «al deficit ex Inpdap, alla forte contrazione dei contributi per blocco del turnover del pubblico impiego e al continuo aumento delle uscite per prestazioni istituzionali».
Di qui la necessità di rivedere le norme che hanno regolato l'accorpamento dell'Inps con Inpdap ed Enpals. Per Mastrapasqua occorre dunque abbandonare la pratica delle anticipazioni, «di trasferimenti statali non completamente rispondenti ai fabbisogni», e ripristinare una copertura strutturale da parte dello Stato per il pagamento delle pensioni pubbliche. Senza questo intervento normativo si potrebbero «innescare rischi di sotto finanziamento dei disavanzi previdenziali e di progressivo aggravamento delle passività».
Ecco perché «sarebbe auspicabile che fosse approfondita e valutata nelle sedi competenti l'opportunità di eventuali interventi normativi, tesi a garantire l'efficiente ed efficace implementazione della più grande operazione di razionalizzazione del sistema previdenziale pubblico», dice Mastrapasqua, ricordando come all'origine del deficit ex Inpdap vi sia stata la soppressione, con la Finanziaria 2008, della norma in vigore dal 1996 che prevedeva l'apporto dello Stato a favore della gestione ex Inpdap, per garantire il pagamento dei trattamenti pensionistici statali. A fronte di questo, infatti, l'Inpdap ha fatto ricorso all'avanzo di amministrazione per la coperture del relativo deficit finanziario e soprattutto, alle anticipazioni di bilancio. Il rischio, senza un intervento dello Stato, è un «aumento delle passività».
Il fardello ereditato dall'Inpdap è probabilmente il nodo principale e forse quello più urgente da affrontare, ma nell'agenda del sistema pensionistico italiano non è l'unico. A livello generale ci si sta iniziando a interrogare sulla tenuta del sistema e sull'adeguatezza delle pensioni future, tenuto conto che la rivalutazione dei contributi è legata all'andamento del Pil nazionale e se questo continuerà a non crescere o addirittura a diminuire gli effetti si faranno sentire anche sull'importo delle pensioni. Il passaggio al sistema contributivo, inoltre, se consente di avere conti più sostenibili rispetto al retributivo, in un mercato del lavoro e in una congiuntura sempre più difficili, caratterizzati dall'alternarsi di periodi di impiego ad altri senza, rischia di determinare assegni mensili inadeguati per chi andrà in pensione tra 20-30 anni, come ha recentemente sottolineato il ministro del Lavoro Enrico Giovannini.
Altro tema caldo è quello delle pensioni d'oro, su cui si è già tentato di introdurre un contributo di solidarietà in modo da reperire risorse da distribuire a favore delle pensioni più magre.
Entro fine anno il Governo dovrebbe prendere una decisione anche in merito all'incremento dell'aliquota contributiva prevista per gli iscritti alla gestione separata. In base alla legge 92/2012 (riforma del mercato del Lavoro dell'allora ministro Elsa Fornero), l'aliquota dovrebbe passare dall'attuale 27% al 33% entro il 2018. Un incremento ritenuto insopportabile dai professionisti a partita Iva iscritti alla gestione separata su cui ricade pressoché interamente questo onere dato che nelle attuali condizioni di mercato non possono permettersi di aumentare gli onorari fatturati ai committenti.
Infine ci sono gli esodati, conseguenza della riforma previdenziale Monti-Fornero di fine 2011, non ancora risolto. Le persone salvaguardate dagli effetti negativi del nuovo sistema finora sono meno di 150mila, a fronte di un bacino potenziale stimato di oltre 300mila. In questo caso il problema è il reperimento delle coperture necessarie, da parte del governo, per ampliare ulteriormente l'intervento e consentire così all'Inps di riconoscere il diritto alla pensione ed erogare il relativo assegno mensile sulla base delle regole in vigore fino al 2011.
Basti pensare al fatto che la confluenza dell'Inpdap nell'Inps ha portato come dote il primo bilancio in rosso per oltre 9 miliardi dell'Inps. Il cronico buco deficitario dell'ex fondo dei dipendenti pubblici si è così scaricato sulla previdenza di tutti. Per il 2013 il Collegio di indirizzo e vigilanza dell'Inps si attende dalla sola gestione dell'ex ente dei dipendenti pubblici un disavanzo di 7,6 miliardi, che vale quasi l'80% dell'intero disavanzo stimato per tutto l'Inps per il 2013 che è sopra i 9 miliardi.
E così l'incorporazione nei fatti è diventato un salvataggio mascherato dell'Inpdap che rischiava di finire in dissesto. Ora il contagio dei disastrati conti dell'ente pensionistico dei lavoratori pubblici si allarga però all'intero Inps. Del resto con perdite annue che sono state di 10 miliardi nel 2011 e di 9 miliardi nel 2010, l'Inpdap nei fatti aveva finito per vedersi erodere l'intero capitale. Salvezza necessaria, dunque, ma che avrà l'effetto, se il trend di perdite proseguirà con questo passo, di portare a zero anche il patrimonio dell'Inps già nel 2015, come ha avvertito lo stesso presidente Mastrapasqua.
Se poi si va indietro nel tempo si scopre che le perdite dell'Inpdap sono strutturali da anni. Nel 2009 il saldo tra contributi e prestazioni è stato infatti negativo per la bellezza di 14,4 miliardi, mitigato dai 9,1 miliardi di contributi dello Stato come datore di lavoro. Il buco resta comunque alto oltre i 5 miliardi. E dal 2005 al 2008 il saldo cumulativo è stato negativo per 42 miliardi, che si dimezzano tenendo conto dei versamenti contributivi dello Stato ma che lasciano comunque un passivo imponente.
Già ma perché l'Inpdap è perennemente in perdita? Come mostrano i dati della Corte dei Conti nell'ultimo decennio il saldo tra entrate e uscite è sempre stato negativo, accelerando negli anni tra l'altro. Solo nel 2011 il buco è stato di 10 miliardi, dato che le entrate si sono fermate a 51 miliardi mentre le spese per pensioni sono salite a ben 61 miliardi. E nel decennio 2002-2011 le spese sono aumentate del 4,6% annuo, mentre le entrate sono salite solo del 2,8 per cento.
Uno squilibrio strutturale come si vede determinato dal fatto che i contributi sono sempre stati più bassi delle pensioni erogate. Il metodo retributivo che premia gli ultimi anni di attività lavorativa, le pensioni d'anzianità, i ritiri anticipati sommati al blocco del turn over e alla contrazione del numero dei dipendenti hanno sortito questo effetto. Troppe pensioni e di importo più elevato rispetto ai contributi effettivamente versati.
Ma per ironia della sorte non sono solo le pensioni pubbliche (oltre 2,8 milioni di assegni per un importo nel 2013 stimato in 63,7 miliardi) e il loro disavanzo strutturale a minacciare i conti dell'Inps.
Anche le ricche pensioni degli ex dirigenti d'azienda (e i minori contributi versati in proporzione) mandano in deficit strutturale l'ex Inpdap. Il buco di bilancio dell'ente riassorbito nell'Inps pena il fallimento non è episodico. Nell'ultimo decennio il deficit cumulato è stato di almeno 20 miliardi. Come per l'Inpdap, le uscite previdenziali superano strutturalmente le entrate da contributi. Anche qui il danno del sistema retributivo è stato enorme. Pensioni calcolate sugli ultimi 5 anni di carriera lavorativa sono assai generose rispetto ai reali contributi versati dagli ex manager e i loro datori di lavoro.
Il fondo lavoratori dipendenti (cioè i privati) mantiene un debole segno positivo per 590 milioni. Ma in realtà sarebbe in forte avanzo per ben 8,5 miliardi se non gravassero su di esso i deficit strutturali degli ex fondi speciali: tra lavoratori elettrici, telefonici, dei trasporti e appunto dirigenti d'azienda il disavanzo complessivo per il 2013 sarà di 8 miliardi. Tanto da portare quasi a zero l'avanzo dei dipendenti privati.
Lo pagano i cittadini con la fiscalità generale, dato che lo Stato deve ogni anno elevare la quota di trasferimenti pubblici all'Inps. Sono circa 90 miliardi l'anno che saliranno di altri 20 miliardi fino al 2015, quando (forse) la riforma Fornero dispiegherà in pieno i suoi effetti.
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sabato 27 luglio 2013
Inps da agosto 2013 rimborsa le pensioni d'oro
I primi in ordine di tempo sono i pensionati della gestione ex Enpals. Ma per il grosso degli interessati il rimborso del «contributo di perequazione» - applicato dal 2011 sulle pensioni superiori ai 90 mila euro e dichiarato incostituzionale - arriverà con la mensilità di agosto. L’Inps ha preso atto della sentenza della Consulta con il messaggio numero 11243 indirizzato alle proprie strutture: viene fissato quindi il calendario in base al quale si sospende l’applicazione del prelievo (5 per cento tra 90 e 150 mila euro annui, 10 fino a 200 mila e 15 sopra questa soglia) e si restituisce quanto trattenuto nel 2013. Le somme relative agli anni precedenti, sulle quali dovranno essere effettuati i calcoli fiscali, saranno invece rimborsate in un momento successivo.
Più precisamente per quanto riguarda la gestione dei lavoratori privati nel mese di agosto 2013 sarà ripristinato il pagamento senza contributo e verrà anche rideterminata la tassazione, in funzione del nuovo e maggiore imponibile; per i titolari di più pensioni tutto ciò avverrà separatamente per ciascun trattamento. Sempre ad agosto saranno restituiti gli importi trattenuti nel 2013 e contemporaneamente verrà operato il conguaglio fiscale.
Le scadenze sono un po’ diverse per gli ex dipendenti pubblici della gestione Inpdap, ora assorbita dall’Inps: il primo pagamento senza decurtazione è previsto già a luglio, mentre da agosto scatterà il rimborso dell’arretrato, sempre relativo al 2013. Per i titolari di un’unica prestazione la tassazione sarà calcolata sull’aliquota massima, per gli altri in base ad aliquota proporzionale. Infine c’è la gestione ex Enpals, che è meno numerosa e comprende i lavoratori dello spettacolo, per la quale scatta da luglio sia il ripristino della pensione piena sia la restituzione dei contributi trattenuti fino al mese di giugno.
La sentenza della Corte costituzionale ha censurato il contributo con la motivazione che si tratta sostanzialmente di un prelievo fiscale, e quindi per motivi di equità andrebbe applicato a tutti i redditi, non solo quelli da pensione. Di questo pronunciamento dovrà tenere conto il governo se davvero pensa a nuovi interventi sulle pensioni più alte, dette anche (non sempre correttamente) d’oro.
Sta continuando a farsi attendere la riforma delle pensioni che dovrebbe rendere più morbida la legge Fornero, dopo gli danneggiamenti prodotti nel welfare nazionale, gli assegni d’oro per luglio e agosto garantiranno ferie ancor più rilassate ai loro destinatari. Per effetto del pronunciamento della Corte costituzionale, infatti, i pensionati di prima fascia, pubblici e privati, riceveranno, nei prossimi mesi di luglio e agosto, il rimborso delle trattenute dei mesi scorsi a scopo di solidarietà.
La quota trattenuta sulle note pensioni d’oro, ammontava al 5% entro i 150mila euro, al 10% fino a 200mila, al 15% per quelle ancora più alte. Ma ora, con il messaggio 1243, l’Inps ha comunicato le modalità attraverso cui la trattenuta extra verrà restituita ai legittimi proprietari, dopo che la Corte costituzionale ha dichiarato illegittimi i prelievi di solidarietà varati dal governo precedente.
Si è trattato di una, nuova, sonora e clamorosa bocciatura per le politiche degli ultimi anni sulla spesa previdenziale, che finisce per fare il paio con le rigidità della successiva riforma Fornero, la quale è ancora vigente e non ha mai subito patenti di incostituzionalità dalla Consulta, ma indubbiamente ha prodotto non pochi danni per la popolazione, in particolare con il caos generato in seguito all’esplosione della questione esodati, tuttora irrisolta.
Così, a luglio l’Inps restituirà il ticket prelevato nel corso del 2013 – il rimborso per gli anni 2011 e 2012 è stato rinviato – nel mese di luglio ai dipendenti pubblici, mentre, in agosto, la quota verrà resa ai privati.
Nello specifico, per i lavoratori delle aziende private, la pensione verrà riportata al suo ammontare precedente al contributo, con la rimodulazione, naturalmente, delle trattenute fiscali a seguito dell’accresciuto valore. Oltre a ciò, l’Inps riaffiderà ai legittimi proprietari quelle cifre sottoposte al ticket di solidarietà da inizio 2013.
Per i pubblici che erano iscritti all’Inpdap, a luglio la pensione tornerà quella classica, e, il mese successivo, verrà erogato il conguaglio, con relativa tassazione ad aliquota massima nel caso per chi usufruisca di un’unico assegno. Diversamente, per gli ex Enpals, il rimborso delle trattenute avverrà a luglio.
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sabato 6 aprile 2013
Conguaglio fiscale 2013 sulle pensioni
L’Inps ha provveduto ad effettuare il conguaglio fiscale relativo all’anno 2012, per i pensionati della Gestione Dipendenti Pubblici, con effetto sulla rata di pensione di marzo.
Quindi per effetto dell’incorporazione in Inps di Inpdap ed Enpals, tutte le prestazioni erogate dall’Ente di Previdenza, relative al singolo contribuente, sono state abbinate e sono confluite in un’unica certificazione fiscale (CUD 2013), determinando il conguaglio fiscale.
Nel messaggio n. 5447 del 2 aprile 2013 sono riepilogate le modalità con cui l’Inps ha provveduto ad effettuare il conguaglio fiscale relativo all’anno 2012 per i pensionati della gestione dipendenti pubblici. All’interno del quale sono riepilogate le modalità con cui l’Istituto ha provveduto ad effettuare il conguaglio fiscale relativo all’anno 2012 per i pensionati della gestione dipendenti pubblici. Si acquisisce dalla circolare che il debito d’imposta risultante dal conguaglio fiscale dell’anno reddituale 2012, ultimato dall’Istituto entro il 28 febbraio 2013, è stato recuperato in un’unica soluzione mediante ritenuta sulla rata di pensione del mese di marzo 2013 ad eccezione di coloro che percepiscono redditi da pensione non superiori a 18.000 euro.
Nei confronti dei pensionati, il conguaglio fiscale a debito di importo superiore a € 100, è stato rateizzato a decorrere dal mese di marzo 2013 in un numero massimo di 10 rate e privato dell’applicazione degli interessi. Per gli altri pensionati che hanno un reddito da pensione pari o superiore a 18 mila euro il debito d’imposta risultante dal conguaglio fiscale è stato recuperato integralmente nei limiti della capienza della rata di pensione di marzo 2013, in base a quanto sancito dalla disciplina tributaria. In seguito a specifica richiesta in tale senso da parte dell’Istituto, l’Agenzia dell’Entrate ha deciso comunque di autorizzare, a decorrere dalla rata di aprile 2013, una più ragguardevole rateizzazione che verrà effettuata mediante specifici termini.
Nei riguardi dei pensionati che sono titolari di un reddito da pensione pari o superiore a 18 mila euro e per i pensionati nei confronti dei quali non è stato possibile recuperare integralmente il debito fiscale sulla rata di marzo 2013, ha precisato il messaggio, il recupero del residuo debito avverrà a decorrere dalla rata di aprile 2013 con l’applicazione di una particolare salvaguardia. Nello specifico, per i pensionati che possiedono un trattamento pensionistico mensile netto di importo superiore ad € 1.238,58, il recupero del residuo debito fiscale sarà operato dalla rata di aprile 2013 assicurando il pagamento di un importo mensile netto di € 990,86, corrispondente al doppio del trattamento minimo per l’anno 2013. Questa modalità sarà applicata anche nei mesi successivi fino alla totale cancellazione del debito fiscale, usufruendo anche dell’importo della tredicesima eccedente (€ 990,86) qualora il debito non venisse estinto prima.
Per i pensionati il cui trattamento pensionistico mensile (al netto di tutte le ritenute comprese le addizionali regionali e comunali) è uguale o inferiore ad € 1.238,58 mensili, il debito fiscale sarà recuperato entro il limite della trattenuta di un quinto della pensione; tale modalità sarà applicata anche nei mesi successivi fino alla totale eliminazione di quanto dovuto all’erario, avvalendosi anche dell’importo della tredicesima qualora il debito non venga estinto prima. Nel caso in cui il debito non venisse integralmente recuperato entro il mese di dicembre 2013, sarà l’Istituto a comunicare al diretto interessato l’obbligo di provvedere personalmente al saldo entro la data del 15 gennaio 2014, attraverso versamento con Modello F24 prestampato con gli importi ed inviato, a tempo opportuno, congiuntamente alla comunicazione.
Nel caso in cui la rateizzazione sia in corso e venga interrotta la corresponsione della pensione (ad esempio in caso di decesso del titolare), il residuo debito ed i relativi termini di scadenza saranno comunicati agli eredi che dovranno a loro volta provvedere al saldo di quanto dovuto.
Se il debito con l’Inps non sarà saldato attraverso le dieci rate previste, quindi entro il mese di dicembre 2013, il pensionato ancora in debito dovrà procedere al saldo entro il 15 gennaio 2014 tramite modello F24. Tutti i dati relativi al conguaglio verranno riportati nella dichiarazione del sostituto d’imposta Modello 770/2013 – CUD 2013.
Quindi per effetto dell’incorporazione in Inps di Inpdap ed Enpals, tutte le prestazioni erogate dall’Ente di Previdenza, relative al singolo contribuente, sono state abbinate e sono confluite in un’unica certificazione fiscale (CUD 2013), determinando il conguaglio fiscale.
Nel messaggio n. 5447 del 2 aprile 2013 sono riepilogate le modalità con cui l’Inps ha provveduto ad effettuare il conguaglio fiscale relativo all’anno 2012 per i pensionati della gestione dipendenti pubblici. All’interno del quale sono riepilogate le modalità con cui l’Istituto ha provveduto ad effettuare il conguaglio fiscale relativo all’anno 2012 per i pensionati della gestione dipendenti pubblici. Si acquisisce dalla circolare che il debito d’imposta risultante dal conguaglio fiscale dell’anno reddituale 2012, ultimato dall’Istituto entro il 28 febbraio 2013, è stato recuperato in un’unica soluzione mediante ritenuta sulla rata di pensione del mese di marzo 2013 ad eccezione di coloro che percepiscono redditi da pensione non superiori a 18.000 euro.
Nei confronti dei pensionati, il conguaglio fiscale a debito di importo superiore a € 100, è stato rateizzato a decorrere dal mese di marzo 2013 in un numero massimo di 10 rate e privato dell’applicazione degli interessi. Per gli altri pensionati che hanno un reddito da pensione pari o superiore a 18 mila euro il debito d’imposta risultante dal conguaglio fiscale è stato recuperato integralmente nei limiti della capienza della rata di pensione di marzo 2013, in base a quanto sancito dalla disciplina tributaria. In seguito a specifica richiesta in tale senso da parte dell’Istituto, l’Agenzia dell’Entrate ha deciso comunque di autorizzare, a decorrere dalla rata di aprile 2013, una più ragguardevole rateizzazione che verrà effettuata mediante specifici termini.
Nei riguardi dei pensionati che sono titolari di un reddito da pensione pari o superiore a 18 mila euro e per i pensionati nei confronti dei quali non è stato possibile recuperare integralmente il debito fiscale sulla rata di marzo 2013, ha precisato il messaggio, il recupero del residuo debito avverrà a decorrere dalla rata di aprile 2013 con l’applicazione di una particolare salvaguardia. Nello specifico, per i pensionati che possiedono un trattamento pensionistico mensile netto di importo superiore ad € 1.238,58, il recupero del residuo debito fiscale sarà operato dalla rata di aprile 2013 assicurando il pagamento di un importo mensile netto di € 990,86, corrispondente al doppio del trattamento minimo per l’anno 2013. Questa modalità sarà applicata anche nei mesi successivi fino alla totale cancellazione del debito fiscale, usufruendo anche dell’importo della tredicesima eccedente (€ 990,86) qualora il debito non venisse estinto prima.
Per i pensionati il cui trattamento pensionistico mensile (al netto di tutte le ritenute comprese le addizionali regionali e comunali) è uguale o inferiore ad € 1.238,58 mensili, il debito fiscale sarà recuperato entro il limite della trattenuta di un quinto della pensione; tale modalità sarà applicata anche nei mesi successivi fino alla totale eliminazione di quanto dovuto all’erario, avvalendosi anche dell’importo della tredicesima qualora il debito non venga estinto prima. Nel caso in cui il debito non venisse integralmente recuperato entro il mese di dicembre 2013, sarà l’Istituto a comunicare al diretto interessato l’obbligo di provvedere personalmente al saldo entro la data del 15 gennaio 2014, attraverso versamento con Modello F24 prestampato con gli importi ed inviato, a tempo opportuno, congiuntamente alla comunicazione.
Nel caso in cui la rateizzazione sia in corso e venga interrotta la corresponsione della pensione (ad esempio in caso di decesso del titolare), il residuo debito ed i relativi termini di scadenza saranno comunicati agli eredi che dovranno a loro volta provvedere al saldo di quanto dovuto.
Se il debito con l’Inps non sarà saldato attraverso le dieci rate previste, quindi entro il mese di dicembre 2013, il pensionato ancora in debito dovrà procedere al saldo entro il 15 gennaio 2014 tramite modello F24. Tutti i dati relativi al conguaglio verranno riportati nella dichiarazione del sostituto d’imposta Modello 770/2013 – CUD 2013.
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domenica 13 gennaio 2013
Detrazioni fiscali 2013 figli a carico in busta paga
Per i lavoratori dipendenti e pensionati con figli a carico, i benefici si vedranno a partire dal 1° gennaio 2013 in sede di retribuzione o pensione mensile, mentre imprenditori e professionisti potranno fruire dei nuovi sconti in sede di dichiarazione dei redditi per l'anno 2013 utilizzando il modello Unico 2014.
L'aumento delle detrazioni per i figli è disposto dalla legge di stabilità gia riportato su queste pagine.
Quindi dal primo gennaio 2013 aumentano le detrazioni per i figli a carico. Gli effetti si faranno sentire già nella prima busta paga dell’anno. Nelle regioni con debito sanitario i benefici saranno annullati dall’aumento di altre imposte.
Dal 2013, per i figli a carico, si ha perciò diritto a una detrazione dall'imposta lorda di 950 euro per ogni figlio, che salgono a 1.220 euro per i figli con meno di 3 anni. Per i portatori di handicap, questi importi vanno aumentati di 400 euro ciascuno. È bene ricordare, però, che queste cifre sono solo puramente indicative. Le detrazioni, infatti, variano a seconda del reddito del dichiarante: più è alto, più le detrazioni diminuiscono. È inoltre stabilito che per i contribuenti con più di tre figli a carico la detrazione è aumentata di 200 euro per ciascun figlio a partire dal primo.
La detrazione deve essere rapportata al numero di mesi a carico ed alla percentuale di spettanza che può essere esclusivamente pari a 100, 50 o zero.
Si ricorda che la detrazione deve essere ripartita nella misura del 50% tra i coniugi. Tuttavia, i coniugi possono decidere di comune accordo di attribuire l'intera detrazione al genitore con il reddito complessivo più elevato.
La differenza maggiore tra la vecchia e la nuova normativa la sentiranno le famiglie con un figlio disabile. Per i redditi più bassi, quelli sotto i 20.000 euro, e un figlio sotto i tre anni lo sconto arriva a 1.397 euro, 513 in più dell'attuale. Si passa a 1.304 euro se gli introiti annuali sono di 25.000 euro e a 1.211 se il reddito sale a 30.000. Lo sconto minimo per chi guadagna più di 60.000 euro è di 652 euro (239 in più di oggi). Se il bambino ha più di tre anni, si va invece da una detrazione massima di 1.239 euro per i redditi bassi (434 in più dell'attuale normativa) a 578 euro per i redditi più alti (203 in più rispetto al 2012).
In caso di coniuge fiscalmente a carico dell'altro, la detrazione compete a quest'ultimo per l'intero importo. Se l'altro genitore manca o non ha riconosciuto i figli naturali e il contribuente non è coniugato o, se coniugato, si è successivamente legalmente ed effettivamente separato, o se vi sono figli adottivi, affidati o affiliati del solo contribuente e questi non è coniugato o, se coniugato, si è successivamente legalmente ed effettivamente separato, per il primo figlio si applicano, se più convenienti, le detrazioni previste per il coniuge a carico.
Si ricorda che, in caso di variazione, è il dipendente che ha l’obbligo di comunicare ogni modifica per evitare di percepire somme indebite e di essere così perseguito: in assenza della dichiarazione rettificatrice, il comportamento del dipendente è punito con una sanzione amministrativa da un minimo di 258 a un massimo di 2.065 euro.
Tutte le aziende, oltre ai diversi istituti pubblico, si sono adoperate per rispettare queste ultime disposizioni. A questo proposito, l’Inpdap ha recentemente informato, ad esempio, i propri dipendenti che per correggere la loro precedente dichiarazione devono utilizzare il sistema telematico e utilizzare la procedura on-line “autocertificazione carico familiare” sul sistema Intranet, sezione “Inpdap per noi”.
L'aumento delle detrazioni per i figli è disposto dalla legge di stabilità gia riportato su queste pagine.
Quindi dal primo gennaio 2013 aumentano le detrazioni per i figli a carico. Gli effetti si faranno sentire già nella prima busta paga dell’anno. Nelle regioni con debito sanitario i benefici saranno annullati dall’aumento di altre imposte.
Dal 2013, per i figli a carico, si ha perciò diritto a una detrazione dall'imposta lorda di 950 euro per ogni figlio, che salgono a 1.220 euro per i figli con meno di 3 anni. Per i portatori di handicap, questi importi vanno aumentati di 400 euro ciascuno. È bene ricordare, però, che queste cifre sono solo puramente indicative. Le detrazioni, infatti, variano a seconda del reddito del dichiarante: più è alto, più le detrazioni diminuiscono. È inoltre stabilito che per i contribuenti con più di tre figli a carico la detrazione è aumentata di 200 euro per ciascun figlio a partire dal primo.
La detrazione deve essere rapportata al numero di mesi a carico ed alla percentuale di spettanza che può essere esclusivamente pari a 100, 50 o zero.
Si ricorda che la detrazione deve essere ripartita nella misura del 50% tra i coniugi. Tuttavia, i coniugi possono decidere di comune accordo di attribuire l'intera detrazione al genitore con il reddito complessivo più elevato.
La differenza maggiore tra la vecchia e la nuova normativa la sentiranno le famiglie con un figlio disabile. Per i redditi più bassi, quelli sotto i 20.000 euro, e un figlio sotto i tre anni lo sconto arriva a 1.397 euro, 513 in più dell'attuale. Si passa a 1.304 euro se gli introiti annuali sono di 25.000 euro e a 1.211 se il reddito sale a 30.000. Lo sconto minimo per chi guadagna più di 60.000 euro è di 652 euro (239 in più di oggi). Se il bambino ha più di tre anni, si va invece da una detrazione massima di 1.239 euro per i redditi bassi (434 in più dell'attuale normativa) a 578 euro per i redditi più alti (203 in più rispetto al 2012).
In caso di coniuge fiscalmente a carico dell'altro, la detrazione compete a quest'ultimo per l'intero importo. Se l'altro genitore manca o non ha riconosciuto i figli naturali e il contribuente non è coniugato o, se coniugato, si è successivamente legalmente ed effettivamente separato, o se vi sono figli adottivi, affidati o affiliati del solo contribuente e questi non è coniugato o, se coniugato, si è successivamente legalmente ed effettivamente separato, per il primo figlio si applicano, se più convenienti, le detrazioni previste per il coniuge a carico.
Si ricorda che, in caso di variazione, è il dipendente che ha l’obbligo di comunicare ogni modifica per evitare di percepire somme indebite e di essere così perseguito: in assenza della dichiarazione rettificatrice, il comportamento del dipendente è punito con una sanzione amministrativa da un minimo di 258 a un massimo di 2.065 euro.
Tutte le aziende, oltre ai diversi istituti pubblico, si sono adoperate per rispettare queste ultime disposizioni. A questo proposito, l’Inpdap ha recentemente informato, ad esempio, i propri dipendenti che per correggere la loro precedente dichiarazione devono utilizzare il sistema telematico e utilizzare la procedura on-line “autocertificazione carico familiare” sul sistema Intranet, sezione “Inpdap per noi”.
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domenica 25 novembre 2012
Contributi 2013 ricongiunzione da INPDAP a INPS
La ricongiunzione dei contributi è quell’istituto che permette, a chi ha posizioni assicurative in gestioni previdenziali diverse, di riunire, mediante trasferimento, tutti i periodi contributivi presso un’unica gestione, allo scopo di ottenere una sola pensione. In Italia i lavoratori, dal 1979 è possibile ricongiungere in un solo fondo i contributi versati a diverse casse previdenziali.
I contributi in questione possono riferirsi all’assicurazione generale obbligatoria o alle gestioni speciali per i lavoratori autonomi (gestite dall’Inps) o riferibili all’assicurazione generale vincolante per i lavoratori.
La manovra del governo ha dimenticato la ricongiunzione dei contributi, che rimangono a titolo oneroso. Il decreto legge tuttavia, prevede delle novità in materia di totalizzazione, abolendo il requisito minimo dei tre anni di contributi, prima necessari per effettuare questa operazione nella singola gestione. In questo modo, la totalizzazione risulta più accessibile rispetto alla ricongiunzione. Se questa opzione non comporta oneri diretti, va ricordato che l'assegno di norma è più leggero. In generale, poi, non ci sono limiti: ciascun lavoratore può accedere all'una o all'altra opzione.
Stabilito che, tutti i periodi contribuitivi valgono ai fini del raggiungimento dei requisiti minimi per la pensione, resta inteso, che, in molti casi, può risultare conveniente riunire la propria posizione contributiva presso un solo ente. I periodi ricongiunti verranno infatti adoperati come se provenissero dal fondo in cui sono stati unificati e pertanto, daranno diritto alla pensione in funzione dei requisiti previsti dal fondo medesimo.
Ricordiamo che questo procedimento era a carico delle gestioni, e quindi totalmente gratuita per gli iscritti, che avevano l’onere di trasferire nel Fondo i contributi riguardanti i periodi ricongiunti, oltre agli interessi (ad un tasso annuo pari al 4,50 per cento).
Dal 1 Luglio 2010 la legge è cambiata mentre prima prevedeva che la ricongiunzione dei contributi previdenziali da Inpdap (ente previdenziale dei dipendenti della pubblica amministrazione) a Inps divenisse onerosa. Onerosa sta a significare che chi vuole cumulare nell’Inps i propri contributi, avendo versato inizialmente a Inpdap e successivamente all’Inps, deve versarli nuovamente e con interessi.
In molti speravano che il decreto Salva Italia sanasse questa situazione di iniquità. La nuova manovra invece non ha affrontato il problema. Le uniche modifiche riguardano la soluzione alternativa alla ricongiunzione, ossia la totalizzazione. Per capire se sia conveniente una soluzione piuttosto che un'altra occorre valutare caso per caso. Con il passaggio dalla ricongiunzione a titolo gratuito a quella a pagamento si è voluto evitare che le lavoratrici dipendenti del settore pubblico aggirassero l'ostacolo dell'innalzamento dell'età pensionabile prevista per la loro categoria (61 anni dal 2010 e 65 anni dal 2012, ora divenuti 66 per effetto del decreto legge 201/2011, in legge 214) trasferendo i propri contributi all'Inps. Con questa mossa l'Istituto avrebbe pagato la pensione al compimento del 60esimo anno di età.
Quindi ai lavoratori che hanno versato i contributi previdenziali in diverse casse, gestioni o fondi previdenziali – e ai quali ora si chiedono migliaia di euro per la ricongiunzione contributiva - l’unica soluzione accettabile è quella di optare per la totalizzazione, acquisendo gratuitamente il diritto ad un’unica pensione di vecchiaia o di anzianità, seppure rinunciando ai vantaggi ai fini pensionistici che avrebbe comportato il ricongiungimento, gratuito fino al 2010 ma ormai un miraggio per tutti visti i costi stellari.
La ricongiunzione dei contributi previdenziali di casse diverse a pagamento è considerata uno scandalo da molti, ma non dal Ministro Elsa Fornero, che difende la legge 122/2010 sostenendo che «l’imposizione di un onere risponde a criteri di equità tra le categorie».
La totalizzazione rappresenta una soluzione diversa dalla ricongiunzione dei contributi, in primo luogo perché la totalizzazione risulta completamente gratuita, mentre la ricongiunzione può arrivare a costare anche molto caro. In questo caso, però, i contributi non possono essere ricongiunti ad altra cassa o fondo di previdenza.
Un'alternativa alla ricongiunzione è la totalizzazione (Dlgs 42/06) che con la manovra Monti è stata estesa a tutti i periodi contributivi compresi quelli inferiore a tre anni. Le gestioni previdenziali interessate dalla totalizzazione, ciascuna per la parte di propria competenza, determineranno il trattamento pensionistico pro quota in rapporto ai rispettivi periodi di iscrizione sulla base della disciplina del sistema contributivo puro (Dlgs 180/97). Come hanno spiegato Inps e Inpdap, se il lavoratore che effettua la totalizzazione ha già maturato in una delle gestioni previdenziali i requisiti minimi richiesti per il diritto a una pensione autonoma, questo pro quota di pensione sarà calcolato con il sistema di computo previsto nella gestione (retributivo o misto) e, pertanto, non necessariamente con il sistema contributivo.
Della cosiddetta totalizzazione dei contributi possono beneficiare lavoratori dipendenti, autonomi artigiani, commercianti e coltivatori diretti, liberi professionisti, ma soprattutto lavoratori parasubordinati iscritti alla gestione separata.
gli autonomi possono sommare i contributi versati nelle gestioni speciali dei lavoratori autonomi con quelli versati all’INPS come lavoratori dipendenti per attività lavorativa subordinata;
chi ha lavorato all’estero può sommare i contributi versati in paesi dell’Unione Europea o convenzionati con
quelli versati all’INPS;
gli occupati in data successiva al 31.12.1995 possono sommare i contributi INPS con quelli di due o più gestioni;
possono totalizzare i periodi assicurativi, per ottenere un’unica pensione i titolari di posizione assicurativa all’INPGI e all’INPS per altra attività lavorativa subordinata;
chi ha effettuato versamenti all’INPS e all’ENPAL può godere della totalizzatone prevista dalla convenzione stipulata tra i due Enti.
Comunque per richiedere la totalizzazione è necessario: un’anzianità contributiva pari ad almeno tre anni, tranne per i contributivi esteri che però devono rispettare il minimale di contribuzione previsto dalla normativa comunitaria (1 anno) o dalle singole Convenzioni bilaterali;
non aver richiesto e accettato la ricongiunzione dei periodi assicurativi ai sensi della legge 7 febbraio 1979, n. 29 e 5 marzo 1990, n. 45 in data successiva all’entrata in vigore del decreto legislativo n. 42 del 2 febbraio 2006;
non essere titolare di un trattamento pensionistico erogato da una delle gestioni destinatarie della normativa della totalizzazione.
I contributi in questione possono riferirsi all’assicurazione generale obbligatoria o alle gestioni speciali per i lavoratori autonomi (gestite dall’Inps) o riferibili all’assicurazione generale vincolante per i lavoratori.
La manovra del governo ha dimenticato la ricongiunzione dei contributi, che rimangono a titolo oneroso. Il decreto legge tuttavia, prevede delle novità in materia di totalizzazione, abolendo il requisito minimo dei tre anni di contributi, prima necessari per effettuare questa operazione nella singola gestione. In questo modo, la totalizzazione risulta più accessibile rispetto alla ricongiunzione. Se questa opzione non comporta oneri diretti, va ricordato che l'assegno di norma è più leggero. In generale, poi, non ci sono limiti: ciascun lavoratore può accedere all'una o all'altra opzione.
Stabilito che, tutti i periodi contribuitivi valgono ai fini del raggiungimento dei requisiti minimi per la pensione, resta inteso, che, in molti casi, può risultare conveniente riunire la propria posizione contributiva presso un solo ente. I periodi ricongiunti verranno infatti adoperati come se provenissero dal fondo in cui sono stati unificati e pertanto, daranno diritto alla pensione in funzione dei requisiti previsti dal fondo medesimo.
Ricordiamo che questo procedimento era a carico delle gestioni, e quindi totalmente gratuita per gli iscritti, che avevano l’onere di trasferire nel Fondo i contributi riguardanti i periodi ricongiunti, oltre agli interessi (ad un tasso annuo pari al 4,50 per cento).
Dal 1 Luglio 2010 la legge è cambiata mentre prima prevedeva che la ricongiunzione dei contributi previdenziali da Inpdap (ente previdenziale dei dipendenti della pubblica amministrazione) a Inps divenisse onerosa. Onerosa sta a significare che chi vuole cumulare nell’Inps i propri contributi, avendo versato inizialmente a Inpdap e successivamente all’Inps, deve versarli nuovamente e con interessi.
In molti speravano che il decreto Salva Italia sanasse questa situazione di iniquità. La nuova manovra invece non ha affrontato il problema. Le uniche modifiche riguardano la soluzione alternativa alla ricongiunzione, ossia la totalizzazione. Per capire se sia conveniente una soluzione piuttosto che un'altra occorre valutare caso per caso. Con il passaggio dalla ricongiunzione a titolo gratuito a quella a pagamento si è voluto evitare che le lavoratrici dipendenti del settore pubblico aggirassero l'ostacolo dell'innalzamento dell'età pensionabile prevista per la loro categoria (61 anni dal 2010 e 65 anni dal 2012, ora divenuti 66 per effetto del decreto legge 201/2011, in legge 214) trasferendo i propri contributi all'Inps. Con questa mossa l'Istituto avrebbe pagato la pensione al compimento del 60esimo anno di età.
Quindi ai lavoratori che hanno versato i contributi previdenziali in diverse casse, gestioni o fondi previdenziali – e ai quali ora si chiedono migliaia di euro per la ricongiunzione contributiva - l’unica soluzione accettabile è quella di optare per la totalizzazione, acquisendo gratuitamente il diritto ad un’unica pensione di vecchiaia o di anzianità, seppure rinunciando ai vantaggi ai fini pensionistici che avrebbe comportato il ricongiungimento, gratuito fino al 2010 ma ormai un miraggio per tutti visti i costi stellari.
La ricongiunzione dei contributi previdenziali di casse diverse a pagamento è considerata uno scandalo da molti, ma non dal Ministro Elsa Fornero, che difende la legge 122/2010 sostenendo che «l’imposizione di un onere risponde a criteri di equità tra le categorie».
La totalizzazione rappresenta una soluzione diversa dalla ricongiunzione dei contributi, in primo luogo perché la totalizzazione risulta completamente gratuita, mentre la ricongiunzione può arrivare a costare anche molto caro. In questo caso, però, i contributi non possono essere ricongiunti ad altra cassa o fondo di previdenza.
Un'alternativa alla ricongiunzione è la totalizzazione (Dlgs 42/06) che con la manovra Monti è stata estesa a tutti i periodi contributivi compresi quelli inferiore a tre anni. Le gestioni previdenziali interessate dalla totalizzazione, ciascuna per la parte di propria competenza, determineranno il trattamento pensionistico pro quota in rapporto ai rispettivi periodi di iscrizione sulla base della disciplina del sistema contributivo puro (Dlgs 180/97). Come hanno spiegato Inps e Inpdap, se il lavoratore che effettua la totalizzazione ha già maturato in una delle gestioni previdenziali i requisiti minimi richiesti per il diritto a una pensione autonoma, questo pro quota di pensione sarà calcolato con il sistema di computo previsto nella gestione (retributivo o misto) e, pertanto, non necessariamente con il sistema contributivo.
Della cosiddetta totalizzazione dei contributi possono beneficiare lavoratori dipendenti, autonomi artigiani, commercianti e coltivatori diretti, liberi professionisti, ma soprattutto lavoratori parasubordinati iscritti alla gestione separata.
gli autonomi possono sommare i contributi versati nelle gestioni speciali dei lavoratori autonomi con quelli versati all’INPS come lavoratori dipendenti per attività lavorativa subordinata;
chi ha lavorato all’estero può sommare i contributi versati in paesi dell’Unione Europea o convenzionati con
quelli versati all’INPS;
gli occupati in data successiva al 31.12.1995 possono sommare i contributi INPS con quelli di due o più gestioni;
possono totalizzare i periodi assicurativi, per ottenere un’unica pensione i titolari di posizione assicurativa all’INPGI e all’INPS per altra attività lavorativa subordinata;
chi ha effettuato versamenti all’INPS e all’ENPAL può godere della totalizzatone prevista dalla convenzione stipulata tra i due Enti.
Comunque per richiedere la totalizzazione è necessario: un’anzianità contributiva pari ad almeno tre anni, tranne per i contributivi esteri che però devono rispettare il minimale di contribuzione previsto dalla normativa comunitaria (1 anno) o dalle singole Convenzioni bilaterali;
non aver richiesto e accettato la ricongiunzione dei periodi assicurativi ai sensi della legge 7 febbraio 1979, n. 29 e 5 marzo 1990, n. 45 in data successiva all’entrata in vigore del decreto legislativo n. 42 del 2 febbraio 2006;
non essere titolare di un trattamento pensionistico erogato da una delle gestioni destinatarie della normativa della totalizzazione.
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martedì 6 novembre 2012
Lavoro, Corte dei conti e Inps: forte richiamo della Corte
La Corte dei Conti ritiene che siano "indilazionabili" misure di risanamento dei principali fondi dell'Inps e la razionalizzazione di quelli minori. E' quanto ha scritto la Corte nella Relazione sulla gestione finanziaria Inps 2011 chiedendo un "monitoraggio "assiduo" dell'incidenza delle riforme di lavoro e previdenza sulla spesa pensionistica.
"Appaiono indilazionabili misure di risanamento dei principali Fondi amministrati, nonché di razionalizzazione di quelli minori, in consecutiva e più marcata perdita complessiva, contenuta solo in parte dagli attivi della Gestione per le prestazioni temporanee e di quella per i parasubordinati, il cui netto patrimoniale congiunto prevale sui gravosi passivi degli autonomi (agricoli e commercianti) e del più grande Fondo per il lavoro dipendente (appesantito dai dissesti strutturali dei dirigenti di azienda e di quelli della elettricità, trasporti e telefonia), i cui saldi negativi tra contributi e prestazioni trovano insufficiente copertura nel finanziamento statale, ancora non adeguatamente individuato nella componente assistenziale a carico della fiscalità".
I conti generali dell'Istituto – ha sottolineato la Corte dei conti- registrano nel 2011 "una ulteriore contrazione dell'avanzo finanziario e un accentuato deficit economico, connessi al primo declino degli apporti statali, dalle cui dimensioni quantitative e soprattutto qualitative (a titolo di trasferimenti o di anticipazioni a debito) restano condizionate le stime di pesanti risultanze negative nel 2012, che incorporano lo squilibrio strutturale, già evidenziato dalla Corte nel recente referto sulla più grande gestione acquisita dell'ex Inpdap, corretto solo in parte dagli ultimi provvedimenti normativi".
La Corte dei Conti ha richiamato l'Inps a una "attenta e responsabile riflessione sul crescente ricorso a risorse umane esterne" (lavoro in somministrazione a copertura dell'organico, consulenze, utilizzo generalizzato di procuratori e sostituti di udienza, massiccio impiego di medici convenzionati) "per le incidenze sullo svolgimento di funzioni istituzionali spesso delicate e di elevato rilievo sociale ed i rischi di perdita delle stesse capacità di autogoverno dell'Ente". Lo ha affermato la Corte nella sua relazione sulla gestione finanziaria dell'Inps per il 2011.
Per la previdenza complementare in Italia sono necessarie "misure di rilancio" per "incentivare le esigue iscrizioni" ma anche misure di "razionalizzazione" per ridurre l'estrema polverizzazione dei fondi. Lo afferma la Corte dei Conti nella sua relazione sulla gestione finanziaria dell'Inps per l'esercizio 2011. Secondo la Corte dei Conti il modello della previdenza complementare va "sottoposto a riesame".
Vediamo i passi significativi della posizione della Corte nei confronti dell’ente di previdenza:
occorre «assiduamente monitorare l'incidenza delle riforme del lavoro e della previdenza obbligatoria sulla spesa pensionistica, nel breve e medio periodo e sino all'entrata a regime del sistema contributivo»;
va «sottoposto a riesame» il modello della previdenza integrativa e complementare;
ben venga la disponibilità ad affrontare il nodo del riequilibrio della governance dell'Inps, nella direzione «di correggere le eccessive concentrazioni di potere nel vertice monocratico (Presidente). Sono alcune delle priorità individuate dalla sezione del controllo sugli Enti, presieduta del Presidente della Corte dei Conti Luigi Giampaolino, nel referto sulla gestione dell'Inps per l'esercizio 2011.
I conti generali dell'Istituto registrano nel 2011 una ulteriore contrazione dell'avanzo finanziario e un accentuato deficit economico, connessi al primo declino degli apporti statali, dalle cui dimensioni – quantitative e soprattutto qualitative ( a titolo di trasferimenti o di anticipazioni a debito ) – restano condizionate le stime di pesanti risultanze negative nel 2012, che incorporano lo squilibrio strutturale, già evidenziato dalla Corte nel recente referto sulla più grande gestione acquisita dell'ex INPDAP, corretto solo in parte dagli ultimi provvedimenti normativi.
La Corte ha messo in evidenza un altro rischio, quello di una esternalizzazione delle funzioni troppo marcata: «richiede attenta e responsabile riflessione il crescente ricorso a risorse umane esterne - si legge nel report - nelle forme della somministrazione del lavoro a copertura dell'organico, della acquisizione di consulenze in appalto, dell'utilizzo generalizzato di procuratori e sostituti di udienza, del massiccio impiego di medici convenzionati - per le possibili incidenze sullo svolgimento di funzioni istituzionali spesso delicate e di elevato rilievo sociale ed i rischi di perdita delle stesse capacità di governo dell'Ente».
Per la Corte per quanto riguardai il contenzioso c'è ancora da lavorare. «Pur nella riscontrata inversione - rileva la magistratura contabile - il livello ancora ingente del contenzioso esige un rinnovato impegno per aggredire le principali criticità regionali, soprattutto nella previdenza agricola, applicando pienamente il più volte sollecitato esercizio preventivo dell'autotutela e rendendo rapidamente operativo l'apporto straordinario e transitorio dei legali esterni, nella prospettiva di un più adeguato assetto a regime, che risulti coerente con l'Avvocatura interna prevista da norme primarie».
"Appaiono indilazionabili misure di risanamento dei principali Fondi amministrati, nonché di razionalizzazione di quelli minori, in consecutiva e più marcata perdita complessiva, contenuta solo in parte dagli attivi della Gestione per le prestazioni temporanee e di quella per i parasubordinati, il cui netto patrimoniale congiunto prevale sui gravosi passivi degli autonomi (agricoli e commercianti) e del più grande Fondo per il lavoro dipendente (appesantito dai dissesti strutturali dei dirigenti di azienda e di quelli della elettricità, trasporti e telefonia), i cui saldi negativi tra contributi e prestazioni trovano insufficiente copertura nel finanziamento statale, ancora non adeguatamente individuato nella componente assistenziale a carico della fiscalità".
I conti generali dell'Istituto – ha sottolineato la Corte dei conti- registrano nel 2011 "una ulteriore contrazione dell'avanzo finanziario e un accentuato deficit economico, connessi al primo declino degli apporti statali, dalle cui dimensioni quantitative e soprattutto qualitative (a titolo di trasferimenti o di anticipazioni a debito) restano condizionate le stime di pesanti risultanze negative nel 2012, che incorporano lo squilibrio strutturale, già evidenziato dalla Corte nel recente referto sulla più grande gestione acquisita dell'ex Inpdap, corretto solo in parte dagli ultimi provvedimenti normativi".
La Corte dei Conti ha richiamato l'Inps a una "attenta e responsabile riflessione sul crescente ricorso a risorse umane esterne" (lavoro in somministrazione a copertura dell'organico, consulenze, utilizzo generalizzato di procuratori e sostituti di udienza, massiccio impiego di medici convenzionati) "per le incidenze sullo svolgimento di funzioni istituzionali spesso delicate e di elevato rilievo sociale ed i rischi di perdita delle stesse capacità di autogoverno dell'Ente". Lo ha affermato la Corte nella sua relazione sulla gestione finanziaria dell'Inps per il 2011.
Per la previdenza complementare in Italia sono necessarie "misure di rilancio" per "incentivare le esigue iscrizioni" ma anche misure di "razionalizzazione" per ridurre l'estrema polverizzazione dei fondi. Lo afferma la Corte dei Conti nella sua relazione sulla gestione finanziaria dell'Inps per l'esercizio 2011. Secondo la Corte dei Conti il modello della previdenza complementare va "sottoposto a riesame".
Vediamo i passi significativi della posizione della Corte nei confronti dell’ente di previdenza:
occorre «assiduamente monitorare l'incidenza delle riforme del lavoro e della previdenza obbligatoria sulla spesa pensionistica, nel breve e medio periodo e sino all'entrata a regime del sistema contributivo»;
va «sottoposto a riesame» il modello della previdenza integrativa e complementare;
ben venga la disponibilità ad affrontare il nodo del riequilibrio della governance dell'Inps, nella direzione «di correggere le eccessive concentrazioni di potere nel vertice monocratico (Presidente). Sono alcune delle priorità individuate dalla sezione del controllo sugli Enti, presieduta del Presidente della Corte dei Conti Luigi Giampaolino, nel referto sulla gestione dell'Inps per l'esercizio 2011.
I conti generali dell'Istituto registrano nel 2011 una ulteriore contrazione dell'avanzo finanziario e un accentuato deficit economico, connessi al primo declino degli apporti statali, dalle cui dimensioni – quantitative e soprattutto qualitative ( a titolo di trasferimenti o di anticipazioni a debito ) – restano condizionate le stime di pesanti risultanze negative nel 2012, che incorporano lo squilibrio strutturale, già evidenziato dalla Corte nel recente referto sulla più grande gestione acquisita dell'ex INPDAP, corretto solo in parte dagli ultimi provvedimenti normativi.
La Corte ha messo in evidenza un altro rischio, quello di una esternalizzazione delle funzioni troppo marcata: «richiede attenta e responsabile riflessione il crescente ricorso a risorse umane esterne - si legge nel report - nelle forme della somministrazione del lavoro a copertura dell'organico, della acquisizione di consulenze in appalto, dell'utilizzo generalizzato di procuratori e sostituti di udienza, del massiccio impiego di medici convenzionati - per le possibili incidenze sullo svolgimento di funzioni istituzionali spesso delicate e di elevato rilievo sociale ed i rischi di perdita delle stesse capacità di governo dell'Ente».
Per la Corte per quanto riguardai il contenzioso c'è ancora da lavorare. «Pur nella riscontrata inversione - rileva la magistratura contabile - il livello ancora ingente del contenzioso esige un rinnovato impegno per aggredire le principali criticità regionali, soprattutto nella previdenza agricola, applicando pienamente il più volte sollecitato esercizio preventivo dell'autotutela e rendendo rapidamente operativo l'apporto straordinario e transitorio dei legali esterni, nella prospettiva di un più adeguato assetto a regime, che risulti coerente con l'Avvocatura interna prevista da norme primarie».
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domenica 21 ottobre 2012
Pensioni 2012 -2013 conti in sicurezza
Crollo delle nuove pensioni nei primi nove mesi del 2012: gli assegni liquidati dall'Inps, compresi quelli dell'ex Inpdap, sono stati 199.555 con un calo del 35,5% rispetto ai 309.468 dello stesso periodo del 2011. Il dato è l'effetto della finestra mobile e dello scalino scattati nel 2011 mentre la riforma Fornero ha effetti dal 2013 quando si esauriranno la gran parte delle uscite con le vecchie regole (chi ha raggiunto i requisiti entro il 2011 e poi ha atteso le finestre)..
I dati sull'andamento delle pensioni nei primi nove mesi del 2012 (-35,5% sullo stesso periodo del 2011) confermano che ''le riforme funzionano'' e che i conti ''sono stati messi in sicurezza''. Lo ha detto il presidente dell'Inps, Antonio Mastrapasqua.
Il dato che tiene conto delle pensioni Inpdap, dal 2012 incorporato nell'Inps, è il risultato soprattutto dell'introduzione nel 2011 della finestra mobile (12 mesi di attesa per i dipendenti, 18 per gli autonomi una volta raggiunti i requisiti) e dello ''scalino'' previsto dalla riforma Damiano sempre per il 2011 per la pensione di anzianità con le quote (da 59 a 60 anni l'età minima a fronte di almeno 36 anni di contributi).
Nei primi nove mesi dell'anno l'Inps ha liquidato 140.616 pensioni nel settore privato (-37,4% rispetto alle 224.869 erogate nello stesso periodo del 2011) e 58.939 nel settore pubblico, quello finora gestito dall'Inpdap, ora incorporato nell'Inps (-22,2% rispetto alle 84.599 erogate nello stesso periodo del 2011).
Nel complesso i nuovi assegni liquidati sono stati 110.000 in meno rispetto a quelli liquidati nei primi nove mesi dell'anno scorso dai due enti L'età' media di uscita dal lavoro nel settore privato e' cresciuta di un anno (da 60,3 anni a 61,3 anni) mentre nel settore pubblico si e' passati da 60,8 anni a 61,2 anni. Il calo più consistente e' stato registrato per le pensioni di anzianità nel privato (-44,1%) passate da 127.855 dei primi 9 mesi del 2011 a 71.491 dei primi nove mesi del 2012. Le pensioni di vecchiaia, sempre nel privato, sono diminuite del 28,7% passando da 97.014 a 69.125. Sono diminuiti soprattutto i nuovi assegni per i lavoratori autonomi mentre per i dipendenti (sempre del privato) il calo e' stato del 21,69% (da 132.801 nuove pensioni liquidate tra vecchiaia e anzianità nei primi nove mesi del 2011 a 103.996).
L'Inps non è in grado di garantire tutti i servizi e di tenere aperte le sedi sul territorio con un taglio degli organici di 4.000 persone così come previsto dalla spending review (su 33.000 lavoratori complessivi nel SuperInps). A dirlo è stato il presidente Mastrapasqua spiegando di aver chiesto al Governo un confronto perché l'Inps sia escluso dal taglio degli organici nella PA. "In assenza di un tavolo,ha detto,non mando la delibera sul taglio organici. Penso che i nostri interlocutori ci ascolteranno".
Nei primi 9 mesi del 2012 l'età media di uscita dal lavoro è stata di 61,3 anni, un anno in più rispetto allo stesso periodo del 2011 (60,3 anni). Lo ha sottolineato il presidente dell'Inps. "Penso che l'anno prossimo raggiungeremo e supereremo la Germania". I tedeschi in media vanno in pensione a 61,7 anni ma il loro tasso di sostituzione é del 58,4% dell'ultima retribuzione mentre per i lavoratori italiani, grazie all'uso del metodo retributivo, si aggira ancora sull'80%. In Francia l'età media di uscita dal lavoro è 59,3 anni ma il tasso di sostituzione è del 60,8% rispetto all'ultima retribuzione.
Le pensioni di vecchiaia, sempre nel privato, sono diminuite del 28,7% passando da 97.014 a 69.125. Sono diminuiti soprattutto i nuovi assegni per i lavoratori autonomi mentre per i dipendenti (sempre del privato) il calo è stato del 21,69% (da 132.801 nuove pensioni liquidate tra vecchiaia e anzianità nei primi nove mesi del 2011 a 103.996). Per i coltivatori diretti il calo nel periodo è stato del 67,6% da 20.526 a 6.637 mentre per gli artigiani si è avuto un crollo del 59,6% (da 38.567 assegni a 15.580). Per i commercianti si è passati da 32.975 assegni liquidati a 14.403 (-56,3%). Nel complesso del settore privato (140.616 nuovi assegni) il risultato delle nuove pensioni è stato migliore anche rispetto al previsto (148.948 assegni per i primi 9 mesi).
I dati sull'andamento delle pensioni nei primi nove mesi del 2012 (-35,5% sullo stesso periodo del 2011) confermano che ''le riforme funzionano'' e che i conti ''sono stati messi in sicurezza''. Lo ha detto il presidente dell'Inps, Antonio Mastrapasqua.
Il dato che tiene conto delle pensioni Inpdap, dal 2012 incorporato nell'Inps, è il risultato soprattutto dell'introduzione nel 2011 della finestra mobile (12 mesi di attesa per i dipendenti, 18 per gli autonomi una volta raggiunti i requisiti) e dello ''scalino'' previsto dalla riforma Damiano sempre per il 2011 per la pensione di anzianità con le quote (da 59 a 60 anni l'età minima a fronte di almeno 36 anni di contributi).
Nei primi nove mesi dell'anno l'Inps ha liquidato 140.616 pensioni nel settore privato (-37,4% rispetto alle 224.869 erogate nello stesso periodo del 2011) e 58.939 nel settore pubblico, quello finora gestito dall'Inpdap, ora incorporato nell'Inps (-22,2% rispetto alle 84.599 erogate nello stesso periodo del 2011).
Nel complesso i nuovi assegni liquidati sono stati 110.000 in meno rispetto a quelli liquidati nei primi nove mesi dell'anno scorso dai due enti L'età' media di uscita dal lavoro nel settore privato e' cresciuta di un anno (da 60,3 anni a 61,3 anni) mentre nel settore pubblico si e' passati da 60,8 anni a 61,2 anni. Il calo più consistente e' stato registrato per le pensioni di anzianità nel privato (-44,1%) passate da 127.855 dei primi 9 mesi del 2011 a 71.491 dei primi nove mesi del 2012. Le pensioni di vecchiaia, sempre nel privato, sono diminuite del 28,7% passando da 97.014 a 69.125. Sono diminuiti soprattutto i nuovi assegni per i lavoratori autonomi mentre per i dipendenti (sempre del privato) il calo e' stato del 21,69% (da 132.801 nuove pensioni liquidate tra vecchiaia e anzianità nei primi nove mesi del 2011 a 103.996).
L'Inps non è in grado di garantire tutti i servizi e di tenere aperte le sedi sul territorio con un taglio degli organici di 4.000 persone così come previsto dalla spending review (su 33.000 lavoratori complessivi nel SuperInps). A dirlo è stato il presidente Mastrapasqua spiegando di aver chiesto al Governo un confronto perché l'Inps sia escluso dal taglio degli organici nella PA. "In assenza di un tavolo,ha detto,non mando la delibera sul taglio organici. Penso che i nostri interlocutori ci ascolteranno".
Nei primi 9 mesi del 2012 l'età media di uscita dal lavoro è stata di 61,3 anni, un anno in più rispetto allo stesso periodo del 2011 (60,3 anni). Lo ha sottolineato il presidente dell'Inps. "Penso che l'anno prossimo raggiungeremo e supereremo la Germania". I tedeschi in media vanno in pensione a 61,7 anni ma il loro tasso di sostituzione é del 58,4% dell'ultima retribuzione mentre per i lavoratori italiani, grazie all'uso del metodo retributivo, si aggira ancora sull'80%. In Francia l'età media di uscita dal lavoro è 59,3 anni ma il tasso di sostituzione è del 60,8% rispetto all'ultima retribuzione.
Le pensioni di vecchiaia, sempre nel privato, sono diminuite del 28,7% passando da 97.014 a 69.125. Sono diminuiti soprattutto i nuovi assegni per i lavoratori autonomi mentre per i dipendenti (sempre del privato) il calo è stato del 21,69% (da 132.801 nuove pensioni liquidate tra vecchiaia e anzianità nei primi nove mesi del 2011 a 103.996). Per i coltivatori diretti il calo nel periodo è stato del 67,6% da 20.526 a 6.637 mentre per gli artigiani si è avuto un crollo del 59,6% (da 38.567 assegni a 15.580). Per i commercianti si è passati da 32.975 assegni liquidati a 14.403 (-56,3%). Nel complesso del settore privato (140.616 nuovi assegni) il risultato delle nuove pensioni è stato migliore anche rispetto al previsto (148.948 assegni per i primi 9 mesi).
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sabato 6 ottobre 2012
Contributi 2012- 2013 Inpdap e Enpals: all'Inps mancano 580 milioni
L’articolo 21 del decreto legge n. 201/2011 (convertito in legge n. 214/2011) ha previsto l’integrazione di Inpdap ed Enpals in Inps. Obiettivo della riforma è, non solo realizzare una riduzione dei costi amministrativi di gestione della previdenza pubblica ma, soprattutto, rendere più efficiente ed efficace il servizio pubblico, anche assicurando ai cittadini un unico soggetto interlocutore per i servizi di assistenza e previdenza.
Ma realmente la fusione ha avuto effetti negativi sul bilancio del SuperInps. Innanzitutto sono a rischio i patrimoni. Infatti, sembra, che nei prossimi anni non è esclusa l'ipotesi di arrivare all'«azzeramento del patrimonio netto, aprendo un problema di sostenibilità dell'intero sistema pensionistico».
A gravare maggiormente, secondo quanto riportato nella nota di assestamento al bilancio 2012 dell'Inps, è l'Inpdap che ha scaricato sul bilancio ben 10,2 miliardi di euro di disavanzo patrimoniale e quasi 5,8 miliardi di euro di passivo per l'esercizio 2012.
A causa della riduzione dei dipendenti pubblici, di cui sono state tagliate le entrate, ma sono rimaste le spese per le pensioni. E, in secondo luogo, perché, sino al 1995, «le amministrazioni centrali dello Stato non versavano i contributi alla Cassa dei trattamenti pensionistici dei dipendenti dello Stato, che era una delle 10 casse fuse nell'Inpdap nel 1996 proprio perché le normative europee richiedevano la creazione di un istituto con un bilancio trasparente».
Vediamo inoltre che nei primi 8 mesi dell'anno le entrate contributive dell'Inps, (comprensive delle risultanze dell'ex-Inpdap e dell'ex-Enpals), sono risultate inferiori di 581 milioni rispetto a quelle registrate nel corrispondente periodo del 2011, attestandosi sui 132.767 milioni. Lo rileva la Ragioneria Generale dello Stato. In generale gli incassi contributivi dei primi otto mesi del 2012 sono risultati sostanzialmente in linea con quelli realizzati nello stesso periodo del 2011, (-0,1%). E’ quanto ha comunicato la Ragioneria. Il dato risulta da una combinazione di fattori: la disposizione che ha concesso una sospensione dei termini di pagamento dei contributi sociali per i comuni colpiti dal sisma e l'incasso da parte dell'Inps di oltre 900 milioni relativi al recupero di crediti già cartolarizzati, avente carattere di una tantum.
Le entrate tributarie degli enti territoriali nei primi otto mesi si sono attestate a 26,043 miliardi di euro con una variazione positiva di 1,181 miliardi (+4,8%). In sensibile crescita l'addizionale regionale interessata dall'aumento dell'aliquota base all'1,23% (dallo 0,90% precedente).
Ma realmente la fusione ha avuto effetti negativi sul bilancio del SuperInps. Innanzitutto sono a rischio i patrimoni. Infatti, sembra, che nei prossimi anni non è esclusa l'ipotesi di arrivare all'«azzeramento del patrimonio netto, aprendo un problema di sostenibilità dell'intero sistema pensionistico».
A gravare maggiormente, secondo quanto riportato nella nota di assestamento al bilancio 2012 dell'Inps, è l'Inpdap che ha scaricato sul bilancio ben 10,2 miliardi di euro di disavanzo patrimoniale e quasi 5,8 miliardi di euro di passivo per l'esercizio 2012.
A causa della riduzione dei dipendenti pubblici, di cui sono state tagliate le entrate, ma sono rimaste le spese per le pensioni. E, in secondo luogo, perché, sino al 1995, «le amministrazioni centrali dello Stato non versavano i contributi alla Cassa dei trattamenti pensionistici dei dipendenti dello Stato, che era una delle 10 casse fuse nell'Inpdap nel 1996 proprio perché le normative europee richiedevano la creazione di un istituto con un bilancio trasparente».
Vediamo inoltre che nei primi 8 mesi dell'anno le entrate contributive dell'Inps, (comprensive delle risultanze dell'ex-Inpdap e dell'ex-Enpals), sono risultate inferiori di 581 milioni rispetto a quelle registrate nel corrispondente periodo del 2011, attestandosi sui 132.767 milioni. Lo rileva la Ragioneria Generale dello Stato. In generale gli incassi contributivi dei primi otto mesi del 2012 sono risultati sostanzialmente in linea con quelli realizzati nello stesso periodo del 2011, (-0,1%). E’ quanto ha comunicato la Ragioneria. Il dato risulta da una combinazione di fattori: la disposizione che ha concesso una sospensione dei termini di pagamento dei contributi sociali per i comuni colpiti dal sisma e l'incasso da parte dell'Inps di oltre 900 milioni relativi al recupero di crediti già cartolarizzati, avente carattere di una tantum.
Le entrate tributarie degli enti territoriali nei primi otto mesi si sono attestate a 26,043 miliardi di euro con una variazione positiva di 1,181 miliardi (+4,8%). In sensibile crescita l'addizionale regionale interessata dall'aumento dell'aliquota base all'1,23% (dallo 0,90% precedente).
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mercoledì 22 agosto 2012
Riforma delle pensioni Monti-Fornero alcuni spunti
La riforma Monti-Fornero è solo l’ultima di una serie di manovre in campo previdenziale con l’obiettivo di risanare un sistema sull’orlo del collasso e probabilmente resterà negli annali come una delle più rigide riforma pensionistiche.
Ma vediamo i punti salienti.
Sistema contributivo per tutti Per coloro che avevano già 18 anni di contributi al 31 dicembre '95, per i quali era previsto il sistema totalmente retributivo, sarà utilizzato il metodo contributivo pro-rata a partire dal 1° gennaio 2012.
Requisiti per la pensione di vecchiaia
Uomini dipendenti e autonomi: 66 anni
Donne dipendenti del settore privato: 62 anni (63 anni e 6 mesi nel 2014, 65 anni nel 2016 e 66 anni nel 2018)
Donne lavoratrici autonome: 63 anni e 6 mesi (64 anni e 6 mesi nel 2014, 65 anni e 6 mesi nel 2016 e 66 anni nel 2018)
Tutti dovranno avere almeno 20 anni di contribuzione.
Abolito il meccanismo delle finestre mobili: la pensione decorrerà dal mese successivo alla maturazione dei requisiti.
Requisiti per la pensione anticipata
Lavoratori attivi prima del 1° gennaio 1996:
donne 41 anni e un mese
uomini 42 anni e un mese
I requisiti saranno incrementati di un mese per gli anni 2013 e 2014.
Lavoratori attivi dal 1.1.1996:
- 63 anni e almeno 20 anni di contributi
L’importo deve essere almeno 2,8 volte l’ammontare annuo dell’assegno sociale Inps
Eccezioni per i dipendenti del settore privato: entro il 31 dicembre 2012:
raggiungano quota 96 se uomini / abbiano 60 anni e 20 anni di contributi se donne: possibilità di pensionamento a 64 anni.
donne con almeno 35 anni di contributi e 57 anni di età: possibilità di pensionamento con i vecchi requisiti con metodo contributivo.
Revisioni dei requisiti legate alla speranza di vita: adeguamento triennale dei requisiti e dei coefficienti di conversione, biennale da 2019.
Totalizzazioni: eliminato il vincolo minimo dei tre anni di contribuzione per i periodi da totalizzare: si possono unire tutti i periodi contributivi.
Taglio alle rivalutazioni delle pensioni superiori a tre volte il trattamento minimo e contributo di solidarietà sulle pensioni superiori a 90 mila euro.
Aumento della contribuzione per: artigiani, commercianti, lavoratori agricoli, lavoratori autonomi e collaboratori iscritti alla gestione separata Inps.
Incorporazione degli enti Inpdap ed Enpals presso l'Inps.
Analizziamo alcuni punti della riforma pensionistica Monti-Fornero, ossia la legge n . 214 del 2011, la quale contiene al comma 28, articolo 24, l'impegno di valutare entro il 2012 due elementi fondamentali per l'assetto di lungo termine del sistema pensionistico.
Possibilità di introdurre ulteriori forme di gradualità nell'accesso al trattamento pensionistico (fermo restando la stabilità finanziaria e l'applicazione del metodo contributivo) e della previsione di eventuali forme di decontribuzione parziali dell'aliquota contributiva obbligatoria verso schemi previdenziali integrativi.
Per la revisione dell'accesso al pensionamento è importante se si considera che in futuro difficilmente esso avverrà con le stesse modalità degli anni passati, ossia sulla base di una specifica data in coincidenza della quale si verificherà la definitiva cessazione dall'attività di servizio e la corrispondente decorrenza dell'intera prestazione pensionistica maturata. E' molto più probabile che si andrà incontro verso un periodo transitorio nel corso del quale il lavoratore inizierà a ridurre progressivamente l'attività lavorativa e a percepire, assieme alla retribuzione, una serie di forme di sostegno al reddito (previdenza complementare) che lo accompagneranno al pensionamento definitivo.
Vediamo in secondo luogo il tema delle le risorse utilizzate per finanziare il sistema pensionistico e i possibili pilastri (sono solitamente tre: quello pubblico Inpdap, l'Inps ed Enpals, quello privato, i fondi pensione, e quello individuale costituito dal risparmio personale). Attualmente, per i lavoratori dipendenti il solo contributo destinato alla previdenza pubblica è pari a circa il 33% della retribuzione, tra i più elevati rispetto ai Paesi europei. Difficilmente un sistema del genere può essere considerato sostenibile nel lungo termine, visto l'onere per le aziende.
Un maggiore bilanciamento nelle prestazioni erogate dai vari pilastri migliorebbe sensibilmente la situazione, anche perché il risultato delle riforme pensionistiche succedutesi in questi anni è stato ridurre fortemente la copertura offerta dal sistema pubblico. Solo rinviando il pensionamento a tarda età e in presenza di una carriera continua, non caratterizzata da buchi contributivi è possibile ricevere ancora, alla cessazione del servizio, una prestazione adeguata.
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mercoledì 11 luglio 2012
Super INPS 2012 le indicazioni del ministro del lavoro
Nessun rischio pensioni: è la rassicurazione del ministro Fornero, dopo l'allarme sul Super Inps. Il disavanzo dell'Inpdap è conosciuto dallo Stato, sarebbe stato coperto e sarà comunque coperto adesso. Il governo ha cambiato le regole e le istituzioni internazionali certificano la sostenibilità dei conti».
È quanto ha affermato il ministro del Lavoro, Elsa Fornero, nel suo intervento alla Commissione parlamentare per gli enti previdenziali in relazione ai dati sul deficit dell'Inps dell'anno in corso. «Non mi sembra che ci siano fatti nuovi: sapevamo - ha affermato Fornero - che l'Inpdap era in forte squilibrio. Dobbiamo domandarci la ragione di questo squilibrio che è frutto di decisioni di regole passate. Per l'Inpdap i disavanzi sono frutto di decisioni del passato con scarsa attenzione alle regole nel bilanciamento tra prestazioni e contributi. Noi non possiamo cancellare le regole del passato».
L'Inps dovrebbe registrare quest'anno un disavanzo di quasi 6 miliardi di euro nel 2012, che sfioreranno i 7 miliardi nei prossimi due anni, quasi del tutto dovuto al «buco» dell’ex Inpdap, l’Istituto di previdenza per i dipendenti della Pa. E questo - aveva messo ieri nero su bianco il Civ (il Consiglio di indirizzo e vigilanza) dell’ente - «comporterà nel breve periodo un problema di sostenibilità dell’intero sistema pensionistico pubblico». La prima nota di variazione del bilancio preventivo 2012 dell’Istituto di previdenza (in cui con il Salva Italia sono confluiti Inpdap ed Enpals), approvato martedì a larga maggioranza, si concludeva chiedendo all’esecutivo «interventi correttivi».
La questione messa sotto i riflettori dal Civ, è tutta legata ai conti dell’ente, destinati a peggiorare nell’arco del triennio anche per effetto del blocco del turnover e della spending review che, con i 24 mila esuberi dichiarati nella Pa, determinerà una riduzione dei contributi versati e un aumento dei pensionati pubblici. Poi si faranno sentire gli effetti della riforma Fornero delle pensioni. Il disavanzo previsto per la gestione finanziaria di competenza dell’Inps con l’incorporazione dell’ex Inpdap e dell’ex Enpals, è stimato in 5,977 miliardi nel 2012, a causa del rosso che l'Inpdap porta con sé; e dovrebbe salire a 6,936 miliardi nel 2013 e a 6,963 miliardi nel 2014.
Commentando l'allarme del Consiglio di indirizzo e vigilanza sul disavanzo Inpdap e la sostenibilità delle pensioni, il presidente dell'Inps, Antonio Mastrapasqua ha assicurato che «la sostenibilità del sistema pensionistico è stata certificata da tutte le riforme che sono state fatte, da ultima quella Monti-Fornero che ha avuto il gradimento della commissione europea, dell'Ocse e della Banca d'Italia». «La sostenibilità - ha aggiunto - è qualcosa che va oltre un bilancio che rappresenta dei numeri, ma non rappresenta la tendenza. Quindi mi sento di poter dire che, a fronte di quello che sicuramente sono dei commenti tra il tecnico, ma anche soprattutto politico, ci sono dei numeri incontrovertibili che sono dati dalla certificazione avvenuta dagli organismi europei della sostenibilità e delle buone riforme che sono state fatte nel nostro Paese».
Al primo bilancio del SuperInps i consiglieri del Civ dell'Inps in rappresentanza della Uil, Rocco Carannante e Luigi Scardaone, hanno espresso un "giudizio politico negativo": con l'incorporazione dell'ex Inpdap e dell'ex Enpals, "decisa con una certa leggerezza", sostengono, "si sono prodotti effetti disastrosi per la situazione patrimoniale dell'Inps con una riduzione di quasi 5 miliardi di euro interamente ascrivibili al disavanzo economico dell'Inpdap". I rappresentanti della Uil sottolineano, quindi, "la necessità ormai inderogabile di una riforma del sistema di governance dell'ente previdenziale".
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domenica 4 marzo 2012
Dipendenti statali e il contributo 2% illegittimo
Per i dipendenti statali è illegittima la trattenuta del 2% dopo il passaggio da buonuscita a Tfr. Il Tar della Calabria con sentenza n.564/2012 ha dato torto alla Pubblica Amministrazione coinvolte e quindi vanno restituite ai dipendenti pubblici le somme accantonate dallo scorso anno.
Ricordiamo che dal primo gennaio del 2011 lo Stato sta trattenendo in modo illegittimo il 2 per cento dello stipendio a circa due milioni di dipendenti pubblici. E' quanto ha affermato il Tar con la sentenza di cui sopra con la quale ha condannato l’amministrazione a restituire le relative somme, con gli interessi, ai dipendenti che avevano presentato ricorso, aprendo così la strada ad azioni dello stesso tipo in tutte le Regioni di Italia.
La legge n. 122 del 2010 prescrive che oltre a bloccare il rinnovo dei contratti e a congelare per tre anni le retribuzioni dei dipendenti pubblici, cambiava il meccanismo della liquidazione, trasformando la vecchia indennità di buonuscita in un trattamento di fine rapporto (Tfr) del tutto simile a quello in vigore per i privati, secondo quanto previsto dal Codice civile. La differenza tra i due meccanismi è consistente. Per la buonuscita venivano accantonati contributi pari al 9,60 per cento sull’80 per cento della retribuzione; il 2,5 per cento (di fatto quindi il 2 sull’intero stipendio) era a carico del lavoratore. Con il Tfr invece l’accantonamento è del 6,91 sull’intera retribuzione, interamente a carico del datore di lavoro.
Come è giuridicamente noto l’art. 12, comma 10, del D.L. n. 78 del 2010 –convertito in L. n. 122 del 2010– prescrive che il computo dei trattamenti di fine servizio per i lavoratori alle dipendenze delle pubbliche amministrazioni, con riferimento alle anzianità contributive maturate a decorrere dal 1 gennaio del 2011, avvenga secondo la disciplina di cui all’art. 2120 Cod. Civ., con l’applicazione di un’aliquota del 6,91% sull’intera retribuzione.
Ricordiamo inoltre che le regole previste dalla legge sopra citata prevedono: l’abolizione della vecchia disciplina, in generale più vantaggiosa rispetto al Tfr, avrebbe dovuto comportare la cancellazione della trattenuta del 2,5 per cento, che i dipendenti vedono sul cedolino dello stipendio alla voce Opera di previdenza. Invece le cose sono andate diversamente. Le pubbliche amministrazioni, confortate anche da una circolare dell’Inpdap, hanno continuato a regolarsi come prima, trattenendo ogni mese quella somma (in media tra i 35-40 euro) dallo stipendio di circa due milioni di dipendenti pubblici, che avranno però al momento di lasciare il servizio una liquidazione meno favorevole. Per di più - come ha precisato l'Inpdap - nonostante il passaggio al Tfr, che per i privati si calcola su tutto lo stipendio, la base retributiva per la liquidazione dei dipendenti pubblici resterà l’80 per cento del totale: è un ulteriore elemento di disparità.
La novità normativa non riguarda tutti gli statali: sono esclusi i lavoratori assunti dal 2001 in poi, che in base ad una legge di riforma hanno già il Tfr e non la buonuscita. A loro la trattenuta non viene fatta, perché la retribuzione è stata ridotta in proporzione dal momento in cui sono stati assunti.
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sabato 11 febbraio 2012
Detrazioni fiscali 2012 in busta paga
E’ giusto informare che a partire da gennaio 2012 verranno mantenute le detrazioni per coloro che ne hanno usufruito fino a dicembre 2011. Quindi vige la regola del silenzio assenzo.
È stato recentemente abolito l’obbligo che il lavoratore dipendente deve presentare ad ogni inizio anno al proprio datore di lavoro per ottenere le detrazioni fiscali IRPEF in busta paga in riferimento ai redditi da lavoro dipendente e per i familiari a carico. Con questo provvedimento si elimina un’inutile richiesta.
Infatti, ai sensi del disposto normativo contenuto nell'art. 23 del DPR 600 del 1973 così come modificato dalla legge n. 106 del 2011, a partire dall'anno di imposta 2012 il modello delle detrazioni fiscali dovrà essere presentato solo in caso di variazione del proprio nucleo familiare o del diritto alle detrazioni per lavoro dipendente e assimilato.
Come nel caso di nuovi nati, oppure se le detrazioni vengono ripartite in modo differente rispetto all’anno precedente. Passando dal 50% al 100% o vice versa
Vediamo alcuni punti esplicativi delle detrazioni fiscali IRPEF
Le detrazioni fiscali IRPEF riguardano il reddito e sono delle agevolazioni fiscali per i lavoratori dipendenti, le quali decorrono con l'inizio dell'anno solare fino al mese di dicembre.
Ricordiamo che ogni lavoratore dipendente che abbia dei familiari a proprio carico può godere di un beneficio fiscale al momento della dichiarazione annuale dei redditi, dette detrazioni d’imposta.
Per capire l'aspetto fiscale da parte dei lavoratori dipendenti è utile porre delle domande per finalizzare in modo corretto le detrazioni fiscali IRPEF da lavoro.
Chi sono i familiari a carico?
Il coniuge non legalmente ed effettivamente separato; i figli, compresi quelli naturali riconosciuti, gli adottivi, gli affidati e affiliati; altri familiari (genitori, generi, nuore, suoceri, fratelli e sorelle), con la condizione che siano conviventi. Per essere a carico questi familiari non devono disporre di un reddito superiore 2.840,51 euro al lordo degli oneri deducibili, qui bisogna porre una grande attenzione in quanto da un punto di vista fiscale con la dichiarazione dei redditi dell'anno successivo, l' ”errore” viene facilmente riscontrato.
La detrazione fiscale irpef in busta paga spetta, in mancanza di accordo, all’affidatario in caso di separazione legale ed effettiva, annullamento, scioglimento o cessazione degli effetti civili del matrimonio. Nel caso di affidamento congiunto o condiviso la detrazione è ripartita, in mancanza di accordo, nella misura del 50% tra i genitori.
PER ulteriori informazioni sulle detrazioni fiscali in busta paga si consiglia di visitare la pagina di mondo-lavoro.com sulle detrazioni fiscali.
Si ricorda che, in caso di variazione, è il dipendente che ha l’obbligo di comunicare ogni modifica per evitare di percepire somme indebite e di essere così perseguito: in assenza della dichiarazione rettificatrice, il comportamento del dipendente è punito con una sanzione amministrativa da un minimo di 258 a un massimo di 2.065 euro.
Tutte le aziende, oltre ai diversi istituti pubblico, si sono adoperate per rispettare queste ultime disposizioni. A questo proposito, l’Inpdap ha recentemente informato, ad esempio, i propri dipendenti che per correggere la loro precedente dichiarazione devono utilizzare il sistema telematico e utilizzare la procedura on-line “autocertificazione carico familiare” sul sistema Intranet, sezione “Inpdap per noi”.
È stato recentemente abolito l’obbligo che il lavoratore dipendente deve presentare ad ogni inizio anno al proprio datore di lavoro per ottenere le detrazioni fiscali IRPEF in busta paga in riferimento ai redditi da lavoro dipendente e per i familiari a carico. Con questo provvedimento si elimina un’inutile richiesta.
Infatti, ai sensi del disposto normativo contenuto nell'art. 23 del DPR 600 del 1973 così come modificato dalla legge n. 106 del 2011, a partire dall'anno di imposta 2012 il modello delle detrazioni fiscali dovrà essere presentato solo in caso di variazione del proprio nucleo familiare o del diritto alle detrazioni per lavoro dipendente e assimilato.
Come nel caso di nuovi nati, oppure se le detrazioni vengono ripartite in modo differente rispetto all’anno precedente. Passando dal 50% al 100% o vice versa
Vediamo alcuni punti esplicativi delle detrazioni fiscali IRPEF
Le detrazioni fiscali IRPEF riguardano il reddito e sono delle agevolazioni fiscali per i lavoratori dipendenti, le quali decorrono con l'inizio dell'anno solare fino al mese di dicembre.
Ricordiamo che ogni lavoratore dipendente che abbia dei familiari a proprio carico può godere di un beneficio fiscale al momento della dichiarazione annuale dei redditi, dette detrazioni d’imposta.
Per capire l'aspetto fiscale da parte dei lavoratori dipendenti è utile porre delle domande per finalizzare in modo corretto le detrazioni fiscali IRPEF da lavoro.
Chi sono i familiari a carico?
Il coniuge non legalmente ed effettivamente separato; i figli, compresi quelli naturali riconosciuti, gli adottivi, gli affidati e affiliati; altri familiari (genitori, generi, nuore, suoceri, fratelli e sorelle), con la condizione che siano conviventi. Per essere a carico questi familiari non devono disporre di un reddito superiore 2.840,51 euro al lordo degli oneri deducibili, qui bisogna porre una grande attenzione in quanto da un punto di vista fiscale con la dichiarazione dei redditi dell'anno successivo, l' ”errore” viene facilmente riscontrato.
La detrazione fiscale irpef in busta paga spetta, in mancanza di accordo, all’affidatario in caso di separazione legale ed effettiva, annullamento, scioglimento o cessazione degli effetti civili del matrimonio. Nel caso di affidamento congiunto o condiviso la detrazione è ripartita, in mancanza di accordo, nella misura del 50% tra i genitori.
PER ulteriori informazioni sulle detrazioni fiscali in busta paga si consiglia di visitare la pagina di mondo-lavoro.com sulle detrazioni fiscali.
Si ricorda che, in caso di variazione, è il dipendente che ha l’obbligo di comunicare ogni modifica per evitare di percepire somme indebite e di essere così perseguito: in assenza della dichiarazione rettificatrice, il comportamento del dipendente è punito con una sanzione amministrativa da un minimo di 258 a un massimo di 2.065 euro.
Tutte le aziende, oltre ai diversi istituti pubblico, si sono adoperate per rispettare queste ultime disposizioni. A questo proposito, l’Inpdap ha recentemente informato, ad esempio, i propri dipendenti che per correggere la loro precedente dichiarazione devono utilizzare il sistema telematico e utilizzare la procedura on-line “autocertificazione carico familiare” sul sistema Intranet, sezione “Inpdap per noi”.
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sabato 9 luglio 2011
INPS: pensioni on line
Durante il corso della vita lavorativa l’istituto di previdenza, l’Inps provvede ad accreditare ad ogni singolo lavoratore (dipendente e collaboratore a progetto) tutti i contributi versati nelle varie gestioni. E in qualsiasi momento, si può richiedere presso gli uffici di competenza dell’Inps o presso gli sportelli automatici (self-service), l’estratto conto, che riassume in una tabella composta da più voci, tutti i contributi che risultano registrati negli archivi dell’Inps a favore degli assicurati.
Inoltre, gli assicurati possono chiedere il proprio estratto contributivo e ottenere il calcolo della pensione, sulla base dei contributi versati e della simulazione dei contributi previsti collegandosi al sito INPS. Il servizio on line è attualmente disponibile per tutti gli utenti dotati di PIN (numero di identificazione personale): cittadini, patronati, Centri di Assistenza Fiscale e Comuni. Per entrare nel servizio on line è necessario registrarsi. L’Inps fornisce agli utenti un PIN composto da una prima parte (otto caratteri), rilasciata al momento della richiesta. La seconda parte è recapitata a domicilio soprattutto per ragioni di privacy e di sicurezza.
Se il lavoratore è vicino alla pensione, può chiedere l’estratto conto certificativo, che è un documento che consente di conoscere in modo dettagliato tutti i contributi accreditati. L' estratto contributivo è un riepilogo dei contributi che risultano registrati negli archivi dell'Inps a favore del lavoratore fin dall'inizio della sua vita assicurativa (nell'estratto sono compresi i contributi da lavoro, figurativi e da riscatto). Ne possono fare richiesta tutti i lavoratori dipendenti e autonomi iscritti all'Inps. L'estratto consente al lavoratore di verificare l'esattezza delle registrazioni che lo riguardano e di segnalare per tempo eventuali discordanze o inesattezze al datore di lavoro.
L'estratto che cosa contiene
Un estratto sintetico che indica, per tipo di contribuzione (lavoro dipendente, contributi figurativi, disoccupazione, malattia, lavoro agricolo dipendente etc.), le settimane utili per il diritto alla pensione; un estratto analitico dei periodi contributivi registrati negli archivi dell'Inps alla data di richiesta dell'estratto da parte dell'interessato, e quindi: i contributi registrati negli archivi (giorni, settimane, mesi); le settimane utili per il raggiungimento del diritto alla pensione; le settimane utili per il calcolo della pensione; la retribuzione o il reddito; e le note.
I dipendenti pubblici INPDAP possono consultare on line la propria posizione assicurativa, stamparla e richiedere eventuali modifiche o integrazioni. Un servizio che è utile in ogni fase della vita lavorativa: consente agli iscritti più giovani di avere un’idea di quella che sarà la propria pensione e quindi di pianificare per tempo le scelte più convenienti e a chi invece è vicino alla pensione di verificare l’esattezza della propria posizione assicurativa.
Inoltre, gli assicurati possono chiedere il proprio estratto contributivo e ottenere il calcolo della pensione, sulla base dei contributi versati e della simulazione dei contributi previsti collegandosi al sito INPS. Il servizio on line è attualmente disponibile per tutti gli utenti dotati di PIN (numero di identificazione personale): cittadini, patronati, Centri di Assistenza Fiscale e Comuni. Per entrare nel servizio on line è necessario registrarsi. L’Inps fornisce agli utenti un PIN composto da una prima parte (otto caratteri), rilasciata al momento della richiesta. La seconda parte è recapitata a domicilio soprattutto per ragioni di privacy e di sicurezza.
Se il lavoratore è vicino alla pensione, può chiedere l’estratto conto certificativo, che è un documento che consente di conoscere in modo dettagliato tutti i contributi accreditati. L' estratto contributivo è un riepilogo dei contributi che risultano registrati negli archivi dell'Inps a favore del lavoratore fin dall'inizio della sua vita assicurativa (nell'estratto sono compresi i contributi da lavoro, figurativi e da riscatto). Ne possono fare richiesta tutti i lavoratori dipendenti e autonomi iscritti all'Inps. L'estratto consente al lavoratore di verificare l'esattezza delle registrazioni che lo riguardano e di segnalare per tempo eventuali discordanze o inesattezze al datore di lavoro.
L'estratto che cosa contiene
Un estratto sintetico che indica, per tipo di contribuzione (lavoro dipendente, contributi figurativi, disoccupazione, malattia, lavoro agricolo dipendente etc.), le settimane utili per il diritto alla pensione; un estratto analitico dei periodi contributivi registrati negli archivi dell'Inps alla data di richiesta dell'estratto da parte dell'interessato, e quindi: i contributi registrati negli archivi (giorni, settimane, mesi); le settimane utili per il raggiungimento del diritto alla pensione; le settimane utili per il calcolo della pensione; la retribuzione o il reddito; e le note.
I dipendenti pubblici INPDAP possono consultare on line la propria posizione assicurativa, stamparla e richiedere eventuali modifiche o integrazioni. Un servizio che è utile in ogni fase della vita lavorativa: consente agli iscritti più giovani di avere un’idea di quella che sarà la propria pensione e quindi di pianificare per tempo le scelte più convenienti e a chi invece è vicino alla pensione di verificare l’esattezza della propria posizione assicurativa.
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