domenica 24 novembre 2013

Apprendistato la formazione scenderà in base al titolo scolastico


Le Regioni hanno approvato le linee guida destinate a uniformare l'offerta formativa per il contratto di mestiere.

Centoventi ore di formazione (in tre anni) per gli apprendisti privi di titolo di studio o in possesso di licenza elementare o media; si scende a 80 ore (da articolare sempre nell'arco di tre anni) per gli apprendisti in possesso del diploma (statale o di istruzione e formazione professionale). E se l'apprendista possiede la laurea (ma anche un master, un diploma di specializzazione, il dottorato di ricerca) la durata dell'offerta formativa pubblica scende ancora, e si ferma a 40 ore.

È la principale novità delle linee guida varate dalle Regioni per attuare le semplificazioni introdotte dal Dl 76/2013 sull'apprendistato professionalizzante. Le linee guida, proposte dalle regioni al Governo lo scorso 17 ottobre, dovrebbero ricevere il via libera formale nella Conferenza Stato-Regioni il 28 novembre 2013.

Sembra infatti che il Governo non abbia obiezioni sul testo proposto dalle regioni, che è peraltro in linea con le disposizioni del Dl 76. Sui percorsi scuola lavoro, con il decreto Carrozza (Dl 104/2013) arriva l'Erasmus in azienda: intese ad hoc tra università (escluse quelle telematiche) e imprese potranno promuovere progetti formativi congiunti per far svolgere agli studenti periodi di formazione nelle aziende sulla base di un contratto di apprendistato. Si punta poi a sostenere la diffusione dell'apprendistato di alta formazione nei percorsi Its (gli Istituti tecnici superiori, post diploma), anche attraverso incentivi finanziari previsti dalla programmazione regionale.

Si dovranno cioè trasferire al ragazzo competenze sulla sicurezza sul luogo di lavoro, l'organizzazione e la qualità aziendale, diritti e doveri del lavoratore e dell'impresa. Ma anche competenze digitali, sociali, civiche, spirito di iniziativa e imprenditorialità, elementi di base del mestiere. La formazione dovrà partire, di norma, nella fase iniziale dell'apprendistato e ci dovranno essere verifiche degli apprendimenti. Si prevede, inoltre, per le aziende che non si avvalgono dell'offerta formativa pubblica, di poter erogare direttamente la formazione per le competenze di base e trasversali. Ma devono disporre di "standard minimi": vale a dire, «luoghi idonei alla formazione» (distinti da quelli normalmente destinati alla produzione) e «risorse umane con adeguate capacità e competenze».

sabato 23 novembre 2013

Amt: trovato l’accordo per i trasporti a Genova



L'assemblea dei lavoratori di Amt ha approvato a maggioranza la bozza di accordo che conclude la vertenza sul trasporto pubblico a Genova e lo sciopero di 5 giorni. L’assemblea dei lavoratori dell’Amt, l’azienda dei trasporti di Genova da quattro giorni in sciopero, ha approvato l’accordo siglato nella notte tra venerdì e sabato. La votazione è avvenuta facendo spostare all’interno della sala i favorevoli e i contrari.

A Genova i mezzi pubblici sono tornati a circolare, dopo che l'assemblea dei lavoratori di Amt ha approvato a maggioranza la bozza di accordo che chiude la vertenza sull'azienda di trasporto pubblico cittadino e 5 giorni di sciopero. L'accordo stabilisce che Amt resterà pubblica. "Positivo" il giudizio espresso dal sindaco Doria sull'intesa. A chiedere il voto favorevole sono state le organizzazione sindacali che la notte scorsa hanno portato a termine la trattativa. I tre punti salienti richiesti dai lavoratori erano: "salvaguardia del patrimonio aziendale, mantenimento dell'azienda pubblica e nessun prelievo dalle tasche dei dipendenti Amt".

Nella bozza di accordo tra Amt, Comune di Genova, Regione Liguria e Organizzazioni sindacali si ribadisce che Amt rimarrà una società pubblica. "Il combinato disposto dalla legge nazionale 422/97 e la legge regionale 33/2013 ha reso possibile dare vita ad un forte piano di riorganizzazione e rilancio del sistema di trasporto pubblico attraverso la creazione di un'agenzia che sarà pienamente operativa nella primavera del 2014.

E' questo l'appuntamento al quale arrivare con una Amt più efficiente e forte che rimarrà comunque pubblica". "Al fine di portare l'azienda all'appuntamento della gara per l'affidamento dei servizi nel bacino unico regionale, che rimane l'unica prospettiva strategica di sviluppo del servizio di trasporto pubblico in Liguria è necessario mettere in atto misure di rafforzamento e razionalizzazione aziendale su più fronti. In primo luogo deve essere irrobustito l'investimento nel parco mezzi". Su questo punto la Regione si è impegnata a costituire e rendere operativa l'Agenzia regionale e a reperire fondi europei per il rinnovo del parco mezzi circolante. "Attraverso questo maggiore investimento nel parco mezzi - è spiegato nel documento - si otterrà l'obiettivo di un miglioramento del servizio e di una consistente diminuzione degli oneri a carico dell'azienda per l'attività di manutenzione". Per quanto riguarda il disavanzo previsto dal conto economico previsionale 2014 ammontante a circa 8,3 mln, "l'azienda e il comune reperiranno le risorse per 4,3 mln". "In tale processo il Comune e l'azienda si impegnano, unitamente ad altre azioni, a verificare la possibilità di ricostituire il capitale sociale attraverso diverse misure". I rimanenti 4 mln saranno ottenuti, attraverso opportune intese con le organizzazioni sindacali e a tal proposito verrà attivato un tavolo di confronto che dovrà produrre l'articolazione della proposta.

Nel frattempo i lavoratori Amt hanno aperto un conto corrente di solidarietà per pagare le multe legate alla precettazione per sciopero. Oltre alla giornata di lavoro persa, infatti, i lavoratori hanno ricevuto una multa di 250 euro per ogni giorno di astensione dal lavoro.




Allarme pensioni, Cazzola: «Il buco Inpdap che pesa sull' Inps?



Il disavanzo di gestione dell'ex Inpdap, che ora pesa sul bilancio Inps con una forza capace di azzerarne il patrimonio netto nel giro di un paio d'anni, non dipende solo dal blocco del turn over nella Pa degli ultimi anni. All'origine c'è una scelta fatta nel 2007 dal Governo Prodi, quando ministro dell'Economia era Tommaso Padoa-Schioppa e Cesare Damiano minstro del Lavoro.

A ricordare quel passaggio è Giuliano Cazzola, responsabile Welfare con un lungo trascorso negli enti previdenziali, visto che è stato membro del collegio dei sindaci Inpdap tra il 1994 e il 2002 e del collegio dei sindaci Inps dal 2002 al 2007. «Tutto nasce con una norma maligna del 2007 che ha trasformato in anticipazioni di Tesoreria, e quindi in debiti dell'ente verso lo Stato, gli iniziali trasferimenti (e quindi crediti dell'Inpdap verso lo Stato) stanziati dalla legge Dini del 1995 a copertura dello stock delle pensioni degli statali, quando venne istituita la loro Cassa». Perché si decise quell'operazione contabile? È questa una storia complessa che merita di essere raccontata almeno per sommi capi. Prima della legge n. 335/1995 le Amministrazioni dello Stato si limitavano ad incassare la quota di contribuzione dovuta dai loro dipendenti; poi, quando essi cessavano dal servizio le Amministrazioni erogavano direttamente i trattamenti spettanti in termini di cassa come gli stipendi. Con l'istituzione della Gestione pensionistica degli statali presso l'Inpdap (l'ente era stato costituito in via definitiva nel 1994) le amministrazioni hanno dovuto cominciare a versare alla Gestione stessa presso l'Inpdap la loro quota in quanto datori di lavoro. Nel 1996 si doveva gestire, con il passaggio a Inpdap, la continuità delle pensioni statali vigenti.

Infatti. Lo Stato si impegnò a trasferire il corrispettivo 14mila miliardi di vecchie lire alla Gestione, dal momento che essa si prendeva in carico il servizio. Questo stanziamento, che nel frattempo si è tradotto in euro (circa 8 miliardi), ha subìto quella trasformazione in anticipazioni di cui accennavo in precedenza. Ciò per alleggerire di qualche miliardo la posizione debitoria del bilancio dello Stato presso i censori di Bruxelles. Insomma una mossa obbligata dallo stato dei saldi di finanza pubblica? È bene ricordare che la pratica di erogare coperture tramite anticipazioni anziché trasferimenti è vecchia come il cucco. Il Tesoro vi aveva fatto ricorso in passato per finanziare, in parte, la cosiddetta spesa assistenziale sostenuta dall'Inps, tanto che l'Istituto aveva accumulato una situazione patrimoniale deficitaria per 160mila miliardi di lire, poi azzerata nel 1998 grazie all'azione dell'allora ministro Carlo Azeglio Ciampi. Ovviamente, quella misura aveva rivoltato in positivo il bilancio Inps fino ad allora deficitario prevalentemente a causa di un marchingegno solo finanziario.

Secondo lei cosa bisognerebbe fare ora? Quando Mastrapasqua ha dichiarato che il bilancio dell'Inps non è come quello che appare dall'esterno, non voleva dire che è peggiore, ma che il suo disavanzo dipende dalla fusione con l'Inpdap, il quale si è portato appresso la fregatura che ha ricevuto dallo Stato (e dall'ultimo governo di centro-sinistra). E non servirebbe – unicamente da questo punto di vista - ripensare l'unificazione perché comunque il "buco" resterebbe nel bilancio dell'Inpdap che è pur sempre un ente previdenziale che eroga pensioni, i cui oneri vanno nel conto "spesa pensionistica" del Paese.


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