domenica 22 aprile 2012

Donne e la riforma del lavoro

La politica che si sta occupando di riforma del mercato del lavoro, e delle lavoratrici donne, distinguendole in due grandi categorie: le lavoratici – madri e tutte le altre.

Il ddl di riforma del mercato del lavoro ha introdotto norme che dovrebbero incentivare l’ingresso delle donne nel mercato del lavoro e ne tutelano alcuni diritti.

Il capo V del ddl è tutto dedicato alle donne, e gli artt. 55 e 56 contengono disposizioni incentrate sul ripristino del contrasto alle dimissioni in bianco, sul mini congedo obbligatorio di tre giorni continuativi di paternità, e sui buoni per pagare le baby sitter invece di prendersi le aspettative facoltative per maternità.

Tra le misure introdotte, prende piede la previsione riguardante le dimissioni delle lavoratrici madri. Si prevede l’estensione della necessità di convalida, a cura del competente servizio ispettivo territoriale, delle dimissioni e della risoluzione consensuale del rapporto di lavoro. Un meccanismo di convalida questo che prevede che la lavoratrici si presenti personalmente al servizio ispettivo, al preciso scopo di verificare la libera e non influenzata volontà della stessa a voler interrompere il rapporto di lavoro. Il tempo per la convalida delle dimissioni della lavoratrice madre (o anche del lavoratore- padre) e quindi la risoluzione consensuale del rapporto di lavoro, passa dal compimento del primo anno di vita del figlio, ai 3 anni, con adeguamenti corrispondenti in caso di adozione o affidamento. Rimane però fermo al compimento di un anno del figlio, sia il periodo in cui opera il divieto di licenziamento, sia il periodo entro il quale le dimissioni della lavoratrice (o del lavoratore, se fruisce del congedo di paternità) si presumono “a causa di maternità”, producendo così il diritto al pagamento della indennità sostitutiva del preavviso.

La riforma sembra dichiarare una volta per tutte guerra a quella pratica illegale, denominata “Dimissioni in bianco”, consistente in un foglio di dimissioni fatto firmare da alcune aziende al momento dell’assunzione di una donna e da utilizzare, in seguito, in caso di maternità della stessa.
La riforma prevede che la risoluzione consensuale del rapporto o la richiesta di dimissioni presentate dalla lavoratrice durante il periodo di gravidanza (o nei primi tre anni di vita del bambino) debbano essere convalidate dal servizio ispettivo del ministero del Lavoro e delle politiche sociali competente per territorio.

L’art. 55 del ddl prevede infatti che «La risoluzione consensuale del rapporto o larichiesta di dimissioni presentate dalla lavoratrice, durante il periodo di gravidanza, e dalla lavoratrice o dal lavoratore durante i primi tre anni di vita del bambino o nei primi tre anni di accoglienza del minore adottato o in affidamento, o, in caso di adozione internazionale dovranno essere convalidate dal servizio ispettivo del Ministero del lavoro».

L’art. 56 del ddl introduce poi una disposizione sui congedi obbligatori di paternità: “il padre lavoratore dipendente, entro i cinque mesi dalla nascita del figlio, ha l’obbligo di astenersi dal lavoro per un periodo di tre giorni, anche continuativi, dei quali due giorni in sostituzione della madre e con un riconoscimento di un’indennità giornaliera a carico dell’Inps pari al cento per cento della retribuzione e il restante giorno in aggiunta all’obbligo di astensione della madre con un riconoscimento di un’indennità giornaliera pari al cento per cento della retribuzione”, recita la norma.

In verità alcuni contratti di lavoro prevedono già forme di congedi di paternità, ma sarebbe la prima volta che ne viene introdotto, per legge e in Italia, l’obbligo. Si tratta di un mini-congedo obbligatorio, ma è pur sempre un passo avanti che può contribuire a “far cambiare la mentalità” perché “la maternità non è un fatto solo di donne”, come ha detto il ministro Fornero.

L’altra novità rilevante della riforma del lavoro riguarda i voucher per retribuire le baby sitter. All‘art. 56 lett. b) del ddl è disciplinata “la possibilità di concedere alla madre lavoratrice, al termine del periodo di congedo di maternità, per gli undici mesi successivi e in alternativa al congedo parentale (…) la corresponsione di voucher per l’acquisto di servizi di baby-sitting da richiedere al datore di lavoro”.

In effetti i voucher per baby sitter sembrano volti ad incoraggiare le madri a tornare al più presto al lavoro, senza fruire del congedo parentale (tantomeno incoraggiando i padri a prenderlo) e senza neppure garantire loro e ai loro bambini servizi adeguati sul piano quantitativo e qualitativo. Mentre tutte le ricerche scientifiche sottolineano l´importanza della qualità della cura e delle relazioni nel primo anno di vita del neonato.

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