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sabato 16 novembre 2013
Pensioni d’oro quanto ci costano? 45 miliardi secondo i dati dell’Istat
Chi prende oltre 3mila euro al mese è costato nel 2011 45 miliardi di euro. Ma loro sono solo il 5% del totale dei pensionati. Un nuovo dato dell'Istat arriva a rinfocolare le polemiche sulle cosiddette pensioni d'oro, quelle cioè che fanno percepire oltre 3mila euro al mese. Nel 2011 il 5,2% dei pensionati nella fascia più "ricca", pari a 861mila persone, hanno assorbito 45 miliardi di euro l'anno, il 17% della spesa totale, poco meno di quanto sborsato (51 miliardi, 19,2%) per i 7,3 milioni, il 44% dei pensionati, sotto i mille euro.
Questione, quella delle pensioni d’oro, tornata d’attualità con le considerazioni, tutt’altro che incoraggianti, contenute nella relazione illustrativa che ha accompagnato la Legge di stabilità 2013. Nella quale si sottolinea come la restituzione ai super pensionati di quanto avevano perso con lo stop alla rivalutazione dei trattamenti pensionistici superiori a cinque volte il minimo per gli anni 2012-2013, pesi sulle casse dello Stato per 80 milioni di euro. Lo stop alle indicizzazioni era stato deciso nel luglio 2011 dal governo Berlusconi, ma era stato successivamente dichiarato incostituzionale dalla Consulta. Decisione per effetto della quale, al fine di rimborsare le somme versate all’entrata del bilancio dello Stato, si legge nella relazione, è stato istituito «un apposito fondo nello stato di previsione del ministero dell’Economia e delle finanze, con una dotazione di 40 milioni di euro per ciascuno degli anni 2014 e 2015».
Quindi meno di un milione di persone in pensione che, in termini di spesa pensionistica, vale quasi come più di sette milioni di persone, quasi la metà del totale. Forte è il divario tra donne e uomini, quest'ultimi rappresentano il 76,3% dei pensionati over tremila euro al mese, quasi otto su dieci. Se si fa il confronto con l'anno precedente, sempre in base alle ultime tavole pubblicate dall'Istat a fine ottobre, si scopre che nel 2011, anche se il numero dei pensionati in Italia è diminuito di 38mila unità, il gruppo che percepisce più di tremila euro mensili è salito di 85mila (+10,9%), con un aumento della spesa di 4,6 miliardi di euro.
Cifre comunque non da sottovalutare, se lette in contemporanea con l’ultima fotografia scattata dall’Istat. Che richiamando la forbice distributiva tra i pensionati d’oro e quelli al minimo, rende lo squilibrio ancora più evidente.
Tenendo presente che si sta parlando di pensionati e non di pensioni: una stessa persona può essere titolare di più trattamenti (pensioni di vecchiaia, invalidità, sociali e altro). La ripartizione dei pensionati per classe d’importo risente infatti della possibilità di cumulo di uno o più trattamenti sullo stesso beneficiario. Sempre nel 2011 quasi un quarto dei pensionati è stato destinatario di un doppio assegno. Probabilmente con il blocco dell’indicizzazione e gli altri cambiamenti che hanno toccato il mondo delle pensioni dalla fine del 2011 qualcosa oggi è cambiato, ma si tratta comunque di dati consolidati, riflesso di situazioni che permangono negli anni. Tra la fascia dei pensionati al minimo e quella degli assegni d’oro, vivono i 6,3 milioni di italiani che percepiscono un assegno tra i 1000 2 i 2000 euro e i 2,1 milioni di persone che ricevono tra i 2000 e i 3000 euro al mese. E che completano l’esercito dei 16,6 milioni di pensionati.
In generale c'è una tendenza al trasferimento dei pensionati verso classi d'importo maggiore, spiegabile sia con la perequazione annuale, sia con il fatto che il valore medio delle nuove pensioni è maggiore di quello delle cessate. Infatti sempre nel 2011 si è verificata anche una diminuzione dei pensionati sotto i mille euro (di quasi 250 mila teste, -3,3%).
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sabato 26 ottobre 2013
Lavoro: disoccupati e sfiduciati, 6 mln senza lavoro
Sono oltre 6 milioni le persone impiegabili nel processo produttivo. Di queste 3,07 milioni sono disoccupate e 2,99 milioni, di cui fanno parte gli scoraggiati, non cercano ma sono disponibili a lavorare, oppure cercano lavoro ma non sono disponibili immediatamente. Così le tabelle Istat sul 2° trimestre 2013. Su 3.075.000 disoccupati quasi la metà sono al Sud (1.458.000) e più della metà sono giovani (1.538.000 tra i 15 e i 34 anni, 935.000 se invece si considera la fascia d'età 25-34 anni).
Oltre ai disoccupati e agli sfiduciati si aggiungono ben sette italiani su dieci (70 per cento) che si sentono minacciati dal pericolo di perdere il lavoro in questo autunno di crisi. Lo afferma un'indagine Coldiretti/Ixe' a commento dei dati Istat sul fatto che le persone potenzialmente impiegabili nel processo produttivo sono oltre 6 milioni, se ai 3,07 milioni di disoccupati si sommano i 2,99 milioni del secondo trimestre dell'anno. Dallo studio si prevede che una famiglia su quattro si troverà a fare sacrifici economici.
Nel secondo trimestre 2013 - secondo la tabella sulle 'forze lavoro potenziali' - c'erano 2.899.000 persone tra i 15 e i 74 anni che pur non cercando attivamente lavoro sarebbero state disponibili a lavorare (con una percentuale dell'11,4% più che tripla rispetto alla media europea pari al 3,6% nel secondo trimestre 2013). A queste si aggiungono circa 99.000 persone che pur cercando non erano disponibili immediatamente a lavorare. Nel primo gruppo, ovvero gli inattivi che non cercano pur essendo disponibili a lavorare, ci sono quasi 1,3 milioni di persone 'scoraggiate', ovvero che non si sono attivate nella ricerca di un lavoro pensando di non poter trovare impiego. Trovare un lavoro resta una chimera soprattutto al Sud e tra i giovani: su 3.075.000 disoccupati segnati nel secondo trimestre 2013 quasi la metà sono al Sud (1.458.000) mentre oltre la metà sono giovani (1.538.000 tra i 15 e i 34 anni, 935.000 se si considera la fascia 25-34 anni). Se si guarda alle forze lavoro potenziali il Sud fa la parte del leone con 1.888.000 persone sui 2.998.000 inattivi potenzialmente occupabili. Se si guarda alla fascia dei più giovani sono potenzialmente occupabili nel complesso (ma inattivi) 538.000 persone tra i 15 e i 24 anni e 720.000 tra i 25 e i 34 anni con una grandissima prevalenza di coloro che non cercano pur essendo disponibili a lavorare. L'Istat infine individua nell'area della ''sotto-occupazione'' nel secondo trimestre 2013 circa 650.000 persone mentre oltre 2,5 milioni di persone sono occupati con un 'part time involontario', in crescita di oltre 200.000 unità rispetto allo stesso periodo del 2012.
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domenica 2 settembre 2012
Emergenza lavoro: crolla il numero degli occupati
Nuovi allarmanti dati sull'occupazione giovanile.
Crolla il numero dei giovani occupati: nel secondo trimestre dell'anno gli under 35 sono diminuiti di quasi un milione e mezzo di unità (-1.457.000) rispetto allo stesso periodo del 2007, passando da 7 milioni 333 mila a 5 milioni 876 mila con un calo del 19,9%. Nell'ultimo anno la riduzione è stata di 230 mila unità. E' quanto emerge da un confronto dei dati Istat.
Tra aprile e giugno 2011 i giovani occupati superavano la soglia dei 6 milioni Tendenza opposta per gli occupati nella fascia d'età tra i 55 e i 64 anni che, dall'inizio della crisi, sono aumentati del 26% passando in 5 anni da 2 milioni 403 mila a 3 milioni 29 mila.
Quindi tra gli under 35 si contano quasi 1,4 milioni di disoccupati. Nel dettaglio si tratta di 1 milione e 386 mila giovani in cerca di posto, ovvero oltre la metà del totale dei disoccupati (51,2%). La disoccupazione comunque avanza velocemente anche tra i più adulti, con 1 milione 320 mila senza lavoro tra gli over 34.
Insomma sin da quando è iniziata la crisi gli under 35 sono stati colpiti direttamente, con un vero e proprio crollo dei giovani che possono contare su un posto di lavoro. Una tendenza confermata anche nel secondo trimestre del 2012. Nel dettaglio, gli occupati più adulti (55-64 anni) sono saliti di 626 mila unità, passando da 2 milioni 403 mila del 2007 a 3 milioni 29 mila del 2012. Nel giro di un solo anno, dal secondo trimestre del 2011 allo stesso periodo del 2012, il rialzo è stato di 226 mila unità (+8%).
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