Cala l'occupazione, cala il lavoro stabile, cala il reddito: per i laureati italiani lo scenario non regala motivi di ottimismo. E questa abbondanza di segni negativi (meno, meno…) dovrebbe indurre la politica ad investire con urgenza in istruzione, ricerca, innovazione e cultura, anche considerando che mentre al contrarsi dell'occupazione negli altri Paesi è cresciuta la quota di occupati ad alta qualificazione, nel nostro Paese è avvenuto l’opposto. Questo è il la nota presentata dal consorzio Almalaurea.
Quindi aumenta la disoccupazione (in misura superiore rispetto all'anno passato) fra i laureati triennali: dal 16 al 19%. Ma non solo. Lievita anche, e risulta perfino più consistente, fra i laureati specialistici, quelli con un percorso di studi più lungo (dal 18 al 20%) e fra gli specialistici a ciclo unico come i laureati in medicina, architettura, veterinaria, giurisprudenza (dal 16,5 al 19%). Una tendenza che si registra finanche fra i laureati tradizionalmente caratterizzati da un più favorevole posizionamento sul mercato del lavoro, come, ad esempio, gli ingegneri.
Cresce la precarietà. Con la sola eccezione dei laureati specialistici a ciclo unico, a un anno dall'acquisizione della laurea diminuisce, fra i laureati occupati, il lavoro stabile. La stabilità riguarda il 42,5% dei laureati occupati di primo livello e il 34% dei laureati specialistici (con una riduzione, rispettivamente, di 4 e di 1 punto percentuale rispetto all'indagine del 2010). Nello stesso tempo si dilata la consistenza delle forme contrattuali a tempo determinato e interinale e del lavoro nero. Quest'ultimo, a un anno, riguarda il 6% dei laureati di primo livello, il 7% degli specialistici, l'11% di quelli a ciclo unico.
Le retribuzioni (buste paga) sono in netto calo a un anno dalla laurea (pari a 1.105 euro mensili netti per i laureati di primo livello, 1.050 per gli specialistici a ciclo unico, 1.080 per gli specialistici), già non elevate, perdono ulteriormente potere d'acquisto rispetto alle indagini precedenti (la contrazione risulta compresa fra il 2 e il 6% solo nell'ultimo anno). Sarebbe un errore imperdonabile - precisa Cammelli presidente di Almalaurea - sottovalutare o tardare ad affrontare in modo deciso le questioni della condizione giovanile e della valorizzazione del capitale umano, non facendosi carico di quanti, anche al termine di lunghi, faticosi processi formativi, affrontano crescenti difficoltà ad affacciarsi sul mercato del lavoro, a conquistare la propria autonomia, a progettare il proprio futuro».
E cosa succede a dieci anni dalla laurea? Se lo è chiesto lo stesso consorzio che nell'autunno del 2011 ha condotto un'indagine via web coinvolgendo un campione di laureati pre-riforma degli anni 2000, 2001 e 2002. Le conclusioni sono queste. Dalle 13 mila interviste realizzate, risulta che lavorano 88 intervistati su cento, valore in calo di 4 punti percentuali rispetto all’analoga rilevazione condotta nel 2006 (sui laureati del 1997-1998). Si dichiara alla ricerca di un lavoro il 10% (erano 6 su cento tra i laureati 1997-1998). Stabili 81 occupati su cento, di cui il 63% con un contratto a tempo indeterminato e il restante 18 con un lavoro autonomo. I laureati degli anni 2000-2001-2002, vedono la propria retribuzione mensile netta attestarsi, in media, a 1.620 euro (era di 1.466 euro tra i laureati del 1997-1998 intervistati nel 2006). In termini reali, gli stipendi sono rimasti pressoché costanti.