domenica 20 ottobre 2013

Aspi e Miniaspi in unica soluzione con la circolare INPS n. 145 del 9 ottobre 2013 per nuove imprese



L’Inps ha chiarito nella circolare n. 145 2013 e ha fornito chiarimenti sulle modalità per la fruizione della liquidazione anticipata in un’unica soluzione degli importi del trattamento non ancora percepiti dal lavoratore intenzionato ad dell'intraprendere una attività imprenditoriale.

Sono destinatari dell'intervento i lavoratori beneficiari dell'indennità mensile ASpI o mini-ASpI che intendono:

intraprendere un'attività di lavoro autonomo;- avviare un'attività di auto impresa o di micro impresa;- associarsi in cooperativa in conformità alla normativa vigente;

sviluppare a tempo pieno un'attività autonoma già iniziata durante il rapporto di lavoro dipendente la cui cessazione ha dato luogo alla prestazione ASpI o mini-ASpI;

intraprendere attività di collaborazione a progetto ovvero di co.co.co svolta con committente diverso dal datore di lavoro con cui è cessato il rapporto di lavoro - che ha determinato il diritto all’indennità di disoccupazione ASpI o mini ASpI – ovvero diverso da eventuali società controllate o collegate ai sensi dell’art. 2359 del c.c.

Per attività di lavoro autonomo: si intende l’esercizio di arti o professioni che comporti l’assoggettamento all’obbligo di iscrizione ad un regime assicurativo diverso da quelli previsti per i lavoratori dipendenti- attività di auto impresa o di micro impresa: si richiamano le disposizioni contenute rispettivamente nel D. lgs. 21 aprile 2000, n. 185 e nel Decreto del Ministero delle attività produttive del 18 aprile 2005.

Anche in questi casi il beneficiario deve essere assoggettato ad un regime assicurativo obbligatorio diverso da quelli previsti per i lavoratori dipendenti.

Con particolare riferimento all’associazione in cooperativa di lavoro, con la quale il lavoratore instauri un rapporto di lavoro subordinato, si precisa che il presente beneficio è alternativo a quello previsto dall’art. 2, comma 10 bis della legge 92/2012 che prevede un'agevolazione contributiva nel caso di assunzione di percettore di ASPI.

La prestazione consiste nella liquidazione in unica soluzione dell'indennità ASpI o mini-ASpI spettante ma non ancora percepita. Per la liquidazione in unica soluzione della prestazione di ASpI o mini ASpI occorre inoltrare all'INPS specifica domanda entro la fine del periodo di fruizione della prestazione ASpI o mini-ASpI e, comunque, entro 60 giorni dalla data di inizio dell'attività autonoma o parasubordinata o dell'associazione in cooperativa.

Ai fini della presentazione della domanda in particolare si ricorda che in caso di svolgimento di attività lavorativa in forma autonoma dalla quale derivi un reddito inferiore al limite utile ai fini della conservazione dello stato di disoccupazione, il soggetto beneficiario della prestazione deve informare l’INPS - a pena di decadenza dall’indennità di disoccupazione ASpI o mini-ASpI - entro un mese dall’inizio dell’attività, dichiarando altresì il reddito annuo che prevede di trarre da tale attività.

Posto quanto sopra, qualora l'attività autonoma, l’attività di auto impresa o di micro impresa o parasubordinata o l'associazione in cooperativa sia iniziata durante il rapporto di lavoro dipendente la cui cessazione ha dato luogo alla prestazione ASpI o mini-ASpI, la domanda intesa ad ottenere l’anticipazione delle predette prestazioni deve essere trasmessa entro 60 giorni dalla data di presentazione della domanda di indennità di disoccupazione ASpI o mini-ASpI.

Il termine dei 60 giorni riconosciuto per la domanda di anticipazione della prestazione non esime dal rispetto del termine previsto a pena di decadenza.
Per coloro che siano già beneficiari della indennità di disoccupazione ASpI o mini-ASpI ed abbiano altresì - alla data di pubblicazione della odierna circolare (9/10/2013) - già avviato una attività di lavoro autonomo, un’attività di auto impresa o di micro impresa o un’attività parasubordinata o si siano associati in cooperativa, il termine di 60 giorni per la presentazione della domanda di anticipazione decorrerà dalla data di pubblicazione della circolare.

Si precisa, altresì, che laddove il soggetto interessato sia divenuto beneficiario dell’indennità di disoccupazione ASpI o Mini-ASpI in misura ridotta per un importo pari all’80% dei proventi preventivati per lo svolgimento di attività lavorativa in forma, la prestazione verrà erogata in misura intera.

Per quanto concerne le modalità di presentazione della domanda di anticipazione delle predette prestazioni, si fa presente che detta domanda, recante la specificazione dell’attività da intraprendere o sviluppare, dovrà essere inoltrata esclusivamente in via telematica attraverso una delle seguenti modalità:
- via WEB tramite sportello del cittadino accessibile dall’utente nei servizi online dell’Istituto,- tramite Patronato/intermediari dell’Istituto - attraverso i servizi telematici offerti dagli stessi con il supporto dell’Istituto.- tramite Contact Center Multicanale INPS-INAIL telefonando gratuitamente al numero 803164 da rete fissa o al numero 06 164164 a pagamento da rete mobile secondo il proprio piano tariffario.

Nel corso della trasmissione della domanda di anticipazione:
- ai lavoratori che risultano già beneficiari di prestazione ASpI o mini ASpI verranno richieste le sole informazioni necessarie alla definizione della domanda di anticipazione;
- ai lavoratori che non risultano ancora beneficiari di prestazione ASpI o mini ASpI verrà richiesto in automatico di compilare domanda di indennità di disoccupazione ASpI o mini ASpI; effettuato l’invio della predetta domanda, sarà possibile compilare ed inoltrare la domanda di anticipazione della prestazione richiesta.

Come di consueto, all'istanza è attribuito un numero di protocollo informatico. Nel caso di specie esso si impone anche ai fini del rispetto del limite di spesa previsto dall'ordinamento.

Erogazione della prestazione
Ai fini dell’erogazione della prestazione l'INPS accerta preventivamente la sussistenza in capo ai richiedenti di una indennità di disoccupazione ASpI o mini ASpI oppure del diritto a fruire dell’indennità di disoccupazione ASpI o mini ASpI. Ciò premesso, l'INPS dovrà accertare - basandosi sull’idoneità degli elementi forniti nella domanda mediante dichiarazioni sostitutive delle certificazioni e dell’atto di notorietà se i richiedenti abbiano titolo ad ottenere l'anticipazione.

Le Strutture territoriali determinano l'importo da corrispondere a titolo di anticipazione erogando in un'unica soluzione i ratei spettanti nel periodo compreso tra la data di presentazione della domanda di anticipazione e il termine di spettanza dell’indennità di disoccupazione ASpI o miniASpI, detraendo i ratei già eventualmente pagati nello stesso periodo.

L’erogazione dell’anticipazione dell’indennità di disoccupazione ASpI o mini-ASpI potrà avvenire:
- mediante accredito su conto corrente bancario o postale o su libretto postale;- mediante bonifico domiciliato presso Poste Italiane allo sportello di un ufficio postale rientrante nel CAP di residenza o domicilio del richiedente.


La rete di imprese: una nuova forma di aggregazione di imprese




La rete d’imprese, o per meglio dire “il contratto di rete”, è un istituto di recente introduzione nel nostro ordinamento. Con il contratto di rete due o più imprese si obbligano ad esercitare in comune una o più attività economiche rientranti nei rispettivi oggetti sociali allo scopo di accrescere la reciproca capacità innovativa e la competitività sul mercato.

La definizione di contratto di rete è contenuta nell’articolo 3 del Decreto Legge n.5/2009 (convertito in Legge n.33/2009), il quale lo definisce come quel contratto mediante il quale “più imprenditori perseguono lo scopo di accrescere, individualmente e collettivamente, la propria capacità innovativa e la propria competitività sul mercato e a tal fine si obbligano, sulla base di un programma comune di rete, a collaborare in forme e in ambiti predeterminati attinenti all’esercizio delle proprie imprese ovvero a scambiarsi informazioni o prestazioni di natura industriale, commerciale, tecnica o tecnologica ovvero ancora ad esercitare in comune una o più attività rientranti nell’oggetto della propria impresa”.

Il programma comune di rete, elemento imprescindibile, al cui interno sono indicati gli obblighi e i diritti reciproci delle parti, consente di differenziare la rete dagli altri contratti previsti dal Legislatore. Siamo stati infatti abituati a conoscere un Legislatore che definisce in maniera chiara e precisa (talvolta troppo precisa) il contenuto dei singoli negozi giuridici; col contratto di rete invece, si è voluto dar vita a un contratto “confezionato su misura”.

Il contratto di rete è stato oggetto di numerose modifiche e/o integrazioni che si sono susseguite a distanza di tempo anche ravvicinato, ma le più importanti sono certamente quelle contenute nei decreti crescita e crescita-bis (D.L. 83/2012 e D.L. 179/2012) che hanno previsto, oltre alla possibilità di istituire “reti-soggetto”, l’applicazione in capo al network di alcuni articoli del codice civile in tema di consorzi con attività esterna.

Ci sarebbe molto da dire: si potrebbe infatti parlare degli aspetti civilistici in tema di responsabilità della rete verso i creditori (artt. 2614 e 2615 cod.civ.), degli aspetti contabili e di rendicontazione civilistica (art. 2615-bis cod.civ.) ma mi soffermerò sugli aspetti fiscali, in particolar modo agevolativi, e sulle novità 2013.

L’art. 42 D.L. 78/2010 ha previsto un’agevolazione fiscale, fruibile fino al periodo d’imposta in corso al 31 Dicembre 2012, consistente in un regime di sospensione d’imposta sugli utili di esercizio accantonati ad apposita riserva e destinati al fondo patrimoniale per la realizzazione degli investimenti previsti dal programma comune di rete. La Commissione Europea, espressasi con la Decisione definitiva C(2010) 8939 del 26 Gennaio 2011, ha ritenuto che questa agevolazione non costituisse Aiuto di Stato sul presupposto che la rete non potesse essere considerata un’entità distinta. Con il riconoscimento della soggettività giuridica accennata prima, ben si comprende l’intervento dell’Agenzia delle Entrate, formalizzato nella Circolare n. 20/E del 18 Giugno 2013 con cui si è previsto che le “reti-soggetto” non possono beneficiare del regime di sospensione di imposta che invece resta fruibile solo per le “reti-contratto” (tuttavia si ricorda che UNICO2013 ha rappresentato l’ultima chance per beneficiare dell’agevolazione).

A testimonianza dell’attualità dell’argomento evidenzio che il legislatore è recentissimamente intervenuto (Decreto Legge 28 Giugno 2013 n.76 convertito in Legge 9 Agosto 2013 n.99) per disciplinare alcuni aspetti giuslavoristici del contratto di rete, introducendo l’istituto della “codatorialità” e, mettendo mano alla disciplina del “distacco” o “comando”. Tralasciando la “codatorialità” che riguarda solo alcuni tipi di network (settore agricolo e agroalimentare) mi concentro sul distacco di lavoratori, che ricordo essere una fattispecie a confine con la somministrazione di manodopera. La Corte di Cassazione (sentenza n.594 del 17/01/2000) ha previsto che il distacco non si qualifica come somministrazione illecita di manodopera se in capo al distaccante esiste un “’interesse di natura anche non economica, tecnica o produttiva, ma anche morale o solidaristica” mentre, nell’ipotesi contraria, il D.Lgs. n. 276/2003 prevede come sanzione civilistica l’imputazione dei rapporti di lavoro in capo all’effettivo datore di lavoro.

Il Legislatore del 2013 ha previsto che qualora il distacco interessi lavoratori di imprese che sono parti di un contratto di rete, vi sia l’automatico riconoscimento dell’interesse del distaccante.
Con l’avvento del mercato globale, la necessità di competere con le grandi aziende multinazionali ha indotto il modello distrettuale ad evolversi in forme diverse, slegate dal legame con il territorio, ma ancora caratterizzate dalla nota della collaborazione interimprenditoriale, quali ad esempio la filiera produttiva, la catena di subfornitura, le reti di distribuzione (franchising) e, in generale, le c.d. reti tra imprese, sulle quali oggi si concentra l’attenzione del Legislatore e degli operatori italiani.

Licenziamento illegittimo se il dirigente rifiuta il lavoro perché declassante



Con sentenza n. 4673 del 2008 questa Corte ha cassato la sentenza della Corte d'Appello di Roma con la quale quest'ultima, in riforma della sentenza del Tribunale, aveva dichiarato l'illegittimità del licenziamento intimato dalla società A.T. di Fiuggi con lettera del 24 maggio 1995, con condanna della società al pagamento di una somma per l'anticipato recesso e di altra somma per l'accertata dequalificazione professionale.

La Cassazione civile sezione lavoro nella sentenza del 3 ottobre 2013, n. 22625 ha stabilito che nel rapporto di lavoro subordinato è illegittimo il licenziamento del dirigente, che si rifiuta di svolgere qualsiasi prestazione,in quanto vi era stata la totale sottrazione delle mansioni. In tale ipotesi, si applica il principio di autotutela di cui all’art. 1460 c.c., in cui si afferma che il rifiuto del lavoratore di svolgere la prestazione può essere legittimo, e quindi inidoneo a giustificare il licenziamento, a condizione che sia proporzionato all'illegittimo comportamento datoriale.

Il dipendente licenziato era stato assunto con la qualifica di direttore generale con contratto a tempo determinato scadente il 31 dicembre 96; nel mese di agosto 1994 il consiglio di amministrazione era stato rinnovato con la nomina di un nuovo presidente ed erano state introdotte modifiche allo statuto aziendale in base alle quali il direttore generale non aveva più la rappresentanza legale attribuita al presidente; il licenziato aveva ritenuto che tale modifica e alcuni comportamenti aziendali avessero determinato la sua dequalificazione, e si era pertanto rifiutato di rendere la prestazione; con lettera del 24 maggio 95 l'azienda lo aveva licenziato per giusta causa contestandogli il rifiuto della prestazione e l'abbandono del servizio.

La Corte ha rilevato, con riferimento alla denunciata dequalificazione, che dalle deduzioni del ricorso di primo grado non contestate e dall'esito della prova testimoniale, era emerso che la privazione di compiti in precedenza attribuiti al lavoratore si era estesa ben oltre l'attuazione della modifica statutaria. La Corte d'Appello ha affermato infatti che il nuovo statuto del 1994 si era limitato a sottrarre al direttore generale la rappresentanza legale dell'azienda attribuendola al presidente, mantenendo però in capo al direttore generale i poteri di gestione.

Il nuovo statuto non consentiva al presidente di intromettersi nella gestione della società così come, invece, era avvenuto, essendosi il Presidente attribuito il potere di firma su ogni atto esterno e quindi anche sugli atti di gestione, come quelli relativi ai rapporti con le banche, i fornitori, i consulenti, gli enti , interpretando il concetto di rappresentanza legale in modo così ampio da inglobare qualsiasi potere relativo ai rapporti esterni benché lo Statuto attribuisse al direttore competenze di rilevanza esterna sotto la sua esclusiva responsabilità. Ha osservato, altresì, che il presidente si inseriva anche materialmente nella gestione tenendo contatti diretti con i dipendenti, con i professionisti esterni, i consulenti, seppure non impedendoli al direttore, di cui però controllava ogni attività esterna al momento della firma sugli atti istruiti dal dipendente licenziato.


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