sabato 21 marzo 2020

Lavoro: quarantena retribuita come malattia



Per i lavoratori dipendenti la quarantena per COVID-19 è equiparata alla malattia, ci vuole il certificato medico: norme, definizioni e procedure.

Era una precisazione ce è arrivata con il decreto Cura Italia: i lavoratori che sono in quarantena per evitare il contagio hanno diritto alla malattia. E i giorni trascorsi a casa non si calcolano ai fini del superamento del periodo di comporto. Il riferimento è l’articolo 26, comma 1, del decreto 18/2020.

Riguarda il periodo trascorso in isolamento con sorveglianza attiva o in permanenza domiciliare fiduciaria dei lavoratori dipendenti. Innanzitutto, le relative definizioni di legge:

quarantena con sorveglianza attiva: persone che hanno avuto contatti stretti con casi confermati di malattia infettiva diffusiva (articolo 1, comma 2, lettera h, dl 6/2020).

permanenza domiciliare fiduciaria con sorveglianza attiva: persone che hanno fatto ingresso in Italia da zone a rischio (lettera i, dello stesso articolo).

La seconda definizione resta valida e si applica anche declinata in base a specifiche ordinanze locali legate al rischio di contagio.

In ogni caso, è il Dipartimento di prevenzione della Asl a disporre il provvedimento di quarantena o sorveglianza in base alle indicazioni che possono arrivare dalla persone stessa, dall’azienda o dai medici di base.

Questi ultimi compilano il certificato, specificando gli estremi del provvedimento che ha dato origine alla quarantena con sorveglianza attiva o alla permanenza domiciliare. Il provvedimento può venire emesso dall’ASL in relazione a una delle notizie sopra riportate.

Un lavoratore segnala di avere avuto un contatto stretto con un caso confermato di Covid 19. L’azienda provvede ad avvisare l’ASL (ci sono appositi numeri di emergenza per il Covid-19 forniti dalla Regione o dal ministero della Salute). che a sua volta prende le contromisure indicate.

I medici di base hanno precise indicazioni da parte delle autorità e di conseguenza sanno esattamente quando prescrivere la quarantena. Ricordiamo che l’indicazione del ministero è quella di rivolgersi al medico di base, chiamandolo al telefono, evitando invece di andare in pronto soccorso o in ambulatorio. La quarantena, come è noto, dura 15 giorni.

Attenzione: sono considerati validi i certificati di malattia trasmessi, prima dell’entrata in vigore del decreto Cura Italia (quindi, prima del 17 marzo), anche in assenza dell’indicazione del provvedimento in base al quale si dispone la quarantena.

La quarantena equivale a un periodo di malattia. Ed è quindi retribuita di conseguenza. E non vale ai fini del periodo di comporto (il numero massimo di giorni in cui un lavoratore può stare a casa per malattia mantenendo il diritto al posto di lavoro).

Contatti a rischio

Per contatto stretto, in base alle indicazioni del Ministero della Salute:

persona che vive nella stessa casa di un caso di COVID-19;

una persona che ha avuto un contatto fisico diretto con un caso di COVID-19 (per esempio la stretta di mano);

persona che ha avuto un contatto diretto non protetto con le secrezioni di un caso di COVID-19 (ad esempio toccare a mani nude fazzoletti di carta usati);

persona che ha avuto un contatto diretto (faccia a faccia) con un caso di COVID-19, a distanza minore di 2 metri e di durata maggiore a 15 minuti;

persona che si è trovata in un ambiente chiuso (ad esempio aula, sala riunioni, sala d’attesa dell’ospedale) con un caso di COVID-19 per almeno 15 minuti, a distanza minore di 2 metri;

operatore sanitario od altra persona che fornisce assistenza diretta ad un caso di COVID19 oppure personale di laboratorio addetto alla manipolazione di campioni di un caso di COVID-19 senza l’impiego dei DPI raccomandati o mediante l’utilizzo di DPI non idonei;

persona che abbia viaggiato seduta in aereo nei due posti adiacenti, in qualsiasi direzione, di un caso di COVID-19, i compagni di viaggio o le persone addette all’assistenza e i membri dell’equipaggio addetti alla sezione dell’aereo dove il caso indice era seduto (qualora il caso indice abbia una sintomatologia grave od abbia effettuato spostamenti all’interno dell’aereo, determinando una maggiore esposizione dei passeggeri, considerare come contatti stretti tutti i passeggeri seduti nella stessa sezione dell’aereo o in tutto l’aereo).

C’è una precisazione per i datori di lavoro: gli oneri connessi alla quarantena, per i quali si presenta domanda agli enti previdenziali, sono a carico dello Stato.

Sono diverse le regole che si applicano ai dipendenti pubblici e privati in possesso del riconoscimento di disabilità grave (articolo 3, comma 3, legge 104/1992), nonché ai lavoratori in possesso di certificazione rilasciata dai competenti organi medico legali, attestante una condizione di rischio derivante da immunodepressione o da esiti da patologie oncologiche o dallo svolgimento di relative terapie salvavita: in questi casi, fino al 30 aprile, il periodo di assenza dal servizio prescritto dalle competenti autorità sanitarie, è equiparato al ricovero ospedaliero.



sabato 15 febbraio 2020

Assunzioni agevolate 2020



Tutti gli sgravi contributivi 2020 per le imprese che effettuano nuove assunzioni: bonus under 35, Sud, eccellenze e apprendisti: panoramica degli incentivi nuovi o prorogati dalla legge di Bilancio.

La proroga 2020 dell’incentivo sulle assunzioni giovanili risolve una serie di questioni applicative determinate dalla sovrapposizione di normative diverse, affiancandosi a nuovi bonus per attrarre eccellenze e apprendisti: sono le novità inserite in Manovra in materia di assunzioni agevolate di giovani. Vediamo tutto.

L’Anpal ha introdotto un nuovo incentivo di cui potranno usufruire i datori di lavoro privati che assumono stabilmente giovani e disoccupati. Il nuovo incentivo si chiama “IncentivO Lavoro” (in breve ”IO Lavoro”) ed è stato ufficializzato col decreto 44/2020 del 6 febbraio 2020.

Si tratta di un bonus all’assunzione per i giovani tra 16 e 24 anni o per disoccupati da almeno 6 mesi, senza limite di età. Sono interessati i datori di lavoro privati in tutto il territorio nazionale, tranne la Provincia di Bolzano.

Bonus IO Lavoro, a chi è rivolto
Il bonus IO Lavoro è riconosciuto alle imprese che effettuano nuove assunzioni tra il 1° gennaio ed il 31 dicembre 2020 con questi contratti:

contratto di lavoro a tempo indeterminato, anche a scopo di somministrazione;
contratto di apprendistato professionalizzante.
Il nuovo bonus Anpal sarà riconosciuto anche in caso di lavoro a tempo parziale, così come nel caso di trasformazione a tempo indeterminato di un rapporto di lavoro a tempo determinato. In quel caso, non è richiesto il requisito della disoccupazione. L’incentivo è escluso in caso di assunzioni con contratto di lavoro domestico, occasionale o intermittente.

Bonus IO Lavoro, l’importo dell’incentivo
L’importo è pari alla contribuzione previdenziale a carico del datore di lavoro, ad eccezione dei premi e contributi Inail, per un periodo di massimo 12 mesi e con un limite di 8.060 euro per anno e per lavoratore. In caso di lavoro a tempo parziale anche l’importo dell’incentivo viene ricalcolato. L’incentivo deve essere fruito, a pena di decadenza, entro il termine del 28 febbraio 2022.

Bonus IO lavoro, i requisiti
I datori di lavoro privati devono assumere persone con le seguenti caratteristiche:

lavoratori di età compresa tra i 16 anni e 24 anni;
lavoratori con 25 anni di età e oltre, privi di impiego regolarmente retribuito da almeno sei mesi, ai sensi del D.M. del 17 ottobre 2017;

che non hanno avuto un rapporto di lavoro negli ultimi sei mesi con il medesimo datore di lavoro;

con sede di lavoro ubicata nelle Regioni “meno sviluppate” (Basilicata, Calabria, Campania, Puglia e Sicilia), nelle Regioni “più sviluppate” (Piemonte, Valle d’Aosta, Liguria, Lombardia, Emilia Romagna, Veneto, Friuli Venezia Giulia, Provincia Autonoma di Trento, Toscana, Umbria, Marche e Lazio) o nelle Regioni “in transizione” (Abruzzo, Molise e Sardegna), indipendentemente dalla residenza del lavoratore.
Bonus IO Lavoro, quando è cumulabile

La nuova misura è cumulabile:

con l’incentivo previsto per chi assume percettori di Reddito di Cittadinanza;

con l’incentivo strutturale all’occupazione giovanile stabile, nel limite massimo di un importo di esonero pari a 8.060 euro su base annua;

con altri incentivi di natura economica introdotti e attuati dalle Regioni del Mezzogiorno in favore dei datori di lavoro che abbiano sede nel territorio di tali Regioni.

Bonus IO Lavoro, come si richiede

Per accedere al bonus IO Lavoro, le imprese dovranno presentare domanda preliminare di ammissione all’Inps in modalità telematica, avvalendosi della modulistica che verrà messa a disposizione dall’Istituto.
Una volta ottenuto l’ok dall’Istituto di previdenza, il datore di lavoro ha dieci giorni per effettuare l’assunzione e, successivamente, confermare la prenotazione del bonus. L’incentivo sarà fruibile mediante conguaglio sulle denunce contributive Uniemens.

Assunzione giovani
L’esonero contributivo per l’assunzione di giovani under 35 è contenuto nel comma 10 della Legge di Bilancio (legge 146/2019) e incentiva i contratti siglati fino al 31 dicembre 2020.

E’ uno sgravio al 50% per tre anni, fino a un tetto di 3mila euro, per l’assunzione di giovani fino a 35 anni che non abbiano avuto precedenti rapporti di lavoro a tempo indeterminato.

Di fatto, sottolineano i Consulenti del Lavoro con Circolare 1/2020, vengono risolti i problemi applicativi causati dalla sovrapposizione della disciplina dell’esonero contributivo triennale inizialmente previsto dalla Manovra 2018 (legge 205/2017), con quanto successivamente previsto dal Decreto Dignità (dl 87/2018).

La Legge di Bilancio 2018 ha infatti introdotto l’agevolazione rendendola però strutturale solo per assunzioni di under 30 anni e applicandola per quel solo anno anche gli under 35. Successivamente, il Decreto Dignità ha introdotto un’analoga misura per il 2019 e 2020, prevedendo però un decreto applicativo mai emanato.

La manovra 2020 semplifica il tutto rendendo applicabile fino al 2020 l’agevolazione originaria: tecnicamente viene modificato il comma 102 della legge 205/2017, disponendo che lo sgravio contributivo si possa applicare alle assunzioni degli under 35 fino al prossimo 31 dicembre. In mancanza di nuove proroghe, dal 2021 l’incentivo si potrà utilizzare solo per assumere giovani fino a 30 anni.

Bonus Sud
Resta l’esonero al 100%, fino a un massimo di 8.060 euro, se l’assunzione avviene in Abruzzo, Molise, Campania, Basilicata, Sicilia, Puglia, Calabria e Sardegna.

Personale altamente qualificato
Sulla norma relativa al bonus eccellenze ci sono dei dubbi applicativi: è un esonero previdenziale, per un anno, fino a un massimo di 8mila euro, per l’assunzione di personale altamente qualificato (laurea magistrale con 110 e lode e media minima 108/110, o dottorato di ricerca), introdotto dalla Manovra 2019 ma rimasto inapplicato per mancanza di provvedimenti attuativi.

Il comma 11 della legge 160/2019 rende immediatamente applicabile l’agevolazione, disponendo che dal primo gennaio 2020 valgono le procedure già previste per l’esonero contributivo per occupazione giovanile. Ma non ha modificato la parte della legge in base alla quale l’incentivo si può utilizzare per le assunzioni effettuate nel 2019. In pratica, sottolineano sempre i Consulenti del Lavoro, non si capisce se si tratti di una misura attuativa (che rende applicabile il vecchio incentivo) o di una proroga al 2020.

Infine, segnaliamo il nuovo incentivo per le assunzioni di apprendisti di primo livello per la qualifica e il diploma professionale, il diploma di istruzione secondaria superiore e il certificato di specializzazione tecnica superiore: anche in questo caso si tratta di un esonero contributivo triennale, pari al 100%, per i contratti stipulati nel 2020 e nei primi tre anni di contratto.

E’ riservato alle PMI fino a 9 dipendenti e prevede un’aliquota al 10% per i periodi contributivi maturati negli anni di contratto successivi al terzo. E’ contenuto nel comma 8 della manovra.



venerdì 23 agosto 2019

Ferie non godute e indennità: quando si perdono



L’ordinamento riconosce al lavoratore il diritto alla sospensione della prestazione lavorativa attraverso il godimento di un periodo di riposo finalizzato anche alla reintegrazione delle proprie energie psico-fisiche.

La natura delle finalità del diritto alla fruizione del periodo di ferie è stata perentoriamente affermata anche dalla Corte Costituzionale, la quale, con la sentenza n. 543/1990, ha sostenuto che “non vi è dubbio che la disposizione contenuta nel terzo comma dell’art. 36 Cost. garantisce la soddisfazione di primarie esigenze del lavoratore, dalla reintegrazione delle sue energie psico-fisiche allo svolgimento di attività ricreative e culturali, che una società evoluta apprezza come meritevoli di considerazione”.

La rilevanza di tale istituto emerge infatti anche dall’accoglimento che la Carta Costituzionale riserva all’istituto delle ferie e che prevede, al terzo comma dell’articolo 36, che “Il lavoratore ha diritto al riposo settimanale e a ferie annuali retribuite, e non può rinunziarvi”.

Il codice civile asseconda il dettato costituzionale, stabilendo, all’articolo 2109, rubricato “Periodo di riposo” che il lavoratore: “Ha anche diritto, dopo un anno d’ininterrotto servizio, ad un periodo annuale di ferie retribuito, possibilmente continuativo, nel tempo che l’imprenditore stabilisce, tenuto conto delle esigenze dell’impresa e degli interessi del prestatore di lavoro. La durata di tale periodo è stabilita dalla legge, dalle norme corporative, dagli usi o secondo equità. L’imprenditore deve preventivamente comunicare al prestatore di lavoro il periodo stabilito per il godimento delle ferie. Non può essere computato nelle ferie il periodo di preavviso indicato nell’articolo 2118”.

La norma riportata ha reso necessari diversi interventi della Corte Costituzionale, in particolare con la sentenza n. 66/1963, con la quale la Corte ha dichiarato l’illegittimità costituzionale del comma 2 limitatamente all’inciso “dopo un anno d’ininterrotto servizio“, con la sentenza n. 189/1980, con cui la Corte ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’articolo in parola nella parte in cui non prevede il diritto a ferie retribuite anche per il lavoratore assunto in prova in caso di recesso del contratto durante il periodo di prova medesimo e con la sentenza n. 616/1987, con cui è stata dichiarata l’illegittimità costituzionale nella parte in cui non prevede che la malattia insorta durante il periodo feriale ne sospenda il decorso.

Ribadendo le previsioni del codice civile, l’articolo 10, D.Lgs. 66/2003, così come modificato dall’articolo 1, D.Lgs. 213/2004, precisa taluni aspetti in ordine alla modalità di fruizione delle ferie, prevedendo che “il prestatore di lavoro ha diritto ad un periodo annuale di ferie retribuite non inferiore a quattro settimane. Tale periodo, salvo quanto previsto dalla contrattazione collettiva o dalla specifica disciplina (…), va goduto per almeno due settimane, consecutive in caso di richiesta del lavoratore, nel corso dell’anno di maturazione e, per le restanti due settimane, nei 18 mesi successivi al termine dell’anno di maturazione. Il predetto periodo minimo di quattro settimane non può essere sostituito dalla relativa indennità per ferie non godute, salvo il caso di risoluzione del rapporto di lavoro”.

In tempi recenti, l’articolo 24, D.Lgs. 151/2015, ha previsto la possibilità per i lavoratori di cedere a titolo gratuito le proprie ferie ai colleghi bisognosi di assentarsi per gravi motivi familiari.

In tale contesto, emerge la rilevanza del divieto di monetizzazione introdotto con il D.Lgs. 66/2003, al fine di assicurare la corretta fruizione delle ferie in linea con la finalità di tutela del benessere del lavoratore, che può essere pregiudicato dallo svolgimento continuativo della prestazione lavorativa. Tale divieto è accompagnato da ipotesi tassative, in cui risulta invece possibile monetizzare le ferie residue e non godute, in particolare nei casi di ferie maturate nei contratti a tempo determinato di durata inferiore all’anno, ferie residue al momento della cessazione del rapporto di lavoro che avvenga in corso dell’anno, ferie previste dalla contrattazione collettiva eccedenti il periodo minimo di 4 settimane previsto dalla legge e nel caso di lavoratore inviato all’estero, qualora vi sia l’impossibilità oggettiva della fruizione delle ferie giustificata dal breve tempo che intercorre tra la decisione di inviare il lavoratore all’estero e la sua partenza, che non consente una programmazione delle ferie stesse in relazione alle esigenze produttive e/o organizzative dell’impresa.

Se il datore di lavoro invita a fruire delle ferie e il lavoratore non lo fa, in caso di cessazione del rapporto di lavoro, perde anche il diritto all'indennità sostitutiva, che invece spetta agli eredi: le sentenze della Corte di Giustizia UE.
Niente indennità sostitutiva delle ferie non fruite dal lavoratore, non richieste per sua volontà, in caso di cessazione del rapporto di lavoro. A stabilirlo è stata la Corte di Giustizia UE con le recenti sentenze C-619/16 e C-684/16). Diversamente il diritto del lavoratore a un’indennità finanziaria per le ferie non godute è trasmissibile agli eredi allorché sia deceduto (sentenza C-596/16 della stessa Corte di Giustizia UE).

I principi esposti dalla Corte si applicano sia in caso di occupazione nel settore pubblico sia in quello privato.

Ferie non richieste
In particolare il diritto alle ferie si estingue quando queste non siano state fruite per volontà del lavoratore, nonostante l’invito dal datore di lavoro a farlo. E questo principio è valido anche con riferimento al periodo minimo legale, pari a quattro settimane di ferie retribuite, generalmente un diritto irrinunciabile e mai monetizzabile se non a fine rapporto di lavoro.
Nel caso esaminato dalla Corte, circa due mesi prima della fine del rapporto, il datore di lavoro aveva invitato il lavoratore a fruire della rimanenza di ferie, senza costringerlo a osservare date prefissate. Il dipendente tuttavia aveva scelto, per ragioni proprie, di fruire di soli due giorni di ferie.

La Corte UE ha dunque chiarito che le norme UE non sono contrarie alla perdita del diritto alle ferie annuali non fruite e, in caso di cessazione del rapporto di lavoro, alla perdita del correlato diritto a un’indennità sostitutiva per le ferie non godute quando il lavoratore non abbia formulato richiesta di fruizione prima della cessazione del rapporto di lavoro e sia stato posto dal datore di lavoro, con informazione adeguata, in condizione di fruirne in tempo utile.
Questo perché viene ritenuto non legittimo il comportamento del lavoratore che si astenga deliberatamente dal fruire le proprie ferie annuali al fine d’incrementare la propria retribuzione all’atto della cessazione del rapporto.

Indennità agli eredi
Diversamente, in caso di decesso del lavoratore che non abbia fruito delle ferie che gli spettavano, il diritto all’indennità per ferie non godute non si estingue ma si trasmette agli eredi.
La Corte ha inoltre affermato che nel caso in cui il diritto nazionale escluda la possibilità per gli eredi di chiedere all’ex datore di lavoro del lavoratore deceduto un’indennità finanziaria per le ferie annuali retribuite non godute dal congiunto, gli eredi possono invocare direttamente il diritto dell’Unione.

Il dibattito giurisprudenziale sorto intorno all’istituto delle ferie, e declinato nei vari aspetti di quest’ultimo, manifesta la necessità di un approccio cauto e consapevole nella gestione sia contrattuale con il lavoratore che amministrativa e fiscale rispetto a pretese degli Enti.

Pur in presenza di riferimenti di legge e principi che possono essere ritenuti manifesti e consolidati, la Corte di Cassazione ritorna a ribadire determinati aspetti, che, invero, in un discorso generale sull’istituto delle ferie, non si limitano a quelli relativi alle 2 ordinanze trattate, ma riguardano altri aspetti altrettanto delicati, come, a puro scopo esemplificativo, gli obblighi contributivi sulle ferie non godute, le possibilità conferite alla contrattazione collettiva di determinare le modalità di fruizione, incluso un possibile procrastinamento della stessa, e l’apparato sanzionatorio che accompagna le norme a tutela del corretto esercizio del diritto da parte del lavoratore nonché quelle relative agli obblighi contributivi.



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