Attualmente la disciplina sull’utilizzo di contratti di lavoro flessibile nelle pubbliche amministrazioni è contenuta nell’articolo 36 del decreto legislativo 165/2001, modificato dapprima dall’articolo 49 del D.L. 112/2008 e, da ultimo, dall’articolo 17, comma 26, del decreto-legge 78/2009.
Diventa sempre più lontano in Italia il miraggio del posto fisso. L’Italia si sta adeguando al lavoro flessibile, sulla scia del modello statunitense. Oltreoceano infatti ben l'85% delle imprese offrono contratti di questo tipo, contro una media globale dell'81%. In Italia la media è dell'82%, praticamente quattro imprese su cinque, dunque molto vicina agli Usa. In Europa la percentuale più alta va a favore della Spagna (88%), a seguire Francia e Regno Unito con l'83%. Fanalino di coda è la Germania con il 76%.
Tra i vantaggi evidenziati la riduzione dei costi e il netto miglioramento della produttività del personale, frutto principalmente del migliore equilibrio tra vita e lavoro sperimentato dai dipendenti. Ma le aziende si fidano più dei dipendenti senior, perché ritenuti più affidabili.
Lavoro a chiamata, apprendistato , contratto a progetto e prestazione occasionale. Sono delle formule d'ingresso nel mercato del lavoro. Modalità che nel 2011 riguarderanno il 55% delle assunzioni non stagionali, secondo il sistema informativo di Unioncamere.
Basando il diritto alla flessibilità sul grado della professionalità anzianità del personale, alcune aziende perdono determinate opportunità, causando l'allontanamento di nuove leve e giovani talenti che dovrebbero essere molto ambiti per l'azienda.
Nessun commento:
Posta un commento