sabato 2 giugno 2012

L'Economist e la crescita economica in Italia

Secondo il settimanale economico britannico negli ultimi mesi Mario Monti e i suoi ministri sembrano «dare più ascolto ai partiti e, implicitamente, agli interessi costituiti che si nascondono dietro di loro».
Il settimanale britannico ha ricordato al governo dei tecnici e a Monti in particolare  che è stato insediato per varare le misure da cui i politici rifuggivano. Finora secondo l'Economist, ci sono stati scarsi segnali che i grandi partiti siamo pronti a rovesciare il governo e "assumersi la responsabilità di buttare l'Italia in un nuovo vortice". Eppure, negli ultimi mesi Mario Monti e i suoi ministri sembrano "dare più ascolto ai partiti e, implicitamente, agli interessi costituiti che si nascondono dietro di loro".

Ma il giornale non ha perso le speranze: la decisione di usare il voto di fiducia per fare avanzare in Parlamento riforme del lavoro "già diluite" potrebbe essere un segnale che il governo è pronto a mostrare maggiore fermezza. "Ne ha bisogno".
Il governo Monti deve mostrare più coraggio sulle riforme"preoccupanti segni di arretramento" nella travagliata economia italiana, "la più lenta d'Europa".

Bruxelles potrebbe avere "sottovalutato l''impatto psicologico sulla spesa per consumi degli sforzi del governo di sradicare l'evasione fiscale, dice all'Economist Elena Carletti, docente di economia all'Istituto universitario europeo di Firenze, facendo notare che questo governo ha fatto molto più dei precedenti, anche se ha ancora tanto da fare. Bruxelles è particolarmente preoccupata per l'efficacia e l'efficienza della spesa pubblica, sottolinea l'Economist. A condividere questa preoccupazione c'è Giorgio Squinzi, nuovo presidente di Confindustria. Squinzi ha detto di non riuscire a capire perché lo Stato non possa risparmiare e tagliare come fanno le imprese e le famiglie. "Una ragione è che i tagli aggravano la recessione", osserva il settimanale britannico. "Un'altra è che i sindacati sono particolarmente forti nel settore pubblico". Il sindacato più grande (la Cgil, ndr) e, secondo l'Economist, "più intrattabile".

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