domenica 17 febbraio 2013

Lavoro: diritto alle ferie e disciplina legislativa


La consulenza del lavoro ha trovato nelle nuove direttive legislative un campo fertile per la gestione del personale dipendente in materia di gestione delle ferie.

Tutti i dipendenti hanno il diritto ad usufruire di un periodo di riposo per ricostituire le energie fisiche e intellettuali in base all’art. 36 della Costituzione e alla disciplina dell’art. 10 D.lgs. 66/2003.

L’art. 10 del d. lgs 66 del 2003 ha previsto che ogni lavoratore abbia diritto ad un periodo annuale di ferie retribuite non inferiore a 4 settimane, limite che può essere derogato dalla contrattazione collettiva, solo in senso migliorativo. E dunque è possibile fissare un periodo inferiore alle due settimane di ferie che, per legge, dovrebbero essere fruite nel corso dell'anno. A patto che siano rispettate le garanzie costituzionalmente riconosciute ai lavoratori.
Ulteriori modifiche a quanto stabilito dal D.lgs 66 del 2003 sono state apportate dal D.lgs 213/04.

Delle quattro settimane di ferie, il lavoratore ha diritto a godere almeno di due settimane consecutive nel corso dell’anno di maturazione. Il periodo, salvo quanto previsto dalla contrattazione collettiva, va fruito per almeno due settimane, consecutive in caso di richiesta del lavoratore, nel corso dell'anno di maturazione e, per le restanti due settimane, nei 18 mesi successivi al termine dell'anno di maturazione.

Il diritto alle ferie è irrinunciabile e, pertanto, tale periodo non è monettizabile diversamente, ossia non è sostituibile con una indennità per ferie. Solo se il rapporto termini prima del godimento della pausa feriale, il lavoratore avrà diritto a percepire una indennità proporzionale alle ferie non godute.
Qualora residuassero dei giorni di ferie maturati, ma non goduti, il restante periodo deve essere accordato e fruito entro 18 mesi dal compimento dell'anno di maturazione, a meno che il lavoratore non consenta di rinviare ulteriormente tale scadenza.

Tale possibilità, esercitata anche attraverso la contrattazione collettiva, è accordata dalla legge proprio per agevolare l'effettivo godimento delle ferie da parte del lavoratore.

I contratti collettivi di lavoro, anche aziendali, possono stabilire condizioni di miglior favore.
Ciò è dovuto alla peculiare finalità dell’istituto delle ferie, atte a provvedere ad un ripristino delle energie fisiche e morali del lavoratore.

Il periodo feriale è annuale, nel senso il lavoratore deve utilizzarlo entro l’anno. Tuttavia, anche a chi lavora per periodi inferiori all’anno è garantito 1/12 di ferie per ogni mese prestato.

Il periodo di ferie spettanti al lavoratore viene individuato dal datore di lavoro in relazione alle esigenze aziendali, mentre la retribuzione del periodo feriale è stabilita dalla contrattazione collettiva.
La malattia insorta durante il periodo di ferie ne interrompe il decorso, ma solo ove tale malattia non sia compatibile con il loro godimento.
Il lavoratore non può usufruire delle ferie durante il periodo del preavviso.
Le ferie non godute non possono essere monetizzate. E’ quanto detta il decreto legislativo n. 66 dell'8 aprile 2003, che ha recepito alcune direttive europee in materia di diritto del lavoro. Per quanto riguarda il periodo e la gestione dipendenti in ambito di ferie , rientra l’impossibilità per i lavoratori dipendenti di ricevere un indennizzo sostitutivo per le ferie non godute.

Il periodo annuale di ferie retribuite, non si può convertire in denaro. La disposizione, tuttavia, non interessa i casi di cessazione dal lavoro per i quali le ferie non godute vengono liquidate nel trattamento di fine rapporto. Inoltre il periodo di ferie di cui può usufruire un lavoratore non può essere inferiore a quattro settimane.

Ulteriori modifiche a quanto stabilito dalle normative vigenti sono state apportate dal decreto legislativo n. 213 del 19 luglio 2004. Delle quattro settimane di riposo, il lavoratore ha diritto a godere almeno di due settimane consecutive nel corso dell’anno di maturazione e, per le restanti due settimane, nei 18 mesi successivi al termine dell’anno di maturazione.

Quello alle ferie retribuite è un diritto riconosciuto dal Codice Civile e dalla Costituzione che, all'art. 36, stabilisce che il lavoratore "ha diritto a ferie annuali retribuite e non può rinunciarvi. Quello che quindi, indiscutibilmente, è un diritto per tutti, non opera però per tutti allo stesso modo.
Per alcune particolari categorie di lavoratori o in alcune fasi del rapporto di lavoro ci sono delle eccezioni. I dirigenti sono gli unici lavoratori dipendenti che possono rinunciare volontariamente alle ferie.
E’ quanto ha stabilito la Cassazione considerando la grande autonomia di cui dispongono per organizzare il loro lavoro. Dunque, se in questa auto-organizzazione, i dirigenti decidono di non inserire un periodo di riposo, è da intendersi che vi abbiano rinunciato.

I lavoratori a domicilio, che svolgono la loro attività a casa non possono godere delle ferie. Alla loro retribuzione viene comunque sommata un'apposita percentuale, stabilita dai CCNL, a titolo di indennità per le ferie e le festività non godute. Per i lavoratori domestici che prestano la loro attività per meno di quattro ore continuative al giorno, il Codice Civile provvede la fruizione di un minimo di otto giorni di riposo retribuito. Giorni che salgono a 15, 20 o 25 (a seconda dell'anzianità di servizio o di inquadramento), nel caso di lavoratori che prestano la loro opera per più di 4 ore giornaliere.

Considerando le lavoratrici in maternità, bisogna distinguere il congedo obbligatorio, che precede il parto, in cui matura il diritto alle ferie, e il periodo successivo, facoltativo, in cui invece questo diritto non matura. Vanno esclusi agli effetti della maturazione delle ferie, anche i congedi parentali, ottenuti dal lavoratore padre o dalla lavoratrice madre per accudire il bambino nei suoi primi anni di vita. Il periodo trascorso in cassa integrazione guadagni, sia ordinaria che straordinaria, non dà diritto alle ferie se è a zero ore. Se invece è a orario ridotto, matura il diritto alle ferie e alla relativa retribuzione.

Il diritto alle ferie retribuite vale, ovviamente, anche per i lavoratori dipendenti a tempo parziale, ma bisogna fare una distinzione tra contratto a tempo parziale orizzontale e verticale. Nella prima ipotesi, la riduzione dell'orario di lavoro, rispetto a quello dei lavoratori a tempo pieno, risulta in relazione all'orario giornaliero complessivo. Nel rapporto di lavoro a tempo parziale verticale invece, l'attività lavorativa è svolta per tutto il normale orario di lavoro giornaliero, ma limitatamente a periodi predeterminati nel corso della settimana, del mese o dell'anno. Nel caso di rapporto di lavoro a tempo parziale orizzontale, il principio di non discriminazione comporta che la durata delle ferie non sia diversa da quella riconosciuta ai lavoratori a tempo pieno. Nel caso di rapporto di lavoro a tempo parziale verticale il periodo di godimento delle ferie, previsto dalla contrattazione collettiva per i lavoratori a tempo pieno, non viene riconosciuto integralmente, ma viene ridotto in proporzione all'attività lavorativa effettivamente svolta.

Il lavoro temporaneo per sua natura è difficilmente compatibile con l'effettivo godimento delle ferie: difficilmente il datore di lavoro potrà attuare una politica di gestione ferie per assegnare periodi di ferie a lavoratori dei quali ha esigenza solo per un determinato periodo di tempo. In tema di gestione ferie, quindi, il principio di parità di trattamento tra lavoratori interinali e lavoratori dipendenti, vale solo ai fini del calcolo della retribuzione delle ferie maturate e dell'indennità per le ferie non godute.

Diversa la situazione per i lavoratori assunti con contratto a tempo determinato che hanno diritto a godere delle ferie previste in favore dei lavoratori assunti a tempo indeterminato, in proporzione al periodo lavorativo prestato, salvo che ciò non sia incompatibile con le esigenze aziendali.

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