domenica 27 aprile 2014

Agente di commercio e contratto di agenzia



Vediamo quali sono i diritti dell'agente al termine del rapporto di lavoro e alla cessazione del rapporto di agenzia competono a favore dell’agente alcuni diritti.

Il contratto di agenzia è un contratto tipico, disciplinato dalla contrattazione collettiva (oggi attraverso gli Accordi economici collettivi, cd. a.e.c. di diritto comune) e dal codice civile. Si instaura quando “una parte assume stabilmente l’incarico di promuovere, per conto dell’altra, verso retribuzione, la conclusione di contratti in una zona determinata” (art. 1742 c.c.).

Si evidenzia che l’art. 1750 c.c. stabilisce che se il contratto di agenzia è a tempo indeterminato, ciascuna delle parti può recedere dal contratto stesso dandone preavviso all'altra entro un termine stabilito.

In tal caso, se il recesso è posto in essere dal preponente, il termine di preavviso non può comunque essere inferiore ad un mese per il primo anno di durata del contratto, a due mesi per il secondo anno iniziato, a tre mesi per il terzo anno iniziato, a quattro mesi per il quarto anno, a cinque mesi per il quinto anno e a sei mesi per il sesto anno e per tutti gli anni successivi.

E’ previsto inoltre che le parti possano concordare termini di preavviso di maggiore durata, ma il preponente non può osservare un termine inferiore a quello posto a carico dell'agente.

Anche gli accordi collettivi prevedono termini e forme di preavviso specifici e distinte, a seconda che si tratti di agente monomandatario o plurimandatario.

In ogni caso, nell’ipotesi in cui il preponente non voglia rispettare tali termini, potrà corrispondere all'agente un'indennità commisurata ai mesi di preavviso spettanti che quindi rappresenta il primo diritto in favore dell’agente al termine del rapporto.

In secondo luogo, l’agente ha diritto di ricevere alla cessazione del rapporto da parte del preponente un’indennità per la cessazione del rapporto medesimo.

Tale istituto è regolamentato dall’art. 1751 c.c. il quale è stato da ultimo modificato dai D.Lgs. n. 303/1991 e n. 65/1999 che hanno recepito la direttiva 86/653/CEE.

Ad integrare l’articolo in esame intervengono gli accordi economici collettivi di settore. Questi disciplinano l’indennità di cessazione del rapporto prevedendo due distinte voci che, sino all’ultimo rinnovo (avvenuto nel febbraio 2002 per il settore commercio e nel marzo dello stesso anno per l’industria), erano del tutto svincolate da ogni valutazione meritocratica circa l’attività prestata dall’agente, vale a dire il il (fondo indennità risoluzione rapporto) o indennità di scioglimento del rapporto, da corrispondere sempre e comunque all’agente alla cessazione dello stesso, con liquidazione a carico dell’Enasarco presso cui il preponente – durante il contratto, anno per anno – deve accantonare le relative somme da determinarsi in percentuale sulle provvigioni, e la c.d. indennità suppletiva di clientela, in aggiunta al f.i.r.r.,da corrispondere solo se il contratto si scioglie su iniziativa del preponente per fatto non imputabile all’agente con liquidazione a carico del preponente e non dell’Enasarco.

Come detto, tale sistema è stato modificato innanzitutto dal D.Lgs. n. 303/1991 e successivamente dal D.Lgs. n. 65/1999 i quali hanno dato attuazione alla direttiva comunitaria n.653 del 1986. Attualmente, l’art. 1751 c.c. stabilisce che il preponente, all’atto della cessazione del rapporto, è tenuto a corrispondere all’agente medesimo un’indennità se:

a) l’agente abbia procurato nuovi clienti al preponente o abbia sensibilmente sviluppato gli affari con i clienti esistenti e il preponente riceva ancora sostanziali vantaggi derivanti dagli affari con tali clienti;

b) il pagamento di tale indennità sia equo, tenuto conto di tutte le circostanze del caso, in particolare delle provvigioni che l’agente perde e che risultano dagli affari con tali clienti.

In sostanza, si richiede la persistenza - al momento della cessazione del rapporto - di un portafoglio clienti procurato dall’agente, dal quale trae indubbio vantaggio la casa mandante. In quest’ottica, la prima condizione considera il vantaggio che il preponente ricava dalla disponibilità di questo portafoglio; la seconda considera la perdita, in termini di provvigioni, che l’agente subisce dalla cessazione del rapporto.

Peraltro, il diritto all’indennità in questione è subordinato alla sussistenza di entrambe le predette condizioni (ossia, l’apporto di clientela e l’equità), considerato che la modifica dell’art. 1751 c.c., introdotta dal D.Lgs n. 65/99, ha ancorato il menzionato diritto a criteri prettamente meritocratici (cfr. in tal senso Cass. 5467/00).

L’ aggiornato art. 1751 c.c., inoltre, stabilisce che:

l’indennità non è dovuta quando il preponente risolve il contratto per grave inadempienza dell’agente che, per la sua gravità, non consenta la prosecuzione anche provvisoria del rapporto oppure quando l’agente recede dal contratto, a meno che il recesso sia giustificato da circostanze per le quali non può essergli chiesta ragionevolmente la prosecuzione dell’attività (ad es. infermità o malattia);

il relativo importo non può superare una cifra pari ad una indennità annua calcolata sulla base della media annuale delle retribuzioni riscosse dall’agente negli ultimi 5 anni e, se il contratto risale a meno di 5 anni, sulla media del periodo in questione;

le disposizioni in esso contemplate non possono essere derogate a svantaggio dell’agente.

La giurisprudenza ha stabilito che la riformata disciplina dell’indennità di fine rapporto può essere derogata dalla contrattazione individuale e collettiva, purché ovviamente non a svantaggio dell’agente (Cass. 10659/00). Può quindi essere consentita alla contrattazione collettiva una deroga pattizia dei criteri di cui all’art. 1751 poiché l’inderogabilità ivi prevista è solo in peius (Cass.11402/00).

Peraltro, neppure a seguito dell’ultimo rinnovo dei principali A.E.C., che pure hanno cercato di recepire in parte le indicazioni provenienti dalla giurisprudenza, è venuto meno il dibattito circa il carattere migliorativo o meno delle disposizioni pattizie in materia rispetto alla previsione legale.

Per quanto riguarda, infine, l’ipotesi di un recesso per giusta causa imputabile al preponente, l’agente può invocare tale fattispecie per escludere ogni suo obbligo nei confronti del preponente, in particolare quello di corrispondere l’indennità sostitutiva del preavviso.

Al riguardo, si ricordi che essa si verifica allorché venga posto in essere da parte di un contraente un inadempimento di gravità tale da non consentire neanche in via provvisoria la prosecuzione del rapporto in essere.


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