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sabato 20 maggio 2017

Pensioni, tutte le regole taglia-assegni


L’anticipo pensionistico APE è la nuova prestazione assistenziale che consentirà di accedere a un prestito ponte in attesa della pensione effettiva (fino a 3 anni e sette mesi prima) a lavoratori con ammortizzatori sociali esauriti o disabili o con disabili in famiglia. Il costo della prestazione è nullo per chi avrà maturato. Il costo della prestazione è nullo per chi avrà maturato una pensione finale non superiore a una certa soglia (si era partiti da 1.350 euro al mese in linea con la Naspi.

Dunque il meccanismo, se approvato con la prossima legge di Stabilità, dovrebbe interessare, per primi, i nati nel 1951 (da maggio in poi), nel 1952 e nel 1953. Si tratta dei lavoratori che, alla vigilia della pensione, hanno subito - per la riforma Fornero - un rinvio dell’assegno anche di quattro/cinque anni. Per questi lavoratori non ha operato neppure la salvaguardia introdotta dai decreti correttivi del Dl 201/11, cioè la possibilità di andare in pensione anticipata a 64 anni (cui va aggiunta l’aspettativa di vita) per quanti entro il 31 dicembre 2012 avessero maturato quota 96, con almeno 60 anni di età e 35 anni di contributi oltre ai resti. Residuale, finora, la possibilità di andare in pensione di vecchiaia a 63 anni (oltre all'aspettativa di vita) con la pensione totalmente contributiva (con almeno 20 anni di contributi versati tutti dal 1996).

Per quanto riguarda le donne del privato (lavoratrici subordinate) l’Ape potrebbe - all'inizio - avere un impatto limitato. Le nate nel 1951, dipendenti del settore privato, infatti, hanno potuto andare in pensione con 20 anni di contributi e 60 anni di età alla fine del 2011. Inoltre, fino allo scorso anno era aperta l’opzione per la pensione di anzianità con l’assegno contributivo, a patto che le lavoratrici dipendenti maturassero 57 anni di età e 35 di contributi, oltre alla speranza di vita (58 e 35 per le autonome).

Il meccanismo di anticipo dell’Ape è strutturale e, in base allo sconto massimo di tre anni rispetto al‎ pensionamento ordinario di vecchiaia, interesserà a scorrere gli anni successivi rispetto al triennio di prima applicazione.

La penalizzazione percentuale per ogni anno di anticipo della pensione dovrebbe interessare la quota retributiva dell’assegno, quella, cioè, relativa ai contributi versati fino al 1995 (per quanti al 31 dicembre 1995 avevano meno di 18 anni di contributi) o fino al 2011 (per coloro che al 31 dicembre 1995 avevano almeno 18 anni di contributi). Il taglio percentuale potrebbe essere più alto per gli assegni oltre tre volte il trattamento minimo (superiori, nel 2016, a 1.505 euro mensili): fino a questo limite la penalità potrebbe essere del 2-3% per ogni anno di anticipo, oltre potrebbe arrivare al 5-8 per cento. Si tratta naturalmente di ipotesi che andranno vagliate alla luce dei costi e della compatibilità dei conti pubblici.

Per quanto riguarda la quota contributiva della pensione non dovrebbero esserci penalizzazioni, ma occorrerà stabilire se il coefficiente di trasformazione della dote di contributi sarà quello dell’età anticipata di pensionamento o quello dell’età ordinamentale. Nel primo caso occorrerà prevedere una copertura figurativa che, come ipotizza Pier Paolo Baretta, sottosegretario all’Economia, potrebbe essere offerta dalla banche o dalle assicurazioni. L’intervento di banche e assicurazioni, in questo caso, avrà una doppia valenza, in quanto dovrà assicurare anche il finanziamento per l’anticipo della pensione, così da non caricare l’operazione sulle finanze statali e non incidere sul fabbisogno. Il conto di banche e assicurazioni, in questo modo, rincarerà.

Una prima stima dei costi, ma solo per quanto riguarda l’anticipo della pensione (e non in relazione all’utilizzo del coefficiente di trasformazione più vantaggioso) è stato fatto dalla Uil. Con un tasso di interesse del 3,5% - pari a quello applicato dall’Inps per i prestiti pluriennali ai dipendenti pubblici - per una pensione lorda di 1.500 euro mensili l’anticipo di un anno potrebbe costare al pensionato 1.700 euro; con una pensione di 3mila euro lordi il conto salirebbe a oltre 3.400 euro. La restituzione avverrà una volta raggiunta l’età della vecchiaia e potrà essere dilazionata in più anni. Occorrerà comunque prevedere una garanzia statale a favore di banche e assicurazioni in caso di mancata restituzione del prestito.

Uno degli aspetti fondamentali da chiarire è quello se l’Ape interesserà anche i pubblici dipendenti, finora non toccati dagli ammorbidimenti della legge Fornero.

Per quota 96 si intende il valore costituito dalla somma tra età anagrafica ed anzianità contributiva utile per i lavoratori e le lavoratrici dipendenti (settore privato e pubblico) per conseguire la pensione di anzianità, nel periodo intercorrente tra il 1° gennaio 2011 ed il 31 Dicembre 2012, secondo la disciplina pensionistica vigente sino al 31 dicembre 2011.

Per il perfezionamento della quota 96 potevano essere fatte valere anche le frazioni di quota. Ad esempio è possibile sommare 60 anni e 6 mesi con 35 anni e 6 mesi di contributi al fine di raggiungere il valore 96. Non è possibile invece sommare ad esempio 59 anni e 37 di contributi, oppure 34 anni di contributi e 62 anni di età.

Per effetto delle frazioni il perfezionamento della quota può essere raggiunto in giorni diversi dal compimento dei 60 anni o dei 35 anni di contributi. Ciò comporta, spesso, una maggiore complessità nel calcolare l'esatta data di maturazione del diritto alla pensione (di anzianità).






sabato 15 ottobre 2016

Anticipo pensionistico (APE) in vigore da maggio 2017




L’anticipo pensionistico APE è la nuova prestazione assistenziale che consentirà di accedere a un prestito ponte in attesa della pensione effettiva (fino a 3 anni e sette mesi prima) a lavoratori con ammortizzatori sociali esauriti o disabili o con disabili in famiglia. Il costo della prestazione è nullo per chi avrà maturato. Il costo della prestazione è nullo per chi avrà maturato una pensione finale non superiore a una certa soglia (si era partiti da 1.350 euro al mese in linea con la Naspi ma il Governo non ha ancora dato la sua parola definitiva). All'Ape social potranno accedere anche una serie di categorie di

Potranno accedere all'Ape agevolata i disoccupati, disabili e alcune categorie di lavoratori impegnati in attività pesanti purché abbiano un reddito inferiore ai 1.350 euro lordi. Per queste categorie il costo dell'anticipo pensionistico, attraverso un reddito ponte, sarà a carico dello stato. L'Ape partirà dal 1 maggio 2017.

Per accedere all'Ape agevolata sarà necessario avere almeno 36 anni di contributi complessivi se si rientra nelle categorie dei lavori gravosi (gli ultimi sei dei quali effettuati nell'attività gravosa) e 30 anni se si è disoccupati, disabili o parenti di primo grado conviventi di disabili per lavoro di cura.

L’APE volontario (da 63 anni di età, con 3 anni e 7 mesi di anticipo sull’età pensionabile), con rata del prestito pari a un taglio del 4,5-4,6% per ogni anno di anticipo sulla pensione, quindi con un costo massimo tra il 15 e il 20% sulla pensione percepita per 20 anni.

Se il reddito è maggiore dei 1.350 euro lordi si paga una rata corrispondente alla parte eccedente. Il trattamento è riservato a disoccupati, disabili e categorie di lavoratori impegnati in attività usuranti, tra i quali il Governo ha aggiunto: maestre, operai edili, alcune categorie di infermieri, macchinisti, autisti di mezzi pesanti. Bisogna aver svolto lavori usuranti per almeno metà dell’attività lavorativa o 7 anni negli ultimi 10 di lavoro.

L’APE imprese è a carico del datore di lavoro e si applica come incentivo alla pensione anticipata nell’ambito di ristrutturazioni aziendali, prevedendo un’agevolazione fiscale che compensi in parte il costo del trattamento.

I lavoratori precoci (con almeno 12 mesi di contributi versati prima dei 19 anni di età) potranno andare in pensione anticipata con 41 anni di contributi indipendentemente dal requisito anagrafico se disoccupati o comunque rientranti nella platea dell’APE sociale (quota 41).

Pensione anticipata prima dei 62 anni senza la penalizzazione dal 2019

RITA: rendita integrativa anticipata, consente di riscattare la pensione complementare per avere una rendita temporanea nel periodo che manca alla pensione. Previste agevolazioni fiscali e incentivi per sfruttare il TFR accantonato in azienda.

Pensioni minime: quattordicesima ai pensionati fino a 2 volte il minimo (circa 1.000 euro al mese), oggi destinata a trattamenti fino a 1,5 volte il minimo (750 euro al mese), con aumento dell’assegno per chi già lo percepisce; innalzamento no tax area a 8.125 euro per i pensionati sopra i 75 anni.

Cumulo contributi: applicazione del cumulo per raggiungere la pensione anticipata, contando anche il riscatto della laurea, sempre con calcolo della pensione pro-rata in base alle regole delle diverse gestioni.

Il costo tenderà a zero per chi è disoccupato, disabile, svolge attività rischiose. Confermate infatti le detrazioni concentrate sui redditi più bassi, coprendo di fatto interessi e assicurazione, e in alcuni casi anche il capitale anticipato. L'anticipo pensionistico non prevede penalizzazioni, utilizzando il meccanismo delle detrazioni fiscali, per i disoccupati di “lungo corso”, le persone che hanno svolto lavori usuranti e che hanno iniziato a lavorare molto presto. La rata di ammortamento è azzerata per le pensioni che arrivano a 1.350 euro lordi. L’APE potrà essere poi modellabile in termini di durata e di importo sulle concrete esigenze del richiedente anche in sinergia con la previdenza complementare con il concorso della RITA (rendita integrativa temporanea anticipata).


mercoledì 23 settembre 2015

Riforma delle pensioni: uscita anticipata, anni di contributi e penalizzazione dell’assegno


La pensione anticipata è proprio la definizione di questo prestazione pensionistica. Si tratta di una funzione economica a domanda fornita a lavoratori dipendenti e autonomi purché iscritti all’assicurazione generale obbligatoria (AGO) ed alle forme sostitutive, esonerative ed integrative. La pensione dei soggetti interessati è corrisposta seguendo il sistema di calcolo retributivo, misto o contributivo.

Riforma Pensioni non si fermano le ipotesi per individuare le nuove forme di flessibilità in uscita (pensione anticipata), tra cui spunta un nuovo meccanismo che prevede la possibilità di ritirarsi dal lavoro a 63 anni con 30 o 35 di contributi versati, accettando una penalizzazione dell’assegno da un minimo del 3-4% a un massimo 10-12% per il periodo mancante al raggiungimento della soglia di vecchiaia dei 66 anni da garantire a tre specifiche categorie di lavoratori: “esodandi” al di fuori delle “salvaguardie” già scattate, disoccupati over 62 sprovvisti di ammortizzatori sociali e donne, magari dando la priorità a quelle con figli.

Sono queste le linee di riferimento su cui si starebbero muovendo i tecnici del Governo per impacchettare un’ipotesi mirata di flessibilità in uscita per le pensioni. Che avrebbe la finalità di consentire al datore di lavoro di versare contributi al lavoratore anche una volta cessato il rapporto. Il tutto anche con l’obiettivo di favorire le staffette generazionali.

A insistere sull’immediato decollo delle flessibilità in uscita per tutti i lavoratori con penalizzazioni massime del 2% l’anno (per un totale dell’8% per quattro anni di anticipo), «perché non produce costi e nel medio-lungo periodo genera risparmi», è invece il presidente della commissione Lavoro della Camera, Cesare Damiano.

Età minima 62 anni con 35 anni di contributi: si percepirebbe inizialmente un assegno decurtato dell’8% che andrebbe a scalare fino a raggiungere lo zero (quindi fine della penalizzazione) a 66 anni. Con 41 anni di contributi si conseguirebbe la pensione di vecchiaia indipendentemente dall’età, come accadeva quando era in vigore la pensione di anzianità Le ultime notizie provenienti dalla politica vedono crescere le possibilità che questa soluzione possa essere approvata, sebbene non si è ancora capita precisamente la natura e la quantità del taglio che si andrebbe a stabilire per favorire l'uscita dal lavoro. Dopo la sentenza della Consulta sulla Legge Fornero.

La riduzione interessa i lavoratori con 42 anni e 6 mesi di contributi (41 anni e 6 mesi per le donne) che non hanno perfezionato 62 anni. La legge Fornero, infatti, consente l'accesso alla pensione anticipata a qualsiasi età ma, per scoraggiare l'accesso troppo anticipato, ha introdotto un particolare meccanismo di disincentivazione.

La riduzione, inoltre, si applica sulla quota di trattamento pensionistico calcolata secondo il sistema retributivo. Pertanto, per coloro che hanno un’anzianità contributiva pari a 18 anni al 31 dicembre 1995, la riduzione si applica sulla quota di pensione relativa alle anzianità contributive maturate al 31 dicembre 2011; mentre, per coloro che hanno un’anzianità contributiva inferiore a 18 anni al 31 dicembre 1995, la cui pensione è liquidata nel sistema misto, la riduzione si applica sulla quota di pensione relativa alle anzianità contributive maturate al 31 dicembre 1995.

Nessuna decurtazione quindi interessa chi ha la pensione calcolata con il solo sistema contributivo, cioè coloro che sono entrati nel mondo del lavoro dal 1° gennaio 1996 in poi. La decurtazione non interessa, parimenti, le lavoratrici che accedono alla pensione con l'opzione donna, nè i lavoratori salvaguardati, e in, generale, coloro che mantengono l'ultrattività delle vecchie regole pensionistiche.

Con una penalità del 4% all'anno, un'uscita anticipata di 12 mesi porterebbe a una sforbiciata di 800 euro lordi: al netto delle tasse nazionali, regionali e comunali, però, il sacrificio si fermerebbe a 548 euro, cioè poco più di 42 euro per 13 mensilità. In questo quadro, la pensione netta passerebbe dai 1.272 euro netti dell'assegno in formula piena a 1.230 euro, con un taglio reale del 3,3 per cento.

Le soluzioni applicative su cui stanno lavorando in questi giorni i tecnici del Governo ipotizzano anche anticipi superiori, accompagnati da una progressione dei tagli. Sulla pensione da 20mila euro significa 3.200 euro, che però scendono a 2.192 dopo aver calcolato le ricadute fiscali: si tratterebbe comunque di poco meno di 169 euro al mese (cioè il 13,2% delle somme che si riceverebbero aspettando di raggiungere i requisiti ordinari), una cifra non certo indifferente a questi livelli di reddito.

La domanda di pensione anticipata si presenta esclusivamente attraverso uno dei seguenti canali:

web – la richiesta telematica dei servizi è accessibile direttamente dal cittadino tramite PIN attraverso il portale dell’INPS (www.inps.it);

telefono – chiamando il Contact Center integrato al numero 803164 gratuito da rete fissa o al numero 06164164 da rete mobile a pagamento secondo la tariffa del proprio gestore telefonico, abilitati ad acquisire le domande di prestazioni ed altri servizi per venire incontro alle esigenze di coloro che non dispongono delle necessarie capacità o possibilità di interazione con l’Inps per via telematica;

enti di Patronato e intermediari autorizzati dall’Istituto, che mettono a disposizione dei cittadini i necessari servizi telematici.


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