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martedì 26 luglio 2016
Contributi sindacali e versamento in busta paga
I lavoratori hanno diritto di raccogliere in azienda i contributi sindacali per il finanziamento delle associazioni cui aderiscono, purché non rechino pregiudizio al normale svolgimento dell'attività lavorativa.
Originariamente, la materia del versamento di questi contributi era disciplinata dall'art. 26 dello Statuto dei lavoratori che stabilisce:
il diritto dei lavoratori di raccogliere, all'interno dei luoghi di lavoro ma senza pregiudizio del normale svolgimento dell'attività lavorativa, i contributi per le loro organizzazioni sindacali;
il diritto dei sindacati di percepire i contributi mediante trattenute sulle retribuzioni dei lavoratori iscritti, secondo le modalità stabilite dai contratti collettivi di lavoro;
il diritto del lavoratore di chiedere che il versamento dei contributi sindacali avvenga mediante trattenuta sulla retribuzione nelle aziende in cui il rapporto non è regolato da contratti collettivi.
Il referendum del 1995 ha però abrogato i commi 2 e 3 della norma citata eliminando così l'obbligo in capo al datore di lavoro di trattenere e versare i contributi all'Associazione sindacale di riferimento, fermo restando però il diritto dei lavoratori di raccogliere i contributi sindacali, nel nostro ordinamento non esiste più una norma di legge che specificamente disciplini la materia in questione.
Il datore di lavoro dunque non è più obbligato per legge a trattenere, su delega del lavoratore, i contributi sindacali direttamente dalla busta paga ed a versarli all'associazione designata dal lavoratore e la disciplina attuale della riscossione dei contributi sindacali dipende dalla previsione del contratto collettivo di riferimento:
se il CCNL contiene un semplice rinvio alla disciplina legale sulla trattenuta dei contributi sindacali, la norma contrattuale è priva di efficacia operativa
se, come avviene nella maggior parte dei casi, il CCNL disciplina i sistemi di versamento dei contributi, il datore di lavoro deve seguire le regole dettate dallo stesso, dal momento che un comportamento difforme costituisce condotta antisindacale
La materia è di solito disciplinata dai contratti collettivi, che prevedono il diritto del lavoratore di chiedere il versamento dei contributi mediante trattenuta sulla propria retribuzione. Sentenze del Tribunale di Milano hanno opportunamente chiarito che questo diritto spetta a tutti i lavoratori indistintamente, a prescindere dal fatto che il sindacato beneficiario della trattenuta abbia sottoscritto il contratto collettivo di lavoro, oppure no.
Tuttavia, anche nel caso in cui la materia non sia disciplinata dal contratto, la abrogazione dei commi 2 e 3 dell’art. 26 dello Statuto dei lavoratori non ha portato conseguenze pratiche. Infatti, il Tribunale di Milano ha anche chiarito come la richiesta, da parte del lavoratore nei confronti del datore di lavoro, di effettuare una trattenuta sulla propria retribuzione per il versamento dei contributi sindacali, rientri perfettamente in un istituto disciplinato dal nostro ordinamento. Si tratta della cessione del credito, contemplato dagli artt. 1260 e seguenti del codice civile, secondo i quali il creditore può cedere, anche parzialmente, il proprio credito ad un terzo, a prescindere dal fatto che il debitore sia consenziente.
Il rifiuto ingiustificato del datore di lavoro di effettuare la trattenuta e di versare la quota al sindacato designato è da considerarsi, oltre che un illecito civilistico, una condotta antisindacale in quanto pregiudica sia i diritti individuali dei lavoratori di scegliere liberamente il sindacato cui aderire, sia il diritto del sindacato stesso di acquisire dai propri aderenti i mezzi di finanziamento necessari allo svolgimento della sua attività.
Con il venir meno dell’obbligo legale di versamento dei contributi per ritenuta sulla retribuzione, è stato detto in modo superficiale, che l’obbligazione poteva essere reintrodotta solo per via contrattuale, cioè dietro pattuizione collettiva o individuale.
Di fatto invece si è favorito:
ad una riaffermazione dell’obbligazione di versamento datoriale per via negoziale, normalmente ad opera delle OO.SS. stipulanti i Ccnl, sia tramite pattuizione nuova (è il caso delle OO.SS. del personale direttivo del credito il cui previgente Ccnl non prevedeva l’obbligo esattivo datoriale) sia in virtù di pattuizione preesistente, già contemplante il diritto del lavoratore al versamento del contributo al sindacato prescelto (è il caso più ricorrente);
alla soluzione unilaterale, e non già pattizia, del ricorso al negozio della “cessione del credito”, attraverso cui i lavoratori (prevalentemente iscritti a sindacati non firmatari dei Ccnl applicati nell’unità produttiva) hanno notificato all’azienda, ai fini e per gli effetti della trattenuta e del relativo versamento al sindacato, una delega d’iscrizione al sindacato che, contemporaneamente, li impegnava – per espressa menzione dell’istituto della “cessione di credito” ex art. 1260 e ss. c.c. - al versamento nei confronti dell’organizzazione di una quota mensile, a titolo di contributo associativo salvo revoca da notificarsi in tempo utile.
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