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domenica 25 marzo 2012

Riforma mercato del lavoro: maggiore flessibilità in uscita

La riforma del mercato del lavoro ha abbattuto il totem dell’articolo 18, ossia la norma dello Statuto dei lavoratori che garantiva il diritto del reintegro nel posto di lavoro a chi viene licenziato senza giusta causa o giustificato motivo con più di 15 dipendenti.

L’introduzione di vincoli alla flessibilità in entrata scontenta le imprese, la flessibilità in uscita o meglio la rivisitazione dell’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori trova l’opposizione, anch’essa differenziata, dei sindacati e di parte delle forze politiche.

La riforma del mercato del lavoro è sorretta da quattro fondamenti essenziali: una distribuzione più equa delle tutele tra lavoratori flessibili e assunti a tempo indeterminato che vada di pari passo con la revisione dell'articolo 18; un uso più efficiente degli ammortizzatori sociali; un premio per chi stabilizza il personale; un contrasto più convinto all'elusione degli obblighi contributivi e fiscali.

In questa diatriba governo sindacati, il cosiddetto tavolo del lavoro si è deciso di fare una revisione della flessibilità in entrata. Il punto principale sarà l'apprendistato , in una forma che si auspica concretamente formativa. Da un lato, viene previsto un termine minimo (6 mesi) per la sua durata; dall'altro, viene stabilito che salga da 1/1 a 3/2 il rapporto tra apprendisti e lavoratori qualificati. Al tempo stesso, per rendere meno conveniente il ricorso ai rapporti a tempo determinato, viene fissato un tetto inderogabile di 36 mesi e viene elevata dell'1,4% la contribuzione da versare.

Contemporaneamente si interviene sulla flessibilità in uscita. Con una profonda revisione dell'articolo 18 dello Statuto dei lavoratori. La possibilità di ottenere il reintegro resterà in piedi per i soli licenziamenti discriminatori. Per quelli di tipo disciplinare invece la scelta sarà demandata al giudice che, per alcune causali determinate, potrà optare per un indennizzo compreso tra le 15 e le 27 mensilità. E quella risarcitoria sarà l'unica via da seguire per gli «allontanamenti» dovuti a motivi economici. Ferma restando la volontà di punire eventuali abusi. Nel processo (che seguirà comunque un rito più breve dell'ordinario così da arrivare prima alla sentenza) l'addetto licenziato potrà provare che il licenziamento è stato determinato da ragioni discriminatorie o disciplinari e ottenere dal magistrato la tutela corrispondente.

Cambia poi, e profondamente, l'assetto degli ammortizzatori sociali, che andrà a regime nel 2017. La nuova assicurazione sociale per l'impiego ASPI è destinata a sostituire le varie indennità di disoccupazione. Ne potranno usufruire oltre ai lavoratori dipendenti anche gli apprendisti e gli artisti purché possano contare su 2 anni di anzianità assicurativa e 52 settimane di lavoro nell'ultimo biennio. È prevista una fase transitoria per il passaggio del periodo dagli 8 mesi attuali (12 per gli over 50) ai 12 dell'Aspi (18 per gli over 55). La contribuzione è estesa a tutti i lavoratori che rientrino nell'ambito di applicazione dell'indennità. L'aliquota è pari a quella attuale per i lavoratori a tempo indeterminato (1,31%) ma sarà gravata di un ulteriore 1,4% per i lavoratori a termine. Resta il sistema della cassa integrazione, con limitazioni all'uso della «straordinaria» mentre per le aziende non coperte dalla Cig straordinaria arriva un fondo di solidarietà. Infine le norme contro le «dimissioni in bianco» e per la conciliazione, con il via sperimentale del congedo di paternità obbligatorio.
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