Alla dirigenza pubblica si accederà solo in due modi: per corso-concorso o per concorso pubblico.
Gli statali saranno licenziabili e avranno un tetto allo stipendio. Se ne era parlato tanto, ma la riforma del lavoro pubblico sta per prendere forma.
Alla dirigenza pubblica si accederà solo in due modi: per corso-concorso o per concorso pubblico. Nel primo caso si entrerà nell'amministrazione come funzionari, poi dopo quattro anni e dopo un esame, si potrà diventare dirigenti.
Chi invece entrerà per concorso sarà assunto a tempo determinato. Dopo tre anni potrà sostenere un esame per essere stabilizzato. Con questo metodo scompariranno prima e seconda fascia. Ci sarà un unico ruolo dove finiranno tutti i dirigenti, quelli dei ministeri, Fisco, Inps, Istat, enti di ricerca. Di fatto dunque verranno eliminate le assunzioni dirette e i dirigenti dovranno comunque sostenere un test e un concorso per accedere alla Pa nei ruoli dirigenziali.
I principi cardine riforma della Pubblica amministrazione sono stabiliti. Alla dirigenza pubblica si accederà solo in due modi: per corso-concorso o per concorso pubblico. Nel primo caso si entrerà nell'amministrazione come funzionari, poi dopo quattro anni e dopo un esame, si potrà diventare dirigenti. Chi invece entrerà per concorso sarà assunto a tempo determinato.
Dopo tre anni potrà sostenere un esame per essere stabilizzato. Scompariranno le fasce, la prima e la seconda. Ci sarà un unico ruolo dove finiranno tutti i dirigenti, quelli dei ministeri, del Fisco, dell'Inps, anche dell'Istat e degli enti di ricerca.
Il principio più volte espresso dal ministro Marianna Madia è che i dirigenti saranno della Repubblica e non proprietà privata delle singole amministrazioni. Si potrà, anzi probabilmente si dovrà, passare da un'amministrazione all'altra. Molto potere finirà nelle mani della «Commissione per la dirigenza statale», un organismo indipendente che vigilerà sulla correttezza del conferimento degli incarichi ma che detterà anche dei criteri generali alle singole amministrazioni da seguire quando vengono selezionati i dirigenti. Questi ultimi, poi, saranno licenziabili. Ogni tre anni i dirigenti dovranno ruotare nei loro incarichi. La loro carriera sarà legata alla loro valutazione. Chi non riuscirà ad ottenere un incarico continuerà a percepire solo la parte fissa del suo stipendio. Dopo un certo numero di anni senza incarico (quanti non è ancora stabilito, ma potrebbero essere tra 3 e 5) il rapporto di lavoro potrà essere sciolto. Ma veniamo al nodo centrale: la retribuzione. La riforma prevede la «definizione di limiti assoluti del trattamento economico complessivo». Un tetto, come detto, già esiste: è quello dei 240mila euro. Un tassello che si sposa anche con la necessità del governo di reperire risorse da destinare alla revisione della spesa
Secondo alcune stime, dal taglio degli emolumenti ai dirigenti,dovrebbero arrivare risparmi fino a 500 milioni di euro. Molto cambierà anche per la struttura della retribuzione. L'indennità di posizione confluirà nella retribuzione fissa. Quella di risultato, i cosiddetti premi, dovrà essere legata non solo ad obiettivi individuali per singolo dirigente, ma anche ad obiettivi assegnati all'intera amministrazione. Non ci saranno più nemmeno premi a pioggia. La delega prevede che questi potranno essere assegnati al massimo ad un decimo dei dirigenti. Domani si saprà se il piano del governo resisterà al prevedibile assalto del parlamento.
Ogni tre anni i dirigenti dovranno ruotare nei loro incarichi. La loro carriera sarà legata alla loro valutazione. Chi non riuscirà ad ottenere un incarico continuerà a percepire solo la parte fissa del suo stipendio. Dopo un certo numero di anni senza incarico (potrebbero essere tra 3 e 5) il rapporto di lavoro potrà essere sciolto. Per quanto riguarda poi la retribuzione: la riforma prevede la "definizione di limiti assoluti del trattamento economico complessivo". I dirigenti non potranno guadagnare più di una determinata cifra. Attualmente vige il tetto dei 240mila euro annua ma è possibile che i nuovi tetti saranno più bassi. Lo scopo è quello di recuperare dai tagli dei mega-stipendi circa 500milioni di euro.
Cambiano le regole sui concorsi: le selezioni verranno accentrate, saranno messi tetti per il numero di idonei e sarà ridotta la durata delle graduatorie. Non solo: non passeranno più decenni tra un concorso e l'altro, ma ci saranno scadenze certe e probabilmente si ricorrerà anche a selezioni preliminari. Sono queste le novità inserite nella Riforma Pa. Nelle procedure concorsuali pubbliche saranno previsti, poi, meccanismi di "valutazione finalizzati a valorizzare l'esperienza professionale acquisita da coloro che hanno avuto rapporti di lavoro flessibile con le amministrazioni pubbliche, con esclusione, in ogni caso, dei servizi prestati presso uffici di diretta collaborazione degli organi politici e ferma restando, comunque, la garanzia di un adeguato accesso dall'esterno".