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martedì 26 luglio 2016

Il rapporto di lavoro del socio di cooperativa



Il socio di società cooperativa all'atto dell'adesione all'ente o successivamente all'instaurazione del rapporto associativo, può stabilire un ulteriore rapporto di natura lavorativa, in forma subordinata o autonoma o in qualsiasi altra forma, ivi compresi i rapporti di collaborazione coordinata non occasionale. Le disposizioni della legge 142 del 2001 (così come modificate dalla legge 30 del 2003) disciplinano il lavoro dei soci di cooperative che hanno quale scopo mutualistico la prestazione delle attività lavorative da parte degli stessi soci.

Le cooperative di produzione e lavoro sono costituite allo scopo di svolgere un'attività economica organizzata in impresa per fornire beni e servizi od occasioni di lavoro direttamente ai membri dell’organizzazione a condizioni più vantaggiose di quelle che essi otterrebbero dal mercato (c.d. scopo mutualistico), con la utilizzazione del lavoro dei soci, ai quali spetta il diritto alla partecipazione agli utili dell'impresa.

La legge chiarisce che tra socio lavoratore e cooperativa esistono due distinti rapporti e cioè:

un rapporto di tipo associativo, ovvero il socio partecipa alla formazione degli organi sociali, alla definizione della struttura di direzione e conduzione dell’impresa, alla elaborazione di programmi di sviluppo e alle decisioni concernenti le scelte strategiche, contribuisce alla formazione del capitale sociale, partecipa al rischio d’impresa, ai risultati economici ed alle decisioni sulla loro destinazione, mette a disposizione le proprie capacità professionali anche in relazione al tipo e allo stato dell’attività svolta, nonché alla quantità delle prestazioni di lavoro disponibili per la cooperativa stessa;

un rapporto di lavoro, in forma subordinata o autonoma o in qualsiasi altra forma, ivi compresi i rapporti di collaborazione coordinata non occasionale, con cui contribuisce al raggiungimento degli scopi sociali. A tale proposito, il legislatore ha stabilito in capo alle cooperative l’obbligo di definire un regolamento, approvato dall’assemblea sociale e depositato presso la Direzione provinciale del lavoro competente per territorio, sulla tipologia dei rapporti di lavoro che si intendono attuare.

Ai soci lavoratori con rapporto di lavoro subordinato si applicano gli istituti tipici del lavoro subordinato ed in particolare lo Statuto dei Lavoratori, con esclusione dell’art. 18 ogni volta che venga a cessare, con il rapporto di lavoro, anche quello associativo, nonché tutte le disposizioni in materia di sicurezza e igiene del lavoro. Agli altri soci lavoratori (con rapporto di lavoro non subordinato) si applicano gli artt. 1, 8, 14 e 15 dello Statuto dei Lavoratori (tutela della libertà di opinione, del diritto di attività sindacale e contro gli atti discriminatori), le disposizioni previste dai D. Lgs. 626/94 (tutela antinfortunistica) e 494/96 (misure per la tutela della salute e per la sicurezza dei lavoratori nei cantieri temporanei e mobili), in quanto compatibili con le modalità della prestazione lavorativa (art. 2).

Le società cooperative sono tenute a corrispondere al socio lavoratore un trattamento economico complessivo proporzionato alla quantità e qualità del lavoro prestato e comunque non inferiore ai minimi previsti, per prestazioni analoghe, dalla contrattazione collettiva nazionale del settore o della categoria affine, ovvero, per i rapporti di lavoro diversi da quello subordinato, in assenza di contratti o accordi collettivi specifici, ai compensi medi in uso per prestazioni analoghe rese in forma di lavoro autonomo.

Naturalmente, e con riferimento al socio lavoratore autonomo, per escludere la normativa di tutela del lavoro subordinato, è necessario che il rapporto sociale nel suo complesso sia autentico, e non costituisca invece un mezzo fraudolento per eludere le norme di legge. Pertanto, se il socio lavoratore è escluso dalla vita sociale (perché, per esempio, non riceve il riparto degli utili, o non viene convocato alle assemblee sociali), oppure se al socio viene affidata un’attività estranea all'oggetto dell'impresa cooperativa (per esempio l'attività del contabile in una cooperativa di facchini), il rapporto sociale potrebbe essere considerato fittizio e, sempre che il lavoro sia svolto con le caratteristiche della subordinazione, il socio lavoratore potrebbe essere ritenuto un ordinario lavoratore subordinato.

Sulla base del dato normativo deve ritenersi che nell'ipotesi in cui si controversa sia sulla cessazione del rapporto associativo che del rapporto lavorativo, la competenza non sia quella del Tribunale ordinario, ma quella del Giudice dl Lavoro.

Questa è una logica conseguenza della partecipazione alla cooperativa in qualità di socio che è la condizione che legittima l’instaurazione del rapporto di lavoro di tipo subordinato con la stessa cooperativa. Pertanto, mentre la cessazione del rapporto associativo travolge, in modo definitivo, quello di lavoro, la cessazione di quest’ultimo non travolge il rapporto associativo, con piena applicazione dell’art. 18 dello statuto del lavoratori ed obbligo, quindi, da parte dell’impresa cooperativa di riammettere in servizio il socio lavoratore ingiustamente allontanato.

Ne consegue che in caso di licenziamento illegittimo del socio lavoratore, quando la cooperativa abbia contestualmente disposto anche l’esclusione dello stesso dalla compagine sociale, il Giudice potrà applicare solo le sanzioni proprie del regime di stabilità obbligatoria, ossia  condannare la società al risarcimento del danno.



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