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mercoledì 18 maggio 2016

Pensione e part-time agevolato: come cambia la busta paga


Per i lavoratori vicini alla pensione, la Legge di Stabilità 2016 ha introdotto la possibilità di optare per un part-time senza penalità, su base volontaria e concordato con il datore di lavoro. I pensionandi con i requisiti indicati possono chiedere un part-time con riduzione tra il 40% e 60% dell’orario contrattuale. Raggiunto l’accordo, il datore di lavoro ne darà comunicazione all’INPS e alla DTL competente. Con il part-time agevolato lavoratore potrà concordare col datore di lavoro il passaggio al part-time, con una riduzione dell'orario tra il 40 ed il 60%, e di ricevere mensilmente l'importo corrispondente ai contributi previdenziali e alla contribuzione figurativa.

La misura si rivolge solo ai lavoratori del settore privato. I requisiti richiesti per l’accesso sono i seguenti:

contratto a tempo indeterminato;

lavoro a tempo pieno;

20 anni di contributi versati (requisito contributivo minimo per la pensione di vecchiaia);
requisito anagrafico maturato entro il 31 dicembre del 2018.

Per i lavoratori del settore privato, con contratto a tempo indeterminato e orario pieno, che possiedono il requisito contributivo minimo per la pensione di vecchiaia (20 anni di contributi) e che maturano il requisito anagrafico entro il 31 dicembre 2018. Per i lavoratori che faranno ricorso all'agevolazione, cambierà, dunque, il contenuto della busta paga.

Vediamo un esempio: se un lavoratore con uno stipendio annuo lordo di 25mila euro (18.936 euro netti, 1.456 per tredici mensilità) si trasformasse in un part-time al 60%, vedrebbe spuntare all'ultima riga della sua busta paga la cifra di 15.208 euro (1.169 euro al mese). Gli sarebbero cioè riconosciuti 12.827 euro come quota della retribuzione ridotta in base al nuovo orario, ai quali vanno sommati 2.381 euro di contributo del datore di lavoro. Quest'ultimo, infatti, riverserebbe in busta paga esente da tasse i contributi previdenziali dovuti per la porzione di orario non lavorato. Per la società, il costo di questo lavoratore sarebbe di 22.839 euro (dagli oltre 34mila di costo a tempo pieno), mentre lo Stato si sobbarcherebbe un impegno di 3.300 euro di contributi figurativi. Se il rapporto di lavoro si trasformasse in un part-time al 50%, il suo stipendio netto annuo scenderebbe poco sotto 14.200 euro, mentre il contributo a carico dell’azienda salirebbe a circa 3mila euro.

Per la società il costo del lavoratore sarebbe di circa 20mila euro, per lo Stato di 4.125 euro di contributi figurativi.

Tenendo poi ferma la percentuale di orario al 50% e modificando il parametro dello stipendio, si evince che: uno stipendio lordo di 35mila euro diventerebbe un netto di 18.562 euro (1.427 euro per tredici mesi), salendo a 45mila euro annui il dimezzamento dell’orario porterebbe a un reddito netto di 22.780 euro.

Una voce che assicura al dipendente di non limare la sua futura pensione, che sarà la stessa che avrebbe percepito continuando a lavorare a tempo pieno. Se si considera che la legge di Stabilità finanzia l'agevolazione con 120 milioni per il 2017, in questo caso lo Stato potrebbe farsi carico di circa 36mila richieste (una stima al ribasso, perché nel mentre le uscite per pensionamenti potrebbero ridurre gli esborsi complessivi).

Come abbiamo visto il contenuto della busta paga sarà diverso rispetto a quello previsto per l’orario pieno, infatti il datore di lavoro dovrà riconoscere la retribuzione prevista per l’orario di lavoro lavorato ed in aggiunta ad essa, il lavoratore troverà in busta paga l’importo dei contributi previdenziali a carico dell’azienda sullo stipendio previsto per l’orario non lavorato. La somma non concorrerà alla formazione del reddito e non sarà assoggettata ad alcuna forma di contribuzione previdenziale, inclusa quella relativa all'assicurazione contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali.

Lo Stato,  per la porzione di orario non lavorato  riconoscerà al lavoratore una contribuzione figurativa “corrispondente alla prestazione non effettuata, in modo che alla maturazione dell'età pensionabile il lavoratore percepirà l'intero importo della pensione, senza alcuna penalizzazione”. In altre parole, lo scopo è quello di evitare che il lavoratore percepisca meno contributi negli ultimi anni di attività, cosa che comporterebbe una decurtazione ingente del futuro assegno previdenziale.
Facendo un esempio pratico: nel caso in cui il lavoratore decida di ridurre il proprio orario di lavoro del 50%, grazie al meccanismo previsto all’interno del decreto, riceverà una retribuzione corrispondente a circa il 65% di ciò che percepiva in precedenza. Nel momento in cui andrà in pensione, riceverà il 100% dell’assegno previdenziale.

Il beneficio viene riconosciuto dall’INPS fino a esaurimento risorse, così ripartite:

60 milioni di euro per il 2016,

120 milioni di euro per il 2017,

60 milioni di euro per il 2018.


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