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giovedì 28 luglio 2016

Part-time agevolato: le istruzioni INPS



L’INPS ha fornito le istruzioni per la fruizione dei benefici introdotti dall’art. 1, comma 284, della legge 208/2015, a favore dei lavoratori dipendenti a tempo pieno ed indeterminato del settore privato che maturano il diritto al trattamento pensionistico di vecchiaia entro il 31 dicembre 2018 e che concordano con il datore di lavoro la riduzione, in misura compresa fra il 40 e il 60 per cento, dell’orario del rapporto di lavoro. L’accesso al beneficio comporta, per il lavoratore, il riconoscimento della contribuzione figurativa previdenziale (a carico della finanza pubblica) commisurata alla retribuzione corrispondente alla prestazione lavorativa non effettuata. Il predetto beneficio è riconosciuto entro l’ammontare massimo di 60 milioni di euro per l’anno 2016, 120 milioni di euro per l’anno 2017 e 60 milioni di euro per l’anno 2018.

I lavoratori interessati sono tutti i dipendenti con contratto a tempo pieno e indeterminato del settore privato (incluso i dipendenti degli enti pubblici economici), iscritti sia in Inps che in altre gestioni assicurative compreso la gestione ex Inpdap, in possesso del requisito contributivo di 20 anni al momento del rilascio della certificazione e che raggiungano, entro il 31 dicembre 2018, l’età pensionabile prevista per il pensionamento di vecchiaia (66 anni e 7 mesi).

Restano, invece, esclusi i lavoratori delle pubbliche amministrazioni in senso stretto (articolo 1 comma 2 Dlgs 165/2001) e quelli che oltre al rapporto di lavoro oggetto di trasformazione svolgono altra attività lavorativa (sia subordinata che autonoma) da cui consegue l’obbligo di versamento di contribuzione in qualsiasi gestione previdenziale compresa la gestione separata dell’Inps.

Sono incompatibili con la nuova disciplina i rapporti di collaborazione coordinata e continuativa, il lavoro domestico, il lavoro intermittente, il lavoro a domicilio. Mentre possono stipulare l’accordo coloro che lavorano con un contratto di somministrazione o di lavoro agricolo.

Per accedere al part time agevolato è irrilevante se il lavoratore sia già titolare di un trattamento pensionistico, purché la richiesta riguardi un percorso lavorativo distinto e, per quest’ultimo, egli sia in possesso del requisito di almeno 20 anni di contributi (diversi dunque da quelli che hanno dato diritto al trattamento pensionistico).

L’Inps ha precisato che il perfezionamento del diritto alla pensione anticipata successivamente al riconoscimento del diritto al part time agevolato non comporta di per sé la decadenza dal beneficio; mentre il conseguimento della pensione anticipata successivamente al riconoscimento del diritto al part time agevolato comporta la decadenza.

Il primo passaggio essenziale della procedura amministrativa è la domanda di rilascio della certificazione Inps utile ad attestare il possesso dei requisiti. Non è previsto alcun termine entro cui l’Inps deve rilasciare tale certificazione.



mercoledì 18 maggio 2016

Pensione e part-time agevolato: come cambia la busta paga


Per i lavoratori vicini alla pensione, la Legge di Stabilità 2016 ha introdotto la possibilità di optare per un part-time senza penalità, su base volontaria e concordato con il datore di lavoro. I pensionandi con i requisiti indicati possono chiedere un part-time con riduzione tra il 40% e 60% dell’orario contrattuale. Raggiunto l’accordo, il datore di lavoro ne darà comunicazione all’INPS e alla DTL competente. Con il part-time agevolato lavoratore potrà concordare col datore di lavoro il passaggio al part-time, con una riduzione dell'orario tra il 40 ed il 60%, e di ricevere mensilmente l'importo corrispondente ai contributi previdenziali e alla contribuzione figurativa.

La misura si rivolge solo ai lavoratori del settore privato. I requisiti richiesti per l’accesso sono i seguenti:

contratto a tempo indeterminato;

lavoro a tempo pieno;

20 anni di contributi versati (requisito contributivo minimo per la pensione di vecchiaia);
requisito anagrafico maturato entro il 31 dicembre del 2018.

Per i lavoratori del settore privato, con contratto a tempo indeterminato e orario pieno, che possiedono il requisito contributivo minimo per la pensione di vecchiaia (20 anni di contributi) e che maturano il requisito anagrafico entro il 31 dicembre 2018. Per i lavoratori che faranno ricorso all'agevolazione, cambierà, dunque, il contenuto della busta paga.

Vediamo un esempio: se un lavoratore con uno stipendio annuo lordo di 25mila euro (18.936 euro netti, 1.456 per tredici mensilità) si trasformasse in un part-time al 60%, vedrebbe spuntare all'ultima riga della sua busta paga la cifra di 15.208 euro (1.169 euro al mese). Gli sarebbero cioè riconosciuti 12.827 euro come quota della retribuzione ridotta in base al nuovo orario, ai quali vanno sommati 2.381 euro di contributo del datore di lavoro. Quest'ultimo, infatti, riverserebbe in busta paga esente da tasse i contributi previdenziali dovuti per la porzione di orario non lavorato. Per la società, il costo di questo lavoratore sarebbe di 22.839 euro (dagli oltre 34mila di costo a tempo pieno), mentre lo Stato si sobbarcherebbe un impegno di 3.300 euro di contributi figurativi. Se il rapporto di lavoro si trasformasse in un part-time al 50%, il suo stipendio netto annuo scenderebbe poco sotto 14.200 euro, mentre il contributo a carico dell’azienda salirebbe a circa 3mila euro.

Per la società il costo del lavoratore sarebbe di circa 20mila euro, per lo Stato di 4.125 euro di contributi figurativi.

Tenendo poi ferma la percentuale di orario al 50% e modificando il parametro dello stipendio, si evince che: uno stipendio lordo di 35mila euro diventerebbe un netto di 18.562 euro (1.427 euro per tredici mesi), salendo a 45mila euro annui il dimezzamento dell’orario porterebbe a un reddito netto di 22.780 euro.

Una voce che assicura al dipendente di non limare la sua futura pensione, che sarà la stessa che avrebbe percepito continuando a lavorare a tempo pieno. Se si considera che la legge di Stabilità finanzia l'agevolazione con 120 milioni per il 2017, in questo caso lo Stato potrebbe farsi carico di circa 36mila richieste (una stima al ribasso, perché nel mentre le uscite per pensionamenti potrebbero ridurre gli esborsi complessivi).

Come abbiamo visto il contenuto della busta paga sarà diverso rispetto a quello previsto per l’orario pieno, infatti il datore di lavoro dovrà riconoscere la retribuzione prevista per l’orario di lavoro lavorato ed in aggiunta ad essa, il lavoratore troverà in busta paga l’importo dei contributi previdenziali a carico dell’azienda sullo stipendio previsto per l’orario non lavorato. La somma non concorrerà alla formazione del reddito e non sarà assoggettata ad alcuna forma di contribuzione previdenziale, inclusa quella relativa all'assicurazione contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali.

Lo Stato,  per la porzione di orario non lavorato  riconoscerà al lavoratore una contribuzione figurativa “corrispondente alla prestazione non effettuata, in modo che alla maturazione dell'età pensionabile il lavoratore percepirà l'intero importo della pensione, senza alcuna penalizzazione”. In altre parole, lo scopo è quello di evitare che il lavoratore percepisca meno contributi negli ultimi anni di attività, cosa che comporterebbe una decurtazione ingente del futuro assegno previdenziale.
Facendo un esempio pratico: nel caso in cui il lavoratore decida di ridurre il proprio orario di lavoro del 50%, grazie al meccanismo previsto all’interno del decreto, riceverà una retribuzione corrispondente a circa il 65% di ciò che percepiva in precedenza. Nel momento in cui andrà in pensione, riceverà il 100% dell’assegno previdenziale.

Il beneficio viene riconosciuto dall’INPS fino a esaurimento risorse, così ripartite:

60 milioni di euro per il 2016,

120 milioni di euro per il 2017,

60 milioni di euro per il 2018.


giovedì 15 ottobre 2015

Pensioni 2016: flessibilità in uscita part-time agevolato


Flessibilità in uscita nella Legge Stabilità 2016, dai 63 anni un part-time volontario al 50% per tre anni, con contribuzione piena ai fini della pensione.

Se per le pensioni flessibili bisognerà aspettare il 2016 in stabilità entrerà comunque una misura di «invecchiamento attivo» per consentire ai lavoratori di optare per un part-time volontario con contribuzione piena negli ultimi tre anni di contratto. Il sistema sarebbe basato su un'intesa tra datore e dipendente: quest'ultimo opta per un part-time volontario (almeno al 50%) con la garanzia del versamento in busta paga dei contributi netti che l'azienda avrebbe dovuto versare all'INPS, mentre la contribuzione figurativa al cento per cento viene fiscalizzata. I beneficiari saranno tutti i dipendenti over 63 del settore privato e per l'azienda non ci sarebbero vincoli per nuove assunzioni.

Quindi alla fine, una prima misura di flessibilità entra nella Legge di Stabilità 2016: un part-time agevolato, per gli ultimi tre anni di lavoro prima della maturazione del requisito per ritirarsi, che si può scegliere a partire dai 63 anni: l’impresa pagherà comunque i contributi pieni così che, al momento della pensione, avrà un assegno senza decurtazioni.

E’ una forma di prepensionamento attivo, opzione volontaria del lavoratore. E’ quindi necessario un accordo fra datore di lavoro e dipendente. Il part-time dev’essere almeno al 50% dell’orario. Il lavoratore riceve in busta paga i contributi che l’impresa avrebbe dovuto versare all’INPS con il tempo pieno, ma il periodo in part-time è coperto da contribuzione figurativa. La pensione, quindi, sarà piena.

Esiste già una norma simile, inserita nel decreto ammortizzatori sociali in costanza di rapporto di lavoro del Jobs Ac, che prevede la possibilità di un part time in vista delle pensione per i dipendenti a cui mancano al massimo due anni, nelle imprese che applicano contratti di solidarietà espansiva in forza di clausole che prevedano nuove assunzioni. Anche in questo caso, part-time al 50%, è necessario l’accordo del lavoratore.

Prevista anche una misura di solidarietà espansiva, tramite accordi collettivi. Uno scivolo per i lavoratori a due anni dalla pensione che possono optare per il part-time condizionato a nuove assunzioni. Nel dettaglio, la misura proposta in manovra dai tecnici del ministero del Lavoro prevede un part-time almeno al 50%. Per la quota non lavorata, tali occupati cumulano la pensione. Le aziende che opteranno per questo regime avranno degli sgravi sulle assunzioni di giovani lavoratori.

La forma di pensionamento agevolato con part-time in Legge di Stabilità si differenzia da quella del Jobs Act in una serie di punti fondamentali:

è accessibile a tre anni dalla pensione;

non è condizionata da alcun accordo di nuove assunzioni;

è una scelta volontaria del dipendente, che può accedere alla pensione con gradualità, con un meccanismo che consente di non dimezzare lo stipendio pur scegliendo un part time al 50%, e con la garanzia di ricevere alla fine un assegno pieno.

Rammentiamo che la Legge di Stabilità contiene anche altri due interventi, questi attesi, sul prepensionamento: una nuova salvaguardia esodati (la settima e, nelle intenzioni dell’esecutivo, l’ultima), e un prolungamento per l’intero 2015 dell’Opzione Donna. Sempre sulle pensioni, c’è l’innalzamento della no tax area per i pensionati.

«Per noi è indispensabile che nella legge di Stabilità siano contenuti alcuni interventi sul tema della previdenza». Lo dichiara Cesare Damiano, presidente della Commissione Lavoro della Camera. «Siamo disponibili a esaminare anche le ipotesi di part time per gli over 63, pur sapendo che si tratta di una misura che non può essere considerata sostitutiva di un intervento strutturale sulla flessibilità», conclude Damiano «Sulla settima salvaguardia degli esodati - continua l'esponente - la Commissione Lavoro della Camera ha definito un testo che prevede la tutela di altri 26mila lavoratori, con l'impiego dei risparmi delle precedenti salvaguardie. Va risolta la questione relativa alla Opzione Donna, attraverso la correzione della circolare restrittiva dell'Inps, che per noi non ha bisogno di coperture finanziarie come del resto confermato nelle audizioni informali dallo stesso ministero del Lavoro».

«Per quanto riguarda il tema della flessibilità - aggiunge Damiano - abbiamo già sottolineato come l'annuncio del premier, che rimanda la misura al 2016, sia un errore. Si renderà necessario trovare soluzioni che traccino un cammino giudicato ormai da tutti irreversibile: infatti, l'attuale sistema pensionistico è troppo rigido e consentire un'uscita flessibile, a partire dai 62 anni, può evitare di aumentare il numero dei nuovi poveri, cioè di coloro che avendo perso l'occupazione rimangono per anni senza alcun sostegno, e favorire l'ingresso dei giovani nel lavoro attraverso il turn over».

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