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domenica 4 ottobre 2015

Garante della privacy: il datore di lavoro non può spiare le conversazioni dei dipendenti


Con provvedimento del 4 giugno del 2015, l’Autorità Garante per la protezione dei dati personali ha affermato che “il datore di lavoro non può spiare le conversazioni dei dipendenti”. Il contenuto di comunicazioni di tipo elettronico o telematico scambiate dai dipendenti nell'ambito del rapporto di lavoro godono di garanzie di segretezza tutelate anche a livello costituzionale.

Il principio è stato rinnovato dal Garante privacy nell'accogliere il ricorso proposto da una dipendente che lamentava l'illecita acquisizione di conversazioni, avute con alcuni clienti/fornitori, poste poi alla base del suo licenziamento.

A seguito del provvedimento del Garante, il datore di lavoro non potrà effettuare alcun trattamento dei dati personali contenuti nelle conversazioni ottenute in modo illegittimo, limitandosi alla conservazione di quelli finora raccolti ai fini di una eventuale acquisizione da parte dell'autorità giudiziaria.

Nel caso esaminato, rileva il Garante, il datore di lavoro è in corso in una grave interferenza nelle comunicazioni, attuata, per sua stessa ammissione, attraverso l'installazione di un software sul computer assegnato alla dipendente in grado di visualizzare sia le conversazioni effettuate dalla ricorrente dalla propria postazione di lavoro prima di uscire dall'azienda, sia quelle avvenute successivamente da un computer collocato presso la propria abitazione.

Una procedura, secondo il Garante, in evidente contrasto con le "Linee guida del Garante per posta elettronica e Internet" e con le disposizioni poste dall'ordinamento a tutela della segretezza delle comunicazioni, nonché con la stessa policy aziendale approvata anche dalla competente Direzione territoriale del lavoro. Pur spettando, infatti, al datore di lavoro definire le modalità di utilizzo degli strumenti aziendali, occorre comunque che queste rispettino la libertà e la dignità dei lavoratori, nonché i principi di correttezza (secondo cui le caratteristiche essenziali dei trattamenti di dati devono essere rese note ai lavoratori), di pertinenza e non eccedenza stabiliti dal Codice privacy. Principi questi da tenere ben presenti, in considerazione del fatto che l'esercizio del controllo da parte del datore di lavoro può determinare la raccolta di informazioni personali, anche non pertinenti, di natura sensibile oppure riferite a terzi.

Infatti, afferma il Garante, pur spettando al datore di lavoro definire le modalità di utilizzo degli strumenti aziendali, occorre comunque che queste rispettino la libertà e la dignità dei lavoratori, nonché i principi di correttezza, di pertinenza e non eccedenza stabiliti dal Codice privacy.

A tal fine il Garante per la protezione dei dati personali ha pubblicato, sul proprio sito internet, la Newsletter n. 406 del 28 settembre 2015, con la quale, tra le altre cose, tratta della materia delle conversazioni telefoniche in azienda. Nel documento il Garante della privacy ha sottolineato che il datore di lavoro non può spiare le conversazioni Skype dei propri dipendenti. Il contenuto di comunicazioni di tipo elettronico o telematico scambiate dai dipendenti anche nell’ambito del rapporto di lavoro godono di garanzie di segretezza tutelate anche a livello costituzionale.

Ricordiamo che il tema del trattamento dei dati personale mediante il controllo dei lavoratori viene ulteriormente approfondito dalla nuova normativa del Jobs Act che prevede la integrale sostituzione del vigente art. 4 dello Statuto dei Lavoratori. In particolare, come noto, la nuova formulazione mira a distinguere tra controlli sugli impianti, che dovrebbero restare vietati salvo autorizzazioni particolari, da quelli sugli strumenti di lavoro, i quali, invece, sono stati liberalizzati e comunque sganciati da un’apposita procedura da seguire. In sostanza, i dispositivi aziendali potranno essere oggetto di controlli a distanza senza dover passare attraverso l’accordo con i sindacati o attraverso l’autorizzazione dell’ex ispettorato del lavoro, purché però il datore di lavoro predisponga un’informativa sulla policy di controllo che l’impresa intenda implementare, tale da rendere consapevoli i lavoratori interessati. Si affronta quindi un tema molto rilevante da inquadrare più approfonditamente in quanto fonte di cambiamento rispetto ad abitudini consolidate.
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