sabato 14 gennaio 2012

Mercato del lavoro: accordo sindacale

I vertici di Cgil, Cisl e Uil hanno raggiunto un accordo con il quale presentarsi al confronto con il Governo Monti per quanto riguarda la riforma del mercato del lavoro. I sindacati sono pronti discussione vera. Bisognerà vedere se il governo è  pronto per affrontare il tema della riforma del mercato del lavoro.
I sindacati danno al confronto con il governo la forza di una posizione armonica. Limate le divergenze, i leader dei tre sindacati di riferimento Cgil, Cisl e Uil hanno trovato l'intesa per una linea con una voce sola, a partire da una piattaforma comune sulla riforma del lavoro, per poi spingere il governo a trattare anche su sviluppo e liberalizzazioni, e a riaprire il dossier pensioni. Che tanto fa soffrire.
Due i messaggi chiari lanciati da Susanna Camusso, Raffaele Bonanni e Luigi Angeletti al governo  Monti. Sul tema del lavoro non metta sul tavolo il nodo dell'articolo 18 se non vuole un blocco del dialogo. E apra un confronto vero con proposte ufficiali e chiare per sgomberare il campo dalle indiscrezioni che stanno animando un dibattito che è ancora senza un vero luogo di discussione.
"Un confronto serio governo-sindacati non tollera furbizie o colpi di mano", dice la Cgil, Susanna Camusso, della norma sull'articolo 18 comparsa in una bozza del decreto sulle liberalizzazioni. "Quando non c'é dialogo si istiga la rivolta", avverte il leader della Cisl, Raffaele Bonanni, accennando all'esempio "lampante" dei taxi: il governo, dice, "non deve aver paura di discutere". E non bastano "semplici audizioni", dice il segretario della Uil Luigi Angeletti: la strada per fare le riforme non può essere quella "di sospendere la partecipazione, quindi la democrazia", altrimenti "questo governo rischia di essere un treno che pian piano si impantana".
I sindacati hanno fatto il loro passo, con un accordo che può aiutare il governo a chiudere la trattativa sul mercato del lavoro in tempi brevi. "Noi siamo assolutamente responsabili", sottolineano, attendendo ora dall'esecutivo la convocazione di un tavolo formale di confronto, con tutte le parti dopo il primo round di incontri bilaterali informali voluto dal ministro del Lavoro, Elsa Fornero. L'accordo raggiunto dai leader della Cgil, della Cisl e della Uil traccia un percorso poi condiviso anche da Giovanni Centrella per l'Ugl.
Si tradurrà presto in un documento tecnico: una piattaforma sul mercato del lavoro che sarà martedì sul tavolo della segreteria unitaria Cgil-Cisl-Uil. E che parte dai contratti, incentivando apprendistato per i giovani e reingresso per gli over-50, e arriva agli ammortizzatori sociali di cui si chiede l'estensione della garanzia a tutti i lavoratori e dei costi a tutte le imprese. Categorico il no dei sindacati a interventi sull'articolo 18. "Ci auguriamo che il governo non voglia il fallimento prima della discussione. Ancora per quanto riguarda i problemi del mercato del lavoro si tratta prima di ogni cosa, di andare ad una drastica riduzione delle forme contrattuali che oggi sono 46. Il sindacato propone di passare ad un massimo di 5 forme contrattuali. Altro punto importante del confronto con il Governo e quindi della piattaforma unitaria sarà quello delle pensioni, un tema molto importante e delicato, non solo perché mette in gioco i diritti, ma anche perché ha un impatto diretto anche sul fronte economico.

Tasso di disoccupazione e il lavoro. Anzi i senza lavoro


Se per per i dati esposti dall'Istat il tasso di disoccupazione ha raggiunto nel novembre scorso la soglia dell'8,6%, quello reale, invece, ha superato il 10%". Ad affermarlo è il segretario della Cgia di Mestre, Giuseppe Bortolussi, che spiega come il dato sia il frutto della somma tra i disoccupati censiti dall'Istat e i cosiddetti sfiduciati. Ovvero, coloro che in questi ultimi 3 anni di crisi economica sono usciti dalle statistiche ufficiali perché hanno deciso di non cercare più un nuovo posto di lavoro.
Pertanto, sommando ai 2 milioni e 142mila disoccupati questi nuovi 438mila sfiduciati, il tasso di disoccupazione reale si attesta al 10,1%: 1,5 punti percentuali in più rispetto al dato ufficiale fornito la settimana scorsa dall'Istat. "Tra le 438.000 persone che in questi ultimi 3 anni di profonda crisi hanno deciso di non cercare più un lavoro - conclude Giuseppe Bortolussi - risiede in buona parte nelle regioni del Mezzogiorno. E' evidente che una gran parte di queste persone è andata ad alimentare l'abusivismo ed il lavoro nero creando gravi danni a quelle aziende che, nonostante le difficoltà economiche, sono rimaste in attività".
E poi ricordiamo che da fonte sindacale. Ci sono mezzo milione di lavoratori in cassa integrazione a zero ore, costretti a rinunciare a 8 mila euro in busta paga, pari a un taglio complessivo di 3 miliardi e 650 milioni. E' quanto ha  calcolato la Cgil relativamente al 2011, aggiungendo che oltre 4 milioni di lavoratori (un terzo degli assicurati all'Inps) hanno percepito ammortizzatori sociali.
Sul fronte lavoro, dei senza lavoro, le persone coinvolte lo scorso anno a vario titolo dalla percezione di ammortizzatori sociali sono state oltre 4 milioni su 12 milioni e mezzo di assicurati all'Inps, pari a un terzo dei lavoratori. Il numero complessivo di ore di cassa registrate nel 2011, così come la mole di lavoratori coinvolti, ''ci dicono che siamo arrivati ad un punto limite della tenuta del sistema rispetto all'andamento della crisi, come dimostrano le vicende drammatiche alla ribalta in questi primi giorni dell'anno, per tutte Alcoa e Fincantieri''.

mercoledì 11 gennaio 2012

Mercato del lavoro e l’art 18. E’ un anomalia l’istituto del reintegro

La riforma del mercato del lavoro è un tema molto sentito dalle imprese e bisogna dimostrare il problema di competitività che esiste. Lo ha detto la presidente di Confindustria Emma Marcegaglia, al termine del direttivo, spiegando che Confindustria ha preparato «un documento di benchmark con i Paesi europei su tre temi: flessibilità in entrata, ammortizzatori sociali, flessibilità in uscita. I dati dimostrano alcune anomalie con l'Europa. Emma Marcegaglia anticipa che presenterà al ministro del Lavoro Elsa Fornero un confronto tra il mercato del lavoro in Italia e gli altri Paesi. Confindustria non affronta il tema ''in modo ideologico'',spiega: dai dati emergono ''anomalie nel sistema italiano'' sulle flessibilità in uscita, ''il reintegro in altri paesi europei non viene utilizzato''. ''Noi ci sediamo a questo tavolo senza ideologia, con grande senso di responsabilità, con grande apertura''. Lo dice il leader di Confindustria, Emma Marcegaglia, dopo il confronto con il ministro del Lavoro, Elsa Fornero: ''Il nostro atteggiamento deve essere ed è produttivo, ci aspettiamo che anche le altre parti sociali abbiano lo stesso''.
Quindi non ci sono eccessi di flessibilità in entrata, ma in uscita sì. Ed è onesto il nostro sistema di ammortizzatori sociali  Dal quadro stilato da Confindustria emerge che «non c'e un eccesso di flessibilità in entrata» nel mondo del lavoro. E che «il nostro sistema degli ammortizzatori sociali tutto sommato è buono». Mentre sulla flessibilità in uscita dai dati di Confindustria emerge «un benchmark europeo dove si evidenzia che il tema del reintegro esiste formalmente in altri paesi europei ma sostanzialmente non viene quasi mai utilizzato. Ci sono quindi alcune anomalie sul sistema italiano. Il reintegro in altri paesi europei non viene utilizzato».
Quello dell'articolo 18 è «un tema molto ideologico» e, garantisce la leader degli industriali, Confindustria guarda al confronto che si apre sul mercato del lavoro senza alcuna intenzione di «affrontarlo in modo ideologico: portiamo i dati per fare un confronto con gli altri paesi», spiega. Quanto agli altri due temi sul tavolo, dai dati che Confindustria presenterà oggi al ministro emerge «che non c'e un eccesso di flessibilità in entrata in termini di forme contrattuali, soprattutto nell'industria, la Cgil ne ha contate 46, non è assolutamente così, le forme sono 15 o 16. Quindi su questo tema bisogna essere cauti». Sono «dati in linea con l'Europa» guardando anche ai «paesi europei a maggior tutela sociale», dimostrano quindi che «non abbiamo un problema di eccesso di flessibilità in entrata. e soprattutto nell'industria; se c'e un problema è nella pubblica amministrazione ed in alcune aree dei servizi».
Mentre «il nostro sistema degli ammortizzatori sociali è tutto sommato buono, i dati dimostrano che le imprese si sono sostanzialmente autofinanziata Cig, Cig straordinaria, e mobilità. Abbiamo un sistema assicurativo per l'industria, pagato dalle imprese, che funziona. Quindi anche su questo, sicuramente siamo disponibili a ragionare per vedere se ci sono eccessi o anomalie, ma è un sistema interessante».
Vediamo alcuni aspetti del reintegro del posto del lavoro ch è visto, a volte, come rimedio "normale ed esclusivo" in caso di licenziamento valutato come illegittimo dal giudice esiste nell'Unione europea oltre che in Italia solo in Austria e in Portogallo. E' quanto si legge nella scheda sui licenziamenti nell'Ue contenuta nel libro "I licenziamenti individuali in Italia e nell'Unione europea".
In Italia la legge n 604 del 1966 prevede che il licenziamento individuale possa avvenire solo per giusta causa o giustificato motivo. L'articolo 18 dello Statuto dei lavoratori (l. n 300 del 1970) prevede che il giudice che valuti il licenziamento illegittimo "ordini" al datore di lavoro (nelle aziende con oltre 15 dipendenti) il reintegro del dipendente nel posto di lavoro. Il dipendente può scegliere in alternativa il risarcimento pari a 15 mensilità. Nelle aziende più piccole il lavoratore illegittimamente licenziato ha diritto solo a un risarcimento (da 2,5 a 14 mensilità).
Mentre in Francia non esiste il reintegro nel posto di lavoro in caso di licenziamento illegittimo. Si ha diritto a un risarcimento del danno pari a 6 mesi di retribuzione più una quota delle retribuzione per ogni anno di anzianità aziendale.
In Germania il reintegro è teoricamente previsto ma il giudice su richiesta delle parti può non disporlo.
In Gran Bretagna il reintegro esiste in teoria ma il datore di lavoro può rifiutare la reintegrazione pagando un compenso aggiuntivo. L'indennità risarcitoria può essere pari al massimo a 90.000 euro.
In Spagna non esiste il reintegro nel posto di lavoro mentre è prevista una quota di risarcimento sulla retribuzione legata agli anni di anzianità fino a un massimo di 42 mesi di salario.
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