domenica 16 giugno 2013

Somministrazione e le ragioni che blindano la causale

Il contratto di somministrazione di lavoro è disciplinato dagli artt. 20 - 28 del D.Lgs. n. 276 del 2003 ed ha sostituito, senza peraltro alterarne la struttura essenziale, il lavoro interinale.
Ricordiamo che la somministrazione di lavoro si caratterizza per un duplice rapporto contrattuale nell'ambito del quale:

il somministratore, un'Agenzia per il lavoro autorizzata dal Ministero del Lavoro, stipula un contratto di lavoro con un lavoratore, a tempo indeterminato o a tempo determinato, l'utilizzatore, che è un'azienda pubblica o privata, utilizza il lavoratore contrattualizzato dall'Agenzia per esigenze proprie e, a tal fine, stipula un contratto di somministrazione con la medesima agenzia.

La presenza di una causale generica del contratto di somministrazione a termine comporta la trasformazione del rapporto in un contratto a tempo indeterminato con l'impresa utilizzatrice. Lo affermano due sentenze gemelle della Cassazione: la 10560 del 7 maggio e la 11411 del 13 maggio scorso.
Per usare il contratto di somministrazione a tempo determinato, infatti – esclusi i casi in cui è consentita la mancanza della causale – devono sussistere precise ragioni tecniche, produttive, organizzative o sostitutive (si veda l'articolo a lato). Ed è bene che queste ragioni siano chiaramente enunciate nel contratto di fornitura tra l'agenzia per il lavoro e l'impresa utilizzatrice.
Nella sentenza 10560, la Cassazione si è pronunciata sulla vicenda di alcuni lavoratori assunti da un'agenzia per il lavoro con vari contratti a termine, che contestavano la genericità della causale del contratto commerciale. Nel caso specifico, la causale prevedeva la stipula nei casi previsti dai contratti collettivi nazionali della categoria, per una indefinita «sostituzione». Sia il Tribunale, sia la Corte di appello avevano accolto il ricorso, sostenendo che le ragioni fossero del tutto generiche e inidonee a integrare i requisiti di specificità richiesti dalla legge 196/1997 (oggi sostituita dal Dlgs 276/2003). Comunque, per i giudici di merito, non era provata la ricollegabilità dell'assunzione degli operai all'assenza in azienda di lavoratori con contratti a tempo indeterminato. L'illegittimità del ricorso al lavoro temporaneo ha quindi come conseguenza la conversione del contratto a tempo indeterminato con l'impresa utilizzatrice.
La Cassazione, confermando la sentenza di appello, afferma che nel contratto di somministrazione è stata usata una formula più generica di quella prevista nel testo legislativo, mentre sarebbe stato necessario indicare quale contratto collettivo di riferimento applicare. I vizi del contratto commerciale di fornitura tra agenzia interinale e impresa utilizzatrice si riverberano sul contratto individuale di lavoro: l'illegittimità del contratto di fornitura comporta le conseguenze previste dalla legge sul divieto di intermediazione e interposizione nelle prestazioni di lavoro (legge 1369/1960 abrogata e confluita nella riforma Biagi). L'effetto finale è dunque la conversione del contratto per prestazioni di lavoro temporaneo in un ordinario contratto di lavoro a tempo indeterminato tra l'utilizzatore della prestazione, datore di lavoro effettivo, e il lavoratore (Cassazione 6933/2012).
Segue la stessa linea la sentenza 8120 del 3 aprile 2013: la Cassazione precisa che la mancanza di specificità delle ragioni giustificative del ricorso alla somministrazione temporanea di lavoro comporta la nullità del contratto di lavoro stesso. Serve, infatti, un elevato grado di specificità, che consenta di classificare le ragioni giustificative come legittimanti un contratto a tempo determinato, e la verifica della loro effettività.
Le causali non possono risolversi in una parafrasi della norma, ma devono esplicitare il collegamento tra quanto previsto nel contratto e la reale situazione aziendale. La Cassazione ha ritenuto specifiche le ragioni del ricorso alla somministrazione di lavoro poiché l'indicazione di «punte di più intensa attività produttiva», erano state determinate «dall'acquisizione di commesse» o dal «lancio di nuovi prodotti».

sabato 15 giugno 2013

12 giugno 2013 Giornata mondiale contro il lavoro minorile


Il 12 giugno 2013 si è celebrato in tutto il mondo la Giornata mondiale contro il lavoro minorile, quest’anno è stata dedicata al tema del lavoro domestico. Secondo l’Organizzazione Internazionale del Lavoro (ILO) il numero totale di minori lavoratori a livello mondiale è di 215 milioni. Di questi, 115 milioni svolgono lavori considerati pericolosi, incluse le forme peggiori di lavoro minorile. Il lavoro domestico dei minori è un fenomeno largamente diffuso e in costante aumento. Almeno 15,5 milioni di bambini — perlopiù femmine — sono vittime di questa forma nascosta di sfruttamento che comporta spesso anche abusi, rischi per la salute e violenze.

In Italia un minore ogni 20 lavora. E' uno dei dati denunciati da Game Over, Dossier realizzato dall'Associazione Bruno Trentin e da Save the Children presentato a Roma alla vigilia della Giornata mondiale contro il lavoro minorile . Dei 260 mila under 16 che lavorano nel nostro Paese, 30 mila sono a rischio di sfruttamento,fanno un lavoro pericoloso per salute, sicurezza o integrità morale, lavorano di notte e in modo continuativo con ricadute negative sugli studi e molti non hanno tempo per riposare né per divertirsi con gli amici.

D’altronde, ha messo in risalto il Dossier, l’allontanamento dalla scuola è correlato anche a "un'offerta formativa generalmente distante dalle necessità di sviluppare competenze professionali richieste dal mercato del lavoro".

Secondo il Dossier è la famigli a giocare un ruolo decisivo anche quando non lo decide direttamente. Il ragazzo non ha interesse per lo studio, non vuole andare a scuola. Il rischio è la strada, il non avere niente da fare, il passare le giornate da soli. Allora meglio è, per qualche genitore, non ostacolare l’inserimento in attività lavorative precoci anche se a volte sono rischiose.

Gli operatori sociali intervistati, ha spiegato l'indagine, sottolinea che i giovani lavoratori provengono, prevalentemente, da due tipi di famiglie: quelle che per far fronte ad uno stato di indigenza coinvolgono in attività lavorative anche i figli che ancora devono adempiere agli obblighi scolastici, e quelle dove sono venuti a mancare ruoli e responsabilità genitoriali. E' la famiglia, dunque, secondo il Dossier, "il primo soggetto sociale da sostenere".
Lo sfruttamento sul lavoro può costituire la spinta per un giovane ad entrare nella criminalità.
E' un'altra osservazione di "Game Over": "non solo l'appartenenza familiare a circuiti criminali", anche l'esperienza di sfruttamento sul lavoro può essere percepita "non troppo distante nelle modalità di relazione tra chi comanda e chi esegue un lavoro".  Tuttora: "le attività illecite sono legate alle amicizie/legami nel quartiere", possono offrire opportunità di guadagnare tanto e con poche ore di lavoro e sono avvertite come la sola possibilità “per coloro che hanno problemi economici e non riescono a trovare un lavoro, specie quando si entra in un circuito vizioso di disagio familiare".

mercoledì 12 giugno 2013

Contributi INPS cocopro per il 2013

Con la Circolare Inps n. 27 del 12 febbraio 2013, sono state rese note le nuove aliquote contributive dovute alla Gestione Separata Inps per l’anno 2013. In particolare, viene recepito l’aumento del 2% dell'aliquota contributiva per i titolari di pensione e per i soggetti provvisti di altra tutela pensionistica obbligatoria, disposto dalla Riforma del Lavoro Fornero a seguito della modifica da parte della legge di conversione del Decreto Sviluppo 2012. Per tali soggetti, quindi, l'aliquota passa dal 18% al 20%, mentre per i soggetti privi di altra copertura previdenziale l'aliquota resta ferma al 27,72%.

I co co pro sono anche detti lavoratori parasubordinati e rappresentano una categoria intermedia fra il lavoro autonomo ed il lavoro dipendente che  lavorano infatti in piena autonomia operativa. Le caratteristiche del contratto co co pro sono: la completa autonomia, per cui è il collaboratore che decide autonomamente tempi e modalità di esecuzione della commessa, tuttavia non impiega propri mezzi organizzati, bensì, ove occorra, quelli del committente, coordinamento con le esigenze dell’organizzazione aziendale esercitato dal committente,   la continuità (il che distingue il co co pro dalla fattispecie di collaboratore occasionale).

Nelle collaborazioni coordinate e continuative, i contributi Inps sono per 2/3 a carico del committente e per 1/3 a carico del collaboratore. L’obbligo di versamento compete tuttavia al committente anche per la quota a carico del lavoratore, che viene pertanto trattenuta in busta paga all’atto della corresponsione del compenso. Il versamento va effettuato con mod. F24 ed il termine di scadenza è il giorno 16 del mese successivo a quello di pagamento del compenso.

Proprio per ciò che riguarda i contributi per i co co pro, l’Inps con la circolare n. 27 del 12 febbraio 2013 ha fissato le nuove aliquote contributive dovute alla Gestione Separata Inps per l’anno 2013. In particolare, per il 2013 le aliquote contributive della Gestione Separata Inps sono pari a:

•27,72% per i soggetti privi di altra copertura previdenziale obbligatoria (27% + 0,72% a titolo di contributo aggiuntivo per il sostegno della maternità, dell’assegno al nucleo familiare, della malattia, della degenza ospedaliera e del congedo parentale);
•20% per tutti gli altri soggetti (soggetti titolari di pensione o provvisti di altra tutela pensionistica obbligatoria).

I  collaboratori coordinati e continuativi (c.d. co-co-co) sono anche detti lavoratori parasubordinati, perché rappresentano una categoria intermedia fra il lavoro autonomo ed il lavoro dipendente.

Lavorano infatti in piena autonomia operativa, escluso ogni vincolo di subordinazione, ma nel quadro di un rapporto unitario e continuativo con il committente del lavoro. Sono pertanto funzionalmente inseriti nell’organizzazione aziendale e possono operare all’interno del ciclo produttivo del committente, al quale viene riconosciuto un potere di coordinamento dell’attività del lavoratore con le esigenze dell’organizzazione aziendale.

I requisiti tipici della collaborazione coordinata e continuativa sono quindi:

l’autonomia: il collaboratore decide autonomamente tempi e modalità di esecuzione della commessa, tuttavia non impiega propri mezzi organizzati, bensì, ove occorra, quelli del committente;

il potere di coordinamento con le esigenze dell’organizzazione aziendale esercitato dal committente, quale unico limite all’autonomia operativa del collaboratore; esso non può in ogni caso essere tale da pregiudicare
l’autonomia operativa e di scelta del collaboratore nell’esecuzione della prestazione, autonomia che continuerà quindi ad esplicarsi all’interno delle pattuizioni convenute;

la prevalente personalità della prestazione;

la continuità che va ravvisata non tanto e non solo nella reiterazione degli adempimenti, che potrebbe anche mancare in virtù delle peculiarità specifiche dell’attività lavorativa, quanto nella permanenza nel tempo del vincolo che lega le parti contraenti. In mancanza di tale requisito, e del correlato potere di coordinamento e del vincolo funzionale, si delinea invece la fattispecie della prestazione occasionale;

il contenuto artistico-professionale dell’attività (fino al 31/12/2000): questo requisito, presente nella vecchia stesura dell’art. 49,c. 2, lett. a del TUIR, è stato abolito, a decorrere dal 1° gennaio 2001, dall’art. 34 della L. 342/2000; pertanto da tale data anche le attività manuali e operative possono essere oggetto di rapporti di co-co-co, purché il rapporto lavorativo conservi il suo carattere autonomo e sussistano quindi tutti gli altri requisiti tipici della categoria;

la non attrazione dell’attività lavorativa nell’oggetto dell’eventuale professione svolta dal contribuente;
la retribuzione che deve essere corrisposta in forma periodica e prestabilita.
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