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domenica 8 maggio 2016

Stop al sussidio Naspi se si rifiuta il lavoro


Potrà ottenere il buono (voucher) per il ricollocamento solo chi ha fruito della Naspi e risulta disoccupato da oltre 4 mesi. Il beneficiario potrà rivolgersi anche a soggetti privati accreditati.

L'Anpal, l'agenzia per il lavoro prevista dal Jobs Act per favorire l'occupazione, sarà ''operativa a giugno''. Ad assicurarlo è il presidente dell'Agenzia, Maurizio Del Conte che spiega come opererà: dall'assegno di ricollocazione ai controlli sui sussidi.

"L'Anpal può controllare in tempo reale se la persona che non si presenta al corso di formazione (o non accetta un lavoro) prende la Naspi – ha spiegato Del Conte. Avvertiremo in questo caso l'Inps che dovrebbe togliere almeno una parte dell'aiuto".

 "Al momento per l'operatività piena dell'Anpal - afferma il presidente, Maurizio Del Conte - manca il decreto di trasferimento delle risorse e delle dotazioni organiche, ancora alla Corte dei Conti. Mi auguro che per giugno sia operativa". L'Anpal dovrebbe gestire il personale dell'Isfol e di Italia Lavoro (ne avrà le quote). I centri per l'impiego invece sono in capo alle Regioni e fino a che non si vota sul referendum costituzionale e non è possibile nessun cambiamento. Prima di allora l'Anpal non potrà fare azioni sul territorio.

"Possiamo verificare - dice Del Conte - i livelli essenziali ovvero che i servizi che vengono resi ai disoccupati rispettino gli standard. Abbiamo il potere di monitoraggio e valutazione. La nostra missione più importante comunque è quella sull'assegno di ricollocazione, una vera e propria presa in carico del disoccupato. Il nostro obiettivo è fare sì che le persone si rivolgano ai centri per l'impiego perché sono utili.

Deve esserci un sistema che accolga il disoccupato e lo accompagni. Una delle prime cose da fare è mettere in funzione un sistema informativo per far incontrare domanda e offerta". Si punta per il trattamento di disoccupazione "a un sistema di condizionalità rafforzato. Adesso chi eroga il sussidio di disoccupazione e chi dovrebbe ricollocare il lavoratore (i centri per l'impiego) fino ad ora non si sono sostanzialmente parlati mentre in Germania ad esempio sono i centri per l'impiego che fanno sia l'una che l'altra cosa (politiche attive e passive del lavoro). Il problema - spiega Del Conte - "si potrà risolvere quando saranno a disposizione in tempo reale i dati Inps sui percettori della Naspi (la nuova indennità di disoccupazione). L'Anpal può controllare in tempo reale se la persona che non si presenta al corso di formazione (o non accetta un lavoro) prende la Naspi. Avvertiremo in questo caso l'Inps che dovrebbe togliere almeno una parte del sussidio.

L'assegno di ricollocazione consiste in una somma di denaro, graduata in funzione del profilo personale del disoccupato, proponibile presso i centri per l'impiego o presso i servizi accreditati. In sostanza, il centro per l'impiego definirà il livello di occupabilità del disoccupato: minori sono le possibilità di impiego, più elevato sarà l'importo del voucher o la dote a disposizione del lavoratore (in media sui 1.500 euro, aumentabile anche a 3-4mila nei casi più complicati).

A questo punto, il disoccupato sceglierà, tra le strutture private e pubbliche accreditate dalla regione, l'agenzia per il lavoro dalla quale farsi assistere nella ricerca di una nuova occupazione: è prevista l'assegnazione al lavoratore anche di un tutor o job advisor, che lo seguirà nel percorso verso un nuovo impiego e un eventuale percorso di riqualificazione professionale. Ma l'agenzia sarà remunerata (dallo Stato o dalla regione con la dote attribuita al lavoratore) solo a occupazione trovata.

Il voucher, in altri termini, sarà pagabile solo a seguito dell'effettivo ricollocamento del lavoratore, cioè solo a risultato ottenuto e non per l'attività comunque svolta genericamente a sostegno del soggetto. Da segnalare, comunque, che l'assegno di ricollocazione sarà rilasciato nei limiti delle disponibilità assegnate a tale finalità per la regione o per la provincia autonoma di residenza.

L'assegno, il cui importo non costituirà reddito imponibile, se richiesto (la misura è infatti facoltativa) dovrà essere "speso" dal disoccupato entro due mesi dalla data di rilascio dell'assegno a pena di decadenza dallo stato di disoccupazione e dalla prestazione a sostegno del reddito. L'assegno avrà una durata di sei mesi, prorogabile per altri sei nel caso non sia stato consumato l'intero ammontare dell'assegno.

domenica 21 febbraio 2016

Offerte di lavoro per informatici: requisiti, figure ricercate e istruzioni per candidarsi


Ci sono nuove opportunità di lavoro per informatici, ecco le posizioni aperte, quali sono i requisiti e le modalità per candidarsi.

L’Agenzia per il Lavoro Articolo1 ha aperto le selezioni per la ricerca di 60 risorse in vista di nuove assunzioni a Roma e a Milano per conto di aziende importanti nel mondo dell’Information Technology.

La ricerca non ha un ambito ben delineato, ma diverse sono le figure ricercate sia tra laureati che giovani senza esperienza a seconda delle posizioni aperte.

I profili che attualmente sono stati segnalati ai fini della ricerca e dell’assunzione nell’Information Technology sono i seguenti:
Project Manager;
Sistemisti Applicativi;
Sviluppatori Web;
System Engineer;
Programmatori Java;
Business Analyst;
ICT Consultant esperti SAP.

I candidati che, in possesso dei requisiti di seguito riportati, supereranno le selezioni, verranno assunti direttamente dall’azienda.

I requisiti cambiano in base alla posizione per cui si presenta la propria candidatura, ma quelli di ordine generale sono in linea di massima i seguenti:
laurea in Ingegneria informatica o corso di laurea breve in Informatica;
conoscenza della lingua inglese;
esperienza pregressa nel ruolo di oltre 3 anni, certificata.
Come abbiamo detto in precedenza, per alcune posizioni non è necessario il requisito della laurea, è questo il caso del profilo da Sviluppatore Web.

Per la figura Business Analyst, invece, è sufficiente l’esperienza di un anno.

Per inviare la propria candidatura è necessario inviare il proprio Curriculum Vitae all’indirizzo roma-centro@articolo1.it o micentro@articolo1.it, ovviamente qualora le posizioni aperte risultano rispondenti alle proprie caratteristiche

L’Agenzia per il Lavoro Articolo1 è una società italiana specializzata nel settore delle Risorse Umane ed autorizzata dal Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali.

Nel settore IT, le figure maggiormente richieste dal mercato del lavoro sono professionisti Sap, sviluppatori di applicazioni web, amministratori di sistema e software engineer. Le figure professionali del settore IT sono profili particolarmente elastici che vengono richiesti in modo trasversale da tutti i comparti e da aziende di diverse dimensioni (dalle piccole imprese, alle grandi multinazionali). Le richieste di queste figure sono aumentate in modo rilevante nel settore bancario e in quello assicurativo. L’Information Technology rappresenta un’ottima opportunità per coloro che avendo una formazione specializzata si introducono nel mondo del lavoro. Dal punto di vista delle aziende, l’informatizzazione raffigura un valore competitivo che permette di tagliare i costi e aumentare l’efficienza.

mercoledì 25 febbraio 2015

Contributo in denaro (voucher) di ricollocamento: i disoccupati aventi diritto




Il contratto di ricollocazione rappresenta una vera innovazione nell'ottica di rilanciare le risorse impiegate sulla politica passiva (la nuova Aspi – denominata Naspi, Nuova Assicurazione Sociale per l’Impiego) con quella attiva, che si affianca da subito per supportare il lavoratore disoccupato nella ricerca di una nuova occupazione.

Presso l’Inps sarà, istituito il «Fondo per le politiche attive per la ricollocazione dei lavoratori in stato di disoccupazione involontaria»e potranno beneficiare i lavoratori licenziati illegittimamente, compresi quelli a seguito di licenziamenti collettivi (sono però esclusi i lavoratori che hanno rinunciato a impugnare il licenziamento perché hanno scelto la conciliazione standard e quelli che hanno stipulato con il proprio datore di lavoro una risoluzione consensuale del rapporto di impiego nell'ambito di una riduzione di personale, ma su questi punti una parte della maggioranza è pronta a chiedere correzioni).

Lo schema del contratto di ricollocazione è questo: il lavoratore beneficiario ha diritto di ricevere dai centri per l’impiego territorialmente competenti un voucher rappresentativo della dote individuale di ricollocazione, a condizione, tuttavia, che effettui la procedura di definizione del profilo personale di occupabilità (per capire il grado di difficoltà nel trovare un nuovo impiego).

L’interessato presenta il voucher a un’agenzia per il lavoro e così potrà firmare il contratto di ricollocazione vero e proprio. Questo contratto assicura al lavoratore il diritto a una assistenza appropriata nella ricerca della nuova occupazione, programmata e gestita da parte dell’agenzia per il lavoro.

L’agenzia dovrà realizzare iniziative di ricerca, addestramento, formazione, riqualificazione professionale mirata a sbocchi occupazionali coerenti con le capacità del lavoratore e le condizioni del mercato del lavoro nella zona dove la persona è stata presa in carico.

L’ammontare del voucher è proporzionato in relazione al profilo di occupabilità dell’interessato e l’agenzia ha diritto a incassarlo soltanto a risultato ottenuto (questo è un elemento di contendibilità del sistema per bilanciare la nota inefficienza dei centri pubblici per l’impiego).

Quindi cui sarà un obbligo di seguire dei corsi formativi presso agenzie private. In pratica, con il contratto di ricollocazione (o ricollocamento) il lavoratore licenziato riceve l’indennità di disoccupazione prevista dalla legge, cioè la Naspi, e inizia contemporaneamente un percorso di formazione e reinserimento professionale, attraverso un programma coordinato dalla sua Regione. Il dipendente che ha sottoscritto il contratto di ricollocazione riceve cioè dall'amministrazione regionale un contributo in denaro (voucher) che potrà poi spendere per un percorso di formazione presso un'agenzia di lavoro privata.

Il contributo dei voucher per il  attivabile in tutto il territorio nazionale (sempre attraverso le Regioni, che lo finanziano attingendo dal Fondo per le Politiche Attive del lavoro. Il Contratto di Ricollocazione è regolamentato dall’articolo 17 del decreto sugli ammortizzatori sociali.

Come richiedere il voucher
Il lavoratore disoccupato deve innanzitutto rivolgersi a una struttura accreditata per la ricerca di lavoro ed effettuare la procedura di definizione del suo profilo di occupabilità. In pratica, in base alle esperienze, ai requisiti, titoli, e caratteristiche del lavoratore, viene stabilita la facilità, o difficoltà, di trovargli una nuova occupazione. In base a questo profilo personale di occupabilità, viene attribuita al disoccupato una “dote individuale di ricollocazione“, spendibile presso le strutture accreditate. Si tratta del voucher ricollocamento, il cui ammontare è proprozionato al profilo di occupabilità.

A questo punto è il lavoratore a scegliere se rivolgersi a un centro per l’impiego o a un’altra struttura, che incasserà l’importo del voucher assegnato solo in caso di conclusione positiva del processo di ricollocazione (quindi, solo se il disoccupato trova lavoro).

Requisiti
Il Contratto di Ricollocazione prevede le seguente regole generali:

il disoccupato ha diritto a un’assistenza appropriata nella ricerca della nuova occupazione, programmata, strutturata e gestita secondo le migliori tecniche del settore, da parte del soggetto accreditato;

deve rendersi parte attiva rispetto alle iniziative proposte dal soggetto accreditato;
partecipa alle iniziative di ricerca, addestramento e riqualificazione professionale mirate a sbocchi

occupazionali coerenti con il fabbisogno espresso dal mercato del lavoro, organizzate e predisposte dal soggetto accreditato.

Decadenza
Il voucher ricollocamento decade nel caso in cui il disoccupato non partecipi alle iniziative di ricerca e riqualificazione oppure se rifiuta senza giustificato motivo una congrua offerta di lavoro in seguito all’attività di accompagnamento attivo al lavoro.

Il fatto saliente del contratto di ricollocazione è il valore della dote, che deve variare a seconda della spendibilità sul mercato, ma anche del livello professionale, essendo le esigenze di operai, impiegati, manager o imprenditori completamente diverse e dunque diversi gli strumenti e le risorse impiegate nel percorso di outplacement.





giovedì 15 gennaio 2015

Licenziamento: le tutele dei lavoratori per il 2015



Cosa cambia nel 2015, con l'entrata in vigore del Jobs Act su licenziamenti, tutele, reintegri e indennizzi: una guida pratica alle nuove regole introdotte dal Jobs Act nel mondo del lavoro.

Gli unici casi in cui l’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori mantiene la sua validità, consentendo il reintegro in seguito a un licenziamento sono i seguenti:

Licenziamenti discriminatori ovvero i licenziamenti per motivi religiosi e sessuali;

Licenziamenti nulli e intimati in forma orale;

Licenziamenti disciplinari ingiustificati, limitatamente alle eventualità in cui il fatto materiale non sussista. Si tratta, ad esempio, di casi in cui un lavoratore viene accusato di aver compiuto un gesto di cui, in sede di contenzioso, viene dimostrata la non sussistenza;

Licenziamenti per i quali il giudice del lavoro, in sede di contenzioso, accerta il difetto di giustificazione per motivi legati all’inidoneità fisica o psichica del lavoratore;

Anche nei casi in cui, a seguito di contenzioso, il giudice del lavoro accerta la possibilità del reintegro, al lavoratore viene offerta la possibilità di richiedere un indennizzo di natura economica che vada a sostituire il reintegro. Tale indennità una tantum è pari a quindici mensilità dell’ultima retribuzione percepita.

Indennizzo in seguito a licenziamento

Nei casi in cui viene previsto e consentito il licenziamento (motivi economici) il datore di lavoro è tenuto al pagamento di un indennizzo di natura economica pari a 2 mensilità per ogni anno di servizio del lavoratore. L’indennizzo dovuto nei casi di licenziamento va da un minimo di 4 mensilità a un massimo di 24 mensilità.

Per le aziende con meno di 15 dipendenti, per le quali già era prevista la deroga all’art.18 nella precedente normativa, rimane confermata l’esclusione dal reintegro e viene mantenuto, per i casi di licenziamento senza giusta causa, l’indennizzo attuale variabile tra i 2,5 e i 6 mesi di retribuzione.

Per i licenziamenti collettivi la disciplina prevista dal Jobs Act per i licenziamenti individuali viene estesa anche ai licenziamenti collettivi per i quali è previsto il reintegro per i licenziamenti intimati in forma orale o dei quali è accertato il vizio di procedura o di applicazione dei criteri di scelta dei lavoratori da mettere in uscita. L’indennizzo rimane quello di due mensilità per ogni anno di servizio, con un minimo di 4 mensilità.

Per i lavoratori che rivestono la qualifica di operai, impiegati o quadri, assunti con contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato a decorrere dalla data di entrata in vigore del decreto legislativo n. 183 del 2014, il regime di tutela nel caso di licenziamento illegittimo è  disciplinato dalle disposizioni di cui al presente decreto.

Nel caso in cui il datore di lavoro, in conseguenza di assunzioni a tempo indeterminato avvenute successivamente all’entrata in vigore del presente decreto, integri il requisito occupazionale di cui all’articolo 18, ottavo e nono comma, della legge 20 maggio 1970, n. 300, il licenziamento dei lavoratori, anche se assunti precedentemente a tale data, è disciplinato dalle disposizioni del presente decreto.

Il giudice, con la pronuncia con la quale dichiara la nullità del licenziamento perché discriminatorio ovvero riconducibile agli altri casi di nullità espressamente previsti dalla legge, ordina al datore di lavoro, imprenditore o non imprenditore, la reintegrazione del lavoratore nel posto di lavoro, indipendentemente dal motivo formalmente addotto.

A seguito dell'ordine di reintegrazione, il rapporto di lavoro si intende risolto quando il lavoratore non abbia ripreso servizio entro trenta giorni dall'invito del datore di lavoro, salvo il caso in cui abbia richiesto l'indennità di cui al terzo comma del presente articolo. Il regime di cui al presente articolo si applica anche al licenziamento dichiarato inefficace perché intimato in forma orale.

Con la pronuncia di cui al comma 1, il giudice condanna altresì il datore di lavoro al risarcimento del danno subito dal lavoratore per il licenziamento di cui sia stata accertata la nullità e l’inefficacia, stabilendo a tal fine un'indennità  commisurata all'ultima retribuzione globale di fatto maturata dal giorno del licenziamento sino a quello dell'effettiva reintegrazione, dedotto quanto percepito, nel periodo di estromissione, per lo svolgimento di altre attività lavorative. In ogni caso la misura del risarcimento non potrà essere inferiore a cinque mensilità della retribuzione globale di fatto. Il datore di lavoro è condannato, altresì, per il medesimo periodo, al versamento dei contributi previdenziali e assistenziali.

Fermo restando il diritto al risarcimento del danno come previsto al comma 2, al lavoratore è data la facoltà di chiedere al datore di lavoro, in sostituzione della reintegrazione nel posto di lavoro, un'indennità pari a quindici mensilità dell'ultima retribuzione globale di fatto, la cui richiesta determina la risoluzione del rapporto di lavoro, e che non è assoggettata a contribuzione previdenziale. La richiesta dell'indennità deve essere effettuata entro trenta giorni dalla comunicazione del deposito della pronuncia o dall'invito del datore di lavoro a riprendere servizio, se anteriore alla predetta comunicazione.

Per il licenziamento per giustificato motivo e giusta causa, nei casi in cui risulta accertato che non ricorrono gli estremi del licenziamento per giustificato motivo oggettivo o per giustificato motivo soggettivo o giusta causa, il giudice dichiara estinto il rapporto di lavoro alla data del licenziamento e condanna il datore di lavoro al pagamento di un'indennità non assoggettata a contribuzione previdenziale di importo pari a due mensilità dell’ultima retribuzione globale di fatto per ogni anno di servizio, in misura comunque non inferiore a quattro e non superiore a ventiquattro mensilità.

Esclusivamente nelle ipotesi di licenziamento per giustificato motivo soggettivo o per giusta causa in cui sia direttamente dimostrata in giudizio l'insussistenza del fatto materiale contestato al lavoratore, rispetto alla quale resta estranea ogni valutazione circa la sproporzione del licenziamento, il giudice annulla il licenziamento e condanna il datore di lavoro alla reintegrazione del lavoratore nel posto di lavoro e al pagamento di un'indennità risarcitoria commisurata all'ultima retribuzione globale di fatto dal giorno del licenziamento fino a quello dell'effettiva reintegrazione, dedotto quanto il lavoratore abbia percepito per lo svolgimento di altre attività lavorative, nonché quanto avrebbe potuto percepire accettando una congrua offerta di lavoro. In ogni caso la misura dell'indennità risarcitoria relativa al periodo antecedente alla pronuncia di reintegrazione non può essere superiore a dodici mensilità dell'ultima retribuzione globale di fatto. Il datore di lavoro è condannato, altresì, al versamento dei contributi previdenziali e assistenziali dal giorno del licenziamento fino a quello dell’effettiva reintegrazione.

Nell’ipotesi in cui il licenziamento sia intimato con violazione del requisito di motivazione di cui all’articolo, il giudice dichiara estinto il rapporto di lavoro alla data del licenziamento e condanna il datore di lavoro al pagamento di un’indennità non assoggettata a contribuzione previdenziale di importo pari a una mensilità dell’ultima retribuzione globale di fatto per ogni anno di servizio, in misura comunque non inferiore a due e non superiore a dodici mensilità, a meno che il giudice, sulla base della domanda del lavoratore, accerti la sussistenza dei presupposti per l’applicazione delle tutele di cui agli articoli 2 e 3 del presente decreto.

Nell'ipotesi di revoca del licenziamento, purché effettuata entro il termine di quindici giorni dalla comunicazione al datore di lavoro dell'impugnazione del medesimo, il rapporto di lavoro si intende ripristinato senza soluzione di continuità, con diritto del lavoratore alla retribuzione maturata nel periodo precedente alla revoca, e non trovano applicazione i regimi sanzionatori previsti dal presente decreto.

In caso di licenziamento dei lavoratori al fine di evitare il giudizio e ferma restando la possibilità per le parti di arrivare a ogni altra modalità di conciliazione prevista dalla legge, il datore di lavoro può offrire al lavoratore, entro i termini di impugnazione stragiudiziale del licenziamento, un importo che non costituisce reddito imponibile ai fini dell’imposta sul reddito delle persone fisiche e non è assoggettata a contribuzione previdenziale, di ammontare pari a una mensilità dell’ultima retribuzione globale di fatto per ogni anno di servizio, in misura comunque non inferiore a due e non superiore a diciotto mensilità, mediante consegna al lavoratore di un assegno circolare. L’accettazione dell’assegno in tale sede da parte del lavoratore comporta l’estinzione del rapporto alla data del licenziamento e la rinuncia alla impugnazione del licenziamento anche qualora il lavoratore l’abbia già proposta.

È istituito presso l’Istituto Nazionale della Previdenza Sociale il Fondo per le politiche attive per la ricollocazione dei lavoratori in stato di disoccupazione involontaria, al quale affluisce la dotazione finanziaria del Fondo istituito dall’articolo 1, comma 215, della legge 27 dicembre 2013, n. 147, in ragione di 18 milioni di euro per l’anno 2015 e di 20 milioni di euro per il 2016 nonché, per l’anno 2015, l’ulteriore somma di 32 milioni di euro del gettito relativo al contributo di cui all’articolo 2, comma 31, della legge 28 giugno 2012, n. 92.

Il lavoratore licenziato illegittimamente o per giustificato motivo oggettivo o per licenziamento collettivo ha il diritto di ricevere dal Centro per l’impiego territorialmente competente  un voucher rappresentativo della dote individuale di ricollocazione, a condizione che effettui la procedura di definizione del profilo personale di occupabilità, ai sensi del D.lgs. attuativo della legge delega 10 dicembre 2014, n. 183, in materia di politiche attive per l’impiego.

Presentando il voucher a una agenzia per il lavoro pubblica o privata accreditata il lavoratore ha diritto a sottoscrivere con essa il contratto di ricollocazione che prevede:

Il diritto del lavoratore a una assistenza appropriata nella ricerca della nuova occupazione, programmata, strutturata e gestita secondo le migliori tecniche del settore, da parte dell’agenzia per il lavoro;

il diritto del lavoratore alla realizzazione da parte dell’agenzia stessa di iniziative di ricerca, addestramento, formazione o riqualificazione professionale mirate a sbocchi occupazionali effettivamente esistenti e appropriati in relazione alle capacità del lavoratore e alle condizioni del mercato del lavoro nella zona ove il lavoratore è stato preso in carico;

il dovere del lavoratore di porsi a disposizione e di cooperare con l’agenzia nelle iniziative da essa predisposte.



martedì 1 ottobre 2013

Contratto di somministrazione per i giovani nel 2014



Il contratto di somministrazione di lavoro è disciplinato dagli artt. 20 - 28 del D.Lgs. n. 276 del 2003 ed ha sostituito, senza peraltro alterarne la struttura essenziale, il lavoro interinale.

Ricordiamo che la somministrazione di lavoro si caratterizza per un duplice rapporto contrattuale nell'ambito del quale:

il somministratore, un'Agenzia per il lavoro autorizzata dal Ministero del Lavoro, stipula un contratto di lavoro con un lavoratore, a tempo indeterminato o a tempo determinato, l'utilizzatore, che è un'azienda pubblica o privata, utilizza il lavoratore contrattualizzato dall'Agenzia per esigenze proprie e, a tal fine, stipula un contratto di somministrazione con la medesima agenzia.

L'incentivo per i datori di lavoro che assumano, con contratto di lavoro a tempo indeterminato, lavoratori di età compresa tra i 18 ed i 29 anni, privi d’impiego regolarmente retribuito da almeno sei mesi ovvero privi di diploma di scuola media superiore o professionale (istituito in via sperimentale con l’articolo 1 del decreto legge 28 giugno 2013, n. 76 convertito, con modificazioni, dalla legge 9 agosto 2013, n. 99) spetta per le assunzioni a tempo indeterminato, anche a tempo parziale, e per i rapporti di lavoro subordinato a tempo indeterminato instaurati in attuazione del vincolo associativo stretto con una cooperativa di lavoro, ai sensi della Legge 142/2001.

Nel momento di profonda crisi dell’occupazione, i giovani hanno sempre maggiori difficoltà a collocarsi nel mercato del lavoro composto di precariato, tempo parziale, contratti a termine o subordinati tramite partita Iva, collaborazioni sporadiche e spesso fittizie. Si tratta di definizioni che nella maggior parte dei casi sfuggono a chi è in procinto di fare il suo ingresso nella realtà professionale, specie se la sua esperienza si riduce a quella descritta nel curriculum scolastico.

Introdotto dal D. Lgl. 276/2003, più comunemente noto come Legge Biagi, il contratto di somministrazione di lavoro ha sostituito quello interinale, riprendendone di fatto alcune caratteristiche basilari. Si tratta di un accordo stipulato fra tre parti: il somministratore, vale a dire l’azienda di lavoro interinale denominata anche Agenzia per il lavoro, la persona alla ricerca di un impiego, e l’azienda che richiede il lavoratore. Quest’ultima, l’utilizzatrice, si rivolge pertanto direttamente all’agenzia interinale che funziona da intermediaria tra la prima e il lavoratore. La somministrazione, attraverso i contratti collettivi di lavoro, va dalle imprese private alla pubblica amministrazione.

Il rapporto di lavoro per chi possiede un contratto di somministrazione, ossia tra Agenzia per il lavoro e l'utilizzatore, naviga in un meccanismo che, se da un lato consente maggiori possibilità di reperimento di un impiego, dall’altro non garantisce la stabilità del posto di lavoro. Infatti i contratti di somministrazione sono generalmente a tempo determinato, vale a dire della durata legata all’esigenza di produzione dell’azienda utilizzatrice, dalla quale dipende esclusivamente il controllo e la direzione sulla prestazione del lavoratore. Quest’ultimo, invece, è infatti formalmente e giuridicamente dipendente dalle società fornitrici. Anche la retribuzione, generalmente pari a quella prevista per i dipendenti dello stesso livello interni all’azienda utilizzatrice, rientra nelle competenze dell’Agenzia per il lavoro.

I contratti di somministrazione consentono l’assorbimento di manodopera giovanile all’interno del mondo del lavoro, rimediando in parte anche alla piaga sociale ed economica della disoccupazione attraverso la creazione di posti di lavoro. Il risvolto negativo sta nel fatto che non assicurano un posto stabile, anzi si reggono proprio sulla flessibilità e la temporaneità degli impieghi.

domenica 16 giugno 2013

Somministrazione e le ragioni che blindano la causale

Il contratto di somministrazione di lavoro è disciplinato dagli artt. 20 - 28 del D.Lgs. n. 276 del 2003 ed ha sostituito, senza peraltro alterarne la struttura essenziale, il lavoro interinale.
Ricordiamo che la somministrazione di lavoro si caratterizza per un duplice rapporto contrattuale nell'ambito del quale:

il somministratore, un'Agenzia per il lavoro autorizzata dal Ministero del Lavoro, stipula un contratto di lavoro con un lavoratore, a tempo indeterminato o a tempo determinato, l'utilizzatore, che è un'azienda pubblica o privata, utilizza il lavoratore contrattualizzato dall'Agenzia per esigenze proprie e, a tal fine, stipula un contratto di somministrazione con la medesima agenzia.

La presenza di una causale generica del contratto di somministrazione a termine comporta la trasformazione del rapporto in un contratto a tempo indeterminato con l'impresa utilizzatrice. Lo affermano due sentenze gemelle della Cassazione: la 10560 del 7 maggio e la 11411 del 13 maggio scorso.
Per usare il contratto di somministrazione a tempo determinato, infatti – esclusi i casi in cui è consentita la mancanza della causale – devono sussistere precise ragioni tecniche, produttive, organizzative o sostitutive (si veda l'articolo a lato). Ed è bene che queste ragioni siano chiaramente enunciate nel contratto di fornitura tra l'agenzia per il lavoro e l'impresa utilizzatrice.
Nella sentenza 10560, la Cassazione si è pronunciata sulla vicenda di alcuni lavoratori assunti da un'agenzia per il lavoro con vari contratti a termine, che contestavano la genericità della causale del contratto commerciale. Nel caso specifico, la causale prevedeva la stipula nei casi previsti dai contratti collettivi nazionali della categoria, per una indefinita «sostituzione». Sia il Tribunale, sia la Corte di appello avevano accolto il ricorso, sostenendo che le ragioni fossero del tutto generiche e inidonee a integrare i requisiti di specificità richiesti dalla legge 196/1997 (oggi sostituita dal Dlgs 276/2003). Comunque, per i giudici di merito, non era provata la ricollegabilità dell'assunzione degli operai all'assenza in azienda di lavoratori con contratti a tempo indeterminato. L'illegittimità del ricorso al lavoro temporaneo ha quindi come conseguenza la conversione del contratto a tempo indeterminato con l'impresa utilizzatrice.
La Cassazione, confermando la sentenza di appello, afferma che nel contratto di somministrazione è stata usata una formula più generica di quella prevista nel testo legislativo, mentre sarebbe stato necessario indicare quale contratto collettivo di riferimento applicare. I vizi del contratto commerciale di fornitura tra agenzia interinale e impresa utilizzatrice si riverberano sul contratto individuale di lavoro: l'illegittimità del contratto di fornitura comporta le conseguenze previste dalla legge sul divieto di intermediazione e interposizione nelle prestazioni di lavoro (legge 1369/1960 abrogata e confluita nella riforma Biagi). L'effetto finale è dunque la conversione del contratto per prestazioni di lavoro temporaneo in un ordinario contratto di lavoro a tempo indeterminato tra l'utilizzatore della prestazione, datore di lavoro effettivo, e il lavoratore (Cassazione 6933/2012).
Segue la stessa linea la sentenza 8120 del 3 aprile 2013: la Cassazione precisa che la mancanza di specificità delle ragioni giustificative del ricorso alla somministrazione temporanea di lavoro comporta la nullità del contratto di lavoro stesso. Serve, infatti, un elevato grado di specificità, che consenta di classificare le ragioni giustificative come legittimanti un contratto a tempo determinato, e la verifica della loro effettività.
Le causali non possono risolversi in una parafrasi della norma, ma devono esplicitare il collegamento tra quanto previsto nel contratto e la reale situazione aziendale. La Cassazione ha ritenuto specifiche le ragioni del ricorso alla somministrazione di lavoro poiché l'indicazione di «punte di più intensa attività produttiva», erano state determinate «dall'acquisizione di commesse» o dal «lancio di nuovi prodotti».

domenica 10 febbraio 2013

Il lavoro interinale dopo la riforma Fornero


Ormai il mondo del lavoro richiede il concetto di flessibilità: un concetto che si traduce in un radicale cambiamento del modo di pensare del passato, rivolto al posto fisso, a favore di altre tipologie di contratti di lavoro (atipici). Ed in questo contesto sono nate le agenzie per il lavoro interinale. Che sono agenzie private e, a differenza dei centri per l’impiego, un lavoratore può iscriversi a tutte le agenzie per il lavoro che ritenga opportune

Il contratto di somministrazione di lavoro è disciplinato dagli artt. 20 - 28 del D.Lgs. n. 276 del 2003 ed ha sostituito, senza peraltro alterarne la struttura essenziale, il lavoro interinale.
Ricordiamo che la somministrazione di lavoro si caratterizza per un duplice rapporto contrattuale nell'ambito del quale:

il somministratore, un'Agenzia per il lavoro autorizzata dal Ministero del Lavoro, stipula un contratto di lavoro con un lavoratore, a tempo indeterminato o a tempo determinato, l'utilizzatore, che è un'azienda pubblica o privata, utilizza il lavoratore contrattualizzato dall'Agenzia per esigenze proprie e, a tal fine, stipula un contratto di somministrazione con la medesima agenzia.

I due rapporti contrattuali coinvolgono tre soggetti distinti ed è l'Agenzia per il lavoro che rappresenta il datore di lavoro onerato degli obblighi retributivi e contributivi in favore del lavoratore. Questi, poi, saranno misurati alle mansioni effettivamente svolte dal lavoratore nell'azienda cui il lavoratore viene somministrato.

La riforma Fornero ha parzialmente inciso sul regime della somministrazione di lavoro. In particolare, le innovazioni concernenti la causalità del contratto a tempo determinato hanno riguardato anche il lavoro interinale. Viene così previsto che, per quel che concerne la prima assunzione, il rapporto di lavoro conseguente ad un contratto di somministrazione a tempo determinato possa essere slegato dall'obbligo di indicazione della causale.

Infatti il nuovo comma 1 bis dell’art. 1 del D.Lgs. n 368 del 2001, introdotto dalla Legge n 92 del 2012, ha infatti stabilito la possibilità di assumere a tempo determinato o a mezzo di contratto di somministrazione di lavoro, senza causa, nell’ipotesi in cui la durata del rapporto non sia superiore ai 12 mesi.

Ulteriore previsione normativa dedicata alla disciplina giuridica del contratto di somministrazione del lavoro è quella ricavabile dal neo introdotto art. 5, comma 4 bis del d.lgs. n. 368/2001 (cfr. art. 1, comma 9, lett. j) della legge n 92 del 2006. Nella previgente disciplina del contratto a tempo determinato già si prevedeva che il termine complessivo massimo dei contratti a tempo determinato stipulabili con riferimento ad analoghe mansioni da parte di un unico datore di lavoro fosse quello di 36 mesi.

In forza dell'indicata novità normativa, ai fini del computo del suddetto termine massimo, debbono essere presi in considerazione anche i periodi di lavoro svolti in forza di contratti di somministrazione. La norma prevede infatti che: "ai fini del computo del periodo massimo di trentasei mesi di durata del contratto a tempo determinato si tiene altresì conto dei periodi di missione aventi ad oggetto mansioni equivalenti, svolti dai medesimi soggetti".

Le agenzie interinali si propongono di offrire alle aziende un insieme di strumenti innovativi per trovare le proprie risorse che garantiscano la trasparenza del mercato del lavoro, in modo da offrire nuovi canali di inserimento soprattutto ai disoccupati, a chi è in cerca della prima occupazione, a chi è in cerca di uno sviluppo di carriera.

L’azienda stipula con l’agenzia interinale un contratto di lavoro ad interim (prestazioni professionali), per un periodo di tempo determinato. Con questo contratto, il lavoratore non dipende dall’impresa ma dall’agenzia e sarà quest’ultima a corrispondergli la retribuzione che dovrà in ogni caso corrispondere a quella degli impiegati presenti all’interno dell’impresa, poiché il legislatore allo scopo di evitare norme discriminatorie ha equiparato il livello retributivo del lavoratore temporaneo a quello dei lavoratori dipendenti.
 

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