giovedì 26 marzo 2020

Assenze Coronavirus: congedi solo se retribuiti



Coronavirus: il Decreto 11 marzo individua, tra le alternative al lavoro in azienda, strumenti non penalizzanti, tra cui i congedi ma solo se sono quelli retribuiti.

Smart working, ferie e congedi, ma solo se questi ultimi sono di quelli retribuiti: il decreto 11 marzo sull’emergenza Coronavirus fornisce nuove indicazioni ai datori di lavoro che chiudono i locali aziendali e devono quindi decidere quali strumenti utilizzare per i dipendenti che restano a casa.

Lo smart working resta lo strumento fondamentale, e il testo della norma (comma 7, lettera a) indica che le imprese devono farne il “massimo utilizzo” (indicazione più stringente rispetto alle formulazioni dei precedenti decreti, che invitano a utilizzarlo semplificando le regole applicative).

In alternativa (in particolare, per le mansioni che non possono essere svolte in smart working), vanno incentivate «le ferie e i congedi retribuiti». Se il ricorso alle ferie era già previsto dai precedenti decreti (e non sembra che la nuova formulazione contenga particolari novità in questo senso), sui congedi viene indicato che bisogna incentivare la fruizione di quelli retribuiti. Oltre agli «altri strumenti previsti dalla contrattazione collettiva».

Sono precisazioni importanti, perché indicano con chiarezza che i datori di lavoro devono privilegiare strumenti che non comportino eccessive penalizzazioni per i lavoratori.
I congedi lavorativi possono essere di diverso tipo, infatti, e non sempre sono retribuiti, in alcuni casi lo sono parzialmente. Il testo della legge invita chiaramente all’utilizzo dei congedi retribuiti.

Oltre ai permessi mensili retribuiti al 100% (ROL), i dipendenti genitori hanno diritto al congedo parentale e, chi si trova nelle condizioni, ha diritto al congedo per assistere parenti disabili (retribuito al 30% il congedo parentale, al 50% quello per l’assistenza disabili).

Secondo i consulenti del lavoro, la ratio è quella «di sensibilizzazione reciproca, da parte del datore così come del prestatore di lavoro, di arginare la sofferenza della organizzazione aziendale ricorrendo ad assenze indennizzate che non mortifichino, dall’altro lato, il potere reddituale del lavoratore stesso».

In ogni caso, il testo della legge contiene espliciti riferimenti alla contrattazione collettiva (nazionale, territoriale e aziendale), per attivare gli strumenti adeguati.

Sul fronte congedi sembra lecito attendersi novità dal Decreto Salva Economia, che conterrà novità sul fronte conciliazione lavoro-famiglia (in considerazione della sospensione scolastica), in particolare formule speciali di congedo parentale per i genitori: si attendono fino a 15 giorni, da utilizzare cumulativamente fra i due genitori, con indennità al 100% oppure parametrata alla retribuzione.

Aggiungiamo infine che in vista ci sono misure di sostegno a tutte le categorie di lavoratori (dipendenti autonomi) in termini di ammortizzatori sociali. Anche qui, la legge contiene già alcune indicazioni che sembrano immediatamente applicabili: si possono utilizzare gli ammortizzatori nel caso in cui si chiudano le imprese o gli uffici per fare opere di sanificazione degli ambienti lavorativi.



Cura Italia: bonus ai dipendenti che lavorano in azienda



Stipendio di marzo più pesante per alcuni lavoratori costretti a continuare a lavorare nonostante l’epidemia dilagante di coronavirus. Infatti, per venire incontro ai lavoratori dipendenti che hanno continuato a prestare la propria attività lavorativa in sede, il governo ha introdotto nel Decreto-Legge 18/2020 del 17 marzo una misura ad hoc volta ad aiutare tale categoria di lavoratori.

L’aiuto, in particolare, è di tipo economico e consiste nell’erogazione di una somma una tantum pari a 100 euro netti. L’importo sarà corrisposto direttamente nella busta paga di marzo ed è da rapportare al numero di giorni di lavoro svolti nella propria sede di lavoro nel predetto mese in quanto non era possibile svolgere lo smart working. Ad esempio chi ha continuato a lavorare nel mese di marzo, ma ha preso 10 giorni di ferie riceverà circa 66 euro netti in più.

Il decreto Cura Italia prevede l’erogazione di un bonus di 100 euro per i lavoratori dipendenti che non possono utilizzare lo smart working durante l'emergenza Coronavirus

Il nuovo D.l. "Cura Italia" prevede per il mese di marzo 2020, a favore:

dei lavoratori dipendenti, pubblici e privati , purché con reddito complessivo non superiore a 40.000 euro,  che, durante il periodo di emergenza sanitaria per il Coronavirus, continuino a prestare servizio nella sede di lavoro.

Le misure di prevenzione del contagio da COVID 19 finora messe in campo dal Governo hanno infatti puntato sulla promozione dello smart working e sull'utilizzo di ferie, permessi o addirittura di chiusura dei reparti aziendali non a rischio , ma è chiaro che probabilmente un grandissimo numero di lavoratori dipendenti è comunque costretto a recarsi nella sede aziendale , con tutti i rischi che ne conseguono. Probabilmente nel confronto con i sindacati è stato deciso di dare questo riconoscimento ai lavoratori , in primis coloro che lavorano ai servizi essenziali:  sanita, trasporti, forze di polizia, commercio al dettaglio.

L'importo del bonus  di 100 euro è  mensile cioè riferito al mese di marzo 2020 e va   quindi ragguagliato ai giorni  effettivi di presenza al lavoro nella sede aziendale .

Il premio non concorre alla formazione della base imponibile, ai fini delle imposte dirette.

Il premio  sarà  attribuito in via automatica dal datore di lavoro, che lo eroga a partire dalla retribuzione corrisposta nel mese di aprile,  oppure,  comunque,  entro il termine di effettuazione delle operazioni di conguaglio di fine anno.

I sostituti di imposta recuperano il premio erogato attraverso l’istituto della compensazione, di cui all’art.17 del decreto legislativo n. 241 del 1997.

il bonus è una tantum e spetta, al momento, unicamente per il mese di marzo 2020. Da notare, inoltre, che l’aiuto economico spetta solamente per chi ha continuato a lavorare nonostante l’emergenza epidemiologica che sta colpendo l’Italia. Ma non solo: i 100 euro sono da rapportare anche al numero di giorni di lavoro svolti nella propria sede di lavoro nel predetto mese.

Dunque, l’importo intero spetta a tutti ma in base ai giorni di lavoro effettivamente svolti.

Quindi le 100 euro devono essere proporzionate ai giorni lavoratori svolti a marzo.
È importante specificare, altresì, che dal punto di vista fiscale il bonus non concorre alla formazione del reddito di lavoro dipendente, in quanto si tratta di un importo esentasse. Pertanto, possiamo affermare che il dipendente non deve pagarci l’IRPEF poiché è un importo netto e non lordo.

Per coloro che si chiedono come fare per ricevere il bonus 100 euro, la risposta è molto semplice: niente. Infatti, i sostituti d’imposta – ossia i datori di lavoro – riconoscono, in via automatica, l’incentivo a partire dalla retribuzione corrisposta nel mese di aprile e comunque entro il termine di effettuazione delle operazioni di conguaglio di fine anno.

Da notare che i 100 euro non gravano sulle tasche del datore di lavoro, il quale è chiamato soltanto a anticipare l’importo, così come accade per l’assegno per il nucleo familiare. Infatti, al co. 3 dell’art. 63 del Dl 18/2020 è previsto che i sostituti d’imposta possono compensare l’incentivo erogato in busta paga mediante l’istituto di cui all’art. 17 del D.Lgs. 241/1997.



sabato 21 marzo 2020

Lavoro: quarantena retribuita come malattia



Per i lavoratori dipendenti la quarantena per COVID-19 è equiparata alla malattia, ci vuole il certificato medico: norme, definizioni e procedure.

Era una precisazione ce è arrivata con il decreto Cura Italia: i lavoratori che sono in quarantena per evitare il contagio hanno diritto alla malattia. E i giorni trascorsi a casa non si calcolano ai fini del superamento del periodo di comporto. Il riferimento è l’articolo 26, comma 1, del decreto 18/2020.

Riguarda il periodo trascorso in isolamento con sorveglianza attiva o in permanenza domiciliare fiduciaria dei lavoratori dipendenti. Innanzitutto, le relative definizioni di legge:

quarantena con sorveglianza attiva: persone che hanno avuto contatti stretti con casi confermati di malattia infettiva diffusiva (articolo 1, comma 2, lettera h, dl 6/2020).

permanenza domiciliare fiduciaria con sorveglianza attiva: persone che hanno fatto ingresso in Italia da zone a rischio (lettera i, dello stesso articolo).

La seconda definizione resta valida e si applica anche declinata in base a specifiche ordinanze locali legate al rischio di contagio.

In ogni caso, è il Dipartimento di prevenzione della Asl a disporre il provvedimento di quarantena o sorveglianza in base alle indicazioni che possono arrivare dalla persone stessa, dall’azienda o dai medici di base.

Questi ultimi compilano il certificato, specificando gli estremi del provvedimento che ha dato origine alla quarantena con sorveglianza attiva o alla permanenza domiciliare. Il provvedimento può venire emesso dall’ASL in relazione a una delle notizie sopra riportate.

Un lavoratore segnala di avere avuto un contatto stretto con un caso confermato di Covid 19. L’azienda provvede ad avvisare l’ASL (ci sono appositi numeri di emergenza per il Covid-19 forniti dalla Regione o dal ministero della Salute). che a sua volta prende le contromisure indicate.

I medici di base hanno precise indicazioni da parte delle autorità e di conseguenza sanno esattamente quando prescrivere la quarantena. Ricordiamo che l’indicazione del ministero è quella di rivolgersi al medico di base, chiamandolo al telefono, evitando invece di andare in pronto soccorso o in ambulatorio. La quarantena, come è noto, dura 15 giorni.

Attenzione: sono considerati validi i certificati di malattia trasmessi, prima dell’entrata in vigore del decreto Cura Italia (quindi, prima del 17 marzo), anche in assenza dell’indicazione del provvedimento in base al quale si dispone la quarantena.

La quarantena equivale a un periodo di malattia. Ed è quindi retribuita di conseguenza. E non vale ai fini del periodo di comporto (il numero massimo di giorni in cui un lavoratore può stare a casa per malattia mantenendo il diritto al posto di lavoro).

Contatti a rischio

Per contatto stretto, in base alle indicazioni del Ministero della Salute:

persona che vive nella stessa casa di un caso di COVID-19;

una persona che ha avuto un contatto fisico diretto con un caso di COVID-19 (per esempio la stretta di mano);

persona che ha avuto un contatto diretto non protetto con le secrezioni di un caso di COVID-19 (ad esempio toccare a mani nude fazzoletti di carta usati);

persona che ha avuto un contatto diretto (faccia a faccia) con un caso di COVID-19, a distanza minore di 2 metri e di durata maggiore a 15 minuti;

persona che si è trovata in un ambiente chiuso (ad esempio aula, sala riunioni, sala d’attesa dell’ospedale) con un caso di COVID-19 per almeno 15 minuti, a distanza minore di 2 metri;

operatore sanitario od altra persona che fornisce assistenza diretta ad un caso di COVID19 oppure personale di laboratorio addetto alla manipolazione di campioni di un caso di COVID-19 senza l’impiego dei DPI raccomandati o mediante l’utilizzo di DPI non idonei;

persona che abbia viaggiato seduta in aereo nei due posti adiacenti, in qualsiasi direzione, di un caso di COVID-19, i compagni di viaggio o le persone addette all’assistenza e i membri dell’equipaggio addetti alla sezione dell’aereo dove il caso indice era seduto (qualora il caso indice abbia una sintomatologia grave od abbia effettuato spostamenti all’interno dell’aereo, determinando una maggiore esposizione dei passeggeri, considerare come contatti stretti tutti i passeggeri seduti nella stessa sezione dell’aereo o in tutto l’aereo).

C’è una precisazione per i datori di lavoro: gli oneri connessi alla quarantena, per i quali si presenta domanda agli enti previdenziali, sono a carico dello Stato.

Sono diverse le regole che si applicano ai dipendenti pubblici e privati in possesso del riconoscimento di disabilità grave (articolo 3, comma 3, legge 104/1992), nonché ai lavoratori in possesso di certificazione rilasciata dai competenti organi medico legali, attestante una condizione di rischio derivante da immunodepressione o da esiti da patologie oncologiche o dallo svolgimento di relative terapie salvavita: in questi casi, fino al 30 aprile, il periodo di assenza dal servizio prescritto dalle competenti autorità sanitarie, è equiparato al ricovero ospedaliero.



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