domenica 9 ottobre 2011

INPS: per i giovani pensioni al 70% del reddito

Uno studio Inps , pubblicato dal Corriere della Sera, spiega che l'importo non sarà così basso come si è stimato finora. L'allungamento dell'età lavorativa dopo le recenti riforme pensionistiche "farà sì che l'importo potrà essere pari al 70% dell'ultimo stipendio per un lavoratore dipendente e del 57% per un parasubordinato. Questa la stima di uno studio dell'Inps pubblicato dal Corriere della Sera. Secondo lo studio "è l'effetto del metodo di calcolo contributivo che si applica, integralmente, a chiunque abbia cominciato a lavorare dopo il 1995: più anni di contributi si versano, più tardi si va in pensione, è più si prende"
È l'effetto del metodo di calcolo contributivo che si applica, integralmente, a chiunque abbia cominciato a lavorare dopo il 1995: più anni di contributi si versano, più tardi si va in pensione, è più si prende. E’ da rivisitare il discorso che si è sempre fatto sul calcolo contributivo che falcidiava le pensioni, riducendo il tasso di copertura rispetto all'ultimo stipendio a circa la metà dello stesso. Questo è risultato vero fino a quando l'età pensionabile era rimasta più o meno la stessa di prima: 58-60 anni per la pensione di anzianità (con 35 anni di contributi) e 65 per quella di vecchiaia (60 per le donne).
Però “chi comincia a lavorare oggi - si legge - non potrà andare in pensione prima di aver raggiunto 65 anni e 3 mesi (nel 2046) se avrà i 35 anni di contributi necessari per la pensione anticipata, senza differenze tra uomini e donne. Altrimenti dovrà attendere fino a 69 anni e 3 mesi. Sarà infatti questa l'età di pensionamento di vecchiaia richiesta nel 2046, per effetto di tre misure: finestra mobile (la pensione decorre con ritardo di 12-18 mesi rispetto alla maturazione dei requisiti); aumento a 65 anni dell'età di vecchiaia per le donne; adeguamento automatico ogni tre anni dell'età pensionabile alla speranza di vita". Il risultato è che anche le pensioni di vecchiaia avranno alla fine almeno 35 anni di contributi.
Vediamo un esempio. Una persona che comincia a lavorare oggi a 34 anni e andrà in pensione nel 2046 dopo 35 anni di lavoro dipendente prenderà il 70% dell'ultimo stipendio. Che si riduce al 54% per un lavoratore autonomo, ma è bene ricordare che i lavoratori autonomi questi versano all'Inps il 20% contro il 33% dei lavoratori dipendenti. Anche ipotizzando il caso di un precario che restasse tale per tutta la vita lavorativa, la conclusione è che andrebbe in pensione con un assegno pari al 57% dell'ultima retribuzione.
Nello studio Inps del Corriere della Sera, che si parlan di tassi di copertura al netto delle tasse e non al lordo, come si usa di solito. Ma quello che conta è il netto che entra nelle tasche del pensionato. E siccome sulle pensioni non si pagano i contributi e si versano meno imposte che sulla retribuzione, ecco che il tasso di copertura se ne giova.
Il problema – spiega Stefano Patriarca responsabile ufficio Studi dell’Inps, – è che se la retribuzione è bassa allora la pensione potrebbe non essere sufficiente, ma questo riguarda il mercato del lavoro e non il sistema previdenziale, perché non si possono avere pensioni ricche se le retribuzioni sono povere”.
Si consiglia di visitare le tabelle pubblicate sul Corriere della Sera i conti delle pensioni dei giovani e sulla evoluzione dell’età di pensionamento.

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