Le direttive, le linee guida, dovrebbero prevedere l’instaurazione delle cause giudiziarie; risolverle con un rito veloce quando ciò non sia possibile. Quindi la procedura della conciliazione dovrebbe essere un cardine delle linee guida della riforma del mercato del lavoro. Ed è probabile che la procedura della conciliazione diventerà obbligatoria per tutti i licenziamenti per motivi economici.
Sui licenziamenti sembra che si è voltata pagina, con tre diversi regimi che si applicano per tutti i lavoratori, non solo per i neoassunti. Per i licenziamenti economici, se giudicati illegittimi, il giudice ordina il pagamento di un'indennità risarcitoria omnicomprensiva compresa da 15 a 27 mensilità.
Per i licenziamenti disciplinari il giudice deciderà tra reintegrazione – solo nei casi più gravi – e indennizzo, sempre tra 15 e 27 mensilità. Per i licenziamenti discriminatori è invece confermato l'attuale dispositivo sanzionatorio dell'articolo 18, con il reintegro obbligatorio disposto dal giudice a prescindere dalle dimensioni dell'impresa.
Il licenziamento economico oltre 5 dipendenti, invece, è disciplinato dalla legge n. 223 del 1991, e ha una procedura differente: l'accordo con il sindacato fa scattare la mobilità per 2 anni per il lavoratore, altrimenti il datore di lavoro può licenziare secondo criteri che penalizzano i più giovani, privi dei carichi di famiglia.
Senza conciliazione, il lavoratore dovrà dimostrare la sua utilità.
Il licenziamento per motivi economici è quello che prevede il maggior numero di novità: per motivi economici non si intende lo stato di crisi, ma ragioni di gestione aziendale.
Il primo atto è l'invio di una lettera alla DPL (Direzione Territoriale del lavoro). Nella lettera il datore di lavoro (impresa) deve comunicare la volontà di licenziare il dipendente spiegando i motivi di gestione legati alla decisione. Si istituisce una commissione per gestire la conciliazione. La commissione convochi le parti entro sette giorni dal ricevimento della lettera.
Quando la commissione avrà convocato le parti inizierà il confronto in cui l'impresa dovrà dimostrare che non esiste alternativa all'indennizzo e il lavoratore cercherà di sostenere le ragioni per cui il suo licenziamento è infondato, indicando magari opzioni alternative di ricollocamento. Il testo della riforma del mercato del lavoro sottolinea che il comportamento delle parti davanti alla commissione di conciliazione sarà registrato in un verbale e consegnato al giudice nel caso in cui la conciliazione dovesse fallire. Il giudice valuterà e sanzionerà atteggiamenti scorretti. La commissione di conciliazione alla fine dei confronti può comunque formulare la sua proposta. Se le parti la rifiutano, la causa passa al dibattimento in tribunale.
Superata la fase della conciliazione, il datore di lavoro può mandare la sua raccomandata di licenziamento al lavoratore il quale ha 60 giorni per impugnarla (basta una lettera) e 270 giorni (dal ricorso) per depositare l'impugnazione. A questo punto si verifica spesso che il lavoratore, avendo ricevuto la lettera, si metta in malattia. La condizione di malattia infatti sospende l'efficacia del licenziamento. La legge prevede, al minimo, 180 giorni di malattia ma alcuni contratti collettivi ne prevedono da 12 a 18 mesi.
Si prevede che quando l'azienda comunicherà il licenziamento per motivi economici, la maggioranza dei lavoratori reagirà impugnando il licenziamento e cercando di dimostrare che avviene per motivi disciplinari o discriminatori,i quali prevedono il reintegro del posto di lavoro. Sarà compito del giudice accertare se si tratti di motivo economico mascherato o meno, tenendo presente che il giudice, nel caso accertasse che i motivi sono realmente legati alla gestione, non può entrare nel merito della scelta aziendale.
Le cause per i licenziamenti dunque dovranno avere una corsia rapida. Diverse le ipotesi: dall'aumento del personale dedicato a queste cause alla creazione di un tetto ai rinvii (per esempio massimo sette giorni) fino all'adozione della procedura d'urgenza dell'articolo 700 del codice di procedura civile. In questo caso infatti il lavoratore dovrà dimostrare di avere tali problemi economici da non poter sostenere il normale iter della causa, ossia rimanendo senza stipendio.
La causa abbreviata deve permettere al giudice di accertare prima se realmente la ragione del licenziamento è economica. Se questo aspetto non è accertato il licenziamento verrà dichiarato nullo, se è confermato, si passerà alla quantificazione dell'indennizzo che va da 15 a 24 mensilità. In questo frangente il giudice terrà conto anche di un eventuale rifiuto del lavoratore di accettare l'intervento di un'agenzia di ricollocamento. Espletato il primo grado, la causa procede poi verso gli altri gradi di giudizio.
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