venerdì 31 ottobre 2014

Condotta antisindacale del datore di lavoro



Se il datore di lavoro adotta comportamenti che impediscono o limitano l’esercizio della libertà e dell’attività sindacale o del diritto di sciopero, gli organismi locali delle organizzazioni sindacali nazionali che vi abbiano interesse, possono presentare ricorso davanti al tribunale monocratico.

Nei due giorni successivi, il giudice del lavoro, convocate le parti e acquisite le informazioni necessarie, se dovesse accertare tale violazione, ordina al datore di lavoro, con decreto motivato e immediatamente esecutivo, la cessazione del comportamento illegittimo e la rimozione degli effetti.

Contro il decreto, il datore di lavoro può, entro 15 giorni dalla comunicazione, proporre opposizione davanti al tribunale monocratico che decide con sentenza immediatamente esecutiva.

Il datore di lavoro che non osserva il decreto o la sentenza pronunciata nel giudizio di opposizione, è punito dall’art. 650 c.p. (“Inosservanza di un provvedimento emesso da una pubblica autorità”) secondo il quale “chiunque non osserva un provvedimento emesso da una pubblica autorità è punito con l’arresto fino a tre mesi o con un’ammenda fino ad euro 206.

Ai fini della legittimazione attiva a promuovere l’azione prevista dall’art. 28 della l. n. 300/1970, per “associazioni sindacali nazionali” devono intendersi associazioni che abbiano una struttura organizzativa articolata a livello nazionale e che svolgano attività sindacale su tutto o su ampia parte del territorio nazionale, ma non è necessario che tale azione comporti anche la sottoscrizione di contratti collettivi nazionali.

Anche nell'ambito del pubblico impiego la legittimazione ad agire per la repressione della condotta antisindacale del datore di lavoro, deve essere determinata secondo i criteri delineati dall'art. 28; non è infatti consentito il rinvio ai differenti criteri, delineati ai fini della contrattazione collettiva, previsti dall'art. 43 del Testo Unico pubblico impiego.

In tema di rappresentatività sindacale il criterio legale dell'effettività dell'azione sindacale equivale al riconoscimento della capacità del sindacato di imporsi come controparte contrattuale nella regolamentazione dei rapporti lavorativi. Ne consegue che, ai fini del riconoscimento del carattere "nazionale" dell'associazione sindacale assume rilievo, più che la diffusione delle articolazioni territoriali, la capacità di contrarre con la parte datoriale accordi o contratti collettivi, anche gestionali, che trovano applicazione in tutto il territorio nazionale e attestano un generale e diffuso collegamento del sindacato con il contesto socio-economico del paese, di cui la concreta ed effettiva organizzazione territoriale si configura quale elemento di riscontro del suo carattere nazionale piuttosto che come elemento condizionante.

Il sindacato nazionale il cui organismo locale è legittimato a proporre ricorso ex art. 28 è quello che non solo ha effettiva diffusione su tutto il territorio nazionale ma che svolge un'effettiva attività sindacale a livello nazionale.

Sussiste la legittimazione attiva del sindacato che abbia una diffusione apprezzabile in aree territoriali diverse, così da escludere il carattere meramente regionale o locale di quel sindacato.

Poiché l'esercizio del diritto di riunione previsto dall'art. 20 può essere esercitato in piena libertà di luogo sia all'interno che all'esterno del luogo di lavoro, con i soli limiti prescritti dalla legge e dalla contrattazione collettiva, costituisce condotta antisindacale il comportamento tenuto dal datore di lavoro consistito nell'aver avviato procedimenti disciplinari a carico dei lavoratori che avevano preso parte a un'assemblea itinerante (nella fattispecie, era stata indetta un'assemblea che si sarebbe dovuta svolgere presso la zona pubblica antistante la cancellata di ingresso).

Il sindacato è legittimato ad agire ex art. 28 per la tutela dei diritti propri delle Rsu, in quanto tale norma tutela non solo i diritti sindacali dei membri dell'organizzazione, bensì la libertà e i diritti di tutti i lavoratori e di tutti i sindacati.

Il sindacato nazionale il cui organismo locale è legittimato a proporre ricorso per la repressione della condotta antisindacale ai sensi dell’art. 28 della legge n. 300 del 1970 è quello che non solo ha effettiva diffusione su tutto il territorio nazionale ma che svolge, altresì, in concreto un’attività sindacale (anche con riferimento al momento contrattuale) a livello nazionale; le rappresentanze sindacali unitarie, costituite in virtù dell’art. 19 della stessa legge n. 300 del 1970, non sono invece legittimate, esclusivamente in quanto tali, a proporre il ricorso disciplinato dal citato art. 28.

Il requisito della nazionalità che, ai sensi dell’art. 28 Stat. Lav., attribuisce a un’associazione sindacale la legittimazione ad agire in giudizio per la denuncia dell’antisindacalità della condotta del datore di lavoro deve essere stabilito attraverso un criterio di effettività, non essendo sufficiente che sia soddisfatto il requisito formale dell’affermazione statutaria dello scopo nazionale dell’associazione.

Sussiste la legittimazione ad agire ai sensi dell'art. 28 SL in capo ad un'organizzazione sindacale che operi tramite diverse articolazioni territoriali in ambito diverso da quello locale.

Il ricorso per la repressione della condotta antisindacale del datore di lavoro non può essere proposto dagli organismi locali delle confederazioni sindacali o, come nel caso di specie, del "dipartimento" ricorrente, trattandosi di soggetti che rappresentano organizzazioni sindacali complesse formate da una pluralità di sindacati di categoria.

Il requisito della "nazionalità" del sindacato previsto per la legittimazione ad agire ex art. 28, l. n. 300/70, non è soddisfatto, di per sé, dalla autodefinizione di nazionale operata dallo stesso sindacato, essendo necessaria per conferire detta legittimazione l'effettività di una presenza forte dell'associazione sindacale sul territorio nazionale, tale da farne appunto un soggetto rappresentativo di larghi strati di lavoratori, così da essere razionalmente funzionale e non controproducente rispetto all'obiettivo di un reale rafforzamento della loro posizione nel conflitto industriale. Se per essere "nazionale" un'associazione sindacale non deve necessariamente essere presente in tutte le regioni italiane, occorre però, quanto meno, che sia diffusa in un numero significativo di regioni e non molto distante dal totale.

La legittimazione ad intraprendere l'azione giudiziale per la repressione della condotta antisindacale compete anche alle associazioni sindacali che non abbiano stipulato contratti collettivi nazionali; ai fini della sussistenza del requisito della dimensione nazionale è sufficiente accertare che dalle disposizioni statutarie emerga lo scopo dell'organizzazione sindacale di proporsi stabilmente quale punto di aggregazione di strutture e di attività sindacali su tutto il territorio nazionale e si comporti coerentemente con tale previsione. Al fine di riconoscere la sussistenza del requisito della nazionalità, è necessario che il sindacato abbia una significativa e omogenea presenza nelle varie parti del territorio nazionale.


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