giovedì 23 novembre 2017

Stipendio in contanti forse un ricordo


Il datore di lavoro non potrà più pagare in contanti dipendenti e collaboratori, lo stipendio deve essere sempre tracciabile tramite bonifico, assegno o sportello bancario o postale.

Divieto di pagare lo stipendio in contanti per qualsiasi tipologia di rapporto (dipendente, collaboratori) e datore di lavoro: se l’impresa vuole versare la retribuzione in moneta sonante dovrà al massimo agire al massimo per il tramite di uno sportello bancario o postale; sono previste alcune esclusioni come il lavoro domestico, ma per tutte le altre formule di lavoro privato dovrà essere garantita la tracciabilità del pagamento.

Lo stipendio potrà essere accreditato unicamente secondo le seguenti modalità:

bonifico sul conto identificato dal codice IBAN indicato dal lavoratore;

pagamento in contanti presso lo sportello bancario o postale indicato dal datore di lavoro;

emissione di assegno consegnato direttamente al lavoratore o, in caso di suo comprovato impedimento, a un suo delegato. L’impedimento s’intende comprovato quando il delegato a ricevere il pagamento è il coniuge, il convivente o un familiare, purché di età non inferiore a sedici anni.

La legge è pensata per evitare comportamenti scorretti, come il pagamento di stipendi inferiori a quelli previsti dai contratti nazionali o da quelli indicati in busta paga. Con il pagamento tracciabile, il datore di lavoro non potrà più versare una somma diversa da quella dichiarata.

In base alla legge (che per ora non è ancora stata approvata definitivamente), il pagamento della retribuzione potrà avvenire esclusivamente tramite bonifico, con assegno, o in contanti ma soltanto attraverso uno sportello bancario o postale. In quest’ultimo caso, il datore di lavoro deve comunicare al centro per l’impiego gli estremi della banca o dell’ufficio postale attraverso il quale vengono effettuati i pagamenti di stipendio, dandone notifica qualora si cambi lo sportello di riferimento.

In tutto questo, la firma della busta paga da parte del lavoratore non costituirà più prova del pagamento ella retribuzione.

La legge è molto chiara nel definire in modo chiaro le modalità di pagamento dello stipendio: "I datori di lavoro o committenti corrispondono la retribuzione ai lavoratori, nonché ogni anticipo di essa, attraverso un istituto bancario o un ufficio postale con uno dei seguenti mezzi

a) accredito diretto sul conto corrente del lavoratore;

b) pagamento in contanti presso lo sportello bancario o postale;

c) emissione di un assegno da parte dell’istituto bancario o dell’ufficio postale consegnato direttamente al lavoratore o, in caso di suo comprovato impedimento, a un suo delegato", si legge nella norma.

Le norme non si applicano ai datori di lavoro non titolari di partita Iva e ai rapporti di lavoro domestico.

Poi vengono definite regole precise per i datori di lavoro: "Non possono corrispondere la retribuzione per mezzo di assegni o di somme contanti di denaro, qualunque sia la tipologia del rapporto di lavoro instaurato". Le sanzioni di fatto ammontano da 5mila a 50 mila euro.. Se invece l’impresa effettua i pagamenti attraverso uno sportello bancario o postale ma non ne comunica gli estremi ai centri per l’impiego, scatta una sanzione di 500 euro.

Una volta approvata in via definita la legge entrerà in vigore dopo 180 giorni dalla pubblicazione in gazzetta ufficiale.

È giusto combattere evasione fiscale e corruzione, ma sorgono dubbi sulle modalità; resta infatti da capire se sia eticamente corretto che lo Stato obblighi per legge i propri cittadini ad avere un conto corrente presso istituti privati, senza prevedere tutele come l’azzeramento delle commissioni bancarie per determinate operazioni ed ancor più la garanzia dei soldi dei correntisti in caso di fallimento della banca.




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