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domenica 11 novembre 2018
Stipendio basso, come rinegoziare l'aumento
La busta paga è il documento necessario per tutti i dipendenti, che attesta la retribuzione netta e lorda del lavoratore e serve per verificare lo stipendio percepito e la sua congruità con quanto stabilito nel CCNL. Sulla busta paga si possono inoltre verificare i contributi pensionistici versati dal datore di lavoro a vantaggio del dipendente.
Cinque mosse per rinegoziare lo stipendio. Michael Page, specializzato nella selezione di professionisti, middle e top manager, consiglia di verificare prima se la propria retribuzione è il linea con la media nazionale.
In primo luogo avere in mente la situazione aziendale. Per poter fare una richiesta in linea con le possibilità dell'azienda è necessario conoscere la situazione finanziaria della società. Inoltre, è bene sapere se il proprio stipendio, o quello desiderato, è in linea con la retribuzione del mercato.
Riflettere sulle esigenze personali. Prima di effettuare una richiesta bisogna capire quale livello salariale minimo potrebbe essere soddisfacente e quale è invece la retribuzione ideale, in modo da iniziare a negoziare sempre dal valore più alto e lasciare spazio alle proposte. Per identificare nel modo più fattuale possibile queste cifre bisogna pensare al costo della vita attuale, alle tendenze del mercato e alla propria istruzione ed esperienza, senza tralasciare i desideri collegati al proprio percorso professionale per il breve, medio e lungo termine.
Non solo stipendio, le altre proposte da valutare. Quando ci si trova a negoziare bisogna sempre ricordarsi che il pacchetto retributivo non si limita solo al salario. L’offerta aziendale può comprendere formazione, orari flessibili, smart working, benefit etc. Inoltre, è molto importante valutare l'esistenza di un percorso di crescita e promozione chiaro e ben delineato.
Il tempismo è importante. L’ideale è che sia sempre il datore di lavoro ad affrontare per primo il tema del salario. Se un intervistatore cerca di cogliere le aspettative retributive durante un colloquio è bene chiedere più dettagli legati alla potenziale posizione prima di esporsi in tal senso, in modo da poterne discutere una volta conclusa la selezione e già ricevuta un’offerta.
Negoziare in modo deciso ma giusto. All’interno di una negoziazione è fondamentale essere preparati e non perdere di vista i punti sostanziali della propria richiesta. Entrambe le parti auspicano alla situazione più vantaggiosa per loro e, per questo motivo, bisogna sempre rispettare l’interlocutore senza però mostrare indecisioni o insicurezze.
"Negoziare lo stipendio - commenta Adriano Giudici, executive manager divisione engineering & manufacturing - è un momento sfidante, che mette in discussione non solo gli aspetti legati alla propria carriera ma anche quelli più vicini alla vita personale. Per questo motivo, consigliamo sempre di prepararsi seriamente in vista del confronto con il proprio datore di lavoro. Bisogna essere pronti a parlare di aspettative specifiche e realistiche basate sulle proprie capacità, esperienze e tendenze del mercato attuale, senza farsi prendere dall'emotività".
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giovedì 23 novembre 2017
Stipendio in contanti forse un ricordo
Il datore di lavoro non potrà più pagare in contanti dipendenti e collaboratori, lo stipendio deve essere sempre tracciabile tramite bonifico, assegno o sportello bancario o postale.
Divieto di pagare lo stipendio in contanti per qualsiasi tipologia di rapporto (dipendente, collaboratori) e datore di lavoro: se l’impresa vuole versare la retribuzione in moneta sonante dovrà al massimo agire al massimo per il tramite di uno sportello bancario o postale; sono previste alcune esclusioni come il lavoro domestico, ma per tutte le altre formule di lavoro privato dovrà essere garantita la tracciabilità del pagamento.
Lo stipendio potrà essere accreditato unicamente secondo le seguenti modalità:
bonifico sul conto identificato dal codice IBAN indicato dal lavoratore;
pagamento in contanti presso lo sportello bancario o postale indicato dal datore di lavoro;
emissione di assegno consegnato direttamente al lavoratore o, in caso di suo comprovato impedimento, a un suo delegato. L’impedimento s’intende comprovato quando il delegato a ricevere il pagamento è il coniuge, il convivente o un familiare, purché di età non inferiore a sedici anni.
La legge è pensata per evitare comportamenti scorretti, come il pagamento di stipendi inferiori a quelli previsti dai contratti nazionali o da quelli indicati in busta paga. Con il pagamento tracciabile, il datore di lavoro non potrà più versare una somma diversa da quella dichiarata.
In base alla legge (che per ora non è ancora stata approvata definitivamente), il pagamento della retribuzione potrà avvenire esclusivamente tramite bonifico, con assegno, o in contanti ma soltanto attraverso uno sportello bancario o postale. In quest’ultimo caso, il datore di lavoro deve comunicare al centro per l’impiego gli estremi della banca o dell’ufficio postale attraverso il quale vengono effettuati i pagamenti di stipendio, dandone notifica qualora si cambi lo sportello di riferimento.
In tutto questo, la firma della busta paga da parte del lavoratore non costituirà più prova del pagamento ella retribuzione.
La legge è molto chiara nel definire in modo chiaro le modalità di pagamento dello stipendio: "I datori di lavoro o committenti corrispondono la retribuzione ai lavoratori, nonché ogni anticipo di essa, attraverso un istituto bancario o un ufficio postale con uno dei seguenti mezzi
a) accredito diretto sul conto corrente del lavoratore;
b) pagamento in contanti presso lo sportello bancario o postale;
c) emissione di un assegno da parte dell’istituto bancario o dell’ufficio postale consegnato direttamente al lavoratore o, in caso di suo comprovato impedimento, a un suo delegato", si legge nella norma.
Le norme non si applicano ai datori di lavoro non titolari di partita Iva e ai rapporti di lavoro domestico.
Poi vengono definite regole precise per i datori di lavoro: "Non possono corrispondere la retribuzione per mezzo di assegni o di somme contanti di denaro, qualunque sia la tipologia del rapporto di lavoro instaurato". Le sanzioni di fatto ammontano da 5mila a 50 mila euro.. Se invece l’impresa effettua i pagamenti attraverso uno sportello bancario o postale ma non ne comunica gli estremi ai centri per l’impiego, scatta una sanzione di 500 euro.
Una volta approvata in via definita la legge entrerà in vigore dopo 180 giorni dalla pubblicazione in gazzetta ufficiale.
È giusto combattere evasione fiscale e corruzione, ma sorgono dubbi sulle modalità; resta infatti da capire se sia eticamente corretto che lo Stato obblighi per legge i propri cittadini ad avere un conto corrente presso istituti privati, senza prevedere tutele come l’azzeramento delle commissioni bancarie per determinate operazioni ed ancor più la garanzia dei soldi dei correntisti in caso di fallimento della banca.
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venerdì 9 dicembre 2016
Conguaglio IRPEF di fine anno: criteri e modalità
Il conguaglio tra le ritenute fiscali IRPEF già trattenute ogni mese e l'imposta IRPEF dovuta e ricalcolata su base annua viene operato dai datori di lavoro con la busta paga del mese di dicembre oppure al momento della cessazione del rapporto.
A dicembre di ogni anno le retribuzioni nette dei lavoratori dipendenti e collaboratori risultano quasi sempre ridotte rispetto le mensilità dei mesi precedenti. Questa riduzione è causata dal prelievo fiscale che scaturisce dalle cosiddette “operazioni di conguaglio fiscale di fine anno”.
Emolumenti da includere nel conguaglio
Il datore di lavoro deve riconsiderare tutti gli emolumenti percepiti dal lavoratore dipendente durante l'anno in dipendenza del rapporto di lavoro subordinato.
In presenza di successivi rapporti con lo stesso dipendente, in sede di effettuazione delle operazioni di conguaglio (di fine anno o in corso di anno) il datore di lavoro deve tener conto delle somme e dei valori complessivamente corrisposti nel corso dei diversi periodi lavorativi dell'anno.
Emolumenti esclusi
Sono quei compensi che per la loro natura sono già stati o saranno assoggettati a tassazione separata e quindi sono di conseguenza esclusi dal conguaglio di fine anno:
gli emolumenti arretrati relativi ad anni precedenti;
le indennità di fine rapporto.
I datori di lavoro sono chiamati, in occasione della elaborazione del libro unico del lavoro - LUL di dicembre, ad effettuare il conguaglio fiscale sulle retribuzioni erogate ai lavoratori dipendenti nel corso del anno 2016. Per il corretto svolgimento delle operazioni di conguaglio, il sostituto d’imposta deve tenere conto delle detrazioni spettanti al lavoratore e degli altri redditi da questi comunicati. Inoltre, deve verificare l’effettiva spettanza del bonus IRPEF e l’eventuale applicazione del contributo di solidarietà.
Le imposte sul reddito da lavoro dipendente si calcolano mensilmente con la stessa tabella fiscale annuale, ma i valori sono divisi per 12 perché dodici sono i mesi di calendario; il Testo Unico delle Imposte sui Redditi stabilisce infatti che per il calcolo dell’Irpef mensile si applicano le aliquote di legge sugli scaglioni di reddito fiscale mensili che sono quelli annuali diviso dodici (a volte per diminuire l’impatto del conguaglio di fine anno le fasce annuali sono divise per 13 o 14, fermo restando che a conguaglio bisogna usare le fasce annue).
Per definire correttamente il periodo d’imposta, ai fini del conguaglio, nel totale delle retribuzioni da sottoporre a tassazione definitiva vanno ricomprese anche le somme e i valori corrisposti entro il 12 gennaio 2017, se riferiti a spettanze del 2016. Le operazioni di trattenuta e versamento, o di rimborso e compensazione derivanti dalle risultanze del conguaglio devono essere effettuate entro il 28 febbraio 2017. Infatti, una volta determinata l’imposta lorda è necessario procedere al calcolo delle detrazioni spettanti e porle a confronto con quelle già fruite dal lavoratore per determinare l’imposta netta complessivamente dovuta dal lavoratore.
Più rapporti di lavoro con lo stesso dipendente
Nel caso in cui, nel corso del 2016, siano intercorsi tra l’azienda e lo stesso dipendente più rapporti di lavoro, in sede di effettuazione delle operazioni di conguaglio di fine anno, il sostituto d’imposta deve tener conto delle somme e dei valori complessivamente corrisposti al lavoratore nei diversi periodi lavorativi dell’anno, indipendentemente dalla circostanza che lo stesso ne abbia fatto richiesta.
Il lavoratore dipendente può chiedere al sostituto di tenere conto anche dei redditi di lavoro dipendente o assimilati percepiti nel corso di precedenti rapporti, consegnando al datore di lavoro, entro il 12 gennaio del periodo d'imposta successivo a quello in cui sono stati percepiti, la certificazione unica concernente i redditi di lavoro dipendente o assimilati erogati da altri soggetti.
Addizionali regionale e comunale
Qualora l’IRPEF risulti dovuta, i sostituti d’imposta devono procedere anche al calcolo le addizionali comunali e regionali dovute da dipendenti e percettori di redditi assimilati per l’anno d’imposta 2015.
Detrazioni per lavoro dipendente e familiari a carico
Ai titolari di reddito di lavoro dipendente, anche non residenti, spetta una detrazione d’imposta rapportata al periodo di lavoro nell’anno e proporzionata in relazione all'ammontare del reddito complessivo. I giorni per i quali spetta la detrazione coincidono con quelli che hanno dato diritto alla retribuzione assoggettata a ritenuta, comprese le festività, i riposi settimanali e gli altri giorni non lavorativi.
Bonus IRPEF lavoratori dipendenti
E’ stata confermata a regime l’erogazione del c.d. “Bonus Renzi” in favore dei lavoratori percettori di redditi di lavoro dipendente o di alcune tipologie di redditi assimilati. Il bonus spetta a condizione che il reddito lordo annuo complessivo, con esclusione di quelli soggetti a tassazione separata, conseguito dal lavoratore nel periodo d’imposta 2015 non superi i 26.000 euro. Ne deriva che il sostituto d’imposta a fine anno deve verificare l’effettivo rispetto dei requisiti e dunque la legittima spettanza del bonus, tenendo in considerazione anche gli eventuali ulteriori dati reddituali forniti dal lavoratore.
L’ammontare del credito è stabilito:
- in misura fissa pari a 640 euro per coloro che conseguono un reddito annuo complessivo che non supera € 24.000;
- in misura decrescente per i redditi eccedenti fino al limite di 26.000 euro, calcolata secondo la seguente proporzione: (26.000-reddito complessivo )/2.000.
I contribuenti che non avevano i presupposti per il riconoscimento del beneficio erano tenuti a darne comunicazione al sostituto d’imposta il quale deve recuperare il credito eventualmente erogato dagli emolumenti corrisposti nei periodi di paga successivi a quello nel quale è stata resa la comunicazione e, comunque, entro i termini di effettuazione delle operazioni di conguaglio di fine anno o di fine rapporto.
Sì può verificarsi che un dipendente, in corso d’anno, abbia pagato più imposte del dovuto rispetto il reddito complessivo annuo, in tal caso dalle operazioni di conguaglio può scaturire un credito d’imposta che dà diritto ad un rimborso dell’IRPEF. E’ il caso, ad esempio, del dipendente che da tempo pieno passa a tempo parziale, o quando per varie ragioni, quali la cassa integrazione guadagni, il reddito mensile e conseguentemente l’IRPEF degli ultimi mesi dell’anno è inferiore rispetto i mesi precedenti. Se dal conguaglio fiscale deriva un importo di IRPEF a credito il datore di lavoro lo rimborsa con il cedolino paga di dicembre.
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giovedì 6 agosto 2015
Riforma pubblica amministrazione. Dirigenti e pubblico impiego: si cambia
Ecco le principali novità
TRASPARENZA: accesso libero ai documenti e ai dati della pubblica amministrazione.
DIGITALIZZAZIONE: viene introdotta la “carta della cittadinanza digitale”, gestita da un dirigente ad hoc.
LICENZIAMENTI PIÙ FACILI: in caso di azione disciplinare obbligo di portare a termine la pratica, compreso il ricorso alla sanzione più grave.
LICENZIANBILITA’ DEI VERTICI: basta incarichi dirigenziali che possano essere ricoperti senza preoccupazione di rimozione. Viene infatti introdotto il criterio della valutazione. Se questa è negativa, due le possibilità: o lasciare l’amministrazione dello Stato, o accettare di passare da un incarico di dirigente a quello di funzionario. Inoltre viene introdotta la revoca o il divieto dell’incarico in settori esposti al rischio corruzione, quando c’è una condanna (anche non definitiva) da parte della Corte dei Conti al risarcimento del danno erariale per condotte dolose.
ABOLITO IL VOTO MINIMO DI LAUREA: viene abolito il requisito del voto minimo di laurea per partecipare ai pubblici concorsi.
LOTTA ALL’ASSENTEISMO: passano dalle Asl all’Inps le funzioni di controllo sulle malattie.
STOP AL PRECARIATO. Obiettivo della delega è regolare le forme di lavoro flessibile, limitandole a tassative fattispecie. Il tutto anche al fine di prevenire il precariato.
CONCORSI, POLO UNICO E FOCUS SU INGLESE. Viene sancita l'importanza dell'inglese e di altre lingue straniere. Si va poi verso un polo unico per le selezioni, una sorta di agenzia ad hoc con il compito di gestire le prove.
DIRIGENTI LICENZIABILI DOPO “BOCCIATURA”. I manager potranno essere mandati via dalla PA dopo essere stati valutati negativamente. Per non essere licenziato il dirigente pubblico potrà chiedere di essere demansionato a funzionario.
MAGLIE PIÙ LARGHE PER I PENSIONATI IN PA. Si allentano i vincoli per il conferimento di incarichi pubblici a pensionati. Salta infatti il tetto di un anno come durata massima, purché non si tratti di posizioni direttive o dirigenziali, per cui resta il limite di 12 mesi. Per tutti la condizione è però il “costo zero”, cioè gli incarichi devono essere gratuiti.
Salta la barriera del voto minimo di laurea per la partecipazione ai concorsi della pubblica amministrazione. Marcia indietro, invece, sulla norma cosiddetta 'valuta-atenei' che introduceva nei concorsi pubblici il criterio del 'peso' dell'università in cui ci si è laureati.
E' previsto il taglio da 105 a 60 per le Camere di Commercio. Nell'opera di riduzione si dovrà tenere conto della soglia dimensionale minima di 75mila imprese iscritte o annotate nel Registro delle imprese. PRA Le funzioni del pubblico registro automobilistico passano dall'Aci al ministero dei Trasporti a cui fa già capo la motorizzazione.
Il riordino della dirigenza è uno dei punti più significativi della riforma dovei la carriera e retribuzione saranno valutate in base al merito. Gli incarichi non saranno più a vita, possono durare quattro anni estendibili di altri due ( se necessario, ma per una sola volta)., e si può essere licenziati se l'ultimo incarico ricoperto viene valutato negativamente. Introdotto anche lo stop ai dirigenti condannati dalla Corte dei Conti: si prevede la revoca o il divieto dell'incarico, in settori sensibili ed esposti al rischio di corruzione, ai dirigenti condannati dalla magistratura contabile, anche in via non definitiva, al risarcimento del danno erariale per condotte dolose. Scompare la figura dei segretari comunali, ma per tre anni potranno svolgere la stessa funzione pur essendo confluiti nel ruolo dei dirigenti locali. Tra le deleghe quella della riscrittura del testo unico del pubblico impiego.
Chi rimane senza incarico può chiedere di essere “demansionato” a funzionario per non perdere il posto. In ogni caso, la licenziabilità è sempre vincolata a una «valutazione negativa» sull'operato del dirigente.
E chi è vicino alla pensione potrà scegliere di lavorare part time, mantenendo i contributi pensionistici per il tempo pieno solo con versamenti volontari.
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domenica 30 novembre 2014
Calcolo importo indennità di disoccupazione ASPI 2015
Il nuovo sussidio del 2015 sostituirà l'indennità di disoccupazione ordinaria per un importo massimo erogabile di 1.000 euro al mese. Si invita a leggere la pagina indennità di disoccupazione 2015 pubblicata su questo blog.
Con la Nuova Aspi 2015 l'importo massimo erogabile come indennità è di mille euro e si rivolge ad apprendisti, soci lavoratori subordinati di cooperative, personale artistico dipendente e dipendenti a tempo determinato delle PA.
Per ottenere l'indennità bisogna avere almeno due anni di anzianità assicurativa e almeno un anno di contribuzione nel biennio precedente l'inizio del periodo di disoccupazione.
Per quanto riguarda gli apprendisti questi dovranno di fatto attendere il 1 gennaio 2015 per maturare il diritto al sussidio ordinario ASPI (1 aprile 2013 per la mini-aspi).
La cosiddetta Mini ASPI invece, prevista dalla riforma Fornero sul mercato del lavoro, dal 1 gennaio 2013 sostituisce la vecchia indennità di disoccupazione con requisiti ridotti.
Si tratta di un ammortizzatore sociale che spetta ai lavoratori dipendenti che abbiano involontariamente perduto il lavoro a causa di licenziamento o della scadenza di un contratto a termine.
Tra i lavoratori sono compresi i dipendenti a tempo determinato della Pubblica Amministrazione, i dipendenti a tempo determinato della scuola, i soci di cooperative che svolgano un lavoro subordinato, gli apprendisti e il personale artistico che svolga un lavoro subordinato.
Rientrano nella Mini ASPI naturalmente anche i lavoratori stagionali, se in possesso dei requisiti richiesti (almeno 13 contributi settimanali nelle 52 settimane precedenti la data di cessazione rapporto).
La Mini ASpI non spetta, invece, ai dipendenti a tempo indeterminato della Pubblica Amministrazione, agli operai agricoli con contratto a tempo determinato e indeterminato, ai lavoratori extracomunitari con permesso di soggiorno per lavoro stagionale perché possono godere di altre agevolazioni secondo la specifica normativa.
L'assicurazione è finanziata tramite contributi obbligatori a carico esclusivamente del datore di lavoro nella misura del 1,61% della retribuzione imponibile di tutti i lavoratori occupati.
Il sussidio o assegno di disoccupazione ordinaria dell'INPS spetta esclusivamente al lavoratore dipendente del settore privato non agricolo quando quest'ultimo perde il lavoro involontariamente.
Questo significa che il primo requisito per avere diritto al trattamento economico è quello di essere stati licenziati per qualsiasi motivo da un precedente datore di lavoro oppure essersi dimessi per giusta causa o giustificato motivo.
Il sussidio di disoccupazione non spetta nel caso ci si sia dimessi volontariamente oppure a seguito di risoluzione consensuale del rapporto di lavoro.
Il secondo requisito è che venga dichiarata espressamente la disponibilità a trovare un nuovo posto di lavoro da parte del lavoratore disoccupato presso il Centro per l'Impiego territorialmente competente.
Per effettuare il calcolo della Aspi per l’anno 2015 è necessario applicare alla media mensile degli stipendi percepiti negli ultimi due anni rivalutati secondo le variazioni ISTAT. la quota del 75%. Il calcolo Aspi prevede dunque che l'importo sia pari al 75% della media mensile della retribuzione degli ultimi due anni, fermo restando il limite dell'importo massimo erogabile di 1.000 euro.
L'indennità mensile per l'ASpI varia a seconda della retribuzione percepita dall'avente diritto:
per retribuzioni medie imponibili ai fini previdenziali degli ultimi due anni pari o inferiori a € 1.180 (per anno 2013): il 75%;
per retribuzioni medie imponibili ai fini previdenziali degli ultimi due anni superiori a € 1.180 (per anno 2013): il 75% dell'importo di € 1.180 incrementato del 25% del differenziale tra la retribuzione media mensile e € 1.180.
L'indennità comunque non può superare l'importo massimo definito annualmente.
La retribuzione mensile media si ottiene dividendo la retribuzione imponibile ai fini previdenziali degli ultimi due anni, comprensiva degli elementi continuativi e non continuativi e delle mensilità aggiuntive, per il numero di settimane di contribuzione e moltiplicandola per 4,33.
L'indennità subisce una decurtazione legata al tempo di percezione se superiore ai sei mesi:
dopo sei mesi viene ridotta del 15%
dopo dodici mesi ridotta di un ulteriore 15%
In particolare per i soci di cooperative, ma sembrerebbe anche per tutti i lavoratori dipendenti da aziende che versano in modo ridotto il contributo, viene prevista la riduzione proporzionale alla riduzione contributiva anche dell'indennità.
Sugli importi erogati non viene operata nessuna trattenuta contributiva.
La norma prevede un periodo di durata transitorio diverso tra ASpI e mobilità.
Aspi. A regime, dall'1.1.2016:
12 mesi fino 54 anni di età, con detrazione dei periodi di ASpI o MiniASpI già fruiti nel "medesimo periodo"
18 mesi dai 55 anni nel limite delle settimane di contribuzione fatte valere nel biennio e con detrazione dei periodi di ASpI o MiniASpI già percepiti nel biennio
Periodo transitorio 2013 - 2015:
anno 2013:
8 mesi fino a 49 anni di età
12 mesi dai 50 anni di età
Anno 2014:
8 mesi fino a 49 anni di età
12 mesi dai 50 anni ai 54 di età
14 mesi dai 55 anni di età nel limite delle settimane di contribuzione fatte valere nel biennio
Anno 2015:
10 mesi fino a 49 anni di età
12 mesi dai 50 anni ai 54 di età
16 mesi dal 55 anni di età nel limite delle settimane di contribuzione fatte valere nel biennio
Mobilità - Periodo transitorio 2013 - 2016:
anno 2013
12 mesi fino a 39 anni di età (24 mesi se al Sud)
24 mesi dai 40 ai 49 anni di età (36 mesi se al Sud)
36 mesi dai 50 anni di età (48 mesi se al Sud)
Anno 2014:
12 mesi fino a 39 anni di età (18 mesi se al Sud)
24 mesi dai 40 ai 49 anni di età (30 mesi se al Sud)
30 mesi dai 50 anni di età (42 mesi se al Sud)
Anno 2015:
12 mesi fino a 39 anni di età
18 mesi dai 40 ai 49 anni di età (24 mesi se al Sud)
24 mesi dai 50 anni di età (36 mesi se al Sud)
Anno 2016:
12 mesi fino 39 anni di età
12 mesi dai 40 anni ai 49 anni di età (18 mesi se al Sud)
18 mesi dai 50 anni di età (24 mesi se al Sud)
In assenza di un intervento normativo a partire dal gennaio 2017 l'istituto dell'indennità di mobilità scompare facendo transitare anche questo ammortizzatore nell'ASpI. Inoltre in via transitoria, periodo 2013 - 2016, a seguito di specifici interventi governativi, possono essere concessi trattamenti di Cassa integrazione o mobilità in deroga alla normativa vigente, per un massimo di 12 mesi continuativi.
L'esempio di calcolo di cui ci occuperemo in questa mini-guida riguarda un impiegato di una piccola azienda industriale, il quale è stato licenziato con regolare preavviso a seguito cessazione definitiva dell'attività aziendale.
Considerato che nel biennio precedente la data di cessazione del rapporto di lavoro il Sig. xx, in possesso del requisito di anzianità contributiva, ha lavorato continuativamente per la stessa azienda, e quindi può far valere almeno 52 contributi settimanali, gli spetta il trattamento previsto per l'ASPI Ordinaria (Assicurazione Sociale per l'Impiego, ex Indennità di Disoccupazione).
Il requisito di anzianità contributiva prevede che per avere diritto al sussidio di disoccupazione occorra essere stato iscritto all'INPS come lavoratore dipendente ed avere quindi maturato la contribuzione utile al maturamento della pensione da almeno 24 mesi alla data di cessazione rapporto.
In seguito alla cosiddetta riforma Fornero (legge 92/2012), a decorrere dal 1 gennaio 2013 la vecchia indennità di disoccupazione è stata rimpiazzata dall'Aspi, l'Assicurazione sociale per l'impiego.
Possono beneficiare della nuova indennità tutti i lavoratori dipendenti, sia con contratto a tempo indeterminato sia determinato, che perdono involontariamente il proprio lavoro.
Oltre a chi viene licenziato, hanno diritto all'indennità coloro che si dimettono per giusta causa e le lavoratrici madri che si dimettono durante il periodo in cui esiste il divieto di licenziamento (dalla data di gestazione fino al compimento del primo anno di età del bambino) e i padri lavoratori per la durata del congedo di paternità e fino al compimento del primo anno di età del bambino.
Il meccanismo di calcolo del sussidio o assegno di disoccupazione, sia ASPI che mini-ASPI, è il medesimo.
L' assegno mensile di disoccupazione è pari al 75% della retribuzione mensile nei casi in cui sia uguale o inferiore - nell'anno 2015 - all'importo di 1.000 euro mensili.
Se la retribuzione mensile è superiore a quell'importo, l'Aspi viene calcolata aggiungendo al 75% dell'importo di 1.000 euro il 25% della differenza tra la retribuzione mensile e i 1.000 euro.
Dopo i primi sei mesi l'indennità viene ridotta del 15% e dopo dodici mesi di un ulteriore 15%. Ovviamente, non si gode più dell'Aspi nel caso il disoccupato trovi un lavoro o raggiunga i requisiti per la pensione.
Gli importi erogati al lavoratore disoccupato non sono soggetti ad alcuna trattenuta contributiva, mentre vengono applicate le normali trattenute irpef.
Durante il periodo considerato transitorio, cioè fino al 31 dicembre del 2015, la durata dell'Aspi varia a seconda dell'anno e dell'età del lavoratore.
Nel 2015 la durata sarà pari a 10 mesi per chi non ha ancora compiuto i 50 anni, di 12 mesi per chi è nella fascia di età tra i 50 e i 54 anni e di 16 mesi dal 55° anno di età.
Dal primo gennaio 2016 il sistema di indennità entra a regime e cambiano le durate: dal primo gennaio 2016 la durata sarà di 12 mesi fino a 55 anni di età e saranno però dedotti gli eventuali periodi di indennità già usufruiti durante il biennio 2013-2015.
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venerdì 2 maggio 2014
Etihad Alitalia ipotesi taglio degli stipendi
Taglio degli stipendi da un minimo del 5% sulle retribuzioni tra 40 e 60 mila euro fino ad un massimo del 20% per chi supera i 200 mila, cancellazione delle indennità, blocco degli scatti di anzianità, rivisitazione delle ore a tempo parziale. Sono queste alcune delle misure con cui Alitalia punta a risparmiare circa 42-43 milioni sul costo del lavoro. I dettagli allo studio sono stati illustrati ieri dall'azienda nell'incontro con i sindacati. Ma secondo stime sindacali, questi tagli varrebbero invece 125 milioni.
Questi circa 40 milioni di ulteriori tagli al costo del lavoro (dopo gli 80 milioni dell'accordo per gli esuberi di metà febbraio) sono parte dei 150 milioni di risparmi che ancora mancano all'appello per raggiungere il nuovo target di 400 milioni l'anno (dai 300 milioni precedenti) del Piano industriale. Al momento, ha spiegato l'azienda, 250 milioni sono già stati implementati.
L'impatto del costo del lavoro, ha spiegato l'azienda ai sindacati, sarà per il 95% sul personale navigante e appena per il 5% sul personale di terra. A partire dal taglio degli stipendi, che scatta oltre i 40 mila euro annui, andando quindi ad interessare quasi esclusivamente il personale di volo: i tagli previsti sono progressivi e sono del 5% per gli stipendi da 40 a 60 mila euro, del 10% per quelli tra 60 e 100 mila euro, del 15% per la fascia 100-200 milioni e 20% per le retribuzioni superiori ai 200 mila euro.
In particolare, le misure allo studio per il personale di terra (area 'gorund' e handling), sono: flessibilità del regime di orario attraverso lo spostamento di due riposi al mese nei periodi di alta stagione con recupero nei periodi di bassa stagione; la possibilità di intercambiabilità di alcune figure; la definizione e riduzione del 'tempo tutà (attualmente di complessivamente 25 minuti); riduzione del 'superminimo ex ristrutturazionè (che oggi costa all'azienda 40 milioni di euro l'anno, è stato spiegato).
La lettera di Etihad è stata al centro dei colloqui tra la politica e le condizioni di Etihad per rilevare la compagnia di bandiera sulla base della lettera arrivata ieri ai vertici di Alitalia. "Qualsiasi alleanza - ha detto il ministro al termine dell'incontro - verrà valutata sulla base del Piano industriale, che non può che essere un piano di rilancio e di sviluppo" per Alitalia, "che deve tornare una grande compagnia internazionale". Lupi ha spiegato che quando sarà presentato il Piano di Etihad "sarà valutato sotto questo aspetto". "E' evidente a tutti - ha detto ancora Lupi - come il rilancio del sistema aeroportuale nel suo complesso è legato alla forza o meno della nostra compagnia di bandiera". Il ministro ha sottolineato come il destino di Alitalia sia associato a quello del sistema aeroportuale italiano.
Se Etihad sarà soddisfatta e investirà, la questione (di un investimento in Alitalia) tornerà a porsi per Air France-Klm ma al momento" è difficile prevederlo. Lo dichiara l'amministratore delegato del gruppo franco-olandese, in un'intervista a Les Echos. "Attendo con interesse di vedere cosa succederà", aggiunge il manager francese, ricordando che Air France-Klm ha "posto condizioni d'investimento simili a quelle di Etihad".
La lettera di Etihad dalla quale dipende il futuro di Alitalia. Sui contenuti resta ancora il massimo riserbo, in attesa che l'amministratore delegato Gabriele Del Torchio la illustri alle parti sociali, agli azionisti ed al Governo, come ha spiegato oggi il ministro dei Trasporti, Maurizio Lupi, dopo aver annunciato lui stesso l'arrivo della lettera da Abu Dhabi.
Il prossimo appuntamento con i sindacati è per il 2 maggio, mentre non sono in programma riunioni del consiglio di amministrazione nei prossimi giorni. Sicuramente, sottolineano fonti vicine al dossier, la lettera, che conterrebbe le condizioni per chiudere l'accordo, rappresenta un "grandissimo passo avanti" verso l'intesa dopo la frenata della prima missiva arrivata a Fiumicino 10 giorni fa. La nuova lettera, infatti, definisce i contorni della trattativa e pone "le condizioni per portare avanti il negoziato", che è stato illustrato oggi dall'azienda ai sindacati, nel primo incontro dopo due mesi di stallo al tavolo sulla riduzione del costo del lavoro.
Un confronto che però è ripreso in salita, con le sigle dei trasporti che avvertono: no a nuovi sacrifici senza un accordo con Etihad, anche perché avverte Marco Veneziani della Uilt, è "molto difficile che Alitalia possa sopravvivere da sola". La linea aerea, però, ci prova e mette sul piatto, con un segnale che sicuramente non procurerà dispiaceri ad Etihad, tagli ai costi per 400 milioni di euro, un importo superiore ai circa 300 milioni annunciati a luglio 2013. E, stando a quanto riferito dall'azienda ai sindacati, ad oggi sono già stati risparmiati 290 milioni.
Restano invariati i numeri relativi ai tagli del costo del lavoro: 128 milioni, di cui ne mancano ancora all'appello 48 (si punterebbe al blocco di indennità e alla riduzione degli stipendi oltre i 40.000 euro). Nella lettera potrebbe esserci nero su bianco la cifra che Etihad intende versare nelle casse di Alitalia e che potrebbe essere salita fino a 560 milioni di euro, a fronte delle principali richieste della compagnia araba: in primis il nodo del debito, che Etihad vorrebbe rinegoziare per 400 milioni e su cui le trattative con le banche sarebbero ancora in corso.
La preoccupazione maggiore per i lavoratori riguarda le richieste sugli esuberi, di cui non si è parlato nell'incontro con i sindacati, che rimandano la trattativa sul tema ad un momento successivo alla presentazione del piano industriale di Etihad. Le cui richieste, comunque, dovrebbero essere più vicine a 2.000 esuberi che non a 3.000, con un forte coinvolgimento del personale di terra. Sul tema oggi è intervenuto a gamba tesa anche il presidente del Consiglio del piano Fenice, Silvio Berlusconi, ha rivendicato il salvataggio di Alitalia, "facendola restare italiana", ma ha sottolineato che ora Ryanair trasporta il triplo dei passeggeri con meno della metà del personale, indispettendo il ministro Lupi: l'intesa con Etihad è "la migliore risposta a Berlusconi, che non so se si è dimenticato di essere un imprenditore, quando ha proposto di licenziare 9.000 persone. Il che mi sembra una cosa impensabile''.
Tra le richieste di Etihad c'è inoltre la manleva sui contenziosi pregressi, oltre ad alcune misure infrastrutturali come l'alta velocità con Fiumicino e la liberalizzazione di Linate. "L'alta velocità negli aeroporti italiani non va portata perché ce lo chiede Etihad ma perché siamo un grande paese", ha spiegato sempre Lupi, mentre il destino di Linate continua a preoccupare le autorità lombarde.
Questi circa 40 milioni di ulteriori tagli al costo del lavoro (dopo gli 80 milioni dell'accordo per gli esuberi di metà febbraio) sono parte dei 150 milioni di risparmi che ancora mancano all'appello per raggiungere il nuovo target di 400 milioni l'anno (dai 300 milioni precedenti) del Piano industriale. Al momento, ha spiegato l'azienda, 250 milioni sono già stati implementati.
L'impatto del costo del lavoro, ha spiegato l'azienda ai sindacati, sarà per il 95% sul personale navigante e appena per il 5% sul personale di terra. A partire dal taglio degli stipendi, che scatta oltre i 40 mila euro annui, andando quindi ad interessare quasi esclusivamente il personale di volo: i tagli previsti sono progressivi e sono del 5% per gli stipendi da 40 a 60 mila euro, del 10% per quelli tra 60 e 100 mila euro, del 15% per la fascia 100-200 milioni e 20% per le retribuzioni superiori ai 200 mila euro.
In particolare, le misure allo studio per il personale di terra (area 'gorund' e handling), sono: flessibilità del regime di orario attraverso lo spostamento di due riposi al mese nei periodi di alta stagione con recupero nei periodi di bassa stagione; la possibilità di intercambiabilità di alcune figure; la definizione e riduzione del 'tempo tutà (attualmente di complessivamente 25 minuti); riduzione del 'superminimo ex ristrutturazionè (che oggi costa all'azienda 40 milioni di euro l'anno, è stato spiegato).
La lettera di Etihad è stata al centro dei colloqui tra la politica e le condizioni di Etihad per rilevare la compagnia di bandiera sulla base della lettera arrivata ieri ai vertici di Alitalia. "Qualsiasi alleanza - ha detto il ministro al termine dell'incontro - verrà valutata sulla base del Piano industriale, che non può che essere un piano di rilancio e di sviluppo" per Alitalia, "che deve tornare una grande compagnia internazionale". Lupi ha spiegato che quando sarà presentato il Piano di Etihad "sarà valutato sotto questo aspetto". "E' evidente a tutti - ha detto ancora Lupi - come il rilancio del sistema aeroportuale nel suo complesso è legato alla forza o meno della nostra compagnia di bandiera". Il ministro ha sottolineato come il destino di Alitalia sia associato a quello del sistema aeroportuale italiano.
Se Etihad sarà soddisfatta e investirà, la questione (di un investimento in Alitalia) tornerà a porsi per Air France-Klm ma al momento" è difficile prevederlo. Lo dichiara l'amministratore delegato del gruppo franco-olandese, in un'intervista a Les Echos. "Attendo con interesse di vedere cosa succederà", aggiunge il manager francese, ricordando che Air France-Klm ha "posto condizioni d'investimento simili a quelle di Etihad".
La lettera di Etihad dalla quale dipende il futuro di Alitalia. Sui contenuti resta ancora il massimo riserbo, in attesa che l'amministratore delegato Gabriele Del Torchio la illustri alle parti sociali, agli azionisti ed al Governo, come ha spiegato oggi il ministro dei Trasporti, Maurizio Lupi, dopo aver annunciato lui stesso l'arrivo della lettera da Abu Dhabi.
Il prossimo appuntamento con i sindacati è per il 2 maggio, mentre non sono in programma riunioni del consiglio di amministrazione nei prossimi giorni. Sicuramente, sottolineano fonti vicine al dossier, la lettera, che conterrebbe le condizioni per chiudere l'accordo, rappresenta un "grandissimo passo avanti" verso l'intesa dopo la frenata della prima missiva arrivata a Fiumicino 10 giorni fa. La nuova lettera, infatti, definisce i contorni della trattativa e pone "le condizioni per portare avanti il negoziato", che è stato illustrato oggi dall'azienda ai sindacati, nel primo incontro dopo due mesi di stallo al tavolo sulla riduzione del costo del lavoro.
Un confronto che però è ripreso in salita, con le sigle dei trasporti che avvertono: no a nuovi sacrifici senza un accordo con Etihad, anche perché avverte Marco Veneziani della Uilt, è "molto difficile che Alitalia possa sopravvivere da sola". La linea aerea, però, ci prova e mette sul piatto, con un segnale che sicuramente non procurerà dispiaceri ad Etihad, tagli ai costi per 400 milioni di euro, un importo superiore ai circa 300 milioni annunciati a luglio 2013. E, stando a quanto riferito dall'azienda ai sindacati, ad oggi sono già stati risparmiati 290 milioni.
Restano invariati i numeri relativi ai tagli del costo del lavoro: 128 milioni, di cui ne mancano ancora all'appello 48 (si punterebbe al blocco di indennità e alla riduzione degli stipendi oltre i 40.000 euro). Nella lettera potrebbe esserci nero su bianco la cifra che Etihad intende versare nelle casse di Alitalia e che potrebbe essere salita fino a 560 milioni di euro, a fronte delle principali richieste della compagnia araba: in primis il nodo del debito, che Etihad vorrebbe rinegoziare per 400 milioni e su cui le trattative con le banche sarebbero ancora in corso.
La preoccupazione maggiore per i lavoratori riguarda le richieste sugli esuberi, di cui non si è parlato nell'incontro con i sindacati, che rimandano la trattativa sul tema ad un momento successivo alla presentazione del piano industriale di Etihad. Le cui richieste, comunque, dovrebbero essere più vicine a 2.000 esuberi che non a 3.000, con un forte coinvolgimento del personale di terra. Sul tema oggi è intervenuto a gamba tesa anche il presidente del Consiglio del piano Fenice, Silvio Berlusconi, ha rivendicato il salvataggio di Alitalia, "facendola restare italiana", ma ha sottolineato che ora Ryanair trasporta il triplo dei passeggeri con meno della metà del personale, indispettendo il ministro Lupi: l'intesa con Etihad è "la migliore risposta a Berlusconi, che non so se si è dimenticato di essere un imprenditore, quando ha proposto di licenziare 9.000 persone. Il che mi sembra una cosa impensabile''.
Tra le richieste di Etihad c'è inoltre la manleva sui contenziosi pregressi, oltre ad alcune misure infrastrutturali come l'alta velocità con Fiumicino e la liberalizzazione di Linate. "L'alta velocità negli aeroporti italiani non va portata perché ce lo chiede Etihad ma perché siamo un grande paese", ha spiegato sempre Lupi, mentre il destino di Linate continua a preoccupare le autorità lombarde.
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mercoledì 26 febbraio 2014
Contratti di lavoro pubblico impiego : in 8,5mln aspettano rinnovo
Due dipendenti su tre sono in attesa del rinnovo del contratto collettivo di lavoro per un totale di 8,5 milioni di lavoratori. Si tratta della quota più alta dal 2008 e coinvolge il 66,2% degli impiegati.
I contratti in attesa di rinnovo a gennaio sono 51 e riguardano circa 8,5 milioni di dipendenti, corrispondenti al 66,2% del totale. Lo rileva l'Istat, spiegando che si tratta della quota più alta dal gennaio del 2008. In pratica due dipendenti su tre stanno aspettando.
La categoria più numerosa è quella che rientra nel contratto del commercio e tocca 2 milioni di dipendenti. A febbraio sono state ratificate alcune ipotesi di accordo che toccano 4 dei 51 contratti scaduti e interessano 500 mila dipendenti. "E' una beffa che si proponga continuamente la riduzione del cuneo fiscale e poi non si rinnovino nemmeno i contratti, persino quelli dei dipendenti pubblici" tuona il Codacons.
Solo il pubblico impiego, d'altra parte, pesa per 2,9 milioni di lavoratori e 15 contratti. Guardando nel dettaglio quanto accaduto a gennaio, alla fine del mese a fronte del recepimento di un accordo (gomma e materie plastiche) ne sono scaduti ben cinque (agricoltura operai, servizio smaltimento rifiuti privati, servizio smaltimento rifiuti municipalizzati, commercio e Rai). Quel che ha fatto balzare il numero dei dipendenti in attesa si rinnovo, spiega l'Istat, è il contratto del commercio, che include ad esempio i commessi e tocca circa due milioni di dipendenti. Comunque a febbraio già sono state ratificate delle ipotesi di accordo, che toccano quattro dei 51 contratti scaduti, per un totale di circa 500 mila dipendenti (tessili, pelli e cuoio, gas e acqua e turismo-strutture ricettive).
Balzo retribuzioni, +0,6% a gennaio +1,4% annuo - Le retribuzioni contrattuali orarie a gennaio segnano un balzo dello 0,6% su dicembre, mentre sono salite dell'1,4% su base annua. Lo rileva l'Istat, spiegando come il rialzo mensile sia dovuto allo scatto di miglioramenti economici previsti per alcuni contratti in vigore. Aumenti che di solito partono proprio a inizio anno. Si allarga ancora la forbice con l'inflazione, ferma nello stesso mese allo 0,7%. In pratica i salari crescono il doppio dei prezzi, ma il divario è quasi esclusivamente dovuto alla frenata dei listini.
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giovedì 2 gennaio 2014
Aspi 2014, requisiti e termini in vigore dal 1 gennaio 2014
Ricordiamo che l'Aspi (Assicurazione Sociale per l'Impiego) è una prestazione a sostegno del reddito, introdotta dalla riforma Fornero nel 2013, la quale dall’1 gennaio del 2013, sostituisce le indennità di disoccupazione e di mobilità unificandole e come la precedente viene erogata ai lavoratori che presentano domanda nel caso in cui siano stati licenziati, oppure che si siano dimessi per giusta causa (ovvero, licenziamento per giustificato motivo e quello per giusta causa). Dal 1 gennaio 2014, l'Aspi subirà delle variazioni, che saranno progressive fino a stabilizzarsi nel 2016.
Infatti, dal 1° gennaio non è più applicato il limite delle ultime sei mensilità, con riferimento alla restituzione del contributo addizionale introdotto dalla riforma Fornero a finanziamento dell'Aspi e dovuto in relazione ai contratti di lavoro a termine. Pertanto, decorso il periodo di prova, sarà restituito al datore di lavoro in caso di trasformazione del contratto a tempo indeterminato.
Innanzitutto, possono beneficiare dell'indennità di disoccupazione (Aspi) i dipendenti a tempo indeterminato e determinato che hanno perduto involontariamente l'occupazione; rientrano i seguenti lavoratori:
coloro che hanno un contratto di apprendistato;
i soci di cooperative (ai sensi del D.P.R. n. 602/70);
i dipendenti a tempo indeterminato di aziende pubbliche;
personale artistico-teatrale con contratto subordinato;
i dipendenti sospesi;
madri o padri lavoratori che si dimettono entro il compimento del primo anno del proprio figlio.
I requisiti per poter fare domanda dello stato di disoccupazione involontario sono i seguenti:
l’interessato deve presentare, presso il Centro per l’impiego nel cui ambito territoriale si trovi il proprio domicilio, una dichiarazione che attesti l’attività lavorativa precedentemente svolta e l’immediata disponibilità allo svolgimento di attività lavorativa.
L’indennità quindi non spetta nelle ipotesi in cui il rapporto di lavoro sia cessato a seguito di dimissioni o risoluzione consensuale.
Il lavoratore ha diritto all’indennità nelle ipotesi di dimissioni durante il periodo tutelato di maternità ovvero di dimissioni per giusta causa.
Inoltre, la risoluzione consensuale non impedisce il riconoscimento della prestazione se intervenuta:
nell’ambito della procedura conciliativa presso la Direzione Territoriale del Lavoro, secondo le modalità previste all’art. 7 della legge n. 604 del 1966, come sostituito dall’art. 1, comma 40 della legge di riforma del mercato del lavoro (Legge 28 giugno 2012 n.92);
a seguito di trasferimento del dipendente ad altra sede distante più di 50 Km dalla residenza del lavoratore e/o mediamente raggiungibile in 80 minuti o più con i mezzi pubblici.
Precisiamo inoltre che l’indennità viene corrisposta:
nel 2014 l'indennità spetterà per la durata di 8 mesi per chi ha un'età inferiore a 50 anni; per 12 mesi per chi ha un'età compresa tra i 50 ed i 55 anni; per 14 mesi per chi ha un'età superiore a 55 anni;
nel 2015 la durata dell'indennità sarà: di 10 mesi per chi ha meno di 50 anni; di 12 mesi per chi ha tra i 50 e 55 anni; e di 16 mesi per chi ha oltre 55 anni.
Un'altra novità dal 2014 riguarda la possibilità di richiedere la liquidazione dell'importo complessivo in un'unica soluzione solo nei seguenti casi: per avviare un'attività autonoma, o d'impresa o in cooperativa.
Se durante il periodo in cui si percepisce l'indennità, si viene assunti o riassunti, l'Aspi viene sospesa per massimo 6 mesi.
Non ne hanno diritto invece i lavoratori impiegati nelle pubbliche amministrazioni e coloro che hanno i requisiti per richiedere la disoccupazione agricola.
Per capire quanto spetta ricevere, basta sapere che la misura della prestazione è pari al 75 per cento dello stipendio per retribuzioni pari o inferiori ai 1.180 euro nel 2013; mentre, per retribuzioni superiori, occorrerà aggiungere il 25 per cento del differenziale tra l’importo e la retribuzione mensile complessiva per un ammontare massimo di 1.119 euro. Inoltre, all’indennità mensile si deve applicare una riduzione del 15 per cento, in seguito ai primi 6 mesi ed un’ulteriore riduzione del 15 per cento dopo 12 mesi di fruizione. Infine, l’indennità ASPI spetta dopo 8 giorni dalla cessazione del rapporto di lavoro.
La domanda deve essere presentata entro 60 giorni dalla perdita dell’occupazione.
Ecco le procedure online per chiedere l’ASPI, il nuovo sussidio di disoccupazione INPS dal 2013: le domande vanno presentate dal lavoratore rimasto senza impiego per via telematica, utilizzando uno dei seguenti canali:
Web - Servizio INPS online accessibile tramite PIN e codice fiscale;
Contact Center multicanale – al numero verde 803164;
Patronati e intermediari – che a loro volta utilizzeranno i servizi telematici INPS.
La domanda deve essere inviata, a pena di decadenza, dopo 8 giorni dalla perdita del lavoro ed entro massimo due mesi (quindi in totale, entro 68 giorni dal licenziamento o dimissioni per giusta causa).
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giovedì 19 dicembre 2013
Lavoro,+2,4% costo in 3° trimestre 2013 posti vacanti è pari allo 0,4%
Il costo del lavoro nel 3° trimestre 2013 sale del 2,4%,spinto dagli oneri sociali,ovvero il complesso dei contributi a carico del datore di lavoro e degli accantonamenti di fine rapporto. Su base annua gli oneri sociali aumentano infatti del 3,5% -ha rilevato l’Istat piegando come il rialzo delle retribuzioni lorde si fermi invece al 2%. Meno di 30mila i posti vacanti in industria e servizi,pari solo allo 0,4% dei circa 7 mln di dipendenti. Le ore lavorate per dipendente nel 3° trimestre sono diminuite dello 0,1% su base annua.
Tra luglio e settembre di quest'anno l tasso di posti vacanti è pari allo 0,4%, lo stesso livello registrato nello stesso periodo dello scorso anno, che corrisponde al minimo storico.
Sono meno di 30mila nell'industria e nei servizi. Lo ha comunicato l'Istat, rilevando quindi uno stallo, con riferimento ai settori dell'industria e dei servizi, spiegando che si tratta di quei posti di lavoro nuovi o già esistenti, purché liberi o in procinto di diventarlo, per i quali il datore di lavoro cerchi attivamente un candidato al di fuori dell'impresa.
Il costo del lavoro nel terzo trimestre del 2013 è salito del 2,4%, spinto dagli oneri sociali, ovvero il complesso dei contributi a carico del datore di lavoro e degli accantonamenti di fine rapporto. La voce degli oneri, infatti, è aumentata del 3,5%, sempre su base annua. L'Istat spiega come il rialzo delle retribuzioni lorde si fermi invece al 2,0%. Quindi sul costo del lavoro, somma delle retribuzioni lorde e degli oneri sociali, pesano più che i salari il carico dovuto, sottolinea l'Istat, 'alla recente introduzione di contributi aggiuntivi', a spese dei datori di lavoro, 'finalizzati al finanziamento di fondi per il sostegno al reddito dei lavoratori in caso di interruzione dei rapporto di lavoro'.
"Le ore lavorate per dipendente nel terzo trimestre 2013 diminuiscono, in termini destagionalizzati, dello 0,1% rispetto al trimestre precedente". Questo un altro passaggio dell'Istituto. Il tasso di posti vacanti nell'industria e nei servizi di mercato nel terzo trimestre 2013 "è pari allo 0,4%, invariato rispetto al terzo trimestre del 2012. L'incidenza delle ore di cassa integrazione guadagni (Cig) utilizzate è pari a 38,1 ore ogni mille ore lavorate, con una diminuzione di 3,2 ore rispetto allo stesso trimestre del 2012".
Il costo del lavoro nei Paesi Ocse è rimasto stabile nel terzo trimestre del 2013 rispetto al trimestre precedente, con una crescita della produttività del lavoro (0,4%) che ha leggermente superato l'aumento del costo del lavoro (0,3%).
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Confindustria. Lavoro e crisi economica, la recessione è finita ma danni di una guerra
"La profonda recessione, la seconda in 6 anni, è finita. I suoi effetti no", avverte il centro studi di Confindustria. Parlare di ripresa e' "per molti versi improprio"; suona "derisorio". Il "Paese ha subito un grave arretramento ed è diventato più fragile, anche sul fronte sociale". Danni "commisurabili solo con quelli di una guerra". In questo momento non si può dire che la recessione è finita e che c'è la ripresa. Vediamo cosa succede nei prossimi mesi". Così il presidente di Confindustria, Giorgio Squinzi: "Io vedo molto ottimismo" ma l'arresto della caduta del Pil in un trimestre non si può interpretare come "un segnale di decisa ripartenza o di fine della recessione.
L'impatto sulla crescita della Legge di Stabilità all'esame del Parlamento sarà "molto piccolo", dello "0,1 o 0,2" punti sul Pil del 2014. Lo indica il direttore del centro Studi di Confindustria, Luca Paolazzi. Poi, nel 2015 la manovra avrà "un effetto restrittivo della stessa entità di quello espansivo del 2014".
Dall'inizio della crisi (fine 2007) si sono persi 1 milione e 810 mila Ula (Unità di lavoro equivalenti a tempo pieno). L'occupazione è rimasta ferma nella seconda metà del 2013 e ripartirà dal 2014. Si arresta così "l'emorragia occupazionale": per l'anno prossimo il Centro studi di Confindustria prevede un +0,1%, per il 2015 un +0,5%.
Il 2013 si chiuderà peggio delle attese stima il Csc che ha rivisto dal -1,6% al -1,8% le stime per il Pil. Resta invariata al +0,7% la previsione di crescita per il 2014. Mentre gli economisti di via dell'Astronomia nella prima stima sul 2015 prevedono una crescita dell'1,2%.
"Le persone a cui manca il lavoro, totalmente o parzialmente, sono 7,3 milioni, due volte la cifra di sei anni fa. Anche i poveri sono raddoppiati a 4,8 milioni". E' il bilancio di sei anni di crisi. "Le famiglie hanno tagliato sette settimane di consumi, ossia 5.037 euro in media l'anno".
Il centro studi di Confindustria prevede ''traiettorie economiche ad alta incertezza", e affianca così alle previsioni sugli scenari economici anche "una simulazione che ingloba una evoluzione meno benigna", nella quale "la debolezza dell'economia impone una manovra da un punto di Pil per rispettare gli impegni europei". In questo scenario B, "il credit crunch si protrae nel 2015, l'aumento del commercio mondiale è più contenuto, lo spread non si restringe"; ed "il risultato è che l'Italia si blocca nuovamente".
A novembre le retribuzioni contrattali orarie restano ferme su ottobre mentre salgono solo dell'1,3% nel confronto con lo scorso anno. Lo rileva l'Istat, spiegando come la crescita annua torni così a toccare i minimi. Il rialzo dell'1,3%, già registrato in passato, risulta infatti il più basso almeno dal 1992, ovvero da 21 anni.
Le retribuzioni, poco, ma continuano comunque a crescere più dei prezzi, visto che nello stesso mese il tasso d'inflazione annuo è risultato pari allo 0,7%, un rialzo quindi pressoché dimezzato a confronto con i salari. Il merito, però, va tutto al raffreddamento dei prezzi.
Complessivamente, calcola l'Istat, nei primi undici mesi del 2013 la retribuzione oraria media è cresciuta dell'1,4% rispetto al corrispondente periodo del 2012. Quest'anno, con tutta probabilità, potrebbe quindi chiudere peggio del precedente, che aveva visto le retribuzioni orarie salire appena dell'1,5%. Tornando a novembre, i settori che presentano gli aumenti tendenziali maggiori sono: telecomunicazioni (4,0%); agricoltura (3,3%); chimica e metalmeccanica (entrambi 2,3%). Si registra invece una crescita zero in tutti i comparti della pubblica amministrazione, dove pesa il blocco che ormai si protrae da lungo tempo.
A novembre i contratti in attesa di rinnovo sono 47, di cui 15 appartenenti alla pubblica amministrazione, relativi a circa 6,3 milioni di dipendenti (2,9 milioni solo nel pubblico impiego). Lo rileva l'Istat, spiegando che la quota di lavoratori che aspettano il rinnovo è del 48,9%, in lieve diminuzione rispetto a ottobre (49,4%). Ecco che, fa sapere sempre l'Istat, i mesi di attesa per i lavoratori con il contratto scaduto sono in media 31,2, in diminuzione rispetto allo stesso mese del 2012 (35,6).
Una occasione mancata". Così il rapporto di Confindustria bolla la Legge di Stabilità all'esame del Parlamento. Secondo le quantificazioni del governo, evidenzia il rapporto, "comporterebbe un peggioramento dell'indebitamento netto nel 2014 per circa 2,6 miliardi, un miglioramento nel 2015 di 3,5 miliardi e nel 2016 di 7,3" "Complessivamente si tratta di intervento modesto sul 2014 che ritocca marginalmente il deficit: in termini di Pil si tratta di qualche decimale (0,2%). E "per il 2015 e 2016 la correzione del disavanzo coincide sostanzialmente con le dimensioni delle clausole di salvaguardia". "L'Intervento principale proposto è quello sul cuneo fiscale - rilevano ancora gli economisti di via dell'Astronomia - ma le risorse stanziate non sono in grado di incidere significativamente".
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sabato 19 gennaio 2013
Ilva: l'azienda deve assicurare il pagamento delle retribuzioni
Il Governo punta a un provvedimento che permetta di sbloccare la situazione che si è venuta a creare nello stabilimento Ilva di Taranto. Forse nei prossimi giorni verrà presentato un decreto ad hoc. Questo la prospettiva annunciata dal sottosegretario alla Presidenza del Consiglio dei ministri, Antonio Catricalà, al tavolo tra Governo e parti sociali a Palazzo Chigi.
Alla fine del vertice è stata diffusa un documento congiunto di tutte le parti presenti al tavolo di Palazzo. Governo, enti locali, azienda, Confindustria e sindacati ritengono che in attesa della Consulta - si legge - debba applicarsi "integralmente e immediatamente la legge da parte di tutti i soggetti interessati" per innescare il "circolo virtuoso risanamento ambientale/tutela della salute/tutela dell'occupazione".
L'Ilva "conferma il proprio impegno al rispetto delle prescrizioni dell'Aia e alla tutela dell'occupazione, sotto la vigilanza del Garante nominato dal Consiglio dei Ministri l'11 gennaio 2013, assicurando il regolare pagamento delle retribuzioni a tutti i lavoratori", si legge nella dichiarazione unitaria diffusa al termine della riunione a Palazzo Chigi. La legge 'salva Ilva – ha asserito il premier Mario Monti - "pur in pendenza del giudizio della Corte Costituzionale, deve essere applicata dalle istituzioni e dall'azienda" che conferma il proprio impegno al rispetto delle prescrizioni Aia e alla tutela dell'occupazione", "assicurando il regolare pagamento delle retribuzioni a tutti i lavoratori".Così il presidente del Consiglio al termine del vertice di Palazzo Chigi.
Per Confindustria, il direttore generale Marcella Panucci ha sottolineato come il blocco dell'Ilva «comporta conseguenze devastanti per l'intera industria italiana e danni irreversibili al comparto siderurgico e al suo indotto», chiedendo al Governo «di intervenire con forza». La legge salva-Ilva deve essere applicata da tutte le parti "integralmente e immediatamente pur in pendenza del giudizio della Corte Costituzionale e l'azienda pagherà le retribuzioni". Queste le conclusioni del vertice d'urgenza a Palazzo Chigi. Possibile un provvedimento nel Cdm di martedì prossimo. Il governo intervenga con forza, chiede Confindustria
"La piena applicazione della legge prevede che l'azienda rientri nella disponibilità dei prodotti finiti per la loro commercializzazione. Questo è quello previsto dalla legge e questo è ciò che noi abbiamo ribadito", ha detto il ministro dell'Ambiente, Corrado Clini, al termine della riunione.
In gioco non solo il futuro della Ilva ma anche la affidabilità dell'Italia per chi vuole investire nel nostro Paese». Lo ha affermato il ministro dell'Ambiente Corrado Clini che ricorda come «l'Autorizzazione Integrata Ambientale rilasciata alla Ilva di Taranto, e recepita da una legge votata dalla stragrande maggioranza del Parlamento italiano, attua in modo completo e rigoroso le direttive europee e le leggi nazionali in materia di esercizio degli impianti industriali nel rispetto della salute e della ambiente». Intanto il ministro dell'Ambiente sferra l'attacco contro il sequestro degli impianti: «Nel caso di Taranto - ha detto Clini - ci troviamo di fronte alla situazione inedita della contestazione da parte della magistratura delle leggi e delle direttive».
Il provvedimento varato dal Governo e pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale il 4 gennaio "è la chiave per risanare la città di Taranto, la fabbrica e per garantire il lavoro a 20mila persone", ha detto il segretario generale della Cgil, Susanna Camusso, al termine del tavolo sull'Ilva. "Ciò che abbiamo detto è che con tutto il rispetto del procedimento della Corte Costituzionale la prassi normale del nostro Paese è che le leggi rimangono in vigore in attesa di quel giudizio. Quindi anche a Taranto si deve procedere all'applicazione della legge".
Il fermo dello stabilimento Ilva di Taranto sta avendo pesanti ripercussioni anche sui conti dell'azienda: il blocco dei flussi finanziari in entrata sta mettendo in crisi di liquidità l'azienda, come illustrato in un'analisi del bilancio dell'Ilva.
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sabato 24 dicembre 2011
Retribuzioni ferme a novembre, divario salari-prezzi record da 1997
I lavoratori con busta paga e non solo si ritrovano a fare i conti con budget sempre più' stretti: gli stipendi non crescono, rimangono al palo, e, invece, i prezzi continuano la loro corsa. In altre parole il potere d'acquisto si assottiglia, perdendo pezzi di mese in mese. L'Istat ha certificato per novembre retribuzioni ferme rispetto ad ottobre e in aumento solo dell'1,5% a confronto con lo scorso anno. Un rialzo troppo basso, che si riallinea al peggior dato del 2010, che riportava indietro di dodici anni. Nello stesso mese l'inflazione e' salita del 3,3%, ovvero a un ritmo più' che doppio. Inevitabile, quindi, l'allargamento della forbice tra caro vita e buste paga, che aggiorna il precedente record, salendo ai massimi dal 1997.
L'immobilità delle retribuzioni si spiega così: sono ancora 30 gli accordi contrattuali da rinnovare tra i quali 16 appartengono alla Pubblica amministrazione), e si riferiscono a circa 4,1 milioni di dipendenti (circa 3 milioni nel pubblico impiego). Ciascuno in media dovrà attendere quasi due anni per vederselo aggiornare. Guardando categoria per categoria, nessun settore vanta un aumento retributivo maggiore dell'inflazione. I dipendenti che se la cavano meglio sono gli occupati nel comparto della lavorazione della gomma e i vigili del fuoco (+3,1%). Non si tratta solo di freddi numeri: anche il sondaggio, condotto, sempre dall'Istat, sul clima di fiducia dei consumatori, registra un crollo, con l'indice che scivola da 96,1 a 91,6. Un'avanzata di pessimismo che non si registrava, anche in questo caso, dai tempi pre-euro, dal lontano 1996.
A preoccupare i lavoratori sono le condizioni generali dell'economia, in particolare le aspettative negative sulle possibilità di risparmio, con i timori di prezzi in crescita. Come se non bastasse, peggiorano anche le aspettative di disoccupazione. D'altra parte l'Istituto di statistica, sempre oggi, ha diffuso ulteriori dati che suonano come campanelli d'allarme. Nel terzo trimestre di quest'anno le ore lavorate per dipendente si sono ridotte dello 0,2% su base annua, nonostante l'incidenza della cassa integrazione sia scesa. Ecco che i rischi di recessione si fanno sempre più' concreti e tangibili. Dai sindacati, infatti, arriva la richiesta di interventi urgenti sul mondo del lavoro, per la Cisl serve ''una politica dei redditi'' e secondo l'Ugl occorre ''cambiare rotta'' in fretta.
L'immobilità delle retribuzioni si spiega così: sono ancora 30 gli accordi contrattuali da rinnovare tra i quali 16 appartengono alla Pubblica amministrazione), e si riferiscono a circa 4,1 milioni di dipendenti (circa 3 milioni nel pubblico impiego). Ciascuno in media dovrà attendere quasi due anni per vederselo aggiornare. Guardando categoria per categoria, nessun settore vanta un aumento retributivo maggiore dell'inflazione. I dipendenti che se la cavano meglio sono gli occupati nel comparto della lavorazione della gomma e i vigili del fuoco (+3,1%). Non si tratta solo di freddi numeri: anche il sondaggio, condotto, sempre dall'Istat, sul clima di fiducia dei consumatori, registra un crollo, con l'indice che scivola da 96,1 a 91,6. Un'avanzata di pessimismo che non si registrava, anche in questo caso, dai tempi pre-euro, dal lontano 1996.
A preoccupare i lavoratori sono le condizioni generali dell'economia, in particolare le aspettative negative sulle possibilità di risparmio, con i timori di prezzi in crescita. Come se non bastasse, peggiorano anche le aspettative di disoccupazione. D'altra parte l'Istituto di statistica, sempre oggi, ha diffuso ulteriori dati che suonano come campanelli d'allarme. Nel terzo trimestre di quest'anno le ore lavorate per dipendente si sono ridotte dello 0,2% su base annua, nonostante l'incidenza della cassa integrazione sia scesa. Ecco che i rischi di recessione si fanno sempre più' concreti e tangibili. Dai sindacati, infatti, arriva la richiesta di interventi urgenti sul mondo del lavoro, per la Cisl serve ''una politica dei redditi'' e secondo l'Ugl occorre ''cambiare rotta'' in fretta.
lunedì 12 dicembre 2011
Retribuzione 2011 mai così bassa dal 2009. Dati ISTAT
Buste paga più leggere: è quanto emerge dai dati Istat del terzo trimestre del 2011.
Nel terzo trimestre del 2011 le retribuzioni lorde, per unità di lavoro equivalenti a tempo pieno al netto degli effetti stagionali, registrano nel complesso di industria e servizi un incremento dello 0,3% rispetto al trimestre precedente. La variazione sul terzo trimestre 2010, misurata base annua è del +1,4%
Nel terzo trimestre del 2011, all’interno del settore industriale, le retribuzioni segnano l’incremento tendenziale più evidenziato (+4,1%) nel settore dell’estrazione di minerali da cave e miniere, a causa, tra l’altro, dell’erogazione di consistenti incentivi all’esodo in alcune grandi aziende. All’interno del terziario, l’aumento tendenziale più ampio riguarda il settore delle attività dei servizi di alloggio e di ristorazione (+3,5%); si registra, invece, un calo nel settore del trasporto e magazzinaggio (-1,8%), per effetto del rinvio di alcuni premi di risultato solitamente pagati da alcune grandi aziende nel terzo trimestre dell’anno.
Al netto degli effetti stagionali, gli oneri sociali per Unità di lavoro segnano una crescita congiunturale dello 0,3% nel totale, con un incremento dello 0,3% nell’industria e dello 0,2% nei servizi. Nell’insieme dei settori dell’industria e dei servizi l’aumento tendenziale degli oneri sociali per Unità di lavoro nel terzo trimestre 2011 è del 2,2%; l’incremento è’ del 2,6% nell’industria e del 2,0% nei servizi. La crescita è maggiore nell’industria (+2,3%) che nei servizi (+1,1%).
La crescita dell’+1,4% è la più bassa del terzo trimestre dal 2009, mentre a livello congiunturale il +0.3 % è il valore minimo del primo trimestre 2009. A confermare la riduzione delle buste paga basta vedere l’incremento dell’inflazione, che sull’anno è cresciuta il doppio +2,8%.
L’Istat ha precisato che la rilevazione riguarda salari, stipendi e competenze accessorie, corrisposte ai lavoratori dipendenti con carattere periodico, secondo quanto stabilito dai contratti di lavoro, dagli accordi aziendali e individuali.
Nel terzo trimestre del 2011 le retribuzioni lorde, per unità di lavoro equivalenti a tempo pieno al netto degli effetti stagionali, registrano nel complesso di industria e servizi un incremento dello 0,3% rispetto al trimestre precedente. La variazione sul terzo trimestre 2010, misurata base annua è del +1,4%
Nel terzo trimestre del 2011, all’interno del settore industriale, le retribuzioni segnano l’incremento tendenziale più evidenziato (+4,1%) nel settore dell’estrazione di minerali da cave e miniere, a causa, tra l’altro, dell’erogazione di consistenti incentivi all’esodo in alcune grandi aziende. All’interno del terziario, l’aumento tendenziale più ampio riguarda il settore delle attività dei servizi di alloggio e di ristorazione (+3,5%); si registra, invece, un calo nel settore del trasporto e magazzinaggio (-1,8%), per effetto del rinvio di alcuni premi di risultato solitamente pagati da alcune grandi aziende nel terzo trimestre dell’anno.
Al netto degli effetti stagionali, gli oneri sociali per Unità di lavoro segnano una crescita congiunturale dello 0,3% nel totale, con un incremento dello 0,3% nell’industria e dello 0,2% nei servizi. Nell’insieme dei settori dell’industria e dei servizi l’aumento tendenziale degli oneri sociali per Unità di lavoro nel terzo trimestre 2011 è del 2,2%; l’incremento è’ del 2,6% nell’industria e del 2,0% nei servizi. La crescita è maggiore nell’industria (+2,3%) che nei servizi (+1,1%).
La crescita dell’+1,4% è la più bassa del terzo trimestre dal 2009, mentre a livello congiunturale il +0.3 % è il valore minimo del primo trimestre 2009. A confermare la riduzione delle buste paga basta vedere l’incremento dell’inflazione, che sull’anno è cresciuta il doppio +2,8%.
L’Istat ha precisato che la rilevazione riguarda salari, stipendi e competenze accessorie, corrisposte ai lavoratori dipendenti con carattere periodico, secondo quanto stabilito dai contratti di lavoro, dagli accordi aziendali e individuali.
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