Sono oltre 4 milioni i lavoratori che nel 2012 si trovano in "area del disagio", dipendenti cioè a tempo determinato e occupati stabili a tempo parziale non per scelta ma perché non hanno trovato di meglio. Sono in aumento di 718.000 unità (+21,4%) rispetto al 2008 E' quanto emerge da una ricerca Ires Cgil su dati Istat riferiti al primo semestre di ogni anno.
"Un quadro drammatico quello che emerge dalla ricerca - afferma la Cgil - considerando anche che dal primo semestre 2008 al primo semestre 2012, l'occupazione è notevolmente calata in valori assoluti, passando da 23 milioni 376 mila a 22 milioni 919 mila (- 45 mila, pari a -2%), nonostante il numero delle persone in età di lavoro sia aumentata di circa 500 mila unità. "Questi numeri spiegano il costante e davvero preoccupante peggioramento delle condizioni di lavoro. Anche chi è occupato, ha rilevato lo studio dell'Ires - lavora meno di quanto vorrebbe e a condizioni diverse da quelle auspicate. Altro che choosy". I dipendenti stabili a tempo pieno calano di 544 mila unità (-4,2%) e gli autonomi a tempo pieno di 305 mila (- 6,1%).
Se si aggiunge il calo dei tempo parziale stabili volontari (-215 mila) si supera il milione di persone. Aumentano invece i lavori involontari, quelli che si è costretti ad accettare. Del resto anche i dati delle comunicazioni obbligatorie parlano chiaro, nel 2012 solo il 17,2% delle nuove assunzioni è a tempo indeterminato.
"Meno lavoro, peggioramento delle condizioni e diminuzione delle ore lavorate sono la realtà che emerge dall'indagine" hanno commentato il presidente della Fondazione Di Vittorio, Fulvio Fammoni e il segretario nazionale della Cgil, con delega sul mercato del lavoro, Serena Sorrentino. "Un dato molto grave – hanno aggiunto - che mette fine alla propaganda sulla cosiddetta scelta personale dei lavoratori è che il 93,2% dei lavoratori a termine e dei collaboratori dichiara che vorrebbe un lavoro stabile, mentre come è ovvio tutti i lavoratori a tempo parziale involontari vorrebbero un tempo pieno. All'area del mancato lavoro (disoccupati, scoraggiati e cassaintegrati) si aggiunge, quindi, quella del disagio nel lavoro. Un bacino enorme di persone, una fotografia purtroppo realistica e drammatica della realtà". Secondo Fammoni e Sorrentino, questo quadro "é sicuramente determinato dalla crisi, ma anche e in modo evidente delle scelte sbagliate fatte per contrastarla che producono effetti insopportabilmente negativi sull'occupazione. E' la conferma, basata su dati di fatto, di un giudizio severo e negativo sull'operato del governo". "E la legge 92/2012 di riforma del mercato del lavoro - aggiungono - , in particolare su precarietà ed ammortizzatori sociali, è del tutto inadeguata ed ancor più paradossale appare il taglio che si annuncia nella legge di stabilità degli ammortizzatori sociali: due fattori che aumenteranno ulteriormente quest'area di disagio".
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sabato 24 novembre 2012
Lavoro: 4 milioni in area disagio
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domenica 9 settembre 2012
Lavoro, rapporto IRES-CGIL per quasi 4,5 milioni "in sofferenza lavoro"
Quasi 4 milioni e mezzo di italiani si trovano nell'area della "sofferenza occupazionale". Emerge da un'analisi dell'Ires, il centro studi della Cgil. L'inattività è un fenomeno molto più diffuso nel nostro Paese rispetto al resto dell'Europa,dentro al quale si trova una parte rilevante di esclusi dal mondo del lavoro non riconosciuti come disoccupati. La "vera sofferenza" vede sommati i disoccupati, i cassaintegrati e i cosiddetti "scoraggiati" disponibili a lavorare. "Le motivazioni dell'inattività sono molteplici, ma la forza lavoro potenziale è di oltre 3 milioni di persone", hanno detto Minelli (Ires) e Fammoni (Fondazione Di Vittorio).
E' quanto sostiene la Cgil spiegando che nel secondo trimestre ai 2,7 milioni di disoccupati censiti dall'Istat vanno aggiunti 1.687.000 persone tra 'scoraggiati'(coloro che non cercano lavoro poiché pensano di non trovarlo) e cassaintegrati.
Secondo la Cgil nello stesso periodo del 2007, quindi nel periodo prima della crisi, si trovavano nell'area del disagio occupazionale circa 2.475.000 persone. L'aumento negli ultimi 5 anni è stato del 77%. Il dato emerge da uno studio dell'Ires che sottolinea come nel nostro Paese l'inattività sia un fenomeno molto più diffuso rispetto al resto dell'Europa. Dentro quest'area - si legge nella ricerca - "si trova una parte rilevante di esclusi dal mondo del lavoro non formalmente riconosciuti come disoccupati. Sarebbe altrimenti inspiegabile un tasso di disoccupazione nella media e un tasso di occupazione molto più basso di quello europeo". "Le motivazioni dell'inattività sono molteplici – hanno spiegato Raffaele Minelli, presidente dell'Ires e Fulvio Fammoni, presidente della Fondazione Di Vittorio - ma la forza lavoro potenziale rilevabile al suo interno è appunto di oltre tre milioni di persone". "E' una simulazione molto realistica e prudenziale della vera area di disagio occupazionale - affermano - e rappresenta l' immagine, purtroppo più vera e drammatica, di come la crisi ha colpito il lavoro. A questi milioni di persone non si può dire che la prospettiva di essere travolti dalla crisi si è allontanata. E' evidente che il lavoro è il principale fattore non affrontato dal Governo per uscire dalla crisi".
Tra gennaio e luglio del 2012 i disoccupati in Italia sono aumentati di 292.000 unità passando dai 2.472.000 a 2.764.000 unità. Nello stesso periodo l'Ue nel complesso ha registrato 881.000 disoccupati in più: è quanto risulta da elaborazioni della Cgil su dati Istat e Eurostat secondo le quali l'aumento dei disoccupati in Italia nel periodo "ha rappresentato un terzo dell'intero incremento complessivo europeo. "Si è a lungo sostenuto - affermano Raffaele Minelli, presidente dell'Ires Cgil e Fulvio Fammoni, presidente della Fondazione Di Vittorio - basandosi solo sui dati dei disoccupati 'formalmente riconosciuti' e non tenendo in alcun conto l'enorme area della inattività, che l'Italia si trovava in una situazione di vantaggio rispetto all'Europa. Questa differenza è ormai superata e come si vede l'aumento dei disoccupati in Italia è ora molto più forte della media europea". "Risulta evidente – hanno aggiunto Minelli e Fammoni - come l'andamento della crisi e le scelte fatte per contrastarla producano in Italia un netto peggioramento, con effetti insopportabilmente negativi sull'occupazione. Dato che comporta un primo giudizio severo e negativo.
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