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lunedì 6 ottobre 2014
Tfr 50% in busta paga, per i Consulenti del lavoro dai 40 agli 82 euro al mese
"Sui giornali, grandi discussioni sul Jobs Act e sull'articolo 18. A tempo debito sarà bello spiegare cosa cambia per un giovane precario. Ma ne parleremo prestissimo''. Questo l'annuncio del premier nella sua enews.
Ma per il momento: "L'Italia è il Paese con il più alto numero di lavoratori scoraggiati d'Europa, e con il tasso di attività più basso". A rivelarlo è l'ultimo rapporto trimestrale della Commissione Ue su occupazione e situazione sociale. Per Bruxelles l'Italia è anche tra i Paesi dove "la disoccupazione giovanile e quella a lungo termine salgono più che nel resto d'Europa, e dove le entrate delle famiglie continuano a scendere".
"L'Italia - continua il rapporto - è ancora il Paese con il più elevato tasso di lavoratori scoraggiati e l'evoluzione recente non è incoraggiante (12,8% nel primo trimestre 2014, +1 punti percentuali rispetto al primo trimestre 2013). Per quanto riguarda la situazione sociale, "tra i grandi Stati membri le entrate delle famiglie continuano ad aumentare in Germania e Regno Unito, mentre scendono in Italia, Polonia e Spagna".
Tra 40 a 82 euro al mese in busta paga se andasse in porto il provvedimento proposto dal Governo. È quanto hanno calcolato gli esperti della Fondazione Studi Consulenti del Lavoro in un parere che ha l'obiettivo, oltre di prevedere l'ammontare della somma da percepire, anche quello di chiarire tutti i passaggi tecnici della proposta, illustrando il bacino d'utenza e le criticità legate alle coperture finanziare e agli equilibri pensionistici.
Secondo le previsioni della Fondazione entrerebbero nelle buste paga dei lavoratori “circa 40 euro al mese (in caso di Tfr erogato al 50%), circa 62 euro (con Tfr erogato al 75%) e circa 82 euro al mese (in caso di Tfr erogato al 100%)”. Se si decidesse di mantenere l'odierna agevolazione fiscale, l'ammontare mensile varierebbe di circa 5 euro in eccesso. I lavoratori interessati all'anticipo del Tfr in busta paga dovrebbero essere “esclusivamente i dipendenti del settore privato, ovvero circa 12 milioni di lavoratori rispetto agli oltre 3 milioni del settore pubblico”.
Per il settore privato, afferma la Fondazione, “ ogni anno vengono erogate 315 miliardi di retribuzioni contro i 115 miliardi per quelle dei lavoratori pubblici, per un totale di circa 430 miliardi di retribuzioni l'anno. Il Tfr maturato ogni anno è circa 21 miliardi, 451 milioni di euro. Sapendo che per le imprese che superano i 49 dipendenti il Tfr rimasto in azienda viene destinato al Fondo di Tesoreria Inps, dal quale non è possibile sottrarlo per non incorrere in problemi di gettito, questa proposta riguarderebbe solo la metà dei lavoratori privati, ovvero i 6 milioni e 500 mila dipendenti di aziende private con meno di 50 dipendenti”.
Un altro fattore da considerare, per la Fondazione studi dei consulenti del lavoro, è la riforma delle previdenza complementare, entrata in vigore dal 1° gennaio 2007, a cui ogni anno vengono destinati 6 miliardi del Tfr.
«Poi, ci sono i 6 miliardi distribuiti annualmente al Fondo Tesoreria Inps e i restanti 10 miliardi che rimangono in azienda. Di conseguenza, se la proposta normativa riguarderà solo le aziende fino a 49 dipendenti, il Tfr sarebbe circa la metà di quello maturato complessivamente», prosegue. «Il Tfr, sia che venga corrisposto al termine del rapporto sia che venga in parte anticipato durante il rapporto, gode di un'agevolazione fiscale e previdenziale. La prima riguarda un regime di tassazione agevolata che va dal 23 al 25% della somma percepita; la seconda è invece la totale esenzione, in quanto la somma del Tfr non alimenta il trattamento pensionistico dei lavoratori», fa notare.
«In passato, in caso di Tfr anticipato mensilmente in busta paga dai datori di lavoro -ricorda la Fondazione studi nel parere- i giudici del lavoro avevano stabilito un cambiamento della natura della retribuzione, che diventava così ordinaria e non speciale. Di conseguenza, le imprese sono tenute a pagare i contributi corrispettivi e i lavoratori le imposte con un tasso ordinario e non più agevolato. Per conservare, dunque, l'agevolazione fiscale e contributiva, bisogna necessariamente prevedere un'adeguata copertura finanziaria». «La scelta di destinare il Tfr dei lavoratori alla previdenza complementare -continua- in seguito all'entrata in vigore della riforma della previdenza del 2006 dava la possibilità di integrare il metodo contributivo». «Se adesso si scegliesse di anticipare -rimarca- la somma o parte di essa in busta paga, si creerebbe un danno al sistema pensionistico direttamente proporzionale al numero degli anni per cui viene percepito l'anticipo».
«Il Tfr è da sempre usato -precisa la Fondazione studi- come uno strumento per autofinanziarsi. Se, quindi, si decidesse di anticiparlo ogni mese, bisognerebbe prevedere un sistema di compensazione. Se è vero che il Tfr da monetizzare è quello per il futuro, e non quello maturato per il passato, è pur vero che le imprese sarebbero a rischio liquidità e, quindi, bisognerebbe compensare riducendo i costi contributivi, così come avvenne per il versamento al Fondo di Tesoreria per le aziende con 50 dipendenti». Secondo quanto è emerso da un'indagine effettuata dalla Fondazione studi sulle microimprese, «gli imprenditori vorrebbero liquidare il Tfr per favorire il clima aziendale e al tempo stesso evitare di dover versare somme superiori al loro volume d'affari al termine del rapporto di lavoro del dipendente». «Ma è necessario sottolineare -avverte- che questa proposta non porterà a un aumento delle retribuzioni. Si tratta, infatti, solo di un sistema di autofinanziamento con cui i lavoratori si anticipano indennità future, mettendo però a rischio gli equilibri pensionistici e indirizzando i futuri pensionati a una misera esistenza».
Per rassicurare le imprese, il Governo ha in serbo una proposta concreta che tiene conto dei punti critici segnalati, a partire dall’esborso per i datori di lavoro, e che garantisce a tutti solo vantaggi, coinvolgendo tanto i lavoratori del settore privato quanto quelli del pubblico.
Il meccanismo previsto non dovrebbe comportare oneri aggiuntivi per le aziende, perché passa attraverso l’istituzione di un Fondo anticipo TFR FATFR) che assicurerebbe alle imprese la liquidità necessaria per anticipare la liquidazione parziale del Trattamento di Fine Rapporto.
Il TFR anticipato resterebbe soggetto a tassazione separata senza passaggio di aliquota IRPEF (pur davanti a un aumento di scaglione di reddito). La scelta spetterà comunque al dipendente, che potrà anche lasciare il TFR in azienda o in un fondo pensione. Inoltre, oltre alla possibilità di anticipo del 50% di quanto maturato con le buste paga 2015, il lavoratore potrà scegliere l’erogazione in un’unica soluzione, con lo stipendio di febbraio.
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