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martedì 31 marzo 2015

Modulo Tfr in busta paga istruzioni per l'uso



E' stato pubblicato sulla G.U. del 19/03/2015, il D.P.C.M. n. 29 in vigore dal 3/4/2015 recante le disposizioni attuative per la liquidazione mensile della quota di TFR maturanda e predisposto il modulo che i lavoratori dovranno utilizzare per la richiesta del pagamento mensile della quota maturanda del TFR come quota integrativa della retribuzione c.d. Qu.I.R. a partire il regolamento recante norme attuative delle disposizioni in materia di liquidazione del TFR come parte integrante della retribuzione per il periodo di paga decorrente da marzo 2015 a giugno 2018.

La Legge di stabilità 2015 ha introdotto la possibilità per i lavoratori dipendenti del settore privato di richiedere per i periodi di paga decorrenti dal 1° marzo 2015 al 30 giugno 2018 l'erogazione del TFR ad integrazione della busta paga c.d. Qu.I., Quota Integrativa della retribuzione.

Sottolineiamo che l'erogazione mensile della quota maturanda di TFR risulta essere una facoltà per il lavoratore, mentre è un obbligo per il datore di lavoro nel caso in cui il lavoratore eserciti la predetta facoltà.

Per dare piena attuazione alla liquidazione della Qu.I.R. mancano ancora le istruzioni INPS pertanto, al momento, i datori di lavoro potranno limitarsi a raccogliere le istanze dei lavoratori.

Quindi effettivamente l’anticipo del TFR in busta paga può essere richiesto con decorrenza dalla mensilità di marzo 2015, ma tecnicamente può essere inserito nel cedolino paga, dietro richiesta del lavoratore solo a decorrere dal 1° aprile 2015.

Possono presentare istanza per la liquidazione mensile della Qu.I.R. i lavoratori dipendenti del settore privato, con rapporto di lavoro subordinato in essere da almeno sei mesi.

Restano esclusi da questa possibilità:
i lavoratori domestici;
i lavoratori del settore agricolo;
I lavoratori per i quali la legge ovvero il contratto collettivo nazionale di lavoro prevede la corresponsione periodica del TFR ovvero l'accantonamento del TFR medesimo presso soggetti terzi;
i lavoratori dipendenti da datori di lavoro sottoposti a procedure concorsuali;
i lavoratori dipendenti da datori di lavoro che abbiano iscritto nel Registro delle imprese un accordo di ristrutturazione dei debiti o un piano di risanamento;
i lavoratori dipendenti da datori di lavoro per i quali siano stati autorizzati interventi di integrazione salariale straordinaria e in deroga , se in prosecuzione dell'integrazione straordinaria;
i lavoratori dipendenti che, a fronte di un contratto di finanziamento che comporta la cessione del quinto dello stipendio , abbiamo dato il TFR a garanzia del predetto finanziamento.

La Qu.I.R. da liquidare, su espressa richiesta del lavoratore, è pari alla quota maturanda del TFR , al netto del contributo I.V.S. dell'0,50%.

La richiesta di liquidazione della Qu.I.R. può essere esercitata anche in caso di conferimento del TFR maturando a forme pensionistiche complementari . In tale ipotesi l'adesione del lavoratore alla forma pensionistica complementare prosegue senza soluzione di continuità con l'obbligo di versamento dell'eventuale contribuzione a suo carico e/o a carico del datore di lavoro.

MODALITA' DI RICHIESTA
I lavoratori per richiedere la liquidazione mensile della Qu.I.R. devono presentare al datore di lavoro istanza debitamente compilata e sottoscritta utilizzando il modello unito al DPCM.
Non esiste alcun obbligo a carico del datore di lavoro di consegnare ai propri dipendenti il suddetto modello. Inoltre non è previsto alcun termine da parte del lavoratore per esercitare l'opzione, pertanto può essere presentata in qualsiasi mese, fermo restando il temine ultimo al 30 giugno 2018, ovvero alla data di cessazione del rapporto di lavoro se precedente. L'opzione, una volta esercitata, è irrevocabile fino al 30 giugno 2018.

Liquidazione della quota integrativa delle retribuzioni (Qu.I.R.) e trattamento fiscale e previdenziale

Il datore di lavoro, a partire dal periodo di paga decorrente dal mese successivo a quello di presentazione dell'istanza da parte del lavoratore, provvede alla liquidazione mensile della Qu.I.R. con le stesse modalità in uso per l'erogazione della retribuzione.
Per i lavoratori per i quali si procede alla liquidazione mensile della Qu.I.R., non operano gli obblighi di versamento del TFR alle forme pensionistiche complementari e al Fondo di tesoreria INPS.

La Qu.I.R. è assoggettata a tassazione ordinaria anziché alla tassazione più agevolata prevista per il TFR, e concorre alla formazione de l reddito complessivo per il calcolo:
delle addizionali, comunali e regionali che aumentano;
delle detrazioni d'imposta che diminuiscono e quindi aumenta la ritenuta fiscale;
dell'assegno nucleo familiare che diminuisce in relazione all'aumento del reddito;
dell'ISEE.

Da stime effettuate da esperti, il lavoratore che sceglie il pagamento mensile della quota del TFR maturanda perde il 30% - 35% dell'importo stesso, rispetto al lavoratore che continua ad accumulare il TFR e lo percepisce al termine del rapporto di lavoro.

La Qu.I.R. non concorre, invece, alla determinazione del reddito complessivo ai fini dell'attribuzione del bonus 80 euro e non costituisce imponibile ai fini previdenziali.

Ai datori di lavoro che abbiano alle proprie dipendenze fino a 49 addetti , non tenuti quindi al versamento del TFR al Fondo Tesoreria INPS, e che non dispongano delle risorse necessarie per far fronte alla liquidazione mensile della Qu.I.R . ai lavoratori che ne facciano richiesta, è riconosciuta la facoltà di accedere al nuovo Fondo di Garanzia istituito presso l'INPS. Tale facoltà è preclusa per i datori di lavoro che occupano più di 49 addetti i quali sono già tenuti al versamento del TFR al Fondo Tesoreria INPS.

Per accedere al finanziamento i datori di lavoro devono presentare alla banca o all'intermediario finanziario una specifica certificazione dei requisiti aziendali rilasciata dall'INPS 0 entro 30 giorni dalla richiesta.

I datori di lavoro che accedono al finanziamento assistito dall'apposito Fondo di Garanzia, istituito presso l'INPS, effettuano le operazioni di liquidazione mensile della Qu.I.R. a partire dal terzo mese successivo a quello di efficacia dell'istanza presentata dal lavoratore.

L' importo complessivo del finanziamento è comunicato dal datore di lavoro alla banca, in funzione dell' entità della Qu.I.R. da liquidare mensilmente . La banca mette a disposizione del datore di lavoro il finanziamento, mediante singole erogazioni mensili, a partire dal mese successivo a quello di perfezionamento del contratto di finanziamento e comunque non prima del 1° giugno 2015 e non oltre il 30 ottobre 2018.

Il rimborso del finanziamento, comprensivo dei relativi interessi maturati, è rimborsato dal datore di lavoro in un' unica soluzione alla data del 30 ottobre 2018 . Nei casi di risoluzione del rapporto di lavoro intervenuti durante la vigenza del finanziamento assistito da garanzia, il datore di lavoro è tenuto al rimborso del finanziamento già fruito, entro la fine del mese successivo a quello di risoluzione del rapporto.

Nel caso sia accertato che il finanziamento sia stato utilizzato per finalità diverse dalla liquidazione mensile della Qu.I.R, , l'erogazione del finanziamento è interrotta e il datore di lavoro è tenuto al rimborso immediato del finanziamento già fruito e degli interessi.
L'erogazione del finanziamento assistito da garanzia è interrotta al verificarsi dei seguenti eventi:
datori di lavoro che abbiano iscritto nel Registro delle imprese un accordo di ristrutturazione dei debiti o un piano di risanamento attestato;
datori di lavoro per i quali siano stati autorizzati interventi di integrazione salariale straordinaria e in deroga , se in prosecuzione dell'integrazione straordinaria stessa;
datori di lavoro che abbiano sottoscritto un accordo di ristrutturazione dei debiti e di soddisfazione dei crediti;
fallimento del datore di lavoro, a far data dall'iscrizione della sentenza dichiarativa nel Registro delle imprese;
concordato preventivo, a far data dall'iscrizione del decreto di ammissione alla procedura nel Registro delle imprese;
liquidazione coatta amministrativa, a far data dalla pubblicazione del provvedimento dell'Autorità competente nella Gazzetta Ufficiale;
amministrazione straordinaria , a far data dall'iscrizione nel Registro delle imprese della sentenza dichiarativa dello stato di insolvenza.



mercoledì 11 marzo 2015

Calcolo TFR anticipato in busta paga: caso per caso



In vigore da marzo 2015 la possibilità per il lavoratore di chiedere l'anticipo del TFR in busta paga. Ecco la mini guida.

Quanto aumenta la busta paga mensile con il TFR anticipato e quanto si perde nel lungo periodo per effetto della tassazione ordinaria meno conveniente: calcoli Cgia Mestre.

Quanto aumenta la busta paga mensile con il TFR anticipato e quanto si perde nel lungo periodo per effetto della tassazione ordinaria meno conveniente: calcoli Cgia Mestre.

Il dipendente può effettuare la scelta del TFR anticipato entro settembre 2015: otterrà versamenti mensili fino al giugno 2018 sulla quota maturanda di liquidazione. La scelta può essere fatta una sola volta ed è irreversibile fino a tale data. La variabile fondamentale? Il TFR anticipato è sottoposto a tassazione ordinaria e non alla più favorevole tassazione separata prevista per la liquidazione accantonata.

Vediamo in tabella, in base ai calcoli della CGIA di Mestre, quando prendono in più ogni mese diverse tipologie di lavoratori e quanto perdono, sul lungo periodo, a causa della differenza di tassazione.

Busta paga e TFR
Operaio
Impiegato
Quadro/Dirigente
Stipendio mensile netto
1200 euro
1600 euro
3000 euro
TFR anticipato
71 euro
112 euro
214 euro
Busta paga + TFR anticipato
1271 euro
1712 euro
3214 euro
TFR lordo
106 euro
166 euro
369 euro
TFR netto accantonato
93 euro
134 euro
253 euro
Differenza TFR anticipato
e accantonato
-22 euro
-22 euro
-39 euro


Per fornire una base di calcolo utile per tutti, ricordiamo che la tassazione separata per il TFR accantonato parte dal 23% e sale con la retribuzione superando il 34% per redditi da 94mila euro. La tassazione ordinaria parte sempre dal 23%, aliquota per chi guadagna fino a 15mila euro, salendo al 27% fra i 20mila e i 25mila euro, al 38% fino a 50mila euro, al 41% fino a 75mila e infine al 43% sopra questa cifra.


Proponiamo nella seguente tabella altri calcoli, effettuati dai Consulenti del Lavoro:
Retribuzione annua
TFR anticipato mensile
TFR anticipata annuo
TFR accantonato annuo
Differenza annua
Differenza al giugno 2018
15mila euro
66 euro
798 euro
798 euro
20mila euro
85 euro
1008 euro
1058 euro
-50 euro
-167 euro
25mila euro
105 euro
1261 euro
1311 euro
-50 euro
-167 euro
35mila euro
125 euro
1499 euro
1806 euro
-307 euro
-1022 euro
50mila euro
178 euro
2141 euro
2448 euro
-307 euro
-1022 euro
75mila euro
255 euro
3057 euro
3501 euro
-444 euro
-1481 euro
95mila euro
312 euro
3740 euro
4310 euro
-570 euro
-1897 euro




Il lavoratore interessato deve presentare una domanda  all'ufficio del personale della propria azienda, che poi dovrà chiedere il via libera da parte dell'Inps. La domanda prende il nome di modello QU.I.R, che sta per Quota maturanda del Trattamento di fine rapporto come parte Integrativa della Retribuzione.


Una volta presentata la domanda, spetta alle imprese con meno di 50 dipendenti accedere ad un finanziamento bancario garantito presso un istituto (uno solo) di credito, nel caso in cui il dipendente chieda il Tfr in busta paga. L'azienda deve anche comunicare all'Inps per via telematica gli identificativi dei dipendenti che hanno fatto domanda e l'Istituto certificherà l'importo della retribuzione imponibile utile per il calcolo del Tfr utilizzando il Durc (documento unico di continuità contributiva) sulla base dei periodi di paga dei 15 mesi precedenti la domanda stessa.

Per quanto riguarda gli aspetti fiscali, il TFR anticipato in busta paga viene tassato in via ordinaria, ossia segue le regole delle imposte sui redditi. La liquidazione in busta paga deve arrivare entro il mese successivo alla domanda presentata dal lavoratore. Ma nel caso in cui l'azienda chieda l'accesso al finanziamento bancario di garanzia, il pagamento effettivo arriverà a partire dal mese successivo alla disponibilità finanziaria da parte della banca.

E’ bene ricordare che il Tfr in busta paga da marzo 2015 viene tassato con aliquota ordinaria, e non ridotta come quando viene preso alla fine del rapporto di lavoro: al netto, si registra una +22% di detrazione tutt'altro che conveniente. E ancora, anticipare l'incasso dilazionato incide negativamente sulle tabelle ANF e sulla determinazione dell'ISEE con la sola conseguenza di complicare la vita alle fasce di reddito più deboli, che altresì sarebbero dovute essere le principali beneficiarie della misura.



domenica 1 marzo 2015

TFR in busta paga dal 2 marzo 2015 come calcolarlo



Parte l’operazione Tfr in busta paga, da lunedì 2 marzo 2015 i lavoratori con almeno 6 mesi di anzianità avrebbero potuto richiedere al proprio datore di lavoro l’anticipo del trattamento di fine rapporto maturando nel 2015 direttamente nel cedolino mensile. Comunque si attende ancora la pubblicazione in Gazzetta ufficiale del Dpcm che dovrebbe contenere le istruzioni e il modello per presentare la richiesta: il provvedimento, non ancora in vigore, contiene la disciplina della procedura di erogazione della Qu.I.R. (sigla che sta per “Quota integrativa della retribuzione”, definizione ufficiale dell'anticipo del Tfr in busta paga) e il funzionamento del Fondo di garanzia.

Quindi il trattamento di fine lavoro (Tfr) potrà acquisire la forma di un'integrazione della retribuzione mensile. È questo il principale effetto prodotto dal comma 26 dell'articolo 1 della legge 190/2014, che introduce la possibilità per il dipendente privato in servizio da almeno sei mesi, di chiedere al proprio datore di lavoro, per i periodi decorrenti dal 1° marzo 2015 al 30 giugno 2018, la liquidazione in busta paga dell'importo mensile che avrebbe maturato ai sensi dell'art. 2120 del codice civile.

La tassazione del Tfr “monetizzato” in busta paga seguirà le regole delle imposte sui redditi: chi più guadagna, quindi, più pagherà al Fisco in termini di trattenute sull'importo di trattamento di fine rapporto ricevuto in busta paga.

Il regime fiscale è un elemento da tener bene in conto nel momento in cui si accarezza l’idea di chiedere di ricevere il Tfr in busta paga, anche perché una volta presa la decisione, questa sarà irrevocabile per tre anni. Si tratta di elementi che devono indurre i singoli a una valutazione sull'equilibrio costi/benefici, soprattutto per chi beneficia attualmente di una tassazione agevolata, come quella per esempio sui fondi pensione.

Sembra già profilarsi un flop di richieste in materia di trattamento di fine rapporto: i lavoratori dipendenti non sembrano intenzionati a chiedere al proprio titolare di anticipargli parte del gruzzoletto maturato, non sicuri di trarne reale vantaggio. Un report realizzato da Confersercenti in collaborazione con SWG parla infatti di adesione scarsa - appena del 6% - che entro l'anno salirà solamente fino all'11%. Infatti, la stragrande maggioranza (l'83% dei 12 milioni totali di italiani interessati dall'opzione) lascerà intatto l'ammontare trattamento di fine rapporto nell'impresa in cui presta servizio, come avvenuto fino ad oggi. E le imprese, dalla loro, confermano il trend mostrato dalla propria forza lavoro: l'82% non ha ricevuto (o pensa di non ricevere) richieste di Tfr anticipato da parte del proprio personale.

E chi invece deciderà di attingere, anticipatamente, dalla fonte, come impiegherà tale denaro? Neanche a dirlo, per saldare debiti pregressi (per il 24% del campione); il 20% lo destinerà invece alla previdenza integrativa, mentre solo il 19% lo impiegherà per acquisti di vario genere. I motivi di tale diffidenza? Anzitutto, la volontà del 58% di non erodere la liquidazione da riscuotere a fine rapporto di lavoro è significativa di quanto gli italiani guardino al Tfr come tesoretto salvagente per il futuro.

Il Tfr in busta paga dal 1 marzo 2015 viene infatti tassato con aliquota ordinaria, e non ridotta come quando viene preso alla fine del rapporto di lavoro: al netto, si registra una +22% di detrazione tutt'altro che conveniente. E ancora, anticipare l'incasso dilazionato incide negativamente sulle tabelle ANF e sulla determinazione dell'ISEE con la sola conseguenza di complicare la vita alle fasce di reddito più deboli, che altresì sarebbero dovute essere le principali beneficiarie della misura.

Per effetto della tassazione ordinaria al posto di quella separata – spiegano infatti sempre dalla Uil - si avranno delle penalizzazioni di 330 euro medi l’anno, tra maggiore tassazione (50 euro medi l’anno) e minori sgravi fiscali (280 euro medi l’anno). Infatti, se da una parte la busta paga con il Tfr mensilizzato sarà mediamente più pesante di 97 euro mensili, dall’altra questo ‘nuovo introito’ sarà tassato con l’aliquota Irpef ordinaria anziché a tassazione separata”. Ancora una volta a rendere più emblematica la situazione pratica che potrebbero vivere molti lavoratori, sono i numeri utilizzati nello studio. In esso, ad esempio, si considera un reddito di 23 mila euro (imponibile medio dei lavoratori dipendenti), per il quale con il Tfr in busta paga potrebbero scattare aumenti di 97 euro medi mensili, che salgono a 105 euro per i redditi di 25 mila euro e a 125 euro per i redditi di 35 mila euro, mentre scendono a 76 euro mensili per un reddito da 18 mila euro.

Nel frattempo, per mettere il lavoratore nelle condizioni più opportune per valutare la reale convenienza dell’anticipo, Infodatablog del Sole 24 Ore ha messo a punto (in collaborazione con lo Studio Rota Porta) un tool digitale per il calcolo della quota netta di Tfr che il lavoratore richiedente si vedrà anticipata in busta paga (quota mensile su 12 mensilità). Il risultato tiene conto delle imposte ordinarie che il datore di lavoro dovrà applicare sull'importo anticipato. Tool digitale per calcolare il tuo Tfr in busta paga





sabato 21 febbraio 2015

Tfr in busta paga al via dal 1° marzo 2015



Via libera del Consiglio di Stato al decreto con le modalità per chiedere l’anticipazione del Tfr in busta paga; la novità potrebbe quindi debuttare il primo marzo, secondo i tempi fissati dalla legge di stabilità. I giudici di Palazzo Spada hanno però avanzato anche un invito al governo a valutare con attenzione alcuni punti: tra gli altri la tenuta del sistema pensionistico, su cui va a incidere la liquidazione anticipata del Tfr, e gli eventuali costi aggiuntivi che «nella triangolazione dei flussi finanziari tra datore di lavoro, istituto finanziatore e Inps» possono ricadere sulle imprese.

Quindi dal 1° marzo prossimo i lavoratori dipendenti privati potranno optare per avere liquidato mensilmente il Tfr maturando fino al giugno del 2018.

Tuttavia l’operazione non sembra che potrebbe avere i  risultati desiderati

Vediamo perché.

Destinatari della possibilità di chiedere il TFR in anticipo sono i lavoratori dipendenti occupati esclusivamente nel settore privato. Sono esclusi:
i lavoratori domestici;
i lavoratori del settore agricolo;
i datori di lavoro sottoposti a procedure concorsuali;
le aziende dichiarate in crisi ai sensi dell’articolo 4 della citata legge n. 297 del 1982.

Il lavoratore che intende chiedere dal 1 marzo 2015  l’anticipo del TFR in busta paga dovrà presentare al datore di lavoro il modulo Qu.I.R., la “Quota maturanda del Trattamento di fine rapporto come parte Integrativa della Retribuzione”.

Con poca fiducia a questa operazione del Tfr in busta paga, è stato il centro studi della UIL secondo cui la novità “è azzardata e saranno pochissimi i lavoratori che opteranno per questo”. Dai 23 mila euro di stipendio lordo in su, infatti, non solo comporterà un appesantimento della tassazione ordinaria ma anche un aumento dell'Isee con un conseguente aggravio dei costi dei servizi.

Infatti : “Se un lavoratore che guadagna circa 23 mila euro lordi all'anno, che è l'imponibile medio tra i lavoratori dipendenti, volesse scaricare nella sua busta paga i 1.209 euro di Tfr maturando, otterrebbe un beneficio mensile di 97 euro medi mensili ma si vedrebbe aumentare l'aliquota marginale Irpef dal 23,9 al 27% che, sommata ai minori sgravi fiscali dovuti ad un rialzo dell'Isee, penalizzeranno il lavoratore per 330 euro all'anno. Lo stesso anche con un reddito di 18mila euro lordi: la rata mensile si aggirerà sui 76 euro per un totale di 957 euro di Tfr maturando su cui pagherà non più il 23% ma il 27% così come un reddito di 35mila euro che volesse aggiungere un Tfr di 1.806 euro ci pagherà il 38% anziché il 25,3% per un aggravio di 307 euro. Difficile quindi pensare a un rilancio dei consumi”.

Vediamo le osservazioni del Consiglio di Stato, oltre a sostenere la coerenza normativa. I giudici hanno,  messo l’accento su alcuni punti, invitando il Governo a valutarli con attenzione.
Il primo è la tenuta del sistema pensionistico. La liquidazione anticipata del Tfr finisce per incidere su quell’assetto. È, pertanto, «necessario - scrive il Consiglio di Stato  - riflettere con cura sull’opportunità di introdurre elementi di innovazione non coerenti con le linee di fondo» di un sistema di recente sottoposto a profonda revisione e che si è avviato su un sentiero di sostenibilità strutturale di medio-lungo periodo.

«Appare aderente al vero che l’opzione che viene offerta ai lavoratori amplia effettivamente il perimetro delle loro scelte marginali in ordine alla disponibilità immediata del reddito prodotto, ma - aggiungono i giudici - incide in qualche modo sui flussi di risorse che vengono destinati all’accumulo di posizioni contributive, nel sistema Inps e nel sistema complementare». Si tratta di un «elemento delicato», anche perché la previdenza complementare, che non è mai decollata negli anni pre-crisi, continua ad avere prospettive incerte.
L’altro rilievo del Consiglio di Stato riguarda gli eventuali costi aggiuntivi che «nella triangolazione dei flussi finanziari tra datore di lavoro, istituto finanziatore e Inps» possono ricadere sulle imprese. Sarebbe un effetto «da valutare negativamente e - scrivono i giudici - da evitare, eventualmente, con opportuni accorgimenti».

Inoltre c’è un rilievo di merito che riguarda le esclusioni previste per i lavoratori. Non possono optare per il Tfr in busta paga nel prossimo triennio coloro che, in virtù di una legge o di un contratto collettivo, godono già di una corresponsione periodica del Tfr oppure il suo accantonamento presso soggetti terzi. Secondo il Consiglio di Stato con questa esclusione si rischia di introdurre una disparità di trattamento non giustificata. Il riferimento è rispetto alla scelta diversa, fatta nella norma, di riconoscere invece la possibilità di accedere all’operazione Tfr in busta paga a coloro che avevano già deciso di destinare il Tfr maturando ai fondi pensionistici complementari.


martedì 6 gennaio 2015

Legge di Stabilità 2015 le novità per lavoro e pensioni



La Legge di Stabilità 2015, contiene "Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato". La legge, che consta di un unico articolo e 735 commi, entra in vigore il 1° gennaio 2015, fatte salve specifiche decorrenze previste dalle singole norme.

A seguire proponiamo una sintesi con le principali novità concernenti i lavoratori per quanto concerne, in particolare, gli aspetti del mercato del lavoro e previdenziali, con qualche accenno ad alcune norme di carattere fiscale.

Bonus 80 euro: norme di stabilizzazione del bonus. Si prevede un 'intervento con l'obiettivo di stabilizzare le norme, aventi carattere di transitorietà, sul "Bonus 80 sia di importo superiore a quello della detrazione spettante, compete un credito rapportato al periodo di lavoro nell’anno che non concorre alla formazione del reddito di importo pari a:

1) 960 euro, se il reddito complessivo non è superiore a 24.000 euro;

2) 960 euro, se il reddito complessivo è superiore a 24.000 euro ma non a 26.000 euro. Il credito spetta per la parte corrispondente al rapporto tra l’importo di 26.000 euro, diminuito del reddito complessivo, e l’importo di 2.000 euro. Ai fini della determinazione della soglia di reddito rilevante per l’attribuzione del Bonus 80 euro non si computano le riduzioni di base imponibile previste per i ricercatori che rientrano in Italia ; in sostanza, ai fini dell’attribuzione del bonus il reddito sarà considerato per intero. Sarà, infine, il sostituto d'imposta che riconoscerà al lavoratore in via automatica il credito spettante sugli emolumenti corrisposti in ciascun periodo di paga, rapportandolo al periodo stesso. Le somme erogate sono recuperate dal sostituto d’imposta mediante l’istituto della compensazione.

Incentivi per il rientro in Italia di ricercatori residenti all'estero. Il Legislatore interviene con l'allungamento dei periodi d’imposta nei quali si applicano le agevolazione fiscali in favore dei ricercatori che rientrano in Italia. Per la precisione la norma risulta modificata come segue: ai fini delle imposte sui redditi è escluso dalla formazione del reddito di lavoro dipendente o autonomo il 90% degli emolumenti percepiti dai docenti e dai ricercatori che, in possesso di titolo di studio universitario o equiparato e non occasionalmente residenti all'estero, abbiano svolto documentata attività di ricerca o docenza all'estero presso centri di ricerca pubblici o privati o università per almeno due anni continuativi e che dalla data di entrata in vigore del decreto legge n. 78/2010 ed entro i sette (e non più cinque) anni solari successivi vengono a svolgere la loro attività in Italia, acquisendo conseguentemente la residenza fiscale nel territorio dello Stato.

Tassazione buoni pasto. Elevata la quota non sottoposta a tassazione a euro 7 (da euro 5.29), se il buono pasto è reso in formato elettronico.

Deduzione del costo del lavoro dall’IRAP. Viene modificato l'art. 11 del D.lgs. n. 446/97 recante "Disposizioni comuni per la determinazione del valore della produzione netta". In sintesi le modifiche sono le seguenti:

viene ammessa in deduzione ai fini IRAP a decorrere dal periodo di imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2014, la differenza tra il costo complessivo per il personale dipendente a tempo indeterminato e le vigenti deduzioni spettanti a titolo analitico o forfetario riferibili sempre al costo del lavoro;

viene estesa l’integrale deducibilità IRAP del costo del lavoro per i produttori agricoli titolari di reddito agrario e a favore delle società agricole per ogni lavoratore dipendente a tempo determinato che abbia lavorato almeno 150 giornate ed il cui contratto abbia almeno una durata triennale;

viene introdotto un credito d’imposta IRAP nei confronti dei soggetti passivi che non si avvalgono di dipendenti nell’esercizio della propria attività, pari al 10% dell’imposta lorda determinata secondo le regole generali; il credito d’imposta è utilizzabile esclusivamente in compensazione.

TFR in busta paga. In via sperimentale, in relazione ai periodi di paga decorrenti dal 1° marzo 2015 al 30 giugno 2018, i lavoratori dipendenti del settore privato, esclusi i lavoratori domestici e i lavoratori del settore agricolo, che abbiano un rapporto di lavoro in essere da almeno sei mesi presso il medesimo datore di lavoro, possono richiedere al datore di lavoro medesimo di percepire la quota maturata del TFR, compresa quella eventualmente destinata ad una forma pensionistica complementare. Si procederà tramite liquidazione diretta mensile della medesima quota maturata come parte integrativa della retribuzione. Si applicherà alla predetta parte integrativa della retribuzione la tassazione ordinaria; quanto erogato non sarà imponibile ai fini previdenziali. Inoltre, soli fini della verifica dei limiti di reddito complessivo non si tiene conto dell’eventuale erogazione diretta della quota maturanda del TFR consentita dalla legge. La manifestazione di volontà, qualora esercitata, è irrevocabile fino al 30 giugno 2018.

Le presenti norme non si applicano nel caso di aziende sottoposte a procedure concorsuali/dichiarate in crisi

- per i datori di lavoro che abbiano alle proprie dipendenze meno di 50 addetti e non optino per lo schema di accesso al credito si applicano misure compensative di carattere fiscale e contributivo attualmente previste dall’articolo 10 del D.lgs. n. 252 del 2005 per le imprese che versano il TFR a forme di previdenza complementare ovvero al Fondo di Tesoreria istituito presso l’INPS, relativamente alle quote maturande liquidate come parte integrativa della retribuzione sopra descritte

- ai datori di lavoro che abbiano alle proprie dipendenze meno di 50 addetti, i quali optino per lo schema di accesso al credito, si applicano solo le disposizioni di cui al comma 2 dell’articolo 10 del D.lgs. n. 252 del 2005. I medesimi datori di lavoro versano un contributo mensile al Fondo di garanzia per l’accesso ai finanziamenti pari a 0,2 punti percentuali della retribuzione imponibile ai fini previdenziali nella stessa percentuale della quota maturanda liquidate come parte integrativa della retribuzione.

I datori di lavoro che non intendono corrispondere immediatamente con risorse proprie la quota maturanda possono accedere a un finanziamento assistito da garanzia rilasciata dal Fondo di garanzia per l'accesso al credito e da garanzia dello Stato, di ultima istanza. Il finanziamento è altresì assistito dal privilegio speciale in materia bancaria e creditizia.

Al fine di accedere ai finanziamenti: i datori di lavoro devono tempestivamente richiedere all’INPS apposita certificazione del TFR maturato in relazione ai montanti retributivi dichiarati per ciascun lavoratore e presentare richiesta di finanziamento presso una delle banche o degli intermediari finanziari che aderiscono all’apposito accordo-quadro da stipulare tra i Ministri del lavoro, dell’economia e l’ABI. Ai suddetti finanziamenti non possono essere applicati tassi, comprensivi di ogni eventuale onere, superiori al tasso di rivalutazione della quota di trattamento di fine rapporto lavoro.

Si prevede l'istituzione del Fondo di garanzia per l’accesso ai finanziamenti per le imprese con alle dipendenze un numero di addetti inferiore a 50, con dotazione iniziale pari a 100 milioni di euro per l’anno 2015. Gli interventi del Fondo sono assistiti dalla garanzia dello Stato quale garanzia di ultima istanza.

Norme sui requisiti contributivi per l'accesso alla pensione. Si tratta delle cd "penalizzazioni" legate al conseguimento della pensione anticipatamente rispetto alle decorrenze di legge: viene prevista l'eliminazione della relativa norma contenuta nella Riforma Fornero. In pratica, si fa riferimento ai soggetti che maturano il requisito di anzianità contributiva per l’accesso al trattamento pensionistico entro il 31 dicembre 2017 nei confronti dei quali non troveranno applicazione le penalizzazioni (riduzioni della pensione) previste per l’accesso alla pensione anticipata (ossia prima dei 62 anni). Nello specifico: sulla quota di trattamento relativa alle anzianità contributive maturate antecedentemente il 1° gennaio 2012 di tali soggetti non si applicano la riduzione percentuale pari ad 1 punto percentuale per ogni anno di anticipo nell’accesso al pensionamento rispetto all’età di 62 anni e di 2 punti percentuali per ogni anno ulteriore di anticipo rispetto a due anni.



sabato 1 novembre 2014

Tfr in busta paga a chi conviene?





Per i datori di lavoro con meno di 50 addetti che non optino per detta modalità di accesso al credito, si prevede il riconoscimento delle misure compensative di carattere fiscale e contributivo previste dall’art. 10 del D.Lgs. n. 252/2005 per le imprese che versano il TFR a forme di previdenza complementare ovvero al Fondo di Tesoreria istituito presso l’INPS. Inoltre, le stesse misure compensative vengono riconosciute anche ai datori di lavoro con numero di addetti pari o superiore a 50, in proporzione alle quote di TFR percepite dai lavoratori come parte integrativa della retribuzione.

Insomma, un aggravio di tassazione per i lavoratori e la necessità di ricorrere a finanziamenti per le imprese: viene da chiedersi a chi giovi la novità, se non alle casse erarali.
 
La questione del TFR in busta paga aveva tenuto banco per giorni: le imprese, per mezzo delle associazioni di categorie, facevano sapere di essere decisamente contrarie, perché l'operazione andava a intaccarne la liquidità senza alcuna reale contropartita (se non la vaga speranza nella ripresa della domanda interna), mentre ai lavoratori veniva garantito che quell'incremento in busta paga sarebbe stato assoggettato a tassazione separata con aliquota ridotta. Poi la manovra è stata messa nero su bianco e approvata dal Consiglio dei Ministri, e successivamente "bollinata", in una versione riveduta e corretta, dalla Ragioneria generale dello Stato. E si è scoperto che l'operazione "TFR in busta paga", introdotta in via sperimentale e su base opzionale, non era poi così conveniente per i lavoratori, ed aveva il solo scopo di generare incrementi di gettito.

Meno di 2 lavoratori su 10 (il 18%) avrà il Tfr in busta paga, a fronte del 67% che invece continuerà a lasciarlo in azienda. E' quanto emerge da un sondaggio Confesercenti-Swg.

A scegliere di usufruire della possibilità offerta dalla legge di Stabilità, soprattutto chi ha tra i 35 e i 44 anni (21%), seguiti dai più giovani fra 18 e i 24 (19%). A lasciarlo in azienda i lavoratori più vicini alla pensione: non lo toccheranno quelli tra i 55-64 anni (72%) e tra 45-54 (70%).

Tra i lavoratori che hanno intenzione di richiedere il Tfr in busta paga, la maggior parte è ancora incerta su come utilizzare la liquidità in più (44%), mentre il 17% la investirà soprattutto in forme di risparmio alternative. Il 16% punta a pensioni integrative e il 13% dice che userà la somma per saldare pagamenti e debiti pregressi. La percentuale sale al 36% tra i giovani compresi tra i 18 e i 24 anni. Solo il 10% investirà il Tfr in acquisti. Emerge da un sondaggio di Confesercenti-Swg.

Il 64% degli imprenditori teme che, se tutti o la maggior parte dei dipendenti, scegliessero di avere il Tfr su base mensile, l'impresa avrebbe difficoltà con la liquidità disponibile, a fronte di un 36% che, invece, non avrebbe problemi. E' quanto emerge da un sondaggio Confesercenti-Swg. Gli ostacoli nascono dagli impedimenti che le imprese incontrano nell'ottenere prestiti dal canale bancario, segnalati dal 66% degli imprenditori.

lunedì 6 ottobre 2014

Tfr 50% in busta paga, per i Consulenti del lavoro dai 40 agli 82 euro al mese




"Sui giornali, grandi discussioni sul Jobs Act e sull'articolo 18. A tempo debito sarà bello spiegare cosa cambia per un giovane precario. Ma ne parleremo prestissimo''. Questo l'annuncio del premier nella sua enews.

Ma per il momento: "L'Italia è il Paese con il più alto numero di lavoratori scoraggiati d'Europa, e con il tasso di attività più basso". A rivelarlo è l'ultimo rapporto trimestrale della Commissione Ue su occupazione e situazione sociale. Per Bruxelles l'Italia è anche tra i Paesi dove "la disoccupazione giovanile e quella a lungo termine salgono più che nel resto d'Europa, e dove le entrate delle famiglie continuano a scendere".

"L'Italia - continua il rapporto - è ancora il Paese con il più elevato tasso di lavoratori scoraggiati e l'evoluzione recente non è incoraggiante (12,8% nel primo trimestre 2014, +1 punti percentuali rispetto al primo trimestre 2013). Per quanto riguarda la situazione sociale, "tra i grandi Stati membri le entrate delle famiglie continuano ad aumentare in Germania e Regno Unito, mentre scendono in Italia, Polonia e Spagna".

Tra 40 a 82 euro al mese in busta paga se andasse in porto il provvedimento proposto dal Governo. È quanto hanno calcolato gli esperti della Fondazione Studi Consulenti del Lavoro in un parere che ha l'obiettivo, oltre di prevedere l'ammontare della somma da percepire, anche quello di chiarire tutti i passaggi tecnici della proposta, illustrando il bacino d'utenza e le criticità legate alle coperture finanziare e agli equilibri pensionistici.

Secondo le previsioni della Fondazione entrerebbero nelle buste paga dei lavoratori “circa 40 euro al mese (in caso di Tfr erogato al 50%), circa 62 euro (con Tfr erogato al 75%) e circa 82 euro al mese (in caso di Tfr erogato al 100%)”. Se si decidesse di mantenere l'odierna agevolazione fiscale, l'ammontare mensile varierebbe di circa 5 euro in eccesso. I lavoratori interessati all'anticipo del Tfr in busta paga dovrebbero essere “esclusivamente i dipendenti del settore privato, ovvero circa 12 milioni di lavoratori rispetto agli oltre 3 milioni del settore pubblico”.

Per il settore privato, afferma la Fondazione, “ ogni anno vengono erogate 315 miliardi di retribuzioni contro i 115 miliardi per quelle dei lavoratori pubblici, per un totale di circa 430 miliardi di retribuzioni l'anno. Il Tfr maturato ogni anno è circa 21 miliardi, 451 milioni di euro. Sapendo che per le imprese che superano i 49 dipendenti il Tfr rimasto in azienda viene destinato al Fondo di Tesoreria Inps, dal quale non è possibile sottrarlo per non incorrere in problemi di gettito, questa proposta riguarderebbe solo la metà dei lavoratori privati, ovvero i 6 milioni e 500 mila dipendenti di aziende private con meno di 50 dipendenti”.

Un altro fattore da considerare, per la Fondazione studi dei consulenti del lavoro, è la riforma delle previdenza complementare, entrata in vigore dal 1° gennaio 2007, a cui ogni anno vengono destinati 6 miliardi del Tfr.

«Poi, ci sono i 6 miliardi distribuiti annualmente al Fondo Tesoreria Inps e i restanti 10 miliardi che rimangono in azienda. Di conseguenza, se la proposta normativa riguarderà solo le aziende fino a 49 dipendenti, il Tfr sarebbe circa la metà di quello maturato complessivamente», prosegue. «Il Tfr, sia che venga corrisposto al termine del rapporto sia che venga in parte anticipato durante il rapporto, gode di un'agevolazione fiscale e previdenziale. La prima riguarda un regime di tassazione agevolata che va dal 23 al 25% della somma percepita; la seconda è invece la totale esenzione, in quanto la somma del Tfr non alimenta il trattamento pensionistico dei lavoratori», fa notare.

«In passato, in caso di Tfr anticipato mensilmente in busta paga dai datori di lavoro -ricorda la Fondazione studi nel parere- i giudici del lavoro avevano stabilito un cambiamento della natura della retribuzione, che diventava così ordinaria e non speciale. Di conseguenza, le imprese sono tenute a pagare i contributi corrispettivi e i lavoratori le imposte con un tasso ordinario e non più agevolato. Per conservare, dunque, l'agevolazione fiscale e contributiva, bisogna necessariamente prevedere un'adeguata copertura finanziaria». «La scelta di destinare il Tfr dei lavoratori alla previdenza complementare -continua- in seguito all'entrata in vigore della riforma della previdenza del 2006 dava la possibilità di integrare il metodo contributivo». «Se adesso si scegliesse di anticipare -rimarca- la somma o parte di essa in busta paga, si creerebbe un danno al sistema pensionistico direttamente proporzionale al numero degli anni per cui viene percepito l'anticipo».

«Il Tfr è da sempre usato -precisa la Fondazione studi- come uno strumento per autofinanziarsi. Se, quindi, si decidesse di anticiparlo ogni mese, bisognerebbe prevedere un sistema di compensazione. Se è vero che il Tfr da monetizzare è quello per il futuro, e non quello maturato per il passato, è pur vero che le imprese sarebbero a rischio liquidità e, quindi, bisognerebbe compensare riducendo i costi contributivi, così come avvenne per il versamento al Fondo di Tesoreria per le aziende con 50 dipendenti». Secondo quanto è emerso da un'indagine effettuata dalla Fondazione studi sulle microimprese, «gli imprenditori vorrebbero liquidare il Tfr per favorire il clima aziendale e al tempo stesso evitare di dover versare somme superiori al loro volume d'affari al termine del rapporto di lavoro del dipendente». «Ma è necessario sottolineare -avverte- che questa proposta non porterà a un aumento delle retribuzioni. Si tratta, infatti, solo di un sistema di autofinanziamento con cui i lavoratori si anticipano indennità future, mettendo però a rischio gli equilibri pensionistici e indirizzando i futuri pensionati a una misera esistenza».

Per rassicurare le imprese, il Governo ha in serbo una proposta concreta che tiene conto dei punti critici segnalati, a partire dall’esborso per i datori di lavoro, e che garantisce a tutti solo vantaggi, coinvolgendo tanto i lavoratori del settore privato quanto quelli del pubblico.

Il meccanismo previsto non dovrebbe comportare oneri aggiuntivi per le aziende, perché passa attraverso l’istituzione di un Fondo anticipo TFR FATFR) che assicurerebbe alle imprese la liquidità necessaria per anticipare la liquidazione parziale del Trattamento di Fine Rapporto.

Il TFR anticipato resterebbe soggetto a tassazione separata senza passaggio di aliquota IRPEF (pur davanti a un aumento di scaglione di reddito). La scelta spetterà comunque al dipendente, che potrà anche lasciare il TFR in azienda o in un fondo pensione. Inoltre, oltre alla possibilità di anticipo del 50% di quanto maturato con le buste paga 2015, il lavoratore potrà scegliere l’erogazione in un’unica soluzione, con lo stipendio di febbraio.



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