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sabato 19 gennaio 2019

Pensioni con quota 100: le regole e come funziona



La quota 100 contiene tutte le misure che regolamentano questa nuova forma di pensione anticipata, rivolta a coloro che hanno almeno 62 anni di età e 38 anni di contributi versati: la quota 100 è prevista in via sperimentale dal 2019 al 2021. Sarà però esercitabile anche successivamente. In sostanza, chi matura il diritto entro il 31 dicembre 2021, può esercitare l’opzione anche in data successiva.

In via sperimentale per il triennio 2019-2021, si potrà andare in pensione con 62 anni e un’anzianità contributiva minima di 38 anni. I requisiti possono essere raggiunti anche con il cumulo gratuito di versamenti effettuati in gestioni diverse. La pensione “quota 100” non è cumulabile, a far data dal primo giorno di decorrenza della pensione e fino alla maturazione dei requisiti per l’accesso alla pensione di vecchiaia, con i redditi da lavoro dipendenti o autonomo, ad eccezione di quelli derivanti da lavoro autonomo occasionale, nel limite di 5mila euro lordi annui. La decorrenza della pensione scatta con una finestra mobile di tre mesi.

Per i dipendenti pubblici il decreto prevede un’uscita ritardata rispetto a quelli privati. La prima finestra utile è fissata al 1° agosto, con un mese di ritardo rispetto alla “soglia” di luglio ipotizzata inizialmente e 4 mesi dopo quella prevista per i lavoratori dipendenti. A utilizzare questa uscita potranno essere solo gli “statali” che avranno maturato i requisiti per quota 100 entro la data di entrata in vigore del decreto; chi li maturerà dal giorno successivo conseguirà il diritto alla decorrenza del trattamento dopo sei mesi. In ogni caso la domanda di pensionamento anticipato dovrà essere presentata alla Pa di appartenenza con un preavviso di 6 mesi.

In pratica i lavoratori con contribuzione a partire dal 1° gennaio 1996 potranno riscattare periodi di mancati versamenti fino a un massimo di cinque anni. L’onere è detraibile al 50% dall’imposta lorda con una ripartizione in cinque quote annuali costanti e di pari importo. Se il riscatto è sostenuto dal datore di lavoro l’onere è invece deducibile dal reddito d’impresa o da lavoro autonomo. Il riscatto può essere effettuato in unica soluzione o fino a 60 rate mensili, ciascuna di importo non inferiore a € 30,00, senza applicazione di interessi per la rateizzazione. Fino a 45 anni la facoltà di riscatto agevolato è estesa anche alla laurea.

Attualmente il Tfr/Tfs arriva in tasca ai dipendenti pubblici con almeno due anni di ritardo. La soluzione approvata dal Consiglio dei ministri prevede la possibilità di un anticipo parziale attraverso il meccanismo del prestito bancario (facendo leva su convenzioni tra la Pa e l’Abi) fino a un massimo di 30mila euro di Tfs. Gli interessi da versare agli istituti di credito sono per il 95% a carico dello Stato. Sempre lo Stato sarebbe anche garante dell’intera operazione. Il vicepremier Matteo Salvini e la ministra Giulia Bongiorno puntano a far salire a 40-45mila il “tetto”, magari già con i correttivi parlamentari al decreto.

L’anticipo pensionistico (Ape) sociale, riservato attraverso un prestito bancario viene prorogato di un anno. Il provvedimento estende poi alle lavoratrici dipendenti con almeno 58 anni d’età al 31 dicembre 2018 (59 anni se autonome) la cosiddetta Opzione donna, ovvero la possibilità di uscire anticipatamente dal lavoro se in possesso di almeno 35 anni di contribuzione con l’assegno pensionistico ricalcolato con il metodo contributivo.

Decorrenza
Importanti le regole sulla decorrenza della prestazione. In linea generale, dal momento di maturazione del diritto, i dipendenti del privato hanno una finestra di tre mesi, quelli del pubblico pari a sei mesi. I primi assegni verranno quindi pagati nell’aprile 2019, e riguarderanno i dipendenti del privati che hanno maturato il requisito entro il 31 dicembre del 2018.

Requisiti entro il 31 dicembre 2018 (lavoratori privati) e poi ogni 3 mesi dal raggiungimento dei requisiti: aprile 2019

Requisiti a partire dal 1° gennaio 2019 (lavoratori privati): dopo tre mesi

Requisiti entrata in vigore del decreto (lavoratori pubblici) e poi ogni 6 mesi dal raggiungimento dei requisiti: Agosto 2019

Requisiti a partire dal 1° febbraio 2019 (lavoratori pubblici): dopo sei mesi

In linea con l’inizio dell’anno scolastico (lavoratori Scuola ed Afam): settembre

Per i dipendenti pubblici, come detto, la finestra è invece di sei mesi. La prima uscita 2019 per i dipendenti pubblici, è il primo agosto 2019, con l’eccezione dei dipendenti della Scuola e Afam (alta formazione artistica musicale e coreutica), che invece potranno ritirarsi a partire dal settembre 2019.



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