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martedì 29 gennaio 2019

Quota 100 si può presentare la domanda all’INPS


Da oggi è possibile presentare la domanda o telematicamente, se si ha il pin dell’INPS, o attraverso il call center o ai patronati e agli altri soggetti abilitati «alla intermediazione delle istanze di servizio. In attesa della pubblicazione della circolare illustrativa delle nuove disposizioni - si legge - con il presente messaggio si comunicano le modalità di presentazione delle relative domande di pensione».

Nuovi requisiti

Quota 100: prevista dall’articolo 14 del decreto, richiede almeno 62 anni di età e 38 anni di contributi;

Pensione anticipata con 42 anni e dieci mesi di contributi (un anno in meno per le donne): l’articolo 15 del decreto ha bloccato fino al 2026 gli scatti di adeguamento alle aspettative di vita per le pensioni anticipata, che quindi nel 2019 si raggiungono con 42 anni e 10 mesi di contributi per gli uomini, e con 41 anni e dieci mesi di contributi per le donne.

Opzione Donna: l’articolo 16 del decreto la estende alle lavoratrici dipendenti con almeno 58 anni e alle autonome con almeno 59 anni al 31 dicembre 2019. Resta pari a 35 anni il requisito contributivo.

Il cittadino in possesso delle credenziali di accesso (PIN rilasciato dall'Istituto, SPID o Carta nazionale dei servizi) - spiega l'Istituto - può compilare e inviare la domanda telematica di accesso alla pensione disponibile fra i servizi on line, sul sito www.inps.it, nella sezione “Domanda Pensione, Ricostituzione, Ratei, ECOCERT, APE Sociale e Beneficio precoci”. Una volta effettuato l'accesso e scelta l'opzione “Nuova domanda” nel menù di sinistra, occorre selezionare in sequenza: per la pensione c.d. quota 100: “Pensione di anzianità/vecchiaia” > “Pensione di anzianità/anticipata” > “Requisito quota 100”; per la pensione anticipata: “Pensione di anzianità/vecchiaia” > “Pensione di anzianità/anticipata” > “Ordinaria”; per la pensione anticipata c.d. opzione donna: “Pensione di anzianità/vecchiaia” > “Pensione di anzianità/anticipata” > “Contributivo sperimentale lavoratrici”.

Chi può utilizzare la procedura
La modalità di presentazione delle domande, sopra illustrata, scrive l'Istituto - è utilizzabile da parte dei lavoratori iscritti alle Gestioni private, alla Gestione pubblica e alla Gestione spettacolo e sport, anche al fine di chiedere, per la pensione quota 100, il cumulo dei periodi assicurativi. La domanda può essere presentata anche per il tramite dei Patronati e degli altri soggetti abilitati alla intermediazione delle istanze di servizio all’Inps ovvero, in alternativa, può essere presentata utilizzando i servizi del Contact center.

28 febbraio 2019: si parte con il comparto scuola
Entro il 28 febbraio 2019, il personale a tempo indeterminato della scuola può presentare domanda di cessazione dal servizio, con effetti dall'inizio dell’anno scolastico o accademico.

1° aprile 2019: diritto alla pensione per i privati
Nel comparto privato, chi ha maturato quota 100 entro il 31 dicembre 2018 ottiene il diritto alla decorrenza del trattamento dal 1° aprile 2019. Per chi matura il requisito dopo il 1° gennaio 2019 ed entro il 31 dicembre 2021 (quota 100 è al momento una misura sperimentale per il triennio 2019-2021), avrà il diritto alla pensione dopo tre mesi dalla data di raggiungimento dei requisiti. Per esempio, chi ha raggiunto quota 100 oggi, 29 gennaio, matura la pensione dal 29 aprile.

1° agosto 2019: pensione per i dipendenti pubblici
Per evitare malfunzionamenti nella macchina statale, per i dipendenti pubblici è stato previsto un diverso regime: per quelli che entro il 30 gennaio 2019 hanno maturato quota cento, conseguono il diritto al trattamento pensionistico dal 1° agosto. E la domanda di collocamento a riposo deve essere presentata alla amministrazione appartenente con un preavviso di 6 mesi. Per i dipendenti pubblici che maturano quota cento da oggi in poi e fino al 31 dicembre 2021, hanno diritto al trattamento dopo sei mesi: per esempio, chi raggiunge quota 100 il 10 marzo, matura la pensione dal 10 settembre.

Come fare domanda INPS
La domanda si può presentare utilizzando i servizi INPS online, oppure rivolgendosi a patronati e centri di assistenza fiscale (CAF), oppure chiamando il contact center INPS (803164 da telefono fisso, 06164164 da mobile).

Per chi sceglie la modalità telematica sono necessarie le credenziali di accesso (PIN  INPS, oppure SPID o carta nazionale dei servizi). Bisogna andare sulla pagina dedicata a “Domanda Pensione, Ricostituzione, Ratei, ECOCERT, APE Sociale e Beneficio precoci”, scegliere l’opzione “nuova domanda” dal menù di sinistra e poi selezionare la voce relativa alla tipologia di domanda che si presenta.

Ecco il percorso per le tre nuove opzioni.

Quota 100: “Pensione di anzianità/vecchiaia” > “Pensione di anzianità/anticipata” > “Requisito quota 100”;

Pensione anticipata: Pensione di anzianità/vecchiaia” > “Pensione di anzianità/anticipata” > “Ordinaria”;

Opzione Donna: Pensione di anzianità/vecchiaia” > “Pensione di anzianità/anticipata” > “Contributivo sperimentale lavoratrici”.

In tutti e tre i casi, bisogna selezionare il fondo e la gestione INPS di appartenenza (gestioni private, gestione pubblica e gestione spettacolo e sport).
La procedura consente anche di chiedere la quota 100 utilizzando il cumulo gratuito dei periodi assicurativi in diverse gestioni INPS.

Decorrenza pensione
Ricordiamo che in tutti e tre i casi di pensione agevolata per i quali sono aperte le procedure di domanda, sono previste finestre temporali fra la maturazione del requisito e la decorrenza della pensione.

Quota 100: ci vogliono tre mesi. Coloro che avevano già maturato il requisito allo scorso 31 dicembre, prenderanno la pensione con la quota 100 dal primo aprile 2019. Dal primo gennaio, invece, si calcolano tre mesi dal momento in cui è maturato il requisito.

Pensione anticipata: anche qui la finestra è di tre mesi. Coloro che hanno maturato il requisito dal primo gennaio al 29 gennaio (entrata in vigore del decreto), potranno avere la pensione il primo aprile 2019.

Opzione Donna: qui le finestre temporali sono più lunghe, 12 mesi dalla maturazione del requisito per le lavoratrici dipendenti e 18 mesi per le autonome.



domenica 20 gennaio 2019

Riscatto della pensione e scivolo quota 100





Si possono riscattare cinque anni non coperti da contribuzione, detrazione fiscale al 50% dell'onere, può pagare il datore di lavoro usando i premi di produzione: decreto riforma pensioni.

Dopo quella fiscale arriva anche la pace contributiva: consente di riscattare periodi contributivi non coperti da versamenti agli istituti previdenziali, fino a un massimo di cinque anni: si tratta di un nuovo strumento, che dovrà dare attuazione alla riforma pensioni e in particolare alla quota 100.

Ecco come funziona: è una possibilità prevista nel triennio 2019-2021 destinata ai dipendenti pubblici e privati, agli iscritti alle gestioni speciali dei lavoratori autonomi e alla gestione separata. Devono essere privi di anzianità contributiva al 31 dicembre 1995, quindi lo strumento è attivabile solo dai cosiddetti contributivi puri (versamenti a partire dal primo gennaio 1996).

Non possono utilizzarlo coloro che calcolano la pensione con il sistema retributivo o misto. Facendo i calcoli, risulta quindi non praticabile per raggiungere il requisito per la quota 100, destinata a lavoratori con maggiore anzianità (ci vogliono 62 anni di età e 38 di contributi). La pace contributiva non è altresì prevista per coloro che percepiscono già una pensione.

Il riscatto contributi può riguardare i periodi per i quali non sussiste l’obbligo contributivo, e che non siano già coperti da contribuzione, compresi fra la data di prima iscrizione all’istituto previdenziale e quella dell’ultimo contributo accreditato. Ad esempio, periodi di disoccupazione. C’è un limite di cinque anni riscattabili, anche non consecutivi. La domanda può essere fatta anche dai superstiti, parenti e affini entro il secondo grado.

Il riscatto è oneroso ma c’è un’agevolazione fiscale. In pratica, l’onere si calcola applicando l’aliquota contributiva prevista dal regime presso il quale si esercita il riscatto agli ultimi 12 mesi di retribuzione. L’incentivo fiscale consiste in una detrazione al 50%, ripartita in cinque quote annuali di pari importo.

Come si paga l’onere di riscatto: con un unico versamento, oppure in un massimo di 60 rate mensili. Attenzione: se il riscatto viene effettuato per l’immediata liquidazione di una pensione, o per l’accoglimento di una domanda di versamento contributi volontari, allora non è possibile la rateizzazione.

L’onere di riscatto può essere pagato anche dal datore di lavoro utilizzando i premi di produzione. Le relative somme sono deducibili dal reddito d’impresa.

In arrivo la possibilità di un accordo aziendale per anticipare la pensione a tre anni dalla quota 100: funzionamento e vantaggi della misura attesa nel decreto di riforma pensioni. E’ una delle novità più rilevanti sulla quota 100, in pratica è uno scivolo che consente alle aziende, in cambio dell’assunzione di giovani, l’esodo dei lavoratori a cui mancano al massimo tre anni per raggiungere i requisiti della quota 100, purché (nell’ottica del ricambio occupazionale). Si tratta di una misura importante, perché introduce una nuova forma di pensione anticipata nell’ambito di piani d’impresa per il ricambio generazionale.

E’ inserita nella bozza di decreto che istituirà le diverse novità in materia di riforma pensioni.

Lo scivolo per la quota 100 prevede che i fondi bilaterali di settore possano versare delle prestazioni di sostegno al reddito a coloro a cui mancano al massimo tre anni per raggiungere il requisiti della quota 100 (62 anni di età e 38 di contributi). Questa prestazione è prevista solo a fronte di accordi collettivi di livello aziendale o territoriale, sottoscritti con le organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative a livello nazionale, che devono stabilire a garanzia del mantenimento dei livelli occupazionali il numero di lavoratori da assumere in sostituzione dei lavoratori che accedono a tale strumento.

La prestazione viene erogata dai fondi di solidarietà ma è finanziata dai datori di lavoro. Prevede un assegno di sostegno al reddito e il pagamento dei contributi utili per il conseguimento di qualunque diritto alla pensione anticipata o di vecchiaia, riscattabili o ricongiungibili, precedenti all’accesso ai Fondi di solidarietà. Quindi, i lavoratori possono raggiungere il requisito per accedere alla prestazione anche attraverso il riscatto o la ricongiunzione di contributi.

La misura è rilevante perché consente di risolvere rapporti di lavoro. Spieghiamo bene: la quota 100, in generale, è una scelta del lavoratore, che non sostituisce le altre forme previdenziali. Il lavoratore può invece decidere di aspettare l’età pensionabile o la pensione anticipata ordinaria. Il meccanismo della quota 100, inoltre, non prevede penalizzazioni sul fronte del calcolo pensione, ma l’assegno sarà comunque più basso perché ci si ritira prima (e quindi si versano meno contributi).

Lo scivolo aziendale nell’ambito di accordi aziendali, di fatto, rende lo strumento utilizzabile anche senza che il lavoratore lo scelga come alternativa alla pensione di vecchiaia o anticipata. La garanzia è certamente rappresentata dalla necessità di accordo sindacale, ma nel testo della norma non è previsto l’esplicito consenso del lavoratore. Che, quindi, in presenza di un accordo aziendale, può essere obbligato (par di capire) a ritirarsi con la quota 100. Il pagamento dei contributi di riscatto i ricongiunzione, però, potrebbe comunque rendere questo strumento appetibile. In questo caso, gli anni contributivi a cui si rinuncia possono essere compensati dai versamenti a carico dei fondi.

Ci sono però specifici paletti che non consentono di applicare questo scivolo a coloro che hanno già fatto accordi di incentivo all’esodo per la pensione (isopensione), o che hanno in essere prestazioni di sostegno al reddito o riqualificazione professionale da parte dei fondi bilaterali.




sabato 19 gennaio 2019

Pensioni con quota 100: le regole e come funziona



La quota 100 contiene tutte le misure che regolamentano questa nuova forma di pensione anticipata, rivolta a coloro che hanno almeno 62 anni di età e 38 anni di contributi versati: la quota 100 è prevista in via sperimentale dal 2019 al 2021. Sarà però esercitabile anche successivamente. In sostanza, chi matura il diritto entro il 31 dicembre 2021, può esercitare l’opzione anche in data successiva.

In via sperimentale per il triennio 2019-2021, si potrà andare in pensione con 62 anni e un’anzianità contributiva minima di 38 anni. I requisiti possono essere raggiunti anche con il cumulo gratuito di versamenti effettuati in gestioni diverse. La pensione “quota 100” non è cumulabile, a far data dal primo giorno di decorrenza della pensione e fino alla maturazione dei requisiti per l’accesso alla pensione di vecchiaia, con i redditi da lavoro dipendenti o autonomo, ad eccezione di quelli derivanti da lavoro autonomo occasionale, nel limite di 5mila euro lordi annui. La decorrenza della pensione scatta con una finestra mobile di tre mesi.

Per i dipendenti pubblici il decreto prevede un’uscita ritardata rispetto a quelli privati. La prima finestra utile è fissata al 1° agosto, con un mese di ritardo rispetto alla “soglia” di luglio ipotizzata inizialmente e 4 mesi dopo quella prevista per i lavoratori dipendenti. A utilizzare questa uscita potranno essere solo gli “statali” che avranno maturato i requisiti per quota 100 entro la data di entrata in vigore del decreto; chi li maturerà dal giorno successivo conseguirà il diritto alla decorrenza del trattamento dopo sei mesi. In ogni caso la domanda di pensionamento anticipato dovrà essere presentata alla Pa di appartenenza con un preavviso di 6 mesi.

In pratica i lavoratori con contribuzione a partire dal 1° gennaio 1996 potranno riscattare periodi di mancati versamenti fino a un massimo di cinque anni. L’onere è detraibile al 50% dall’imposta lorda con una ripartizione in cinque quote annuali costanti e di pari importo. Se il riscatto è sostenuto dal datore di lavoro l’onere è invece deducibile dal reddito d’impresa o da lavoro autonomo. Il riscatto può essere effettuato in unica soluzione o fino a 60 rate mensili, ciascuna di importo non inferiore a € 30,00, senza applicazione di interessi per la rateizzazione. Fino a 45 anni la facoltà di riscatto agevolato è estesa anche alla laurea.

Attualmente il Tfr/Tfs arriva in tasca ai dipendenti pubblici con almeno due anni di ritardo. La soluzione approvata dal Consiglio dei ministri prevede la possibilità di un anticipo parziale attraverso il meccanismo del prestito bancario (facendo leva su convenzioni tra la Pa e l’Abi) fino a un massimo di 30mila euro di Tfs. Gli interessi da versare agli istituti di credito sono per il 95% a carico dello Stato. Sempre lo Stato sarebbe anche garante dell’intera operazione. Il vicepremier Matteo Salvini e la ministra Giulia Bongiorno puntano a far salire a 40-45mila il “tetto”, magari già con i correttivi parlamentari al decreto.

L’anticipo pensionistico (Ape) sociale, riservato attraverso un prestito bancario viene prorogato di un anno. Il provvedimento estende poi alle lavoratrici dipendenti con almeno 58 anni d’età al 31 dicembre 2018 (59 anni se autonome) la cosiddetta Opzione donna, ovvero la possibilità di uscire anticipatamente dal lavoro se in possesso di almeno 35 anni di contribuzione con l’assegno pensionistico ricalcolato con il metodo contributivo.

Decorrenza
Importanti le regole sulla decorrenza della prestazione. In linea generale, dal momento di maturazione del diritto, i dipendenti del privato hanno una finestra di tre mesi, quelli del pubblico pari a sei mesi. I primi assegni verranno quindi pagati nell’aprile 2019, e riguarderanno i dipendenti del privati che hanno maturato il requisito entro il 31 dicembre del 2018.

Requisiti entro il 31 dicembre 2018 (lavoratori privati) e poi ogni 3 mesi dal raggiungimento dei requisiti: aprile 2019

Requisiti a partire dal 1° gennaio 2019 (lavoratori privati): dopo tre mesi

Requisiti entrata in vigore del decreto (lavoratori pubblici) e poi ogni 6 mesi dal raggiungimento dei requisiti: Agosto 2019

Requisiti a partire dal 1° febbraio 2019 (lavoratori pubblici): dopo sei mesi

In linea con l’inizio dell’anno scolastico (lavoratori Scuola ed Afam): settembre

Per i dipendenti pubblici, come detto, la finestra è invece di sei mesi. La prima uscita 2019 per i dipendenti pubblici, è il primo agosto 2019, con l’eccezione dei dipendenti della Scuola e Afam (alta formazione artistica musicale e coreutica), che invece potranno ritirarsi a partire dal settembre 2019.



sabato 5 gennaio 2019

Pensioni finestre di uscita con Quota 100 e la Isopensione



Per chi deciderà di utilizzare quota 100 non ci saranno penalizzazioni, salvo il fatto che l’assegno pensionistico sarà inferiore in virtù del minore numero di anni di contribuzione. La norma conterrà però una serie di paletti. In pratica, una volta raggiunta quota 100 il primo assegno con la pensione verrà percepito dopo tre mesi se il numero delle domande per anticipare l’uscita dal lavoro dovesse essere superiore alle stime. Nel caso dei dipendenti pubblici la finestra è comunque di sei mesi, per effetto del preavviso che è di tre mesi. Un ulteriore vincolo consiste nel divieto di cumulo, ossia l’impossibilità di sommare alla pensione altri redditi da lavoro che superino il valore di 5 mila euro lordi annui. Tale divieto avrà durata pari agli anni di anticipo rispetto alla pensione di vecchiaia a 67 anni.

La pensione Quota 100 prevede i seguenti requisiti: 62 anni di età e 38 anni di contributi, la domanda potrà essere inviata a febbraio 2019 e si prevede la prima finestra di uscita ad aprile 2019, per chi ha maturato i requisiti al 31 dicembre 2018. Sono state previste 4 finestre di uscita per i dipendenti del settore privato, una ogni tre mesi, mentre per i dipendenti pubblici sono state previste due finestre di uscita una ogni sei mesi. Quindi, se la misura, per il momento ancora allo studio, dovesse mantenere queste ipotesi di finestre di uscita, in base al suo settore lavorativo (pubblico o privato), non potrà aderire alla prima finestra con uscita il 1° aprile 2019, in quanto matura i requisiti nel 2019. Bisogna attendere, che la riforma pensioni diventi ufficiale per sapere esattamente quando e come si potrà aderire alla nuova misura pensionistica.

La quota 100 per anticipare la pensione e avviare il superamento della legge Fornero si avvicina. L’apposito decreto dovrebbe essere approvato tra il 10 e il 12 gennaio: sarà quindi quella la data in cui avremo informazioni precise sulle norme per l’accesso alla quota 100. Nel frattempo, il vicepresidente del Consiglio, Matteo Salvini, cerca di mettere a tacere le polemiche sulla parziale indicizzazione delle pensioni sopra i 1.522 euro, assicurando che “nessun pensionato italiano prenderà di meno nel 2019 rispetto al 2018”. Non ci saranno effettivamente riduzioni, ma un mancato – in realtà parziale – aumento rispetto all'inflazione sì.

Il decreto per le regole sull'anticipo pensionistico arriverà quindi a gennaio. Ma per l’introduzione della quota 100 i lavoratori che hanno almeno 62 anni di età e 38 di contributi dovranno aspettare ancora: la pensione non dovrebbe arrivare prima di marzo-aprile. Si potrebbe quindi anticipare o posticipare di qualche giorno l’entrata in vigore rispetto al 1° aprile, ma in linea di massima i tempi non cambiano. Ciò che si dovrà invece capire riguarda le finestre temporali che permetteranno effettivamente ai lavoratori di andare in pensione. Una delle certezze della quota 100 è che verrà erogata sulla base di finestre diverse per i dipendenti statali e per i lavoratori nel settore privato. Per questi ultimi le finestre dovrebbero essere trimestrali. Ogni tre mesi, dunque, ma solamente se le domande ricevute non saranno troppe. Il governo ipotizza per il 2019 una platea di 315mila potenziali beneficiari. Se le richieste in un determinato periodo dovessero essere più del previsto, però, la finestra potrebbe diventare semestrale. Facendo così slittare la pensione per alcuni dei lavoratori di tre mesi. Ma anche su questo punto di certezze ce ne sono poche e bisognerà aspettare quanto meno il decreto.

Per i dipendenti statali le regole saranno sicuramente diverse. Le finestre sono semestrali e l’uscita anticipata verrà quindi rinviata di qualche mese. Una decisione presa per garantire la continuità amministrativa e permettere alla pubblica amministrazione di bandire nuovi concorsi e trovare i sostituti di chi lascerà il lavoro.

Sono previsti fondi di solidarietà aziendali, ovvero incentivi per le imprese che assumono al posto di chi va in pensione anticipata. Questi fondi, con finanziamenti ad hoc delle aziende interessate alla staffetta generazionale, potranno erogare un assegno previdenziale ai lavoratori cui manchino non più di tre anni al raggiungimento di quota 100, che abbiano cioè almeno 59 anni di età e 35 di contributi, a patto che ciò avvenga con accordi sindacali che prevedano l’assunzione d lavoratori in sostituzione di quelli prepensionati.

Questa tecnicamente si chiama Isopensione e riguarda le imprese private con più di 15 dipendenti che hanno lavoratori in esubero: con un accordo sindacale si può prevedere l’accesso alla pensione fino a 7 anni di anticipo rispetto ai normali requisiti per la pensione di vecchiaia (67 anni d’età con 20 di contributi) e per quella d’anzianità (43 anni e 3 mesi di contributi, uno in meno per le donne, indipendentemente dall'età).I lavoratori ricevono un assegno equivalente alla pensione per l’intero periodo di anticipo.


martedì 13 novembre 2018

Pensioni, «quota 100» penalità fino al 30%



La pensione con la quota 100 non prevede penalizzazione, ma i minori contributi per ogni anno di anticipo abbassano l'assegno, fino al 30% per chi si ritira sei anni prima: audizione Upb sulla Legge di Bilancio.

"Chi optasse per quota 100 subirebbe una riduzione della pensione lorda rispetto a quella corrispondente alla prima uscita utile con il regime attuale da circa il 5 per cento in caso di anticipo solo di un anno a oltre il 30 per cento se l'anticipo è di oltre 4 anni". E' il calcolo dell'Upb, illustrato dal presidente Giuseppe Pisauro in audizione sulla manovra, in cui ha sottolineato anche che la platea potenziale per il 2019 sarebbe di "437.000 contribuenti attivi". Se uscissero tutti ci sarebbe un "aumento di spesa lorda per 13 miliardi".

Se «quota 100» equivalesse alla somma di un’età di almeno 62 anni e un'anzianità contributiva di almeno 38 anni, la misura potrebbe potenzialmente riguardare nel 2019 una platea fino a 437mila contribuenti. Lo ha stimato l’Ufficio parlamentare di bilancio nel corso di una audizione dinanzi alle commissioni riunite Bilancio di Camera e Senato.

«Qualora l'intera platea utilizzasse il canale di uscita appena soddisfatti i requisiti potrebbe comportare un aumento della spesa pensionistica lorda stimabile in quasi 13 miliardi nel 2019 sostanzialmente stabile negli anni successivi». Una stima, spiega ancora la relazione, che «non è ovviamente direttamente confrontabile con le risorse stanziate nel Fondo per la revisione del sistema pensionistico per vari fattori: dal tasso di sostituzione dei potenziali pensionati con nuovi lavoratori attivi a valutazioni di carattere soggettivo (condizione di salute o penosità del lavoro) o oggettivo (tasso di sostituzione tra reddito e pensione, divieto di cumulo tra pensione e altri redditi, altre forme di penalizzazione).

Secondo le stime dell’Ufficio parlamentare di bilancio, chi optasse per quota 100 subirebbe una riduzione della pensione lorda rispetto a quella corrispondente alla prima uscita utile con il regime attuale da circa il 5% in caso di anticipo solo di un anno a oltre il 30% se l'anticipo è di oltre 4 anni.

La manovra, spiega ancora l’intervento, peggiora il disavanzo pubblico, sia rispetto al deficit tendenziale sia, per il biennio 2019-2020, rispetto al risultato atteso per il 2018, che verrebbe nuovamente raggiunto solo nel 2021. «La riduzione del disavanzo nel 2020 e nel 2021 si otterrebbe peraltro unicamente grazie al mantenimento di una quota di clausole di salvaguardia su Iva e accise, pari rispettivamente allo 0,7 (13,7 miliardi) e allo 0,8 per cento (15,6 miliardi) del Pil». Le grandezze della finanza pubblica programmate dal Governo appaiono soggette a rischi (indebolimento del quadro macroeconomico e impatto dell'evoluzione recente dei tassi di interesse) e incertezze (l'efficacia delle misure di razionalizzazione della spesa, i tempi di attuazione delle norme sul “reddito di cittadinanza” e sulla riforma del sistema pensionistico, l'effettiva realizzazione dei valori programmatici della spesa per investimenti).

La pace contributiva che accompagna il debutto di “quota 100”, previsto ad aprile per i primi dipendenti privati, avrà una doppia destinazione: la prima per i quotisti che devono raggiungere i 38 anni necessari per l’uscita a 62, la seconda per i più giovani con carriere discontinue alle spalle cui viene data la possibilità di ricostruire la propria carriera contributiva per evitare, in prospettiva, una pensione di vecchiaia a 70 anni e traguardare invece l’anticipo a 41 o più.

C’è poi la proroga fino al 2021 di “opzione donna”: con 58 anni di età e 35 di contributi le lavoratrici (59 se autonome) potranno avere una pensione ricalcolata con il solo criterio contributivo e decorrenza posticipata di 12 mesi (18 per le autonome). Insomma il sistema delle finestre di uscita arriverebbe a totalizzare nove soluzioni diverse per tutte le future pensioni di anzianità, sette delle quali per la sola “quota 100” (4 per i privati, 2 per gli statali e 1 per la scuola). Non potranno invece utilizzare la quota i lavoratori coinvolti in piani di isopensione (articolo 4 legge 92) che prevedono la possibilità di accordi per uscita a carico totale del datore di lavoro. Mentre i fondi di solidarietà aziendali potranno finanziare volontariamente fino a tre anni di assegno straordinario fino a tre anni prima di “quota 100”.

Fra l’altro, bisogna attendere di capire come saranno disegnati i futuri provvedimenti, in particolare, se verranno previste limitazioni (divieto di cumulo con quello da lavoro, finestre di uscita, perdita contributi figurativi, ricalcolo contributivo). Infine, bisogna considerare che l’assegno si riduce con l’anticipo di uscita. A ogni anno di anticipo, in ragione dei minori versamenti contributivi realizzati, corrisponde un minore importo della pensione.



sabato 21 luglio 2018

Pensioni, cos'è quota 41



Il tema pensioni è caldo in questi giorni e tra le ipotesi possibili c'è quella di un passo indietro in merito alla quota 41, ovvero lo strumento che consente di andare in pensione, indipendentemente dall'età anagrafica, una volta maturati 41 anni di contributi. Secondo Boeri la quota 41 aggiunta alla quota 100 (con cui invece si può andare in pensione, una volta compiuti 64 anni, se la somma dell'età anagrafica e dei contributi maturati dà come risultato 100) costerà 11 miliardi di euro nell'immediato, 18 miliardi a regime; una spesa ingente per lo Stato ed è per questo che si sta anche valutando l'idea di portare la quota 41 a quota 42, innalzando di un anno il requisito contributivo previsto. Al momento però si tratta solamente di indiscrezioni, poiché la quota 41 per tutti non fa ancora parte del nostro ordinamento e, stando alle ultime notizie sulle pensioni, non lo farà prima del 2020.

La quota 41 può essere già richiesta da alcune categorie di lavoratori. Si tratta dei lavoratori precoci, ossia di coloro che prima di compiere il 19esimo anno di età hanno maturato almeno 12 mesi di contributi. Per poter accedere a questo strumento non è necessario che i 12 mesi siano continuativi. La quota 41, però, subirà una modifica dal primo gennaio 2019, complice l'adeguamento con le aspettative di vita che riguarderà da vicino anche la pensione di vecchiaia e quella anticipata; nel dettaglio, i lavoratori precoci dovranno maturare 41 anni e 5 mesi di contributi se vorranno smettere di lavorare in anticipo rispetto agli altri lavoratori.

Come annunciato da oeri - presidente dell’INPS fino a febbraio 2019 - rivedere la Legge Fornero introducendo nel contempo una Quota 100 e una Quota 41 costerebbe nell’immediato 11 miliardi di euro, per poi salire a 18 miliardi di eurouna volta che la riforma sarà a regime. Si tratta di uno strumento che permetterà ai lavoratori che avranno versato 41 anni di contributi di andare in pensione senza alcun vincolo di età.

Passando alla Quota 41, ovvero allo strumento che consentirebbe di andare in pensione indipendentemente dall’età anagrafica una volta maturati 41 anni di contributi, è prevista un’ulteriore novità che probabilmente non farà piacere i lavoratori.

Da Quota 41 a Quota 42?

Come anticipato da alcuni quotidiani, per ridurre l’ingente spesa prevista per la ridefinizione della riforma Fornero ci potrebbe essere un potenziale passo indietro del Governo per quel che riguarda la Quota 41.

Nel dettaglio, l’intenzione è quella di alzare di un anno il requisito contributivo previsto, passando così ad una Quota 42 che consentirà ai lavoratori di andare in pensione dopo 42 anni di servizio. Si tratterebbe quindi di un piccolo sconto rispetto a quanto accade oggi per la pensione anticipata, che ricordiamo dal prossimo anno potrà essere richiesta dagli uomini con 43 anni e 3 mesi di contributi e dalle donne con 42 anni e 3 mesi.

Quindi per i primi ci sarebbe una riduzione di 1 anno e 3 mesi, per le seconde solo di 3 mesi (ma per loro resta la possibilità di una proroga dell’Opzione Donna).

Al momento si tratta solo di un’indiscrezione ma se confermata farebbe sicuramente piacere alle casse dell’INPS, le quali - come dichiarato da Boeri - non sono in grado di sostenere gli oneri previsti dalla riforma originaria descritta nel contratto.

Naturalmente una tale novità rischia di far accrescere le polemiche da parte dei lavoratori, i quali speravano in una riforma che rendesse maggiormente flessibile l’uscita dal mercato del lavoro.
uota 41 addio: anche per i precoci aumentano i requisiti
Ricordiamo a tal proposito che la Quota 41 può essere richiesta già oggi, ma solamente da coloro che hanno maturato almeno 12 mesi di lavoro prima del compimento dei 19 anni.
Si tratta dei cosiddetti lavoratori precoci, ovvero coloro che avendo iniziato a lavorare fin da giovani possono vantare almeno 1 anno di contributi (anche non continuativo) accreditati nei 18 anni d’età.
Oggi questi possono andare in pensione, indipendentemente dall’età, una volta raggiunti 41 anni di contributi, ma dal prossimo anno non sarà più così. Complice l’adeguamento con l’innalzamento delle aspettative di vita rilevate dall’INPS che porterà ad un incremento generale dei requisiti per la pensione, infatti, la Quota 41 si potrà richiedere con 5 mesi di ritardo.

Non saranno più sufficienti 41 anni di contributi, poiché serviranno ulteriori 5 mesi per andare in pensione sfruttando l’agevolazione riconosciuta ai precoci.

Dal prossimo anno quindi la Quota 41 così come la conosciamo oggi rischia di non esistere più, e qualora le indiscrezioni sopra riportate fossero confermate questo strumento sparirà per sempre dal sistema previdenziale italiano.

Boeri ha presentato una serie di stime legati a diversi scenari:
quota 100 pura, ovvero senza limiti di età o contributivo (il requisito è che la somma dei due elementi sia pari a 100), oppure pensione con 41 anni di contributi (costo fino a 20 miliardi l’anno);

quota 100 a 64 anni o pensione con 41 anni di contributi: è l’ipotesi che al momento sembra più gettonata, che potrebbe anche confluire nella prossima manovra di Bilancio, ed essere quindi disponibile a partire dal 2019 (costo 18 miliardi annui);

quota 100 a 65 anni o pensione con 41 anni di contributi (costo 17 miliardi annui);

quota 100 (a 64 anni minimi di età) a legislazione invariata sulla pensione anticipata (costo fino a 8 miliardi).

Ci sono comunque, secondo Boeri, spazi per aumentare la flessibilità in uscita, ad esempio accelerando la transizione verso il sistema contributivo.

Attualmente, lo ricordiamo, il contributivo puro si applica a coloro che hanno iniziato a effettuare versamenti dopo il primo gennaio 1996, mentre ai lavoratori più anziani di applica il calcolo misto, oppure quello retributivo, limitatamente al caso in cui ci siano almeno 18 anni di versamenti precedenti al 1996.




lunedì 4 giugno 2018

Pensioni quota 100 cosa c'è da sapere




Pensioni quota 100, in pratica è la possibilità di uscire dal lavoro quando la somma dell'età anagrafica e quella degli anni di contributi versati dal lavoratore è almeno pari a 100 (ad esempio: si potrà uscire dal lavoro con 36 anni di contributi e 64 anni d'età). L'espressione si riferisce alla somma di età anagrafica e contributiva che potrebbe essere necessaria per andare in pensione“. Le pensioni a quota 100 (uscita con un mix di età anagrafica, partendo da almeno 64 anni, e contributiva) e quota 41 anni (a prescindere dall'anzianità contributiva) da estendere a tutti i lavoratori a differenza di quanto previsto attualmente con la possibilità di uscita anticipata per il soli “precoci”.

Questo sistema conviene soprattutto a chi ha accumulato molti anni di contributi, perché gli consentirà di andare in pensione prima rispetto a quanto ora previsto con la legge Fornero.

Ma in cosa consiste quota 100 e come funziona? Si tratta della possibilità per i lavoratori di andare in pensione quando la somma dell'età anagrafica e degli anni di contributi versati è pari almeno a 100. Possono poi essere previsti dei paletti riguardo all'età minima di uscita e a un minimo di anni di contribuzione.
Nel contratto pentaleghista c'è l'impegno a "provvedere all’abolizione degli squilibri del sistema previdenziale introdotti dalla riforma delle pensioni cd. 'Fornero', stanziando 5 miliardi per agevolare l’uscita dal mercato del lavoro delle categorie ad oggi escluse".
"Daremo fin da subito la possibilità di uscire dal lavoro - si legge nel testo - quando la somma dell’età e degli anni di contributi del lavoratore è almeno pari a 100, con l’obiettivo di consentire il raggiungimento dell’età pensionabile con 41 anni di anzianità contributiva, tenuto altresì conto dei lavoratori impegnati in mansioni usuranti".
Nel contratto si parla anche della necessità di "riordinare il sistema del welfare prevedendo la separazione tra previdenza e assistenza". "Prorogheremo - scrivono 5S e Lega - la misura sperimentale 'opzione donna' che permette alle lavoratrici con 57-58 anni e 35 anni di contributi di andare in quiescenza subito, optando in toto per il regime contributivo".
Sui costi della riforma pensionistica lanciata da 5 Stelle e Lega è intervenuto nelle scorse settimane il presidente dell'InpsTito Boeri. Permettere di andare in pensione con quota 100 tra età e contributi, come previsto dal contratto di governo, avrebbe un costo, secondo la stima di Boeri, di 15 miliardi per il primo anno e di un massimo di 20 miliardi all'anno per i successivi.

“L’idea è di mandare in pensione chi ha almeno 64 anni con 36 di contributi, oppure 41 anni e mezzo di contributi”. Alberto Brambilla, esperto di previdenza e già sottosegretario al Welfare nei governi Berlusconi tra il 2001 e il 2005, ha scritto la parte del contratto di governo Lega-M5s sul “superamento della legge Fornero”. In breve, la «quota 100» si raggiunge con la somma di 36 anni di contributi e almeno 64 anni di anzianità. Se invece si hanno 41 anni di contributi versati, la soglia minima di età per andare in pensi ne non viene considerata. Tutto questo, come da contratto, verrebbe portato avanti «tenuto conto dei lavoratori impegnati in mansioni usuranti». Il riferimento è all’Ape sociale, che permette di andare in pensione a 63 o addirittura a 62 anni, e che quindi non dovrebbe essere toccata.

I canali di uscita saranno due. Il primo, la cosiddetta quota 100, richiederà che l'interessato abbia maturato contemporaneamente un requisito di età e uno di contribuzione, il cui totale in anni deve appunto dare 100. Ma proprio per limitare le uscite è previsto un requisito minimo di età a 64 anni. Quindi 64 più 36 di contributi, ma non 63+37: eventualmente potrebbe essere prevista anche la possibilità di lasciare con 65+35, considerando che 35 anni di contribuzione è il limite minimo sempre richiesto anche per la pensione di anzianità prima della Fornero.



martedì 16 dicembre 2014

Pensioni e prepensionamenti per il 2015



I meccanismi di uscita anticipata dovrebbero prevedere pensione anticipata a 62 anni con 35 anni di contributi e una serie di penalizzazioni e, al contrario, incentivi per chi decide invece di rimare a lavoro oltre i 66 anni e fino ai 70; uscita anticipata con prestito pensionistico, per lasciare il lavoro qualche anno prima rispetto ai 66 anni percependo un anticipo sulla pensione finale che dovrà poi essere restituito con piccole trattenute mensili una volta maturati i requisiti normalmente richiesti; e uscita a quota 100.

Ma restano da sciogliere i nodi su caso esodati, quota 96 della scuola, prepensionamenti e ricollocamenti dei dipendenti in esubero delle province, le cui soluzioni dovrebbero arrivare prima del prossimo anno. Ma il 2015 potrebbe essere anche l’anno degli interventi, negativi, già annunciati dal premier prima dell’estate, ma poi rimandati, vale a dire modifiche per le pensioni integrative, di invalidità e reversibilità, nonché novità sulle tanto discusse baby pensioni.

Come sappiamo, la Legge di Stabilità ha scombinato le carte del futuro pensionistico di molti lavoratori, soprattutto nel settore scolastico. Chi effettuerà domanda di pensione alla prossima scadenza del 15 gennaio 2015 (data ultima per la presentazione delle domande) dovrà tenere presente che sono state abolite alcune penalizzazioni destinate a coloro che effettuavano domanda di pensione senza aver raggiunto l'età anagrafica minima, che consisteva nel trattenimento dell'1% dell'assegno pensionistico per i primi due anni, cifra raddoppiata per ogni ulteriore anno fino al raggiungimento dei 62 anni di età.

Attenzione però: non tutti potranno beneficiare di questo sconto, ma solo quanti raggiungeranno la soglia d'età per la pensione entro il 2017. Non varia, al contrario, la norma che prevede il termine fino a due anni per la ricezione del trattamento di fine rapporto, nel caso di richiesta di pensione anticipata.

Rimangono immutati i requisiti per chi effettua domanda di pensione all'inizio del prossimo anno. I requisiti sono molto articolati. Vale la pena riassumerli a beneficio dei nostri lettori.

Per chi ha raggiunto i requisiti dopo l'entrata in vigore della riforma del lavoro del ministro Fornero è possibile richiedere la pensione di anzianità se si compiranno 66 anni e tre mesi entro il 31 agosto o entro il 31 dicembre, nel caso sia lo stesso lavoratore a presentare la domanda. Ovviamente, il requisito indispensabile è aver accumulato almeno vent'anni di contributi.

Chi non rientra nei requisiti precedenti potrà fare domanda di pensione anticipata, a patto che abbia i requisiti elencati di seguito. Per gli uomini è necessario raggiungere un'anzianità contributiva di 42 anni e mezzo entro la fine del 2015, mentre per le donne la soglia è inferiore di un anno. Identica la norma che regola la richiesta di pensione con il sistema contributivo, limitata però alle sole donne, che dovranno avere contributi per almeno 35 anni ed età anagrafica di almeno 57 anni.

Chi invece ha raggiunto i requisiti minimi per il pensionamento prima della riforma Fornero ma si trova ancora in attività potrà usufruire di criteri diversi e, più precisamente, ricevere la pensione di anzianità al raggiungimento della cosiddetta "quota 96" che prevede due casi specifici. Il primo è avere un'età superiore ai 60 anni e 36 anni di contribuzione, mentre il secondo prevede il raggiungimento di 61 di età e 35 di contribuzione (valgono anche le frazioni di anno). Valida per tutti l'opzione che permette di ricevere la pensione di anzianità con 40 anni di servizio, a patto che sia stata maturata entro il 2011.



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