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giovedì 8 dicembre 2016

Busta paga trattamento fine rapporto



Il trattamento di fine rapporto (conosciuto anche come liquidazione o buonuscita) è una somma accantonata dal datore di lavoro e che viene corrisposta al lavoratore dipendente nel momento in cui il rapporto di lavoro cessa per qualsiasi motivo. Per questa ragione l'accantonamento annuo del TFR viene considerato dal datore di lavoro come un normale costo di competenza dell'esercizio (al pari del salario stesso). In passato il TFR veniva chiamato indennità di anzianità perché il suo scopo era quello di fungere da buonuscita per i lavoratori che rimanevano per molti anni a lavorare in azienda.

I lavoratori dipendenti possono scegliere di mantenere il TFR in azienda (dunque come liquidazione) oppure di versarlo in un fondo pensione, unitamente alla retribuzione, la quota di trattamento di fine rapporto maturata mensilmente.

Il TFR matura durante lo svolgimento del rapporto di lavoro e riveste carattere retributivo, costituendo quella parte di retribuzione accantonata il cui pagamento è differito al momento della cessazione del rapporto stesso.

Il calcolo del TFR è l'importo che il datore di lavoro corrisponde al lavoratore al termine del rapporto di lavoro e a richiesta dopo un periodo (anticipazione del TFR), di solito 8 anni di servizio nella stessa azienda in determinati casi stabiliti dalla legge come, ad esempio, la necessità di affrontare importanti spese medico-sanitarie. L'anticipazione è limitata al 70% dell'importo liquidato in caso di risoluzione del contratto di lavoro.

Il meccanismo di calcolo prevede che il TFR si calcoli sommando per ogni anno di servizio una quota pari e comunque non superiore all'importo della retribuzione annua dovuta, divisa per 13,5.

La quota è proporzionalmente ridotta per le frazioni di anno, computandosi come mese intero le frazioni di mese pari o superiori a 15 giorni. La quota della retribuzione annuale accantonata deve essere rivalutata ogni anno al 31 dicembre con l'applicazione di un tasso dell' 1,5% in misura fissa e del 75% dell'aumento dell'indice dei prezzi al consumo (per le famiglie di operai ed impiegati) accertato dall'Istat.

Per cominciare il calcolo del TFR è necessario essere in possesso di tutta la documentazione completa del proprio rapporto di lavoro con il datore di lavoro che deve erogare il TFR. Detto questo ne distinguiamo due diversi tipi: il Tfr lordo, che serve ai fini del calcolo di quanto spetta al lavoratore dipendente, e quello netto, che rappresenta la cifra effettiva in denaro che questi percepirà.

Il primo passo per capire a quale cifra corrisponderebbe il TFR netto in busta paga è quello di calcolare il tfr lordo: ovvero, mediante la somma delle quote accantonate in un anno lavorativo (che corrispondono alla quota di retribuzione lorda annua divisa per 13.5 meno il contributo fondo adeguamento pensione (fap) pari allo 0.50% della retribuzione soggetta a contribuzione inps (imponibile previdenziale).L’aliquota da applicare al TFR, in caso di cessazione del rapporto di lavoro ,corrisponde ad un valore medio cosi’ calcolato nel modo seguente:

a) Si determina in primo luogo il TFR lordo complessivo ;

b) Si divide poi il TFR complessivo per il numero di anni e si moltiplica il risultato per 12 (mesi), ottenendo così il reddito annuale di riferimento;

c) Si calcola infine l’aliquota Irpef media , come rapporto tra l’imposta ( determinata applicando al reddito annuale di riferimento l’ aliquota IRPEF vigente ) e l’ammontare del reddito annuo di riferimento; L’aliquota cosi calcolata si applica alla base imponibile;

Come viene calcolato il TFR: un esempio

Si supponga che la retribuzione annua Lorda di un lavoratore sia pari a € 24000 e che la quota accantonata annualmente sia pari a € 1777.77.

A questo punto è necessario moltiplicare quest’importo per gli anni lavorativi. Ad esempio per 15 anni di lavoro, il TFR lordo complessivo corrisponderà a € 26.666.

Per ottenere il reddito annuale di riferimento occorrerà dividere 26.666 per il numero di anni (15) e il risultato moltiplicarlo per 12 mesi :  26.666/15*12= 21,333.24

L’imposta relativa al reddito di riferimento  sarà di € 5159  così ottenuta :
23% di 15000= 3450 €
27%  di 6333.24 =  1709 €
L’aliquota definitiva  relativa al reddito di riferimento:  5159/21,333.24*100= 24.18%

Imposta netta  : 26,666 * 24.18% =  € 6,447

Dunque il TFR netto ammonterà  a :€  26,666 - € 6,447= € 20,219 ( tfr lordo – imposta netta)

La previdenza complementare

Fino al 31.12.2006, il trattamento di fine rapporto non destinato alla previdenza complementare introdotta con il d.lgs. n. 124/1993 al fine di assicurare livelli più elevati di copertura previdenziale, restava in azienda sino alla cessazione del rapporto di lavoro.

A partire dall'1 gennaio 2007 ciascun lavoratore è chiamato a decidere se destinare il proprio TFR alle forme pensionistiche complementari (indicando il fondo pensione prescelto) oppure se mantenerlo presso il datore di lavoro, formulando esplicito rifiuto, altrimenti l'adesione al fondo complementare avviene automaticamente tramite il meccanismo del silenzio-assenso.

La scelta va effettuata entro 6 mesi dall'assunzione, se avvenuta successivamente all'entrata in vigore della riforma (mentre per i lavoratori già in servizio è stata espressa entro il 30.6.2007).

In ogni caso, anche laddove il lavoratore non aderisca alla previdenza complementare, la legge prevede per le aziende con almeno 50 dipendenti che le quote accantonate di TFR non rimangano presso il datore di lavoro, dovendo confluire nell'apposito fondo istituito presso l'Inps.

Il “Fondo di garanzia per il trattamento di fine rapporto” è stato istituito presso l'Inps dall'art. 2 della l. n. 297/1982, “con lo scopo di sostituirsi al datore di lavoro in caso di insolvenza del medesimo nel pagamento del TFR, di cui all'art. 2120 c.c., spettante ai lavoratori o loro aventi diritto” ed esteso dal d.lgs. n. 80/1992 anche ai crediti di lavoro diversi dal TFR secondo i presupposti dettati dall'art. 2 dello stesso.

La condizione necessaria per far sorgere il diritto al pagamento del TFR a carico del Fondo di garanzia è l'intervento della situazione di insolvenza del datore di lavoro (Cass. n. 9068/2013) e i casi in cui il lavoratore o i suoi aventi diritto possono richiedere il pagamento del trattamento di fine rapporto e dei relativi crediti accessori sono espressamente disciplinati dall'art. 2, commi 2-5 della l. n. 297/1982 (fallimento, concordato preventivo, liquidazione coatta amministrativa, esperimento esecuzione forzata quando le garanzie patrimoniali risultino in tutto o in parte insufficienti).

L'anticipazione del TFR

La legge prevede che il lavoratore, con almeno otto anni di servizio presso lo stesso datore di lavoro, possa chiedere, in costanza di rapporto, un'anticipazione del TFR non superiore al 70% sul trattamento cui avrebbe diritto nel caso di cessazione del rapporto alla data della richiesta.
Il datore di lavoro concede le anticipazioni richieste annualmente entro i limiti del 10% degli aventi titolo e comunque del 4% del numero totale dei dipendenti.

Come espressamente disposto dalla legge, la richiesta deve essere giustificata dalla necessità di far fronte:

-a spese sanitarie per terapie o interventi straordinari riconosciuti dalle competenti strutture pubbliche. Il carattere di straordinarietà che giustifica la concessione dell'anticipazione va inteso nel senso di particolare complessità o pericolosità delle terapie e degli interventi ovvero di rilevanza importanza medico-economica;

-all'acquisto della prima casa di abitazione per sé o per i figli, documentato con atto notarile. Il diritto sussiste anche nel caso in cui l'acquisto venga effettuato dal coniuge in comunione dei beni;

L'art. 5 del d.lgs. n. 151/2001 ai sensi dell'art. 7 della l. n. 53/2000 prevede, inoltre, che è possibile ottenere l'anticipazione del TFR per far fronte alle spese da sostenere durante i periodi di fruizione dei “congedi parentali”.

Pertanto, per definizione, il TFR non ha alcun legame con la prestazione pensionistica pubblica e non rappresenta in alcun modo una fonte di finanziamento di quest’ultima, ma può piuttosto essere utilizzato per finanziare la previdenza complementare.

Per esempio, se un lavoratore dipendente privato decide di destinare il TFR maturato nel corso della vita lavorativa a un forma di previdenza complementare può raggiungere, al pensionamento, un’integrazione alla pensione pubblica variabile tra il 6% e il 12% del reddito.

È utile ricordare che chi destina il proprio TFR a un fondo pensione può in caso di necessità ottenere anticipazioni: fino al 75% del montante accumulato per spese mediche e prima casa e fino al 30% senza motivazioni (dopo 8 anni di adesione al fondo). Un'opportunità, in caso di emergenza, da non sottovalutare.







sabato 22 ottobre 2016

Calcolo della liquidazione del TFR



Dopo un periodo di lavoro il dipendente può chiedere all'azienda la sua situazione il TFR e quanto è riuscito ad accantonare in un determinato lasso di tempo. Il trattamento di fine rapporto TFR, chiamato comunemente liquidazione, è la somma che spetta al lavoratore dipendente al termine del lavoro, o dopo un periodo di lavoro in un'azienda.

Per quanto riguarda il TFR, il datore di lavoro, ogni anno effettua un accantonamento, il quale rappresenta un costo per l'azienda.

Il TFR (Trattamento di Fine Rapporto) chiamato anche liquidazione, è un compenso che viene corrisposto al lavoratore in maniera differita, ossia alla cessazione del rapporto di lavoro. Per questa ragione l'accantonamento annuo del TFR viene considerato dal datore di lavoro come un normale costo di competenza dell'esercizio (al pari del salario stesso). In passato il TFR veniva chiamato indennità di anzianità perché il suo scopo era quello di fungere da buonuscita per i lavoratori che rimanevano per molti anni a lavorare in azienda.

Per cominciare è necessario essere in possesso di tutta la documentazione completa del proprio rapporto di lavoro con il datore di lavoro che deve erogare il TFR. Detto questo ne distinguiamo due diversi tipi: il Tfr lordo, che serve ai fini del calcolo di quanto spetta al lavoratore dipendente, e quello netto, che rappresenta la cifra effettiva in denaro che questi percepirà.

Materialmente la busta paga TFR è un cedolino riepilogativo delle principali voci della liquidazione del dipendente, con le specifiche delle rivalutazioni ISTAT, le eventuali anticipazioni, le ritenute fiscali, gli acconti e l'importo netto finale che spetta al lavoratore. Vediamo ora come si calcola.

Alla cessazion di un rapporto di lavoro subordinato, al lavoratore spetta il TFR e il suo calcolo si farà sulla base dei mesi lavorati o frazioni di mese (almeno 15 giorni). Nel computo del TFR rientrano tutti gli elementi retributivi che hanno natura tipica, normale e ripetitiva e non occasionale, fatta eccezione per i contratti collettivi che prevedono un diverso trattamento.

Sono dunque nello specifico: gli aumenti periodici di anzianità, le provvigioni, il minimo contrattuale, la maggiorazione turni, i superminimi, i premi presenza, il cottimo, l'indennità maneggio denaro, i valori mensa, importi forfetari, indennità per disagiata sede, prestazioni retributivi in natura e premi e partecipazioni (tutto ciò che non ha natura occasionale).

Ai fini del calcolo del TFR vengono computate anche altre voci come: la malattia che viene considerata come giornata lavorata e il calcolo quindi viene fatto sulla retribuzione giornaliera normale alla quale il lavoratore avrebbe avuto diritto; la maternità che viene anch'essa considerata come periodo normale lavorato ai fini del calcolo del TFR; i permessi se chiaramente spetta una retribuzione; l'infortunio che viene considerato come periodo lavorato ai fini del TFR come fosse un periodo di lavoro normale.

Per l'adeguamento all'inflazione, ai fini del calcolo bisogna tenere presente, al 31 dicembre di ogni anno (o se avviene prima quando cessa il rapporto di lavoro), la somma complessiva accantonata al 31 dicembre dell'anno precedente, tenendo presenti il tasso fisso dell'1,50% e il tasso a misura variabile pari al 75% dell'aumento dell'indice dei prezzi al consumo per le famiglie accertato dall'ISTAT. Va poi detto che l'ammontare della rivalutazione annua costituisce la base imponibile separata che è soggetta a imposta sostitutiva dell'11%. Dall'importo annualmente accantonato si detrae poi il contributo previdenziale a favore del Fondo di Garanzia nazionale per il trattamento di fine rapporto, calcolato sull'imponibile previdenziale dell'anno che attualmente è lo 0,50%.

Per il calcolo del TFR, la retribuzione presa in considerazione è l'insieme delle somme corrisposte dal dipendente: non vengono invece conteggiati i rimborsi spese. Per calcolarlo si utilizza di solito un modello in Excel che somma per tutti gli anni di servizio una quota che corrisponde alla retribuzione dovuta, e il totale va diviso per 13,5.

Si può dedurre il dato lordo del TFR dall’ultimo Modello Cud ricevuto dal datore di lavoro, dove è riportata la cifra complessiva lorda accantonata .A questo punto fare cosi:

Prendere il Tfr lordo, e applicarci la tassazione sulla base del proprio scaglione Irpef.
Vediamo la tabella, sugli scaglioni:

fino a 15000: 23 percento.

da 15000 fino a 28000: 27 percento.

da 28000 fino a 55000: 38 percento.

da 55000 fino a 75000: 41 percento.

da 75000 euro in poi: 43 percento.

E' utile sapere che l’anticipo del TFR non può eccedere del 70% della cifra accantonata alla data della richiesta. I datori di lavoro sono obbligati a soddisfare le richieste di anticipo della liquidazione dei dipendenti entro il 10% degli aventi titolo e comunque nei limiti del 4% del numero totale dei dipendenti. Infine è possibile ottenere l’anticipazione del TFR una sola volta nel corso di uno stesso rapporto di lavoro.



mercoledì 8 ottobre 2014

Cosa fare del TFR o trattamento di fine rapporto di lavoro


La normativa attuale prevede una doppia opzione: il lavoratore può scegliere di mantenere il TFR sotto forma di liquidazione da incassare alla fine del rapporto di lavoro, oppure utilizzarlo per costruire una pensione integrativa.

Spesso genera confusione. È quella somma che viene corrisposta dal datore di lavoro al lavoratore dipendente al termine del rapporto di lavoro, qualunque sia la causa che ne determina la cessazione. In particolari fattispecie è prevista anche la possibilità di chiedere un anticipo dell’importo maturato nella misura massima del 70% e, in caso di decesso del lavoratore, il TFR accantonato è liquidato agli eredi o agli aventi diritto.

Il TFR si determina accantonando, per ciascun anno, il 6,91% della retribuzione lorda. Di fatto, quindi, il TFR è una retribuzione differita nel tempo, che cresce di anno in anno in relazione al lavoro prestato e all’ammontare della retribuzione.

Pertanto, per definizione, il TFR non ha alcun legame con la prestazione pensionistica pubblica e non rappresenta in alcun modo una fonte di finanziamento di quest’ultima, ma può piuttosto essere utilizzato per finanziare la previdenza complementare.

Per esempio, se un lavoratore dipendente privato decide di destinare il TFR maturato nel corso della vita lavorativa a un forma di previdenza complementare può raggiungere, al pensionamento, un’integrazione alla pensione pubblica variabile tra il 6% e il 12% del reddito.

È utile ricordare che chi destina il proprio TFR a un fondo pensione può in caso di necessità ottenere anticipazioni: fino al 75% del montante accumulato per spese mediche e prima casa e fino al 30% senza motivazioni (dopo 8 anni di adesione al fondo). Un'opportunità, in caso di emergenza, da non sottovalutare.

Si ha bisogno di previdenza complementare? Per rispondere a questa domanda è necessario effettuare una valutazione della propria posizione di previdenza obbligatoria (Inps, ex Inpdap,…). In poche parole quale pensione prenderemo dal nostro ente pensionistico obbligatorio? Una risposta puntuale a questa domanda, fermo restando che dei possibili cambiamenti legislativi e del nostro futuro legislativo non abbiamo certezza, richiederebbe una ricostruzione puntuale della propria storia contributiva.

Fatte le giuste considerazioni (gli strumenti di calcolo sono in grado di analizzare adeguatamente gran parte delle variabili pensionistiche), si può arrivare alla conclusione se la pensione pubblica è una risorsa per noi sufficiente. Se è cosi, la previdenza complementare non è una priorità di particolare interesse, in caso contrario, ci conviene prendere in seria considerazione la partecipazione a queste nuove forme di risparmio come descritto successivamente.

Un’ultima considerazione per i fortunati che avranno una sufficiente pensione pubblica: la vecchiaia è l’età nella quale è necessario avere qualche certezza in più. Sino ad ora il Tfr (meglio noto come liquidazione) rappresentava quel gruzzolo su cui contare al termine dell’attività lavorativa. La previdenza complementare non esclude questa opportunità di crearsi un piccolo patrimonio di sicurezza, anzi prevede che sino al 50% dei risparmi cumulati siano sempre disponibili in forma capitale, oppure per chi non ha maturato una rendita vitalizia di una certa entità la quota in capitale può essere anche il 100%. Conviene valutare attentamente l’alternativa fra liquidazione e prestazione in capitale da previdenza complementare, perché il trattamento fiscale di quest’ultima è più favorevole.

Se si è consapevoli che la pensione obbligatoria non sarà sufficiente, è necessario definire l’obiettivo da conseguire come reddito annuo aggiuntivo (rendita vitalizia integrativa) a partire dall’età di pensionamento. Semplificando: se prima di andare in pensione lo stipendio fosse di 1.800 euro netti mensili, e l’Inps me ne desse solo 1.080 euro netti mensili, e se ritenessi 1.500 euro netti sufficienti a mantenere il mio tenore di vita, dovrò puntare a un’integrazione di 420 euro netti mensili (circa 5.000 euro/anno). Questa stima non può però prescindere da considerazioni soggettive nella definizione di quanto debba essere per noi un reddito adeguato al momento del pensionamento.

Se la funzione della previdenza complementare è proprio quella di garantire una integrazione del reddito in pensione, purtroppo la misura precisa di questa rendita non è possibile conoscerla. Questo perché i fondi pensione per loro natura investono i risparmi nei mercati azionari ed obbligazionari con diversi profili di rischio finanziario e diverse aspettative di guadagno. Ma se manca una misura garantita delle prestazioni, ciò non impedisce di stimare approssimativamente la rendita ed in soccorso viene allora l’autorità di vigilanza della previdenza complementare (la Covip) che dovrebbe presto emanare delle linee guida “omogenee” a questo fine.

Per costruire in modo attendibile un quadro del futuro, sarà suggerito ipotizzare un tasso di inflazione pari al 2%, un tasso di rendimento della componente di investimento obbligazionaria pari al 3,5% e un tasso di rendimento della componente di investimento azionaria pari al 6,5%. Questi dati consentono di valutare l’evoluzione probabile dell’accumulo dei contributi negli anni di lavoro. Per calcolare correttamente il risparmio accumulato, sempre Covip suggerisce che il reddito da lavoro sul quale si calcolano i contributi cresca ogni anno del 3,6%. Inoltre è necessario tener conto nel calcolo di tutte le componenti di costo del fondo pensione scelto.

Per giungere finalmente alle prestazioni, bisognerà adeguare alla reale speranza di vita del neopensionato i coefficienti che trasformano il montante accumulato in rendita vitalizia (per la precisione: la recente tavola demografica IPS55, con caricamento iniziale pari al 1,25% e tasso tecnico pari a 1%).

Covip rammenta che è sempre giusto sottolineare che “nel corso del rapporto di partecipazione la posizione individuale effettivamente maturata è soggetta a variazioni in conseguenza della variabilità dei rendimenti conseguiti nella gestione e che tale variabilità è tanto più elevata quanto maggiore è l’investimento azionario relativo al profilo di investimento dell’aderente”.

Conviene ricordare in ultimo che questa è una misura di massima che non tiene conto di altri aspetti importanti: se si dovesse trarre un'unica conclusione dai numeri qui riportati, converrebbe sottolineare che garantirsi una rendita vitalizia per gli anni della pensione è un obiettivo ambizioso e impegnativo. L’unica garanzia è iniziare per tempo e non procrastinare una decisione di importanza vitale. Come si può notare nel caso del lavoratore 50enne i ripensamenti tardivi non sono un granché efficaci, dal momento che a pochi anni dalla fine dell’attività lavorativa per avere 100 euro in più di pensione mensile, bisogna risparmiarne ben più di 100 euro al mese.

La scelta di aderire o no a un fondo pensione è volontaria e personale e chi intende aderire ha diverse possibilità, potendosi avvalere di una forma pensionistica collettiva oppure individuale. Tra le forme collettive rientrano i Fondi pensione negoziali (o chiusi), i Fondi aperti ad adesione collettiva e i Fondi preesistenti (cioè costituiti prima del 15 novembre 1992). Tra le forme individuali rientrano i Fondi aperti ad adesione individuale e i contratti di assicurazione sulla vita.

La convenienza fra lasciare il TFR in azienda e aderire a un fondo pensione (chiuso, aperto, etc) dipende da vari fattori, quali:

- l'età; il tipo di lavoro e di contratto individuale; il contratto nazionale di categoria (ccnl) applicato; l'azienda in cui lavori (per la presenza di accordi aziendali specifici); la tua storia contributiva presso l'inps; le prospettive di reddito futuro; eventuali altri redditi personali e/o familiari; eventuale coniuge e/o figli a carico; la conoscenza dei mercati finanziari; la propensione al rischio; la futura reversibilità della pensione.

Con il silenzio-assenso il TFR va a un fondo pensione e non si può più tornare indietro.


sabato 23 febbraio 2013

Calcolo tfr per i lavoratori dipendenti


Il calcolo del TFR è l'importo che il datore di lavoro corrisponde al lavoratore al termine del rapporto di lavoro e a richiesta dopo un periodo (anticipazione del TFR), di solito 8 anni di servizio nella stessa azienda in determinati casi stabiliti dalla legge come, ad esempio, la necessità di affrontare importanti spese medico-sanitarie. L'anticipazione è limitata al 70% dell'importo liquidato in caso di risoluzione del contratto di lavoro.

Il calcolo TFR annuale deve essere indicato, insieme al cumulo pluriennale, nella busta paga e nel CUD del lavoratore. Il lavoratore riceve l'importo accantonato come TFR nel momento in cui si conclude il rapporto di lavoro a causa di licenziamento, dimissioni o pensionamento.

Il datore di lavoro procede alla liquidazione del TFR lordo totale maturato fino alla data di cessazione del rapporto di lavoro al netto delle imposte e delle eventuali anticipazioni richieste dal lavoratore negli anni precedenti. L'imposta definitiva sul TFR è corrisposta dal lavoratore entro il 31 dicembre del 3° anno successivo alla dichiarazione al fisco del datore di lavoro.

La procedura di calcolo del TFR è la seguente:
ogni anno di lavoro uno quota accantonata annualmente pari al 6.91% della retribuzione utile.

Tale quota corrisponde alla retribuzione annua divisa per 13.5, si tiene conto inoltre che lo 0.5% é destinato all'Inps come contributo per le prestazioni pensionistiche.

Le somme accantonate come TFR sono indicizzata al 31 dicembre in base ad un tasso di interesse fisso di 1,5% maggiorato del 75% dell'incremento dell'indice dei prezzi al consumo Istat ( v. coefficiente rivalutazione TFR );

le somme accantonate sono tassate al 11%.

L'indicizzazione degli importi accantonati avviene ogni anno al 31 dicembre, applicando un tasso del' 1.5% fisso più il 75% dell'aumento dell'indice Istat. Qualora di decidesse di destinare il proprio TFR ad un fondo pensione il calcolo del valore del capitale lordo accantonato ogni anno sia del tfr che del fondo pensione, é effettuato nella maniera seguente :

Parametri per il calcolo tfr:

 stipendio annuo lordo -> valore usato per calcolare il 6.91% spettante alla voce tfr

la percentuale della rivalutazione annua dello stipendio -> tale previsione deve essere fatta in base a previsioni di aumenti contrattuali e scatti di carriera

la percentuale del tfr destinata al fondo pensione

 previsione del rendimento annuale netto dal tfr (0.75 x l'inflazione annuale istat a cui aggiungete un 1,5%, a tale valore va sottratta l'imposta sostitutiva)

 totale anni lavorativi restano per la pensione

stima del rendimento annuo del fondo pensione scelto

contributi obbligatori e volontari rispettivamente del datore di lavoro e del lavoratore se previsti dal contratto

L’anticipo del TFR può essere richiesto dai lavoratori dipendenti pubblici o privati secondo determinate casistiche:  acquisto prima casa;  cure sanitarie ed ospedaliere; spese per periodi formativi o per congedo parentale.

Tuttavia bisogna considerare alcuni vincoli.
Per ottenere un anticipo del TFR é necessario avere almeno 8 anni di anzianità lavorativa presso lo stesso datore di lavoro. L’anticipo del TFR non può eccedere del 70% della cifra accantonata alla data della richiesta. I datori di lavoro sono obbligati a soddisfare le richieste di anticipo della liquidazione dei dipendenti entro il 10% degli aventi titolo e comunque nei limiti del 4% del numero totale dei dipendenti.

Nel caso un lavoratore non riesca a ottenere l’anticipo del TFR e abbia esigenze di liquidità immediate, ci sono diverse tipi di prestiti garantiti come la cessione del quinto, dove per esempio il TFR accantonato o la busta paga costituiscono le garanzie per il finanziamento.
calcolo tfr, lavoro dipendente, anticipazione del TFR,  datore di lavoro, finanziamento, retribuzione, Istat, contratto di lavoro
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