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sabato 1 novembre 2014

Tfr in busta paga a chi conviene?





Per i datori di lavoro con meno di 50 addetti che non optino per detta modalità di accesso al credito, si prevede il riconoscimento delle misure compensative di carattere fiscale e contributivo previste dall’art. 10 del D.Lgs. n. 252/2005 per le imprese che versano il TFR a forme di previdenza complementare ovvero al Fondo di Tesoreria istituito presso l’INPS. Inoltre, le stesse misure compensative vengono riconosciute anche ai datori di lavoro con numero di addetti pari o superiore a 50, in proporzione alle quote di TFR percepite dai lavoratori come parte integrativa della retribuzione.

Insomma, un aggravio di tassazione per i lavoratori e la necessità di ricorrere a finanziamenti per le imprese: viene da chiedersi a chi giovi la novità, se non alle casse erarali.
 
La questione del TFR in busta paga aveva tenuto banco per giorni: le imprese, per mezzo delle associazioni di categorie, facevano sapere di essere decisamente contrarie, perché l'operazione andava a intaccarne la liquidità senza alcuna reale contropartita (se non la vaga speranza nella ripresa della domanda interna), mentre ai lavoratori veniva garantito che quell'incremento in busta paga sarebbe stato assoggettato a tassazione separata con aliquota ridotta. Poi la manovra è stata messa nero su bianco e approvata dal Consiglio dei Ministri, e successivamente "bollinata", in una versione riveduta e corretta, dalla Ragioneria generale dello Stato. E si è scoperto che l'operazione "TFR in busta paga", introdotta in via sperimentale e su base opzionale, non era poi così conveniente per i lavoratori, ed aveva il solo scopo di generare incrementi di gettito.

Meno di 2 lavoratori su 10 (il 18%) avrà il Tfr in busta paga, a fronte del 67% che invece continuerà a lasciarlo in azienda. E' quanto emerge da un sondaggio Confesercenti-Swg.

A scegliere di usufruire della possibilità offerta dalla legge di Stabilità, soprattutto chi ha tra i 35 e i 44 anni (21%), seguiti dai più giovani fra 18 e i 24 (19%). A lasciarlo in azienda i lavoratori più vicini alla pensione: non lo toccheranno quelli tra i 55-64 anni (72%) e tra 45-54 (70%).

Tra i lavoratori che hanno intenzione di richiedere il Tfr in busta paga, la maggior parte è ancora incerta su come utilizzare la liquidità in più (44%), mentre il 17% la investirà soprattutto in forme di risparmio alternative. Il 16% punta a pensioni integrative e il 13% dice che userà la somma per saldare pagamenti e debiti pregressi. La percentuale sale al 36% tra i giovani compresi tra i 18 e i 24 anni. Solo il 10% investirà il Tfr in acquisti. Emerge da un sondaggio di Confesercenti-Swg.

Il 64% degli imprenditori teme che, se tutti o la maggior parte dei dipendenti, scegliessero di avere il Tfr su base mensile, l'impresa avrebbe difficoltà con la liquidità disponibile, a fronte di un 36% che, invece, non avrebbe problemi. E' quanto emerge da un sondaggio Confesercenti-Swg. Gli ostacoli nascono dagli impedimenti che le imprese incontrano nell'ottenere prestiti dal canale bancario, segnalati dal 66% degli imprenditori.
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