Licenziamento la regola dell’indennizzo
Il diritto al reintegro nel posto di lavoro sarà limitato ai licenziamenti nulli e discriminatori e «a specifiche fattispecie di licenziamento disciplinare ingiustificato». Lo prevede l'emendamento che il Governo presenta oggi in commissione Lavoro alla Camera.
L’attuale emendamento esclude in modo esplicito per i licenziamenti economici la possibilità della reintegrazione del lavoratore nel posto di lavoro, prevedendo un indennizzo economico certo e crescente con l’anzianità di servizio e limitando il diritto alla reintegrazione ai licenzi lenti nulli e discriminatori e a specifiche fattispecie di licenziamento disciplinari ingiustificato, nonché prevedendo termini certi per l’impugnazione del licenziamento.
Reintegro per licenziamenti discriminatori e per precisi casi di licenziamento disciplinare ingiustificato. Ci sarà, quindi, soltanto un indennizzo economico per i lavoratori licenziati ingiustamente per motivi economici. Viene cioè esclusa "per i licenziamenti economici la possibilità della reintegrazione del lavoratore nel posto di lavoro, prevedendo un indennizzo economico certo e crescente con l'anzianità di servizio". L'emendamento al comma 7 del ddl delega sul lavoro, quello che modifica appunto il 'famigerato' articolo 18 dello Statuto dei lavoratori, prevede infatti il reintegro solo "per specifici casi di licenziamento disciplinare ingiustificato". L'emendamento inoltre limita il diritto alla reintegrazione "ai licenziamenti nulli e discriminatori e a specifiche fattispecie di licenziamento disciplinare ingiustificato".
I licenziamenti economici, per quanto concerne il reintegro, restano quindi fuori: in quei casi si prevede esclusivamente un indennizzo crescente con l'anzianità di servizio. Il reintegro invece è previsto per i licenziamenti discriminatori e per i casi di licenziamenti disciplinari ingiustificati e assimilabili a quelli discriminatori. "Il governo - ha detto Maurizio Sacconi di Ncd - ha indicato correttamente la formulazione concordata che esplicitamente individua nell'indennizzo economico certo e crescente con l'anzianità di servizio la sanzione ordinaria del licenziamento illegittimo tanto economico quanto disciplinare, con la sola eccezione per quest'ultimo di specifiche fattispecie.
Per i licenziamenti economici viene esclusa invece la possibilità del reintegro nel posto di lavoro prevedendo «un indennizzo economico certo e crescente con l'anzianità di servizio». Lo prevede ancora l'emendamento del governo. Per l'impugnazione del licenziamento verranno inoltre previsti «tempi certi».
L'emendamento del governo sul Jobs Act «non cambia la sostanza della legge delega. Renzi non concede nulla», afferma il capogruppo di Sel alla Camera Arturo Scotto, che ribadisce come sul provvedimento per la riforma del lavoro «Renzi ci mette la faccia, ma le politiche sono quelle di Sacconi». L'emendamento dell'esecutivo «non cambia nulla nemmeno sui licenziamenti discriminatori, perché per quelli c'è già la Costituzione», conclude Scotto.
L'emendamento recepisce l'intesa raggiunta sul reintegro dei lavoratori per alcune fattispecie di licenziamenti disciplinari, oltre che per quelli discriminatori. Ieri il sottosegretario al Lavoro Teresa Bellanova, che ha parlato di «riformulazione senza novità» del comma 7 della legge.
Per i licenziamenti economici viene esclusa invece la possibilità del reintegro nel posto di lavoro prevedendo «un indennizzo economico certo e crescente con l'anzianità di servizio».
Sebbene a livello internazionale esista una varietà di modelli di licenziamento, la disciplina del recesso dal rapporto di lavoro da parte datoriale presenta, nei diversi ordinamenti giuridici, una caratteristica comune: la motivazione quale principale elemento discriminante tra un licenziamento legittimo e un licenziamento illegittimo. È così in tutti i Paesi europei, dalla Germania al Regno Unito, ma anche in Giappone e Cina. La sola eccezione è rappresentata dagli Stati Uniti, dove il licenziamento del lavoratore nell’ambito di un contratto a tempo indeterminato, può avvenire “at will”, ovvero a totale discrezione del datore di lavoro e a prescindere da una ragione giustificativa, ad esclusione del licenziamento discriminatorio.
La motivazione ha generalmente una dimensione soggettiva, riferibile al lavoratore e individuabile in comportamenti tali da rendere plausibile la cessazione del rapporto di lavoro, e una dimensione oggettiva, legata a motivi di ordine economico ed organizzativo. Ciononostante, il confine tra queste due categorie in alcuni Paesi, come ad esempio nel Regno Unito, non rileva, o comunque non è sempre netto. In Spagna, ad esempio, assieme ai motivi economici, produttivi e tecnologici, tra le cause oggettive che giustificano il licenziamento, figurano l’incapacità del lavoratore riscontrata al termine del periodo di prova, così come l’eccessivo tasso di assenteismo.
L’oggetto delle motivazioni varia nei diversi ordinamenti, come pure è variabile il grado di dettaglio con cui la legge interviene tipizzando le diverse macro categorie concettuali utili a descrivere il motivo giustificatorio del recesso legittimo. Un ruolo fondamentale nella specificazione delle motivazioni è ricoperto certo dalla contrattazione collettiva e dalla giurisprudenza. Gli Stati Uniti sono un caso emblematico che dimostra come, sebbene sulla carta la disciplina dei licenziamenti sia totalmente liberalizzata, nel tempo la giurisprudenza sul licenziamento ingiusto abbia nei fatti allineato gli indicatori di legittimità del licenziamento, agli standard dei Paesi più garantisti.
Accanto alla motivazione, il rispetto delle procedure previste dalla legge per licenziare un lavoratore determina la legittimità o meno del recesso. La principale regola di carattere procedurale riguarda il preavviso con cui il datore di lavoro comunica al lavoratore l’intenzione di terminare il rapporto di lavoro. In generale, possono essere distinti due gruppi di Paesi sulla base di un macro indicatore che è quello dell’obbligo alla reintegra (la “restituzione” del posto di lavoro), senza opzioni alternative, nella ipotesi di licenziamento discriminatorio, in quanto considerato nullo. Tra i Paesi analizzati, Spagna, Stati Uniti e Regno Unito sono i sistemi che anche in caso di licenziamento discriminatorio, consentono al datore di lavoro di optare per l’indennizzo in luogo della reintegra.
Per quanto riguarda i criteri per la definizione dell’ammontare dell’indennizzo, possono essere distinti due ulteriori gruppi di Paesi: quelli che prevedono un sistema di indicizzazione dell’indennizzo all’anzianità di servizio (scala fissa, che cresce con l’aumentare degli anni che il lavoratore ha prestato servizio), e quelli dove l’ammontare è stabilito dal Giudice.