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mercoledì 19 novembre 2014

Licenziamento la regola dell’indennizzo




Licenziamento la regola dell’indennizzo

Il diritto al reintegro nel posto di lavoro sarà limitato ai licenziamenti nulli e discriminatori e «a specifiche fattispecie di licenziamento disciplinare ingiustificato». Lo prevede l'emendamento che il Governo presenta oggi in commissione Lavoro alla Camera.

L’attuale emendamento esclude in modo esplicito per i licenziamenti economici la possibilità della reintegrazione del lavoratore nel posto di lavoro, prevedendo un indennizzo economico certo e crescente con l’anzianità di servizio e limitando il diritto alla reintegrazione ai licenzi lenti nulli e discriminatori e a specifiche fattispecie di licenziamento disciplinari ingiustificato, nonché prevedendo termini certi per l’impugnazione del licenziamento.

Reintegro per licenziamenti discriminatori e per precisi casi di licenziamento disciplinare ingiustificato. Ci sarà, quindi, soltanto un indennizzo economico per i lavoratori licenziati ingiustamente per motivi economici. Viene cioè esclusa "per i licenziamenti economici la possibilità della reintegrazione del lavoratore nel posto di lavoro, prevedendo un indennizzo economico certo e crescente con l'anzianità di servizio". L'emendamento al comma 7 del ddl delega sul lavoro, quello che modifica appunto il 'famigerato' articolo 18 dello Statuto dei lavoratori, prevede infatti il reintegro solo "per specifici casi di licenziamento disciplinare ingiustificato". L'emendamento inoltre limita il diritto alla reintegrazione "ai licenziamenti nulli e discriminatori e a specifiche fattispecie di licenziamento disciplinare ingiustificato".

I licenziamenti economici, per quanto concerne il reintegro, restano quindi fuori: in quei casi si prevede esclusivamente un indennizzo crescente con l'anzianità di servizio. Il reintegro invece è previsto per i licenziamenti discriminatori e per i casi di licenziamenti disciplinari ingiustificati e assimilabili a quelli discriminatori. "Il governo - ha detto Maurizio Sacconi di Ncd - ha indicato correttamente la formulazione concordata che esplicitamente individua nell'indennizzo economico certo e crescente con l'anzianità di servizio la sanzione ordinaria del licenziamento illegittimo tanto economico quanto disciplinare, con la sola eccezione per quest'ultimo di specifiche fattispecie.

Per i licenziamenti economici viene esclusa invece la possibilità del reintegro nel posto di lavoro prevedendo «un indennizzo economico certo e crescente con l'anzianità di servizio». Lo prevede ancora l'emendamento del governo. Per l'impugnazione del licenziamento verranno inoltre previsti «tempi certi».

L'emendamento del governo sul Jobs Act «non cambia la sostanza della legge delega. Renzi non concede nulla», afferma il capogruppo di Sel alla Camera Arturo Scotto, che ribadisce come sul provvedimento per la riforma del lavoro «Renzi ci mette la faccia, ma le politiche sono quelle di Sacconi». L'emendamento dell'esecutivo «non cambia nulla nemmeno sui licenziamenti discriminatori, perché per quelli c'è già la Costituzione», conclude Scotto.

L'emendamento recepisce l'intesa raggiunta sul reintegro dei lavoratori per alcune fattispecie di licenziamenti disciplinari, oltre che per quelli discriminatori. Ieri il sottosegretario al Lavoro Teresa Bellanova, che ha parlato di «riformulazione senza novità» del comma 7 della legge.

Per i licenziamenti economici viene esclusa invece la possibilità del reintegro nel posto di lavoro prevedendo «un indennizzo economico certo e crescente con l'anzianità di servizio».

Sebbene a livello internazionale esista una varietà di modelli di licenziamento, la disciplina del recesso dal rapporto di lavoro da parte datoriale presenta, nei diversi ordinamenti giuridici, una caratteristica comune: la motivazione quale principale elemento discriminante tra un licenziamento legittimo e un licenziamento illegittimo. È così in tutti i Paesi europei, dalla Germania al Regno Unito, ma anche in Giappone e Cina. La sola eccezione è rappresentata dagli Stati Uniti, dove il licenziamento del lavoratore nell’ambito di un contratto a tempo indeterminato, può avvenire “at will”, ovvero a totale discrezione del datore di lavoro e a prescindere da una ragione giustificativa, ad esclusione del licenziamento discriminatorio.

La motivazione ha generalmente una dimensione soggettiva, riferibile al lavoratore e individuabile in comportamenti tali da rendere plausibile la cessazione del rapporto di lavoro, e una dimensione oggettiva, legata a motivi di ordine economico ed organizzativo. Ciononostante, il confine tra queste due categorie in alcuni Paesi, come ad esempio nel Regno Unito, non rileva, o comunque non è sempre netto. In Spagna, ad esempio, assieme ai motivi economici, produttivi e tecnologici, tra le cause oggettive che giustificano il licenziamento, figurano l’incapacità del lavoratore riscontrata al termine del periodo di prova, così come l’eccessivo tasso di assenteismo.

L’oggetto delle motivazioni varia nei diversi ordinamenti, come pure è variabile il grado di dettaglio con cui la legge interviene tipizzando le diverse macro categorie concettuali utili a descrivere il motivo giustificatorio del recesso legittimo. Un ruolo fondamentale nella specificazione delle motivazioni è ricoperto certo dalla contrattazione collettiva e dalla giurisprudenza. Gli Stati Uniti sono un caso emblematico che dimostra come, sebbene sulla carta la disciplina dei licenziamenti sia totalmente liberalizzata, nel tempo la giurisprudenza sul licenziamento ingiusto abbia nei fatti allineato gli indicatori di legittimità del licenziamento, agli standard dei Paesi più garantisti.

Accanto alla motivazione, il rispetto delle procedure previste dalla legge per licenziare un lavoratore determina la legittimità o meno del recesso. La principale regola di carattere procedurale riguarda il preavviso con cui il datore di lavoro comunica al lavoratore l’intenzione di terminare il rapporto di lavoro. In generale, possono essere distinti due gruppi di Paesi sulla base di un macro indicatore che è quello dell’obbligo alla reintegra (la “restituzione” del posto di lavoro), senza opzioni alternative, nella ipotesi di licenziamento discriminatorio, in quanto considerato nullo. Tra i Paesi analizzati, Spagna, Stati Uniti e Regno Unito sono i sistemi che anche in caso di licenziamento discriminatorio, consentono al datore di lavoro di optare per l’indennizzo in luogo della reintegra.

Per quanto riguarda i criteri per la definizione dell’ammontare dell’indennizzo, possono essere distinti due ulteriori gruppi di Paesi: quelli che prevedono un sistema di indicizzazione dell’indennizzo all’anzianità di servizio (scala fissa, che cresce con l’aumentare degli anni che il lavoratore ha prestato servizio), e quelli dove l’ammontare è stabilito dal Giudice.




sabato 3 maggio 2014

Modifiche al decreto lavoro 2014



Sono otto gli emendamenti presentati dal governo al dl Poletti all'esame della commissione lavoro in Senato, che state presentate dal Governo alla Commissione Lavoro del Senato. Otto modifiche che daranno una sterzata al testo discusso alla Camera.

In particolare, tra le principali novità la sanzione per lo sforamento della quota del 20% per i contratti a termine, che passa dalla "stabilizzazione" prevista dal provvedimento approvato nel passaggio alla Camera a una multa che l'impresa dovrà versare al fisco: sarà del 20% della retribuzione per il 21mo lavoratore e del 50% dal 22mo in poi. Quanto alla formazione pubblica, si precisa che la Regione nei 45 giorni di tempo che ha per comunicare all'azienda le modalità di svolgimento dell'offerta formativa pubblica dovrà anche indicare le «sedi» e il «calendario» e potrà avvalersi «delle imprese e delle loro associazioni che si siano dichiarate disponibili».

Ecco quali sono:
Le proposte di modifica partono dal preambolo del decreto in cui dovrà essere inserita la dicitura secondo la quale tutti i provvedimenti puntano "alla previsione in via sperimentale del contratto a tempo indeterminato a protezione crescente".

Contratti a  tempo determinato
La principale novità è la sanzione per lo sforamento della quota del 20% dei contratti a tempo determinato presenti in azienda rispetto a quelli a tempo indeterminato. Prima era prevista la "stabilizzazione" della situazione, ora una multa che l'impresa dovrà versare al fisco e che sarà pari al 20% della retribuzione per il 21mo lavoratore e al 50% dal 22mo in poi.

La misura non si applica però ai contratti stipulati da istituti pubblici ed enti privati di ricerca, e dalle aziende con meno di 5 dipendenti. Viene riformulato il regime 
transitorio per i contratti a termine, con la specifica 
che le imprese entro il 31 dicembre devono adeguarsi al tetto del 20% a meno che 
il contratto collettivo applicabile sia più favorevole.

Apprendistato
È stata elevata da 30 a 50 dipendenti la soglia delle dimensioni delle aziende al di sopra della quale vale il vincolo di trasformazione del 20% dei contratti di apprendistato.

È prevista la possibilità dell'utilizzo dell'apprendistato a tempo determinato per le attività stagionali. Le Regioni devono però definire un sistema di alternanza scuola-lavoro e la possibilità dovrà essere prevista nei contratti di lavoro collettivi.

Donne in gravidanza
Viene previsto che il diritto di precedenza all'adeguamento per le 
donne in gravidanza sia previsto nel contratto.

Offerta formazione pubblica
L'organizzazione dell'offerta formativa pubblica spetta alle Regioni che dovranno comunicare entro 45 giorni le modalità di svolgimento "e non se ne potrà far carico né esimere l'impresa". La singola Regione dovrà poi indicare "sedi e calendario" della formazione e potrà anche avvalersi "delle imprese e delle loro associazioni che si siano dichiarate disponibili".

Gli emendamenti al decreto lavoro andranno letti attentamente, ma dalle prime notizie sembra che «le correzioni sostanziali che erano state apportate alla Camera rimangono tutte», ha affermato Cesare Damiano, presidente della commissione Lavoro della Camera, commentando gli emendamenti: «Le correzioni sostanziali della Camera rimangono tutte: la diminuzione delle proroghe a 5, la sanzione per chi supera il 20%, il diritto di precedenza, l'introduzione di una formazione pubblica e "on the job" in forma scritta, la stabilizzazione del 20% degli apprendisti».


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