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domenica 1 dicembre 2013

Fondi pensione obbligatori per aiutare i giovani




"Se si vuole parlare dei giovani, bisogna necessariamente parlare di secondo pilastro, di obbligatorietà dei fondi pensione integrativi, di abbattimento fiscale sui fondi stessi".

Questo il pensiero del segretario generale della Cisl, Raffaele Bonanni, a margine di un convegno sulle pensioni, in Bocconi. "I dati della ragioneria mostrano che la sostenibilità delle pensioni è certa: siamo ben al di sopra della garanzia". Così il segretario generale della Cisl, Raffaele Bonanni, che però avverte che "la questione vera è recuperare le cose che sono state stravolte dalla legge Fornero e cioè una riforma senza fare differenze". Il segretario della Cisl plaude poi all'iniziativa delle pensioni d'oro nella legge di stabilità: "Credo che questo rientri in uno schema di solidarietà che noi approviamo".

In Italia esiste un sistema di welfare legato agli ammortizzatori sociali che si finanzia con i contributi previdenziali, mentre nel regno unito vi sono fondi specificamente destinati a determinati ammortizzatori sociali. In Italia la cassa integrazione guadagni ha un costo molto elevato, a differenza di quanto avviene in altri paesi dell’Unione europea: è uno strumento utile ma dispendioso.

L’Ocse – Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico, è un organismo internazionale che svolge attività di studi e ricerche sui problemi economici, sociali e finanziari, l’identificazione di pratiche commerciali ed il coordinamento delle politiche locali ed internazionali dei 34 paesi membri.

Le riforme hanno affrontato una serie di punti chiave dei sistemi pensionistici. Uno delle misure più visibili e politicamente controverse è stato l’innalzamento dell’età pensionabile. l’età pensionabile è aumentata nella maggior parte dei paesi dell’OCSE.

I Sistemi pensionistici integrativi hanno bisogno di essere rafforzati per garantire che essi contribuiscano efficacemente all’adeguatezza del reddito da pensione. Il risparmio dei fondi pensione è stato duramente colpito nella fase iniziale della crisi finanziaria globale, ma ora i livelli patrimoniali e di solvibilità hanno in gran parte recuperato. Tuttavia, le pensioni integrative sono sotto forte pressione a causa di un clima di sfiducia nel settore finanziario o in presenza di un basso tasso di interesse. Ad esempio, l’entusiasmo per pilastri privati a capitalizzazione è diminuita in alcuni paesi del centro Europa. Ungheria e Polonia hanno abolito o significativamente ridimensionato il loro sistemi pensionistici integrativi obbligatori.

Questo in parte è stata una conseguenza della sottovalutazione dei costi fiscali connessi all’introduzione del sistema pubblico-privato, in parte finanziato dalla collettività. Ma un’altra ragione stava facendo crescere il malcontento a causa delle alte spese di amministrazione e rendimenti deludenti dei fondi pensione. Perfino in Germania, dove i singoli fondi privati sono fortemente promossi e sovvenzionati con danaro pubblico, ci si interroga sul fatto se il sostegno pubblico per le pensioni private è la strada giusta da percorrere. A volte si pensa che il denaro dei cittadini potrebbe invece essere utilizzato per rafforzare i sistemi a ripartizione della previdenza pubblica.

Allo stesso tempo, altri paesi si sono mossi nella direzione opposta, promuovendo organizzazioni pensionistici ben gestite e a basso costo che sono meglio orientate alla esigenze delle famiglie a basso reddito. Un buon esempio è il National Occupazione Savings Trust (NEST) del Regno Unito, che opera come standard nel nuovo programma nazionale di iscrizione automatica. Il governo britannico si aspetta di indirizzare i maggiori benefici derivanti per colmare il gap cui sono esposti famiglie di basso e medio reddito a causa delle prestazioni relativamente basse delle pensione pubbliche e la natura volontaria dell’apporto delle pensioni integrative.

Questo segue una precedente riforma in Nuova Zelanda, che ha introdotto l’adesione automatica per i nuovi assunti. Altri paesi con sistemi pubblici più piccoli, come l’Irlanda, sono consapevoli che l’adesione alla pensione complementare su base puramente volontaria non comporta alti tassi di copertura e contributi sufficienti. Stanno quindi prendendo in considerazione una politica morbida per l’ adesione automatica se non addirittura obbligatoria ai fondi pensione. Altri paesi si distinguono per la loro gestione prudente ed efficace dei fondi complementari come la Danimarca e i Paesi Bassi, dove, nonostante la crisi, i rendimenti degli investimenti sono rimasti positivi in termini reali nel corso dell’ultimo quinquennio.

Mentre l’insoddisfazione per le pensioni integrative gestite da soggetti privati è comprensibile, è importante ricordare le ragioni per cui paesi hanno iniziato a diversificare le fonti di reddito da pensione, introducendo la previdenza complementare.

In primo luogo i fondi sono destinati a limitare l’onere di pre-finanziamento di almeno una parte degli obblighi pensionistici futuri sulle giovani generazioni in un contesto di rapido invecchiamento della popolazione. Questa sfida demografica persiste e pensare di tornare ai sistemi a ripartizione non aiuterà affrontare l’incombente crisi sulle pensioni. Il lavoratore medio – basso forma il gruppo di persone che sarà a più alto rischio di non avere una pensione adeguata. La maggior parte dei paesi protegge chi ha un basso reddito attraverso pensioni minime e reti di sicurezza per la vecchiaia, mentre la maggior parte delle persone medio – alto, potendo beneficiare di un reddito elevato, completano la pensione pubblica con risparmi personali e investimenti.

Rimane importante incoraggiare l’adesione per la pensione complementare, indirizzandoli sia ad un fondo professionale o un piano individuale pensionistico.

Ma il dibattito attuale mette in evidenza l’urgenza di affrontare il problema dei costi della gestione dei regimi privati. E’ infatti difficile giustificare l’obbligo ai lavoratori di aderire ad un fondo pensione che alla fine beneficia solo gli amministratori.

In merito all’ invecchiamento della popolazione esso richiede una visione molto più ampia rispetto a quella percepita dalla maggior parte dei governi che si muovono molto lentamente. Le pensioni sono il riflesso della vita lavorativa di ogni individuo. I sistemi pensionistici pubblici da soli non saranno in grado di correggere le disuguaglianze e i periodi di disoccupazione subiti.



sabato 22 dicembre 2012

Pensioni 2013 i piani previdenziali per i lavoratori

In questo periodo di preoccupazioni per le pensioni gli italiani si dimostrano sempre più propensi a sottoscrivere dei fondi pensione, che attualmente sembra essere una forma di previdenza complementare davvero vantaggiosa per i lavoratori.

Si tratta di una pensione integrativa, composta da contributi versati volontariamente dai lavoratori che andranno ad aggiungersi a quelli versati e poi, una volta maturati i requisiti richiesti, erogati dagli Enti pensionistici obbligatori.

Dal primo gennaio 2013 scende la rivalutazione pensionistica del 3% e sarà necessario mettere mano ad un piano pensionistico. Di quanto? Per chi si avvia ad andare in pensione a 65anni il nuovo balzello impone un incremento del risparmio previdenziale di circa 320 euro, in modo da colmare la differenza che scatta a gennaio del 2013. Ma se giustamente ci si pone l'obiettivo di costruire una pensione dignitosa – ottenendo una rendita pari a quella che percepiva chi smetteva di lavorare nel 1995 – bisognerà innalzare la contribuzione previdenziale a 1.588 euro l'anno.

Diverse sono le possibilità di pensioni integrative, che sono: i fondi, negoziali o aperti; i Piani Previdenziali Individuali.

I fondi negoziali, vengono definiti anche chiusi perché riservati a specifiche categorie di lavoratori sulla base di accordi tra le organizzazioni sindacali e quelle imprenditoriali dei settori di riferimento.

I fondi aperti vengono invece creati e gestiti da banche, assicurazioni, per poi essere collocati presso il pubblico.

Dal 2013 l'età per raggiungere la pensione sarà calcolata in base alle aspettative di vita, secondo quanto previsto dalla riforma Monti-Fornero. Non solo: anche l'ammontare viene adeguato alla speranza di vita attesa. Ciò comporta una periodica revisione dei coefficienti di trasformazione. Quest’ultimi sono i valori con cui si convertono in rendita i contributi accumulati e rivalutati nel tempo. Se si riducono, calano le stime delle rendite future. Esempi per incidere in misura differente a seconda dell'età del pensionamento: per chi andrà in pensione a 65 anni il coefficiente passa dal 5,62% al 5,44%, il che si traduce in una prestazione ridotta del 3,2%; ma che sale per chi lascerà il lavoro a 70 anni del 4,41%.

Vediamo il caso di un impiegato che accumuli una quota di 250mila euro, frutto di 40 anni di contributi (33% di prelievo su un reddito medio di 20mila euro). Per chi andrà in pensione a 65 anni l'assegno cala di 450 ero da 14.050 a 13.600; per chi si ritira a 70 anni cala di 750 da 17mila a 16.250 euro. Ma la differenza è decisamente maggiore se si considera la differenza con le prestazioni calcolate in occasione della riforma Dini, nel 1995: il taglio è di 1.740 euro l'anno, pari all'11,34% per chi va in pensione a 65 anni.

Comunque i Piani Previdenziali Individuali rappresentano una vera e propria polizza assicurativa che porta all’erogazione di prestazioni pensionistiche integrative. La peculiarità è di essere a carattere individuale, offrendo al lavoratore maggiore flessibilità di versamenti. Questi possono infatti essere interrotti e poi ripresi senza interruzioni del contratto e senza penalizzazioni.  E sembra che investire nella previdenza complementare sia davvero conveniente: i fondi chiusi nei primi 9 mesi del 2012 hanno offerto rendimenti pari al 6,1%. Cometa, il fondo dei metalmeccanici, ha avuto un rendimento del 12,2%, la bilanciata-azionaria di Alifond (industria alimentare) del 10,8%, e la bilanciata di Cooperlavoro (coop produzione e lavoro) del 10,3%.
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