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sabato 16 febbraio 2013
Pensioni 2012-2013 cala il potere d’acquisto
Pensionati sempre più poveri: il loro assegno ha perso, rispetto al costo della vita, un terzo del valore dalla seconda metà degli anni Novanta. Ossia, il potere d'acquisto delle pensioni in caduta libera: in 15 anni è diminuito del 33%. Nello stesso arco temporale il valore di una pensione media è sceso del 5,1%. A rilevarlo è lo Spi-Cgil, che parla di un ''crollo vertiginoso'' del reddito da pensione rispetto all'andamento dell'economia reale. Mentre tasse e tariffe aumentano sempre più: nel 2013 saranno ''alle stelle'' e incideranno sui pensionati per 2.064 euro a testa, il 20% in più sul 2012.
“In Italia la patrimoniale c'è ed è quella che grava sui pensionati, che più di tutti stanno pagando il conto della crisi. Sarebbe bene che il prossimo governo la facesse pagare ai ricchi, che invece poco o nulla stanno contribuendo alle sorti del Paese''. Lo chiede il segretario generale dello Spi-Cgil, Carla Cantone, anche alla luce degli ultimi dati sulla perdita del potere d'acquisto delle pensioni, in 15 anni crollato del 33%. ''Bisogna intervenire con urgenza - continua Cantone - per sostenere il potere d'acquisto delle pensioni, rimuovere l'odioso blocco della rivalutazione annuale, alleggerire il carico fiscale e rilanciare welfare e sanità. I pensionati rappresentano il 25% degli elettori e a votare ci vanno eccome. La politica dovrebbe avercelo chiaro e agire di conseguenza''.
Il potere d'acquisto delle pensioni, già falcidiato (-33% in 15 anni, dal 1996 al 2011), è destinato a peggiorare ulteriormente per effetto del blocco della rivalutazione annuale introdotto dalla riforma Fornero per il 2012-2013 sulle pensioni superiori tre volte il minimo (circa 1.400 euro lordi al mese). A lanciare l'allarme è lo Spi-Cgil, evidenziando che lo stop all'indicizzazione rispetto all'inflazione toglie mediamente 1.135 euro nel biennio in considerazione a 6 milioni di pensionati. Ad oggi, un pensionato con un assegno di circa 1.200 euro netti ha perso 28 euro al mese nel 2012 e nel 2013 ne perderà 60, mentre chi percepisce una pensione di circa 1.400 euro netti ha perso 37 euro al mese nel 2012 e ne perderà 78 nel 2013.
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sabato 19 gennaio 2013
Inps sulle pensioni di invalidità ritira la circolare n. 149
L’Inps ha ritirato la circolare 149 del 28 dicembre, in base alla quale gli invalidi civili al 100%, per avere la pensione di invalidità, avrebbero dovuto fare riferimento non più al reddito personale ma anche a quello del coniuge. Lo ha fatto sapere la Cgil annunciando che il direttore generale dell’istituto previdenziale, Mario Nori, ha diramato un provvedimento in cui si prevede che “sia nella liquidazione dell’assegno ordinario mensile di invalidità civile parziale, sia per la pensione di inabilità civile si continuerà a far riferimento al reddito personale dell’invalido”.
A confermarlo è direttamente l'Inps con il messaggio 717 del 14 gennaio 2013 dal titolo “Limiti reddituali per la liquidazione delle pensioni di inabilità civili“, che dovrebbe mettere fine, almeno per il momento, alle polemiche sorte dopo la pubblicazione della circolare 149 del 2012 sempre da parte dell'istituto di previdenza. Nella tabella M.3 dell'allegato 2, infatti, veniva precisato che il requisito reddituale (16.127,30 euro) per avere diritto all'invalidità civile totale per il 2013 era coniugale e non più solo quello del diretto interessato.
Una decisione accolta con favore dalla Cgil, fa sapere la responsabile dell’ufficio politiche della disabilità, Nina Daita. “Siamo soddisfatti del risultato raggiunto dopo le pressioni fatte nei giorni scorsi e l’ampia mobilitazione nei confronti di un provvedimento che si prefigurava come palesemente iniquo e vessatorio nei confronti del mondo della disabilità”. La circolare ritirata, molto criticata, aveva fatto ipotizzare l’utilizzo di un escamotage per i disabili sposati che, per sopravvivere, avrebbero dovuto pensare solo al divorzio. Gli invalidi civili parziali e totali in Italia, esclusi ciechi e sordi, che hanno diritto all’assegno – secondo i dati del sito dell’Inps – sono quasi 730mila.
”In attesa della preannunziata nota ministeriale a chiarimento della complessa materia dei limiti reddituali delle pensioni di inabilità civile ed in considerazione di una interpretazione costituzionalmente orientata degli art.12 e 13 della legge 118/1971 (sulla pensione di inabilità e l’assegno mensile per gli invalidi civili, ndr) – si legge nella circolare firmata dal direttore generale dell’Inps Mauro Nori – si ritiene di non modificare l’orientamento amministrativo assunto a suo tempo dal Ministero dell’Interno e successivamente confermato nel tempo da questo Istituto.
Pertanto – prosegue -, sia nella liquidazione dell’assegno ordinario mensile di invalidità civile parziale, sia per la pensione di inabilità civile si continuerà a far riferimento al reddito personale dell’invalido”.
Una variazione, quella dell'Inps, collegata a una sentenza della Corte di cassazione (la numero 4677/2011) con cui i giudici, pur prendendo atto di precedenti sentenze discordanti (a volte si è stabilito che il limite era riferito al solo invalido, altre volte ai coniugi), è stato deciso che l'importo massimo va riferito alla coppia.
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venerdì 28 dicembre 2012
Pensioni 2013 più leggere: i nuovi coefficienti
I nuovi coefficienti saranno validi per i prossimi tre anni: cifre alla mano, considerando come esempio un montante contributivo complessivo medio di 400 mila euro (lordi), chi andrà in pensione appunto prima di 65 anni - secondo elaborazioni dell'Agi sui nuovi coefficienti fissati dal Ministero del Lavoro - avrà un assegno decurtato di circa 50 euro al mese.
Per la prima volta i coefficienti terranno conto di un'età di pensionamento successiva appunto ai 65 anni, quindi un confronto non è possibile ma le nuove percentuali dai 66 anni in poi sono più alte di quelle precedenti (che erano relative a 65 anni), il che significa che ad esempio chi andrà in pensione a 70 anni, considerando sempre lo stesso montante contributivo complessivo pari a 400 mila euro, percepirà un assegno di 2.012 euro.
Anche prendendo in considerazione un montante contributivo inferiore e cioè pari a 300 mila euro, il taglio sarà mediamente di 50 euro: chi andrà in pensione a 65 anni percepirà 1.254 euro mentre coi coefficienti ancora in vigore oggi, avrebbe 1.297 euro al mese.
Sempre considerando i nuovi coefficienti, e fermo restando come esempio un montante contributivo complessivo pari a 400 mila euro, chi andrà in pensione a 57 anni percepirà un assegno di 1.324 euro (prima gli sarebbero spettati 1.360 euro); andando a riposo a 58 anni si avranno 1.358 euro (contro i precedenti 1.397 euro); chi si fermerà a 59 anni avrà 1.395 (prima erano 1.433 euro), a 60 anni 1.434 euro (prima erano 1.477 euro); a 61 anni 1.475 euro (prima erano 1.520 euro) e a 62 anni percepirà un assegno mensile di 1.509 euro, mentre prima gli sarebbero spettati 1.566 euro.
Comunque con i nuovi coefficienti di calcolo della pensione al via dal 2013: per ottenere lo stesso importo di pensione di chi è uscito dal lavoro fino al 2012 bisognerà lavorare un anno in più.
E così, chi andrà a riposo a 63 anni percepirà 1.567 euro (prima 1.618 euro); a 64 anni 1.618 (contro i precedenti 1.670 euro). A 65 anni, la pensione ammonterà a 1.672 euro (contro i 'precedenti' 1.729 euro). Il trattamento lievita con l'aumentare dell'età: sarà pari a 1.792 euro per chi avrà 67 anni, a 1.860 anni per chi avrà 68 anni e a 1.933 per chi avrà 69 anni.
Questo perché con il nuovo sistema di calcolo, viene considerata l'età del lavoratore nel momento in cui va in pensione ma anche l'evoluzione della vita media: dal 1 gennaio appunto scatterà un aumento di tre mesi dell'aspettativa di vita. Per i prossimi tre anni e cioè dal 2013 al 2015 saranno validi questi che quelli attualmente in vigore erano stati introdotti nel 2010, i prossimi riguarderanno il 2016-2019 mentre successivamente, quando l'età pensionabile sarà per tutti a 67 anni, la cadenza del ricalcolo sarà biennale.
I coefficienti terranno conto di un'età di pensionamento successiva ai 65 anni, arrivando fino a 70 anni. Questi coefficienti determinano la percentuale del montante da corrispondere come pensione annua in tutti i casi di calcolo contributivo: i contributi versati vengono accumulati anno per anno e rivalutati ad un tasso dato dalla variazione media quinquennale del Pil nominale (che comprende quindi sia la crescita sia l'andamento dei prezzi). Questo capitale viene poi trasformato in una rendita pensionistica attraverso i coefficienti, rivisti ogni tre anni (e in seguito ogni due) in base agli andamenti demografici.
Per chi esce dal lavoro a 57 anni (in pratica solo le donne che scelgono di uscire prima accettando di avere tutta la pensione calcolata con il metodo contributivo dato che gli uomini che riescono ancora a uscire a questa età grazie alla pensione anticipata possono godere ancora del metodo retributivo perché hanno più di 18 anni di contributi al 1995) avrà un coefficiente di calcolo che scende dal 4,419% a 4,304%. Chi uscirà a 62 anni avrà un coefficiente del 4,940%, lo stesso di chi è uscito a 61 anni fino al 2012. Probabilmente l'importo sarà solo lievemente più alto grazie all'aumento del montante contributivo dovuto a un anno in più di lavoro.
Per avere un coefficiente del 5,620 (il più alto fino al 2012, applicato a chi usciva a 65 anni) ci vorranno 66 anni di età (5,624 il nuovo coefficiente). Ma dai 67 anni in poi il coefficiente di calcolo sale rapidamente fino ad arrivare a 70 anni al 6,541%. Si tiene conto infatti del fatto che uscendo dal lavoro a questa età la pensione si percepirà per meno tempo (si tiene conto dell'attesa di vita a 65 anni).
Ecco i nuovi coefficienti a seconda delle età di pensionamento:
- 57 anni: 4,304% (4,42% fino al 2012)
- 58 anni: 4,416% (4,54% fino al 2012)
- 59 anni: 4,535% (4,66% il precedente)
- 60 anni: 4,661% (4,80% il precedente)
- 61 anni: 4,796% (4,94% il precedente)
- 62 anni: 4,940% (5,09% il precedente)
- 63 anni: 5,094% (5,26% il precedente)
- 64 anni: 5,259% (5,43% il precedente)
- 65 anni: 5,435% (5,62% il precedente)
- 66 anni: 5,624%
- 67 anni: 5,826%
- 68 anni: 6,046%
- 69 anni: 6,283%
- 70 anni: 6,541%.
Per la prima volta i coefficienti terranno conto di un'età di pensionamento successiva appunto ai 65 anni, quindi un confronto non è possibile ma le nuove percentuali dai 66 anni in poi sono più alte di quelle precedenti (che erano relative a 65 anni), il che significa che ad esempio chi andrà in pensione a 70 anni, considerando sempre lo stesso montante contributivo complessivo pari a 400 mila euro, percepirà un assegno di 2.012 euro.
Anche prendendo in considerazione un montante contributivo inferiore e cioè pari a 300 mila euro, il taglio sarà mediamente di 50 euro: chi andrà in pensione a 65 anni percepirà 1.254 euro mentre coi coefficienti ancora in vigore oggi, avrebbe 1.297 euro al mese.
Sempre considerando i nuovi coefficienti, e fermo restando come esempio un montante contributivo complessivo pari a 400 mila euro, chi andrà in pensione a 57 anni percepirà un assegno di 1.324 euro (prima gli sarebbero spettati 1.360 euro); andando a riposo a 58 anni si avranno 1.358 euro (contro i precedenti 1.397 euro); chi si fermerà a 59 anni avrà 1.395 (prima erano 1.433 euro), a 60 anni 1.434 euro (prima erano 1.477 euro); a 61 anni 1.475 euro (prima erano 1.520 euro) e a 62 anni percepirà un assegno mensile di 1.509 euro, mentre prima gli sarebbero spettati 1.566 euro.
Comunque con i nuovi coefficienti di calcolo della pensione al via dal 2013: per ottenere lo stesso importo di pensione di chi è uscito dal lavoro fino al 2012 bisognerà lavorare un anno in più.
E così, chi andrà a riposo a 63 anni percepirà 1.567 euro (prima 1.618 euro); a 64 anni 1.618 (contro i precedenti 1.670 euro). A 65 anni, la pensione ammonterà a 1.672 euro (contro i 'precedenti' 1.729 euro). Il trattamento lievita con l'aumentare dell'età: sarà pari a 1.792 euro per chi avrà 67 anni, a 1.860 anni per chi avrà 68 anni e a 1.933 per chi avrà 69 anni.
Questo perché con il nuovo sistema di calcolo, viene considerata l'età del lavoratore nel momento in cui va in pensione ma anche l'evoluzione della vita media: dal 1 gennaio appunto scatterà un aumento di tre mesi dell'aspettativa di vita. Per i prossimi tre anni e cioè dal 2013 al 2015 saranno validi questi che quelli attualmente in vigore erano stati introdotti nel 2010, i prossimi riguarderanno il 2016-2019 mentre successivamente, quando l'età pensionabile sarà per tutti a 67 anni, la cadenza del ricalcolo sarà biennale.
I coefficienti terranno conto di un'età di pensionamento successiva ai 65 anni, arrivando fino a 70 anni. Questi coefficienti determinano la percentuale del montante da corrispondere come pensione annua in tutti i casi di calcolo contributivo: i contributi versati vengono accumulati anno per anno e rivalutati ad un tasso dato dalla variazione media quinquennale del Pil nominale (che comprende quindi sia la crescita sia l'andamento dei prezzi). Questo capitale viene poi trasformato in una rendita pensionistica attraverso i coefficienti, rivisti ogni tre anni (e in seguito ogni due) in base agli andamenti demografici.
Per chi esce dal lavoro a 57 anni (in pratica solo le donne che scelgono di uscire prima accettando di avere tutta la pensione calcolata con il metodo contributivo dato che gli uomini che riescono ancora a uscire a questa età grazie alla pensione anticipata possono godere ancora del metodo retributivo perché hanno più di 18 anni di contributi al 1995) avrà un coefficiente di calcolo che scende dal 4,419% a 4,304%. Chi uscirà a 62 anni avrà un coefficiente del 4,940%, lo stesso di chi è uscito a 61 anni fino al 2012. Probabilmente l'importo sarà solo lievemente più alto grazie all'aumento del montante contributivo dovuto a un anno in più di lavoro.
Per avere un coefficiente del 5,620 (il più alto fino al 2012, applicato a chi usciva a 65 anni) ci vorranno 66 anni di età (5,624 il nuovo coefficiente). Ma dai 67 anni in poi il coefficiente di calcolo sale rapidamente fino ad arrivare a 70 anni al 6,541%. Si tiene conto infatti del fatto che uscendo dal lavoro a questa età la pensione si percepirà per meno tempo (si tiene conto dell'attesa di vita a 65 anni).
Ecco i nuovi coefficienti a seconda delle età di pensionamento:
- 57 anni: 4,304% (4,42% fino al 2012)
- 58 anni: 4,416% (4,54% fino al 2012)
- 59 anni: 4,535% (4,66% il precedente)
- 60 anni: 4,661% (4,80% il precedente)
- 61 anni: 4,796% (4,94% il precedente)
- 62 anni: 4,940% (5,09% il precedente)
- 63 anni: 5,094% (5,26% il precedente)
- 64 anni: 5,259% (5,43% il precedente)
- 65 anni: 5,435% (5,62% il precedente)
- 66 anni: 5,624%
- 67 anni: 5,826%
- 68 anni: 6,046%
- 69 anni: 6,283%
- 70 anni: 6,541%.
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sabato 22 dicembre 2012
Pensioni 2013 i piani previdenziali per i lavoratori
In questo periodo di preoccupazioni per le pensioni gli italiani si dimostrano sempre più propensi a sottoscrivere dei fondi pensione, che attualmente sembra essere una forma di previdenza complementare davvero vantaggiosa per i lavoratori.
Si tratta di una pensione integrativa, composta da contributi versati volontariamente dai lavoratori che andranno ad aggiungersi a quelli versati e poi, una volta maturati i requisiti richiesti, erogati dagli Enti pensionistici obbligatori.
Dal primo gennaio 2013 scende la rivalutazione pensionistica del 3% e sarà necessario mettere mano ad un piano pensionistico. Di quanto? Per chi si avvia ad andare in pensione a 65anni il nuovo balzello impone un incremento del risparmio previdenziale di circa 320 euro, in modo da colmare la differenza che scatta a gennaio del 2013. Ma se giustamente ci si pone l'obiettivo di costruire una pensione dignitosa – ottenendo una rendita pari a quella che percepiva chi smetteva di lavorare nel 1995 – bisognerà innalzare la contribuzione previdenziale a 1.588 euro l'anno.
Diverse sono le possibilità di pensioni integrative, che sono: i fondi, negoziali o aperti; i Piani Previdenziali Individuali.
I fondi negoziali, vengono definiti anche chiusi perché riservati a specifiche categorie di lavoratori sulla base di accordi tra le organizzazioni sindacali e quelle imprenditoriali dei settori di riferimento.
I fondi aperti vengono invece creati e gestiti da banche, assicurazioni, per poi essere collocati presso il pubblico.
Dal 2013 l'età per raggiungere la pensione sarà calcolata in base alle aspettative di vita, secondo quanto previsto dalla riforma Monti-Fornero. Non solo: anche l'ammontare viene adeguato alla speranza di vita attesa. Ciò comporta una periodica revisione dei coefficienti di trasformazione. Quest’ultimi sono i valori con cui si convertono in rendita i contributi accumulati e rivalutati nel tempo. Se si riducono, calano le stime delle rendite future. Esempi per incidere in misura differente a seconda dell'età del pensionamento: per chi andrà in pensione a 65 anni il coefficiente passa dal 5,62% al 5,44%, il che si traduce in una prestazione ridotta del 3,2%; ma che sale per chi lascerà il lavoro a 70 anni del 4,41%.
Vediamo il caso di un impiegato che accumuli una quota di 250mila euro, frutto di 40 anni di contributi (33% di prelievo su un reddito medio di 20mila euro). Per chi andrà in pensione a 65 anni l'assegno cala di 450 ero da 14.050 a 13.600; per chi si ritira a 70 anni cala di 750 da 17mila a 16.250 euro. Ma la differenza è decisamente maggiore se si considera la differenza con le prestazioni calcolate in occasione della riforma Dini, nel 1995: il taglio è di 1.740 euro l'anno, pari all'11,34% per chi va in pensione a 65 anni.
Comunque i Piani Previdenziali Individuali rappresentano una vera e propria polizza assicurativa che porta all’erogazione di prestazioni pensionistiche integrative. La peculiarità è di essere a carattere individuale, offrendo al lavoratore maggiore flessibilità di versamenti. Questi possono infatti essere interrotti e poi ripresi senza interruzioni del contratto e senza penalizzazioni. E sembra che investire nella previdenza complementare sia davvero conveniente: i fondi chiusi nei primi 9 mesi del 2012 hanno offerto rendimenti pari al 6,1%. Cometa, il fondo dei metalmeccanici, ha avuto un rendimento del 12,2%, la bilanciata-azionaria di Alifond (industria alimentare) del 10,8%, e la bilanciata di Cooperlavoro (coop produzione e lavoro) del 10,3%.
Si tratta di una pensione integrativa, composta da contributi versati volontariamente dai lavoratori che andranno ad aggiungersi a quelli versati e poi, una volta maturati i requisiti richiesti, erogati dagli Enti pensionistici obbligatori.
Dal primo gennaio 2013 scende la rivalutazione pensionistica del 3% e sarà necessario mettere mano ad un piano pensionistico. Di quanto? Per chi si avvia ad andare in pensione a 65anni il nuovo balzello impone un incremento del risparmio previdenziale di circa 320 euro, in modo da colmare la differenza che scatta a gennaio del 2013. Ma se giustamente ci si pone l'obiettivo di costruire una pensione dignitosa – ottenendo una rendita pari a quella che percepiva chi smetteva di lavorare nel 1995 – bisognerà innalzare la contribuzione previdenziale a 1.588 euro l'anno.
Diverse sono le possibilità di pensioni integrative, che sono: i fondi, negoziali o aperti; i Piani Previdenziali Individuali.
I fondi negoziali, vengono definiti anche chiusi perché riservati a specifiche categorie di lavoratori sulla base di accordi tra le organizzazioni sindacali e quelle imprenditoriali dei settori di riferimento.
I fondi aperti vengono invece creati e gestiti da banche, assicurazioni, per poi essere collocati presso il pubblico.
Dal 2013 l'età per raggiungere la pensione sarà calcolata in base alle aspettative di vita, secondo quanto previsto dalla riforma Monti-Fornero. Non solo: anche l'ammontare viene adeguato alla speranza di vita attesa. Ciò comporta una periodica revisione dei coefficienti di trasformazione. Quest’ultimi sono i valori con cui si convertono in rendita i contributi accumulati e rivalutati nel tempo. Se si riducono, calano le stime delle rendite future. Esempi per incidere in misura differente a seconda dell'età del pensionamento: per chi andrà in pensione a 65 anni il coefficiente passa dal 5,62% al 5,44%, il che si traduce in una prestazione ridotta del 3,2%; ma che sale per chi lascerà il lavoro a 70 anni del 4,41%.
Vediamo il caso di un impiegato che accumuli una quota di 250mila euro, frutto di 40 anni di contributi (33% di prelievo su un reddito medio di 20mila euro). Per chi andrà in pensione a 65 anni l'assegno cala di 450 ero da 14.050 a 13.600; per chi si ritira a 70 anni cala di 750 da 17mila a 16.250 euro. Ma la differenza è decisamente maggiore se si considera la differenza con le prestazioni calcolate in occasione della riforma Dini, nel 1995: il taglio è di 1.740 euro l'anno, pari all'11,34% per chi va in pensione a 65 anni.
Comunque i Piani Previdenziali Individuali rappresentano una vera e propria polizza assicurativa che porta all’erogazione di prestazioni pensionistiche integrative. La peculiarità è di essere a carattere individuale, offrendo al lavoratore maggiore flessibilità di versamenti. Questi possono infatti essere interrotti e poi ripresi senza interruzioni del contratto e senza penalizzazioni. E sembra che investire nella previdenza complementare sia davvero conveniente: i fondi chiusi nei primi 9 mesi del 2012 hanno offerto rendimenti pari al 6,1%. Cometa, il fondo dei metalmeccanici, ha avuto un rendimento del 12,2%, la bilanciata-azionaria di Alifond (industria alimentare) del 10,8%, e la bilanciata di Cooperlavoro (coop produzione e lavoro) del 10,3%.
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